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Arrestate il presidente del Sudan

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Arrestate il presidente del Sudan

Messaggioda franz il 05/03/2009, 16:32

Per i massacri nel Darfur il Cpi accusa il numero uno sudanese di crimini di guerra
e contro l'umanità. Tra le imputazioni: omicidio, sterminio, trasferimenti forzati, tortura e stupro

"Arrestate il presidente del Sudan
Al Bashir incriminato da Corte Aja

Non accolta la richiesta di incriminazione per genocidio. Manifestazioni nella capitale
Khartoum: "E' nuovo colonialismo". Egitto: riunire il consiglio di sicurezza Onu

AJA - Mandato di arresto contro il presidente sudanese Omar Al Bashir. Lo ha spiccato la Corte penale internazionale dell'Aja (Cpi) per crimini di guerra e contro l'umanità per i massacri nel Darfur. Non accolta l'accusa di genocidio.

La portavoce della Cpi, Laurence Blairon, ha precisato che il mandato di arresto riguarda cinque capi di accusa per crimini contro l'umanità e due per crimini di guerra, tra cui omicidio, sterminio, trasferimenti forzati, tortura e stupro.

Per Khartoum, il mandato d'arresto internazionale, "è nuovo colonialismo". Lo ha riferito la tv satellitare araba Al Jazeera, in una notizia dell'ultima ora. La stessa emittente araba, che ha trasmesso in diretta l'annuncio della Corte penale internazionale dell'Aja, parla di "imponenti manifestazioni popolari avvenute nella capitale sudanese subito dopo l'annuncio".

Interpellato dalla tv araba, il ministro dellla Giustizia sudanese Abdul Baset, che ha condannato la decisione del Cpi, ha dichiarato che l'accusa di genocidio, "era stata presentata solo per fare bella figura alla Corte". "Il Sudan non consegnerà nessuno", ha invece ribadito il vice ministro della Giustizia.

A richiedere l'arresto di Bashir era stato, lo scorso 14 luglio, il procuratore generale, l'argentino Luis Moreno Ocampo, il quale ieri aveva ribadito che, a carico di Bashir, esistono "gravi elementi di prova". Ocampo vuole processare Bashir dinanzi al tribunale internazionale per i massacri nella regione sudanese, iniziati nel 2003 e che hanno causato circa 300.000 morti e 2,5 milioni di sfollati. Khartoum, per il magistrato, è "obbligata dal diritto internazionale a consegnare Bashir": "Sarà tra due mesi o tra due anni, ma sarà processato", ha detto.

Luis Moreno-Ocampo ha accusato Beshir di aver personalmente istruito le proprie forze affinché distruggessero tre gruppi etnici, i Fur, i Masalit e gli Zaghawa, con "l'alibi di combattere la ribellione". Bashir già alcuni mesi fa si era rifiutato di consegnare due sospetti di genocidio: il ministro per gli Affari umanitari, Ahmad Harun e uno dei capi delle feroci milizie filogovernative, i janjaweed, Ali Khashayb. E' la prima volta che tribunale internazionale processa un capo di Stato in carica. Bashir è alla guida del Sudan, dal colpo di Stato militare del 30 giugno 1989.

La Cpi trasmetterà, "immediatamente" al Sudan, agli stati membri della corte e ai membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu la richiesta di cooperazione per l'arresto e il trasferimento del presidente. "La responsabilità di arrestarlo e trasferirlo spetta agli stati", ha detto il cancelliere della Cpi, Silvana Arbia. La corte, infatti, non dispone di una forza di polizia.

Appresa la notizia, centinaia di dimostranti sono scesi nelle strade di Khartoum. "Oggi ci saranno manifestazioni contro la decisione della Cpi - aveva annunciato in attesa dell'arrivo della notizia il segretario generale dell'organizzazione del Congresso Nazionale, il partito al potere, Ibrahim Ghandour - perché la popolazione è mobilitata da molto tempo e la protesta è assolutamente naturale". Le autorità sudanesi, secondo fonti giornalistiche, hanno reso noto che sarà repressa qualsiasi manifestazione di consenso all'incriminazione del presidente. "Se (i militari) aggrediranno civili, il Movimento per la Giustizia e l'Uguaglianza (Jem, il movimento principale di ribellione in Darfur) reagirà", aveva replicato il capo del gruppo, Khalil Ibrahim.

