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La distruzione dell'amazzonia

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

La distruzione dell'amazzonia

Messaggioda trilogy il 23/08/2019, 9:41

Record di incendi in Amazzonia, Bolsonaro attacca le ong

""Rappresentano interessi diversi da quelli del Brasile, abbiamo tolto loro i soldi"

Redazione ANSA SAN PAOLO 21 agosto 201915:54

SAN PAOLO - L'Amazzonia brucia e il governo brasiliano finisce nuovamente nel mirino per la sua politica ambientale. Dopo la diffusione di dati che dimostrano un boom degli incendi forestali nel paese, specialmente in Amazzonia, Jair Bolsonaro ha insinuato che le ong straniere potrebbero essere implicate in questo fenomeno, mentre il suo ministro per l'Ambiente, Ricardo Salles, è stato fischiato e contestato in una riunione dell'Onu sul cambiamento climatico che si svolge a Salvador de Bahia.

Secondo dati diffusi dai media locali, in base ai rilevamenti satellitari dell'Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali (Inpe), da gennaio ad agosto gli incendi forestali sono aumentai dell'82% rispetto allo stesso periodo del 2018, il che rappresenta il dato più alto dal 2013, quando iniziarono le rilevazioni del fenomeno, con il 52% dei roghi concentrati nell'Amazzonia brasiliana. In un discorso a Brasilia, Bolsonaro ha detto che questi incendi, in maggioranza causati da azioni umane, "potrebbero essere stati potenziati dalle ong, perché hanno perso i soldi che ricevevano". Interrogato dai giornalisti, il presidente ha precisato che "non sto dicendo che le ong sono responsabili degli incendi, sto dicendo che qui c'è un reato da combattere" ma "esiste un interesse delle ong, che rappresentano interessi diversi da quelli del Brasile", perché "noi abbiamo gli abbiamo tolto molti soldi: dei fondi che venivano da fuori, il 40% andava a loro, e ora non ce l'hanno più. E abbiamo messo fine anche ai contributi pagati con fondi pubblici".
I numeri sulla crescita degli incendi si aggiungono a quelli, anch'essi diffusi dall'Inpe, secondo i quali la deforestazione in Amazzonia è cresciuta del 278% nello scorso luglio rispetto allo stesso periodo del 2018. La diffusione di queste cifre ha portato al siluramento del responsabile dell'Inpe, Ricardo Galvao, deciso da Bolsonaro che ha accusato Galvao di "agire al servizio di ong straniere".

La politica ambientale del governo brasiliano ha già portato Germania e Norvegia a decidere la sospensione delle loro donazioni al Fondo Amazzonia, e il clima di tensione era palpabile oggi quando il ministro Salles è intervenuto alla Settimana latinoamericana e caraibica sui cambiamenti climatici, organizzata dalle Nazioni Unite a Salvador de Bahia, ed è stato fischiato e contestato da molti partecipanti. Lo stesso Salles, di fatto, aveva annunciato a maggio la cancellazione della riunione di Salvador, sostenendo che siccome il Brasile aveva già rinunciato ad ospitare la Conferenza sul clima dell'Onu (Cop 25, che si svolgerà invece in Cile, a dicembre) non aveva senso accogliere un appuntamento preparatorio. "Dovrei permettere una manifestazione solo per consentire ai partecipanti di fare turismo a Salvador?", aveva detto allora il ministro.

Le ong respingono le accuse di Bolsonaro. Organizzazioni ambientaliste brasiliane hanno reagito con indignazione alle affermazioni del presidente Jair Bolsonaro che ha insinuato che le ong potrebbero essere implicate nell'ondata di incendi forestali che ha colpito il Paese, con un aumento dell'82% da gennaio al 18 agosto scorso rispetto allo stesso periodo del 2018, secondo dati ufficiali del rilevamento satellitare effettuato dall'Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali (Inpe). Queste dichiarazioni di Bolsonaro "sono completamente irresponsabili", ha detto Carlos Bocuhy, presidente dell'Istituto brasiliano di protezione ambientale (Ibpa), secondo il quale "le ong hanno come obiettivo statutario e prioritario la difesa dell'ambiente, e dunque non ha nessun senso dire che sono loro che stanno dando fuoco alle foreste: è totalmente assurdo". Da parte sua, il responsabile per la giustizia socio-ambientale di Wwf Brasile, Raul Valle, ha definito "superficiali e irresponsabili" le dichiarazioni del presidente. "Non si capisce chi sta cercando di ingannare", ha aggiunto Valle, osservando che "i dieci comuni con il maggior numero di incendi sono gli stessi dieci comuni con la maggior quantità di aree deforestate: questo non lo vede solo chi non vuole vederlo".
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Re: La distruzione dell'amazzonia

