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Non una parola, non un pensiero...

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda Stefano'62 il 12/01/2009, 14:22

Ho molto apprezzato il testo di Luisa Morgantini.
Sulla questione vorrei dire che il punto non è se abbiano ragione gli ebrei o invece i palestinesi dato che la storia dice molto chiaramente chi sono gli aggrediti e chi gli aggressori al di là di qualsiasi lancio di razzi o azione terroristica,e dato anche che il fatto di avere ragione non legittima il massacro degli avversari e dei loro figli.
Il punto non è nemmeno se sia legittimo difendersi o meno da assalti criminali,siano essi lanci di razzi da una parte,oppure bombardamenti navali e aerei dall'altra parte.
Certo che è legittimo farlo,ma qualsiasi risposta colpisca anche gente innocente diventa automaticamente un atto criminale.
In Israele se un rapinatore occupa una banca e prende degli ostaggi la polizia che fa,risolve tutto con due bombe a mano ?
No,perchè qualsiasi risposta non tenga conto della differenza tra colpevoli e innocenti è una risposta criminale,e l'atteggiamento del governo israeliano che molto evidentemente preferisce vittime innocenti palestinesi alle vittime innocenti ebree,ebbene è un atteggiamento razzista che considera tutta la parte palestinese del popolo come nemica.
Per essere più chiaro vorrei dire a tutti quelli che magari anche dopo una analisi sofferta hanno deciso che una parte abbia ragione sull'altra e quindi sia giusto mandare i carri armati oppure lanciare razzi oppure bruciare bandiere,che la ragione non sta dalla parte degli ebrei e nemmeno dei palestinesi:la ragione sta dalla parte della povera gente innocente dell'una e dell'altra parte che da decenni soffre una situazione di diffusa ingiustizia spesso criminale.
Quelli che hanno torto marcio invece sono i delinquenti integralisti,da una parte e anche dall'altra anche se stanno nel governo,il cui unico obiettivo è quello di mantenere l'influenza sulla propria fetta di popolazione soffiando sul fuoco dell'odio.
Quindi onta su Hamas e company,ma è anche ora di smetterla di considerare il governo israeliano come una Nazione normale che cerca di reprimere un movimento separatista o un assalto esterno.
Nel 1948(mi pare) Israele è sorta impedendo al contempo con le armi la nascita dello Stato Palestinese,che era stata decretata dall'ONU;ricordo a ranvit che è per questo che si chiamano territori occupati.
Ed è per questo che vari gruppi palestinesi non riconoscono Israele.
Altri gruppi invece lo riconoscono per ottimi motivi diplomatici nella speranza di un reciproco riconoscimento,invece Israele ha sempre preferito tenersi i territori per ospitare i profughi ebrei da varie parti del mondo,anche recentemente,e rifiuta di parlare di Stato Paletinese e quindi (automaticamente!) di pace.
I Palestinesi dunque sono cittadini di Israele perchè Israele così ha voluto,e il fatto che ora voglia sterminarli se non accettano di continuare ad essere cittadini di serie B,è una cosa che da sola basterebbe a inserire Israele nella lista degli “stati canaglia”,e questo molti ebrei israeliani lo sanno,ma il loro voto è sempre stato in minoranza.
Di serie B,perchè in Israele esistono leggi che sono razziste quasi quanto quelle del ventennio fascista.
Per esempio,Ariel Sharon emise anni fa una legge che impediva ad ogni cittadino non-ebreo di abitare nel centro di Gerusalemme,in seguito a questo molti palestinesi di fede anche cattolica dovettero traslocare !
Una cosa così avrebbe dovuto far rabbrividere ogni ebreo scampato alla Shoah.
Un vecchio terrorista come Arafat aveva capito che solo la pace può portare giustizia,non è servito,è morto in modo misterioso e il suo interlocutore (Shamir) fu ucciso da un ebreo ultraortodosso che mi ha tanto ricordato Osvald e l'omicidio Kennedy.
Israele dunque condiziona da generazioni la vita della gente palestinese,e ogni offerta di pace è trattata con sufficienza o in alternativa con diffidenza,generando moltissimi dubbi su quanto essi stessi la vogliano.
Come si può pretendere ora che i figli di questo popolo martoriato dicano di no a chi mette loro in mano un fucile mitragliatore dopo che hanno visto le loro case distrutte con i bambini dentro ?
La pace è figlia della giustizia,perciò se Israele vuol vivere tranquillo deve riconoscere lo Stato Palestinese,abbandonare i territori,e in seguito collaborare con le future autorità per evitare o punire gli episodi di violenza che certamente proseguiranno per lungo tempo da ambo le parti per allontanare la pace.
Se poi Hamas vincesse le elezioni....amen;la colpa sarà stata di quelli che portano loro proseliti uccidendo bambini a suon di bombe.
I terroristi di oggi sono i figli e i fratelli delle vittime di ieri.
Il comportamento di Israele sta gettando le basi per un nuovo esercito di martiri suicidi di domani.

