La presidenza svedese dell'Unione Europea chiede la liberazione "immediata"
Frattini: "Un processo ingiusto, gravissima lesione ai principi della democrazia"
Il mondo chiede la liberazione di Suu Kyi
L'Ue: "Sanzioni contro il governo birmano"
Ban Ki Moon "deplora con forza", convocato Consiglio di sicurezza dell'Onu
La Malesia ha indetto una riunione straordinaria dei Paesi del Sud-est asiatico
ROMA - Toni durissimi nelle reazioni internazionali all'ennesima condanna di Aung San Suu Kyi da parte della giunta militare birmana. Sia l'Unione Europea sia l'Onu chiedono la liberazione "immediata" e "senza condizioni" della leader dell'opposizione. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stato convocato in giornata mentre il segretario generale Ban Ki Moon ha espresso la sua "delusione", ha condannato "con fermezza" il verdetto e ha chiesto alla giunta militare birmana di "rilasciare immediatamente e senza condizioni" Suu Kyi.
La presidenza di turno svedese dell'Ue ha annunciato che sono allo studio diverse misure restrittive nei confronti degli interessi economici del governo di Rangoon, che "saranno alleggerite o inasprite a seconda degli sviluppi" della situazione. La Ue inoltre "intensificherà il lavoro con la comunità internazionale, e specialmente con i suoi partner in Asia, per ottenere il rilascio di San Suu Kyi e degli altri prigionieri politici in Birmania".
L'Italia si associa alla ferma condanna per un processo definito "ingiusto". Il ministro degli Esteri Franco Frattini parla di "una gravissima lesione ai principi della democrazia" e appoggia la proposta di "rafforzamento delle sanzioni" contro il governo del paese asiatico. Secondo Piero Fassino, inviato speciale dell'Ue per la Birmania, perfino la giunta militare "è imbarazzata" dalla sentenza e "bisogna agire a tutto campo per arrivare alla liberazione degli oltre duemila prigionieri politici e per ottenere un dialogo tra il regime e l'opposizione".
Parole di condanna arrivano anche all'amministrazione Obama. Per il segretario di Stato americano Hillary Clinton, Suu Kyi "non avrebbe mai dovuto essere né processata né condannata". L'ex first lady, inoltre, chiede la liberazione dei prigionieri politici, incluso lo statunitense John Yettaw: "Siamo preoccupati per la durezza della condanna nei suoi confronti, specialmente alla luce delle sue condizioni di salute".
Di "nuove sanzioni contro il regime birmano" parla pure Nicolas Sarkozy. In particolare, secondo il presidente francese, le restrizioni dovrebbero riguardare il campo del legname e delle pietre preziose.
Il primo ministro britannico Gordon Brown si dice "costernato e in collera". E sottolinea che le elezioni previste per l'anno prossimo non avrebbero "credibilità e legittimità" senza la partecipazione di Suu Kyi, definita la "speranza" del Paese. Il capo del governo di Londra annuncia inoltre che scriverà a tutti i membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu per chiedere che venga imposto un embargo globale alla vendita di armi al regime birmano.
In Australia il ministro degli Esteri Stephen Smith chiede l'immediato rilascio di Aung San Suu Kyi e convoca l'ambasciatore birmano. Il governo della Malesia invece indice una riunione straordinaria dell'Asean, l'associazione dei Paesi del Sud-est asiatico.
Quattordici premi Nobel per la pace chiedono un'inchiesta sui "crimini contro l'umanità" in Birmania. "E' fondamentale - scrivono in una lettera aperta - che il regime risponda dei suoi crimini e che la portata della sua brutalità sia oggetto di un'inchiesta". A loro parere, Suu Kyi (anche lei insignita del premio nel 1991) è stata condannata "sulla base di accuse inventate". Tra i firmatari ci sono Mikhail Gorbaciov e il Dalai Lama.
Per Amnesty International la sentenza contro Aung San Suu Kyi "è vergognosa". La segretaria generale dell'organizzazione, Irene Khan, ritiene "una mascherata politica e giudiziaria" sia l'arresto che il processo alla dissidente.
(11 agosto 2009)
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