Messaggioda franz il 28/08/2019, 8:12

L'Amazzonia non è “il polmone della Terra”, non sta bruciando tutta e non è solo colpa di Bolsonaro

L’allarme sul numero degli incendi di questa estate nella foresta pluviale è fortemente esagerato: è di poco superiore alla media degli ultimi dieci anni

di Piero Vietti

Roma. Con una serie di tweet feroci prima, e con alcune dichiarazioni del capo del suo staff dopo, il presidente del Brasile Jair Bolsonaro ha fatto sapere di volere rifiutare gli oltre 22 milioni di dollari promessi dal G7 per aiutare il suo paese a combattere gli incendi che stanno colpendo l’Amazzonia (salvo poi ritrattare). Bolsonaro ha attaccato Emmanuel Macron dicendo che l’obiettivo del presidente francese è in realtà quello di proteggere l’agricoltura francese dalla concorrenza brasiliana, nascondendo le sue intenzioni dietro all’idea di un alleanza dei paesi del G7 per salvare l’Amazzonia, “come se fossimo una colonia o una terra di nessuno”.

Da giorni assistiamo all’allarme sui roghi che stanno consumando la più nota foresta pluviale del pianeta, i social network sono invasi da immagini e numeri che raccontano il disastro ambientale in atto. Celebrità del mondo della musica e dello sport, ambientalisti, politici e attivisti vari attaccano il sovranista Bolsonaro piangendo la distruzione del “polmone del pianeta”. Cristiano Ronaldo, Madonna, Greta Thunberg e Macron hanno postato foto di foreste in fiamme che non erano l’Amazzonia (ma nessuno ha parlato di fake news pilotate per ottenere consensi), e tutti ricordano che la foresta sudamericana “produce il 20 per cento dell’ossigeno del pianeta”. Come per ogni emergenza che si rispetti, poi, “non si è mai visto nulla di tutto ciò”.

Non esattamente.

Come ha spiegato il Guardian nei giorni scorsi, ed è stato ribadito da diversi esperti, la foresta amazzonica produce meno del 6 per cento dell’ossigeno necessario alla Terra. Non solo: uno dei massimi esperti mondiali di Amazzonia e nome di punta del panel di esperti dell’Onu che studia i cambiamenti climatici, lo scienziato Dan Nepstad, ha spiegato a Forbes che “la foresta produce molto ossigeno, ma altrettanto ne producono i campi coltivati e i pascoli”. Il mondo non si sta deforestando, anzi: nella sola Europa c’è molto più verde rispetto a un secolo fa. Allo stesso modo, spiega ancora Nepstad, l’allarme sul numero degli incendi di questa estate in Amazzonia è fortemente esagerato, essendo di poco superiore alla media degli ultimi dieci anni. Anche la Nasa lo conferma: il numero degli incendi di queste settimane è in linea con la media degli ultimi quindici anni. Se si prende poi la sola zona del Rio delle Amazzoni, quella cioè prettamente brasiliana, il numero di incendi registrato al momento è inferiore a quello registrato in sei degli ultimi dieci anni nello stesso periodo.

Gli incendi vanno spenti, la situazione è certamente grave, ma non così diversa da quella di altre estati. Eppure la mobilitazione è globale, oltre che grossolana nei toni e nelle accuse al presidente brasiliano: sembra che da un momento all’altro la foresta amazzonica possa scomparire. Ma negli anni Novanta e fino a metà del primo decennio di questo secolo la deforestazione procedeva molto più spedita. E’ poi diminuita del 70 per cento, per crescere leggermente negli ultimi anni: a oggi l’80 per cento dell’Amazzonia è ancora lì, e comunque per il 50 per cento è protetta per legge dalla deforestazione.

Come per molti eventi distanti, però, è la narrazione che se ne fa che colpisce chi legge o ascolta le notizie sui roghi in Sudamerica. I media ingigantiscono, semplificano, e se possono attaccare il nemico sovranista lo fanno senza preoccuparsi di verificare tutto.