Tiozzi Stefano
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda franz il 12/01/2009, 15:14

Stefano'62 ha scritto:Ho molto apprezzato il testo di Luisa Morgantini.
Sulla questione vorrei dire che il punto non è se abbiano ragione gli ebrei o invece i palestinesi dato che la storia dice molto chiaramente chi sono gli aggrediti e chi gli aggressori al di là di qualsiasi lancio di razzi o azione terroristica,e dato anche che il fatto di avere ragione non legittima il massacro degli avversari e dei loro figli.
Il punto non è nemmeno se sia legittimo difendersi o meno da assalti criminali,siano essi lanci di razzi da una parte,oppure bombardamenti navali e aerei dall'altra parte.

Mi sembra che tu, inconsapevolmente o no, confonda due cose da non confondere.
In politica ed in diplomazia sapere chi ha ragione (o tentare di farlo) è importante. Non è vero che non sia questo il punto.
Quando invece la parola passa alle armi, non c'entra chi ha ragione ma chi è piu' forte.
Tutti quelli che accettano questo livello di scontro lo sanno, ne sono consapevoli, ne sopportano le conseguenze.

Nel '48 il giorno stesso della proclamazione della nascita dello stato di israele esso fu attaccato da egitto, libano, girodania, iraq. Quello che dici (nel 1948(mi pare) Israele è sorta impedendo al contempo con le armi la nascita dello Stato Palestinese) non risulta da nessuna parte (se hai info puoi darcele) ma è noto che gli arabi non accettavano il piano di spartizione proposto dall'ONU ed è per quelli che attaccarono il giorno stesso che Israele nacque.

Sono d'accordo che le ragioni ed i torti sono suddivisi ma ritengo singolare, sul piano statistico, che lo siano in modo uguale. In realtà c'è chi ha piu' ragioni e meno torti (o chi ha piu' torti che ragioni) e secondo me si tratta di coloro che, non avendo ragioni legittime, cercarono da subito di metterla sul piano della forza, della guerra, attaccando a piu' riprese Israele.
I profughi ebrei (tra 500 e 600 mila) scacciati dalle capitali arabe, sono un aspetto che nessuno ricorda.

Sulla storia dei prigionieri in banca ti racconto una storia, che forse puo' far riflettere.
Anni fa una pattuglia israeliana era all'inseguimento di un commando palestinese che fu poi trovato in una grotta.
Purtroppo i guerriglieri avevano preso donne e bambini palestinesi come ostaggi ed i soldati isreliani non osarono sparare.
I soldati israeliani furono uccisi. Chi crede che a situazioni invertite sarebbe successa la stessa cosa?
A vedere la facilità con cui gli integralisti di Hams sparano razzi sui civili direi che nessuno ci crederebbe.

O forse ritieni che per "par condicio" Israele dovrebbe sparare a casaccio razzi (in pari numero e potenza di quelli di Hamas) verso le città della striscia di Gaza, per la tranquillità delle candide coscienze occidentali?
Saremmo tutti piu' tranquilli se la riposta di Israele fosse di quel tipo?

Ciao,

Franz
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda Paolo65 il 12/01/2009, 15:56

In merito alle ultime frasi scritte da Franz, non ho alcun dubbio che un qualsiasi paese del globo avrebbe già raso al suolo Gaza pur di arrestare i razzi sparati da Hamas.

La verità sconcertante è che siccome molti partono dalla convinzione che Israele stia dalla parte del torto, esso deve subire oltremisura ed essere sempre moderato nella risposta.

Comunque questa azione militare farà cambiare rotta ai palestinesi più riottosi: nessuno avrà più voglia di vedere i carri armati d'Israele fin dentro il centro di Gaza e sono sicuro che i razzi ,finito questo scontro, non verranno più lanciati.