Per l'Unione africana il mandato di arresto rischia di minacciare il fragile processo di pace in Sudan. Lo ha dichiarato il presidente dell'Ua Jean Ping. L'Unione africana ha schierati in Sudan un contingente di circa 7.000 baschi verdi in funzione di truppe di pace.

Intanto l'agenzia ufficiale Suna ha scritto che domenica prossima Bashir si recherà nel Darfur, per una visita alla capitale, El Fasher, che oggi è stata insolitamente sorvolata da aerei militari sudanesi. Ieri il presidente aveva dichiarato durante una cerimonia a Meroe che la decisione della Cpi "non vale nulla, neppure l'inchiostro con cui sarà scritta". "Che si preparino pure ... possono benissimo mangiarsela", aveva aggiunto con tono di sfida verso la Corte dell'Aja.

"Ci saranno reazioni popolari - ha aggiunto il portavoce del governo, Kamal Obeid - ma il governo garantirà la protezione delle ambasciate, delle missioni diplomatiche e dei civili stranieri". Forze di sicurezza sono stati schierate in prossimità delle ambasciate di paesi occidentali a Khartoum.

L'Egitto ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell'Onu di sospendere il mandato d'arresto. I ministri degli esteri dei 22 Paesi aderenti alla Lega Araba, che erano al Cairo per una riunione preparatoria del prossimo vertice arabo di Doha, hanno deciso di tenere una riunione in sessione straordinaria e urgente per esaminare i riflessi del mandato di cattura. Critica la Russia: per l'inviato di Mosca per il Darfur, Mikhail Margelov, si tratta di "una decisione intempestiva" che crea "un precedente pericoloso". Per gli Usa, che pure non hanno firmato il Trattato istitutivo della Cpi, è giusto processare Bashir: "Gli Usa ritengono che chi ha commesso atrocità debba risponderne in tribunale", ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato, Robert Wood.

Esultano le organizzazioni per i diritti umani: per Human Rights Watch ora "neppure i presidenti sono garantiti per i loro orribili crimini". Adesso il timore è che vi siano rappresaglie contro i dipendenti dell'Onu e i caschi blu che operano nel Paese africano, 32 mila persone tra staff locale e stranieri. I 25 mila caschi blu sono schierati in Darfur e nel Sud Sudan. Gli italiani sono 500, di cui 300 a Khartoum.

Il governo del Sudan ha intanto ordinato il ritiro di tutti i membri dell'organizzazione umanitaria Medici senza Frontiere che lavorano nel Darfur. Secondo quanto reso noto da Msf a Parigi, il governo sudanese ha spiegato che i cooperanti devono lasciare la regione entro oggi per motivi di sicurezza. Msf esprime preoccupazione per la situazione in cui resterà la popolazione del Darfur, ricordando che il gruppo è l'unico a distribuire medicine in diverse zone.

(4 marzo 2009)
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Re: Arrestate il presidente del Sudan

Messaggioda franz il 05/03/2009, 16:33

Pechino contro il provvedimento della Cpi a carico del presidente sudanese
Anche la Lega araba è "preoccupata", reazioni negative da Egitto e Yemen

Darfur, la Cina protesta all'Onu
Khartoum, Bashir in piazza fra la folla

Il leader accusa: "I veri criminali sono Stati Uniti e Ue, non ci piegheremo"
Espulse dieci ong straniere, fra cui Oxfam e Medici Senza Frontiere

PECHINO - La Cina protesta formalmente per il mandato d'arresto ordinato dalla Corte penale internazionale per il presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir a causa della strage nel Darfur. Il governo di Pechino ha chiesto la sospensione del provvedimento in sede di Consiglio di sicurezza dell'Onu, di cui è membro permanente, mentre migliaia di persone sono scese in piazza a Khartoum per manifestare il loro sostegno al presidente. Anche lo stesso Bashir si è unito alla folla, accusando Stati Uniti e Unione europea, "i veri criminali".

Il provvedimento della Corte penale, che esclude l'accusa di genocidio ma contempla i reati di crimini contro l'umanità e crimini di guerra, tra cui omicidio, sterminio, tortura e stupro, ha già provocato ieri manifestazioni di protesta a Khartoum per quello che viene definito "nuovo colonialismo".