Un esempio: la Bbc ha attribuito il fumo presente su San Paolo agli incendi, dimenticando che si trova a più di 3.500 km dal bacino amazzonico e che invece dal Paraguay alla costa atlantica fino a ridosso della città bruciano le stoppie delle coltivazioni. Nessun negazionismo, gli incendi ci sono e l’approccio di Bolsonaro al problema non ne facilita la soluzione. Il tic ambientalista è però un rifugio facile, tanto che non ci cascano solo i vip sui social network. Da due giorni l’Osservatore Romano dedica la sua prima pagina all’Amazzonia, facendo passare la salute della foresta pluviale come la cosa che sta più a cuore al Papa. Che all’Angelus di domenica ne ha invece appena accennato. Ma le crisi ambientali si portano troppo bene per non essere indossate.

https://www.ilfoglio.it/esteri/2019/08/ ... to-271150/
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Re: La distruzione dell'amazzonia

Messaggioda franz il 28/08/2019, 8:20

Quanto è importante l’Amazzonia per la Terra

Non è vero che "produce il 20 per cento dell'ossigeno globale" come hanno scritto in molti (anche noi), ma resta indispensabile

Da settimane migliaia di incendi stanno bruciando ampie porzioni della foresta amazzonica, la più grande foresta pluviale della Terra, che si trova nella parte nord-occidentale del Brasile e in porzioni di Perù, Colombia e di altri paesi del Sudamerica. Oltre a ospitare un’enorme quantità di specie animali e vegetali, l’Amazzonia è considerata uno dei più importanti produttori di ossigeno per l’intero pianeta. In molti articoli pubblicati dai media sugli incendi amazzonici – compreso il Post – sono circolate però informazioni poco chiare o scorrette sull’effettiva quantità di ossigeno prodotta dalla foresta amazzonica, portando a un po’ di confusione sull’emergenza ambientale in corso.

L’Amazzonia in brevissimo
L’Amazzonia è una foresta pluviale tropicale, la cui vegetazione si è espansa enormemente grazie alla condizioni calde e umide offerte dal bacino idrografico del Rio delle Amazzoni e dei suoi numerosi affluenti. L’intera area ha un’estensione che supera i 7 milioni di chilometri quadrati, con la foresta vera e propria che che occupa circa 5,5 milioni, circa 18 volte l’Italia. Da sola, la foresta amazzonica costituisce circa la metà di tutte le foreste pluviali ancora esistenti sulla Terra; ha un ecosistema estremamente diversificato, conta oltre 16mila specie di piante e si stima che nel complesso ospiti oltre 390 miliardi di alberi. La sua preservazione non è solo essenziale per tutelare la vita delle migliaia di specie che la popolano, ma anche per mantenere il giusto equilibrio di ossigeno nell’atmosfera.

Gli incendi
Nelle foreste gli incendi si sviluppano spesso per cause naturali e hanno la funzione di aiutare a ripulire il sottobosco, in modo che le piante possano crescere a una giusta distanza tra loro e diventare più forti. Gli incendi di grandi dimensioni sono però rari nelle foreste pluviali, dove le condizioni climatiche consentono alla vegetazione di crescere e prosperare anche senza i “reset” ciclici degli incendi.

Molti degli incendi scoppiati in queste settimane nella foresta amazzonica, soprattutto in Brasile, sono dolosi: innescati per accelerare la deforestazione e sfruttare il terreno per le coltivazioni. Il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, ha detto in più occasioni di essere favorevole alla deforestazione e questo ha probabilmente indotto piccoli e medi coltivatori ad appiccare più incendi del solito, sapendo di correre minori rischi rispetto a un tempo dal punto di vista legale.

Secondo i dati satellitari raccolti dall’iniziativa Copernicus dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), attualmente gli incendi nella foresta amazzonica sono il quadruplo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Tra il primo e il 24 agosto l’ESA ha rilevato circa 4mila incendi, contro i 1.100 dell’agosto del 2018. Gli incendi hanno prodotto almeno 228 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2), uno dei principali gas serra responsabili del riscaldamento globale. È comunque ancora presto per stime definitive, considerato che la stagione secca prosegue di solito fino a ottobre e che oltre alla dimensione dei singoli incendi c’è da valutarne la loro effettiva estensione.

Quanto ossigeno produce la foresta amazzonica
Negli ultimi giorni sono spesso circolate informazioni sul fatto che la foresta amazzonica produca da sola circa il 20 per cento dell’ossigeno presente nell’atmosfera. Il dato è stato diffuso da giornali e televisioni e ripreso da numerosi politici, compreso il presidente francese Emmanuel Macron, nel corso del G7 da poco concluso a Biarritz, in Francia. Anche il Post ha dato questa informazione in alcuni articoli poi corretti.

