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Crisi a Bangkok

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Crisi a Bangkok

Messaggioda franz il 13/04/2009, 17:07

L'esercito ha caricato con i lacrimogeni i "rossi" di Thaksin
i manifestanti che chiedono le dimissioni del premier Abhsit

Sangue a Bangkok, un morto e feriti
L'esercito: "Va ristabilito l'ordine"

La Farnesina sconsiglia i viaggi in Thailandia "salvo motivi impellenti"
di RAIMONDO BULTRINI

CHIANG MAI - Scontri e sangue per le strade di Bangkok, proprio nel primo giorno di festa con cui si saluta il nuovo anno con ragazzini e adulti spensierati come gli altri anni per le vie a tirarsi secchi o fucilate d'acqua. Nelle altre strade ci sono stati disordini e blocchi stradali, e il bilancio parla di una vittima e decine di feriti. L'esercito oggi ha usato per la prima volta armi vere, fin dalle ore che precedevano l'alba del Capodanno. Erano spari in aria, accompagnati da lacrimogeni, per disperdere la folla di camicie rosse fedeli all'ex premier Thaksin Shinawatra che hanno occupato la piazza di Victory Monument, uno dei grandi e centrali crocevia con il nordest di questa metropoli da 14 milioni di abitanti. Spari che hanno ucciso.

In rappresaglia i militanti hanno spinto pesanti autobus di linea contro i soldati, e il conto finale ha visto un morto sul campo e decine di feriti - sembra un'ottantina - da entrambe le parti. L'assalto al ministero dell'Educazione, dato alle fiamme con bottiglie molotov, ha provocato nuove cariche in serata. "Finora abbiamo usato misure blande", ha dichiarato un portavoce dell'esercito. "Ma se sarà necessario passeremo a quelle più forti". Parole inquietanti, sostituite più tardi in tv da un messaggio ufficiale delle forze armate dai toni più blandi: non useremo le armi - ha detto lo speaker - se non per difenderci, e rispetteremo la legge e i diritti del popolo". Anche questi alti e bassi - dovuti al timore di una guerra civile - accentuano il clima di incertezza che domina questo regno un tempo glorioso del Siam, dove la democrazia è stata concessa nel 1932 dal monarca assoluto del tempo solo per lasciare il Paese in mano ai militari per 60 anni.

Premier sotto attacco. Dopo la condanna per corruzione e la fuga di Thaksin, nel dicembre del 2008, è arrivato al governo Abhisit Vejjajiva, giovane leader del partito democratico che aveva perso le elezioni, ma era riuscito a conquistare l'appoggio di alcuni ex alleati di Thaksin (oltre alla fiducia del monarca). Abhisit fu subito messo sotto attacco, e ovunque si recasse, specialmente al nord, doveva sfuggire a lanci di oggetti e minacce. Nei giorni che hanno preceduto l'assalto al vertice dell'Asean di Pattaya, sabato scorso, è stata addirittura presa d'assalto la sua auto, e domenica è successo di nuovo. Sembra che il giovane premier non fosse a bordo della vettura, colpita da bastoni, sassi e perfino pesanti vasi di fiori. Ma i giornali locali riferiscono di una ferita al braccio subita durante un altro assalto, mentre cercava di uscire dal ministero dell'Interno con i suoi collaboratori: il segretario personale del pm ha avuto una costola fratturata dopo essere stato estratto a forza dalla sua auto letteralmente sventrata dai manifestanti.

Il premier si è allora presentato in televisione assieme ai comandanti di tutte le forze armate e della sicurezza di polizia, anche per dare un taglio alle voci di una frattura, specialmente tra i ranghi delle forze dell'ordine simpatizzanti di Thaksin. Ha detto che non ripeterà l'errore di sabato scorso, quando fu permesso ai manifestanti di mandare a monte a Pattaya il vertice dell'Asean affidato quest'anno alla Thailandia, un appuntamento diplomatico internazionale atteso da 14 anni. Ieri all'alba lo spiegamento di forze ha dimostrato che passo dopo passo il guanto di velluto dell'affascinate e giovane leader potrebbe trasformarsi però in un pugno di ferro.