Oltre alla Cina, da sempre alleata del Sudan del cui petrolio è la principale acquirente, sono immediatamente arrivate proteste da grandi Paesi arabi come l'Egitto e lo Yemen, dalla Conferenza islamica e dalla Lega araba. Anche il Cairo, come Pechino, chiederà la sospensione del mandato al Consiglio di sicurezza. La Lega araba, per bocca del portavoce Amr Moussa, ha espresso "preoccupazione per la stabilità del Darfur". La Russia parla di "decisione intempestiva".

Intanto il capo della delegazione sudanese presso l'Unione Africana (Ua) ha chiesto agli stati africani di ritirare la propria adesione alla Cpi dell'Aja: sono 30 quelli che hanno sottoscritto lo Statuto di Roma, il trattato con cui è stata istituita la corte internazionale. E una delegazione della Ua farà pressione sul Consiglio di Sicurezza Onu perché la condanna al presidente sudanese venga sospesa per un anno, per dare una chance al processo di pace in Darfur.

Cinquemila in piazza a Khartoum. Oltre 5.000 persone si sono radunate questa mattina nella Piazza dei Martiri, nel centro della capitale sudanese, urlando slogan a sostegno del presidente. Lo stesso Bashir si è unito a loro, accusando: "I veri criminali sono i leader di Stati Uniti e dei Peesi europei". Parlando ai suoi sostenitori, il presidente ha detto: "Il Sudan rappresenta oggi la voce più forte nel mondo che rifiuta il dominio del colonialismo". Per Bashir, interrotto spesso dalla folla al grido "non ci inginocchieremo che ad Allah" in un vero e proprio show, "i crimini di guerra e di sterminio della popolazione li hanno fatti loro (gli occidentali) in Vietnam, in Iraq e in Palestina. Contro di noi parlano di difesa dei diritti, mentre in realtà sono proprio loro a violare per primi questi diritti", ha continuato il leader galvanizzato dalla folla.

Ong espulse. Nel suo discorso Bashir ha giustificato l'espulsione di dieci organizzazioni straniere di aiuti umanitari che operano in Sudan, annunciata già ieri sera. "Hanno agito contro il Sudan - ha detto il presidente - e per questo le abbiamo mandate via. Ci sono molte parti che hanno approfittato della guerra in Darfur. Due miliardi di dollari sono stati spesi per le organizzazioni internazionali sul posto, che hanno perciò interesse a tenere in piedi il conflitto". I soldi, sostiene Bashir, sono andati a Luis Moreno Ocampo, il procuratore generale della Corte penale internazionale che ha chiesto la sua incriminazione, ed ai suoi alleati. Fra le ong espulse, ci sono la britannica Oxfam, Save the Children, l'americana Care, l'International Rescue Committee e la sezione olandese di Medici Senza Frontiere. E altre tre rischiano di essere invitate a lasciare il Paese.

Già ieri, migliaia di persone erano scese in piazza subito dopo il pronunciamento della Cpi. I dimostranti hanno puntato il dito gli contro gli Stati Uniti, il Regno Unito, gli "ebrei" e il procuratore della Cpi, Luis Moreno-Ocampo. "Ocampo e gli ebrei, siamo stati trascinati a dover fare i conti con gente come voi", ha urlato la folla. Negli ultimi mesi, Bashir ha più volte sostenuto che la Cpi era frutto di "un complotto al 100% sionista" volto a destabilizzare il Sudan. La guerra in atto in Darfur dal 2003 ha causato almeno 300.000. Morti e 2,7 milioni di sfollati e profughi.

(5 marzo 2009)
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Re: Arrestate il presidente del Sudan

Messaggioda franz il 05/03/2009, 17:11

alcune domande sorgono spontanee.
la prima: leggendo che "Per l'Unione africana il mandato di arresto rischia di minacciare il fragile processo di pace in Sudan" la domanda è pace e giustizia potranno mai andare d'accordo?
la seconda: vedendo che i protettori del regime sudanese sono altri paesi islamici (per empatia religiosa), la cina e la russia (per interessi commerciali) ci sarà mai pace per quella regione, che ha avuto molti piu' morti e profughi che nel conflitto israelo-arabo-palestinese ma un disinteresse decisamente superiore?