In realtà, hanno spiegato diversi esperti e ricercatori, quella del 20 per cento è una percentuale piuttosto arbitraria, anche perché è difficile stimare con precisione quanto ossigeno sia prodotto da una foresta (soprattutto di quelle dimensioni) e quali siano le oscillazioni di anno in anno nella produzione, a seconda di altre variabili. Al netto di queste incertezze, una stima più verosimile si attesta intorno a poco meno del 10 per cento di tutto l’ossigeno presente nell’atmosfera.

Parlare comunque di solo ossigeno prodotto non ha molto senso, perché oltre a sottrarla, le piante producono anche anidride carbonica. E qui è opportuno un breve ripasso sulla fotosintesi, per chi a scuola era un po’ distratto.

Fotosintesi e respirazione
La fotosintesi clorofilliana è il processo chimico con cui le piante (e altri organismi) producono carboidrati e altre sostanze organiche, partendo dall’anidride carbonica disponibile nell’atmosfera e dall’acqua. Per farlo sfruttano come fonte di energia la più grande e potente a disposizione sulla Terra: il Sole.

Nel corso della fotosintesi, la luce solare consente alla pianta di convertire sei molecole di anidride carbonica e sei molecole di acqua in una molecola di glucosio, uno zucchero fondamentale per la vita della pianta. La reazione porta inoltre a un sottoprodotto: sei molecole di ossigeno, che la pianta libera nell’atmosfera attraverso le sue foglie.

Come gli altri esseri viventi, anche le piante “respirano” e il prodotto della loro respirazione cellulare è dell’anidride carbonica, che viene quindi rilasciata nell’atmosfera. Fortunatamente per noi, e per gli altri organismi aerobi, il bilancio complessivo è in positivo per l’ossigeno: semplificando molto, le piante immagazzinano più anidride carbonica nella fotosintesi di quanta ne producano con la respirazione consumando ossigeno. Parte del carbonio che viene assorbito rimane nella parte “morta” della pianta che costituisce il legno interno. Resta lì – a seconda del ciclo di vita della pianta – per anni, decenni e in diversi casi secoli. Quando la pianta muore e si decompone, l’anidride carbonica accumulata viene infine rilasciata nell’atmosfera. Se si sviluppa un incendio, il processo avviene prematuramente e si liberano grandi quantità di anidride carbonica, come sta avvenendo in Amazzonia.

Quindi la foresta amazzonica non è un “polmone verde”?
Se per assurdo isolassimo la foresta amazzonica da tutto il resto e la osservassimo nel lunghissimo periodo, alla fine della sua esistenza avrebbe prodotto e consumato la stessa quantità di ossigeno e di anidride carbonica. Ma l’Amazzonia è inserita in un sistema complesso che si chiama Terra, con una miriade di ecosistemi che interagiscono tra loro.

La quantità di ossigeno nell’atmosfera è più o meno costante e pari circa al 21 per cento (il gas più presente è l’azoto, al 78 per cento circa). Non ci serve più ossigeno di così: le piante “servono” per mantenere quel livello di ossigeno. Inoltre, non sono le foreste a produrre la maggior parte dell’ossigeno che respiriamo, ma il fitoplancton che si trova negli oceani. Si stima che almeno il 50 per cento (secondo altre stime fino all’85 per cento) dell’ossigeno presente nell’atmosfera sia prodotto dalla fotosintesi del fitoplancton, mentre il restante è prodotto dalle piante sulle terre emerse. Il 16 per cento dell’ossigeno prodotto da queste ultime proviene dalla foresta amazzonica.

C’è da preoccuparsi?
La quantità di incendi di quest’anno nella foresta amazzonica è anomala e allarmante, se confrontata con quelli degli anni precedenti, ma è presto per valutare quali ripercussioni possa avere sia localmente sia a livello globale. Il rischio più grande è che la grande quantità di anidride carbonica emessa localmente, insieme ai fumi e alle polveri, contribuisca a rendere più intensa la stagione secca, facilitando la formazione di nuovi incendi di ampie dimensioni.

Se si perdesse un terzo dell’attuale foresta, ci potrebbero essere conseguenze irreversibili per l’intera Amazzonia, con danni permanenti. Lo studio sull’estensione degli incendi, e non solo sulla loro quantità, dovrebbe offrire nei prossimi giorni elementi più concreti per valutare le dimensioni del problema e i suoi effetti nel medio e lungo periodo.

https://www.ilpost.it/2019/08/27/amazzo ... eno-terra/
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