L'incognita esecito. Ma non sarà solo lui a decidere le sorti del Paese nelle prossime ore. La politica e la tradizione della Terra dei Sorrisi s'intrecciano con fattori interni e geopolitici internazionali delicatissimi. L'esercito è generalmente considerato fedele al re, e da molti anni non si è reso responsabile di spargimenti di sangue tra la popolazione, dopo le clamorose repressioni e i massacri di studenti degli anni '80 e '90. Ma il rischio che un intervento di forza finisca con rivolte e uccisioni è altissimo, soprattutto a sentire i leader delle camicie rosse che si dicono determinati a continuare l'assedio del governo fino alla sua caduta, esercito o non esercito.

Il loro leader esule li sta galvanizzando da tempo e ieri - nell'ennesimo messaggio telefonico trasmesso dagli altoparlanti nell'accampamento dei suoi fedeli - è giunto a usare la parola "rivoluzione popolare", invitando i suoi a non spaventarsi né dei carri armati (presi infatti d'assalto) né della legge di emergenza, del tutto ignorata. Secondo voci forse messe in giro ad arte, ma non improbabili, potrebbe avere al suo fianco ricchi imprenditori thai cinesi come lui decisi a riprendere in mano il Regno e i relativi affari, oggi sull'orlo del collasso.

Allarme turismo. Cancellazioni di gruppi turistici e visite d'affari continuano a ritmo sostenuto e il colpo all'economia potrebbe essere micidiale, considerando il caos seguito all'occupazione dell'aeroporto e i blocchi di treni e superstrade operati in questi giorni sia a Bangkok che nel nord e nord est. In questa situazione la Farnesina consiglia di posticipare, "salvo motivi impellenti", i viaggi in Thailandia sino a quanto la situazione di crisi nel paese non si sarà normalizzata. Il ministero degli Esteri - nella sezione "viaggiare sicuri" del suo sito - ricorda che il "governo ha decretato ieri lo stato di emergenza a Bangkok ed in alcuni distretti delle Province di Nonthaburi, Samut Prakan, Pathum Thani, Nakhon Pathom and Ayutthaya".

Qui a Chiang Mai, roccaforte dei Thaksin fin dai tempi in cui suo padre faceva affari e politica con un ex primo ministro, tremila sostenitori hanno bloccato la strada principale che porta a Lamphun e immette verso Bangkok, mentre anche i confini con il Laos sono stati sigillati per parecchie ore e alcuni treni hanno subito ritardi di ore. Resta ora l'incognita se i rossi invaderanno qualche aeroporto. Il governo ha annunciato il rafforzamento delle difese in tutti gli scali. Ma finora si è visto che le rigide regole dello stato di emergenza proclamato a Bangkok e altre province limitrofe non sono state applicate.

La mossa del re. In questo clima, dentro un Paese abituato a colpi di Stato militari per porre fine a focolai di guerra civile, l'ipotesi di un golpe non è più scartata come nelle ore che hanno preceduto l'assalto al vertice dei Paesi asiatici di Pattaya. Tutti gli occhi sono puntati ora nell'area del Victory monument, che celebra una (fittizia) vittoria militare contro i colonialisti francesi. Sembra questo il simbolo scelto dal movimento dei rossi per attaccare il cuore dello Stato. E il fatto che finora il Re non sia mai intervenuto a favore dell'uno o dell'altro spiega che i giochi sono ancora tutti aperti, non esclusa una trattativa con Thaksin.

(13 aprile 2009)
http://www.repubblica.it


Nota informativa. Thaksin è una sorta di Berlusconi thailandese.
Tra conflitti di interesse, processi, abusi, leggete la scheda su wikipedia

http://it.wikipedia.org/wiki/Thaksin_Shinawatra
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
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