Ciao,
Franz
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Re: Arrestate il presidente del Sudan

Messaggioda franz il 05/03/2009, 17:12

LE IDEE
Il dovere dell'Africa
di DESMOND TUTU


CITTA' DEL CAPO - L'ordine di arresto del presidente Omar Hassan Bashir mette i leader africani di fronte a una scelta: decidere se stanno dalla parte della giustizia o da quella dell'ingiustizia, da quella delle vittime o quella dell'oppressore.

La scelta appare ovvia, ma finora le risposte date da molti leader africani sono state vergognose. In considerazione del fatto che le vittime in Sudan sono africane, i leader africani dovrebbero essere i più strenui sostenitori di chiunque si adoperi con tenacia per assicurare alla giustizia chi ha commesso un reato. Eppure, invece di schierarsi al fianco dei molti che hanno patito e sofferto in Darfur, i capi di Stato africani finora si sono allineati all'uomo responsabile di aver trasformato quell'angolo di Africa in un cimitero a cielo aperto.

In risposta alla notizia pervenuta nel mese di luglio dello scorso anno, che Luis Moreno-Ocampo - procuratore capo del tribunale - stava puntando a un mandato d'arresto per Bashir per genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, l'Unione Africana ha fatto pervenire al Consiglio di Sicurezza dell'Onu un comunicato nel quale chiedeva di sospendere le udienze del tribunale. Invece di condannare apertamente il genocidio in Darfur, l'organizzazione ha preferito enfatizzare il suo timore che i capi di Stato africani siano ingiustamente presi di mira e pertanto ha sostenuto gli sforzi di Bashir volti a procrastinare e rallentare le udienze del tribunale.

Rincresce che le accuse contro Bashir siano usate per alimentare l'impressione che il sistema della giustizia - e in particolare il tribunale internazionale - si dimostri parziale verso l'Africa. La giustizia è nell'interesse delle vittime, e le vittime di questi crimini sono africane. Presumere che le persecuzioni rientrino in un complotto dell'Occidente è degradante per gli africani e tiene in minima considerazione l'impegno nei confronti della giustizia preso in tutto il continente.

Vale forse la pena rammentare che tra i fondatori del Tribunale Penale Internazionale vi furono oltre venti Paesi africani, e che delle 108 nazioni che ne fanno parte, 30 sono in Africa. Il fatto che quattro delle indagini attualmente in corso da parte del Tribunale interessino l'Africa non dipende da pregiudizi dei giudici, ma dal fatto che sono stati tre degli stessi Paesi coinvolti (Repubblica Africana Centrale, Congo e Uganda) ad aver richiesto l'intervento della Corte. Soltanto il caso del Darfur è stato affidato di fatto dal Consiglio di Sicurezza al Tribunale Penale. I procuratori stanno poi di loro iniziativa meditando di procedere a indagini in Afghanistan, Colombia e Georgia.

I leader africani sostengono che le decisioni della Corte ostacoleranno gli sforzi volti a promuovere la pace in Darfur. In ogni caso, fino a quando gli abitanti di quelle terre non avranno giustizia, non vi potranno esistere pace e sicurezza reali. Non c'è pace in quella zona proprio perché non c'è stata giustizia. Per quanto dolorosa e scomoda possa essere la giustizia, abbiamo già preso atto che l´alternativa - lasciare che ci si dimentichi di far sì che chi commette reati risponda del proprio operato - è di gran lunga peggiore.

Il mandato d'arresto spiccato per Bashir potrebbe costituire un evento straordinario per il popolo sudanese - e per coloro che nel mondo sono arrivati ormai a mettere in dubbio che popoli e governi potenti possano essere chiamati a rispondere delle loro azioni efferate. I capi di Stato e di governo africani dovrebbero sostenere questa occasione storica, non adoperarsi per ostacolarla.

L'autore, ex arcivescovo anglicano di Città del Capo, è stato insignito del Premio Nobel per la Pace nel 1984
c. 2009 The New York Times - Distributed by The New York Times Syndicate (Traduzione di Anna Bissanti)

(5 marzo 2009)
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