Paolo
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 12/01/2009, 16:18

guidoparietti ha scritto:No, stai evadendo la questione. Il punto non è se lo stato di Israele esiste, è ovvio che esiste. Il punto è se ha diritto ad esistere, non per una ragione di buon senso ma in linea di principio. Ad esempio, anche Hamas esiste, ma un'organizzazione totalitaria e terroristica non avrebbe, in linea di principio, alcun diritto di esistere.
E quando si tratta di parti in causa in una lotta quasi sempre violenta, nel nostro giudizio sceverare il diritto dallo storto diventa fondamentale. Quindi non è una domanda retorica, perché la risposta non è scontata.

È perfettamente inutile che prima si evada la domanda sul diritto all'esistenza di Israele e poi si ritirino fuori idee sui due stati, federazioni e così via. La soluzione due popoli due stati corrispondeva alla risoluzione onu del 48 ed Israele l'avrebbe rispettata tranquillamente se non fosse stato subito attaccato in massa da tutti i paesi arabi confinanti. E poi ancora e ancora fino arrivare al terrorismo suicida e infine ai razzi lanciati dalla striscia di gaza negli ultimi anni.

Ma certo, se Israele esiste solo di fatto, allora il problema diventa "ma come mai esiste hamas", che certo è un interessante problema storico, politico e sociologico, ma non sposta affatto la questione, perché tutte le sofferenze ingiustamente inflitte al popolo palestinese originano dal fatto che dal 1948 in poi Israele ha sempre dovuto difendersi da vicini ostili intenzionati alla sua distruzione. Questo atteggiamento, la distruzione di Israele come obiettivo, sono giusti o no? Secondo alcuni, a denti stretti magari, sono giusti o perlomeno giustificati. E qui sta tutto il nodo del contendere. Altrimenti, Israele ha compiuto eccessi e fatto molti errori, ma non c'è dubbio che sia la parte aggredita SE ha diritto ad esistere. Ma la questione come al solito si preferisce evaderla e buttarla in caciara (che non è un modo per negare le opinioni altrui, ma solo per dire che queste opinioni altrui in questo caso spostano il discorso su questioni che, secondo me, non hanno il potenziale di risolvere alcuna discussione, e il fatto che la discussione duri ininterrotta e immutata da decenni mi pare mi dia abbastanza ragione).

eh no, Guido... perché interpreti il mio pensiero quando non c'è niente da interpretare essendo stato scritto a chiare lettere come la penso?
Ho scritto che ANCHE solo per una ragione di buon senso Israele deve esistere... questo non può però chiudere ogni discussione sui problemi che il diritto all'esistenza di Israele ha acuito con la popolazione di origine non ebraica di quei territori... cioè diciamo pure che Israele ha diritto di esistere, ma non liquidiamo come terroristi il 70% degli abitanti di quelle terre che ebrei non erano e contro gli interessi dei quali abbiamo voluto imporre quel diritto.

Questo è successo nel 1948... la famosa risoluzione dell'ONU di cui si parla fu votata a maggioranza non certo plebiscitaria degli allora Stati membri (solo 33 a favore contro 13 contrari... praticamente TUTTI gli stati arabi... e ben 10 astenuti)...
Cioè è stata fatta una risoluzione nella quale i diretti interessati erano TUTTI contrari... sarebbe oggi ipotizzabile una cosa del genere?

Se affermiamo che Israele deve esistere, possiamo al contempo considerare che anche le ragioni degli altri non possano essere ignorate? Che 600.000 ebrei (in quel tempo... e solo perché nei 50 anni precedenti la Gran Bretagna aveva straordinariamente favorito l'insediamento di coloni provenienti dall'europa) finirono per contare di più di 1.200.000 arabi è un dato di fatto, visto che per lo stato ebraico venne previsto quasi il 60% del territorio, è una realtà della quale dobbiamo farci carico assieme alle questioni di diritto all'esistenza di Israele o no?

Oggi si liquida un popolo come "vocato al terrorismo", quello palestinese, ma ci si dimentica che i fondatori di Israele, Ben Gurion in testa agirono con finalità terroriste causando centinaia di morti fra la popolazione araba e i militari inglesi per decine di anni fino al 1947 con organizzazioni militari e paramilitari sioniste che, almeno nei risultati, poco avrebbero da distinguersi da Hamas.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 12/01/2009, 16:22

Paolo65 ha scritto:...Comunque questa azione militare farà cambiare rotta ai palestinesi più riottosi: nessuno avrà più voglia di vedere i carri armati d'Israele fin dentro il centro di Gaza e sono sicuro che i razzi ,finito questo scontro, non verranno più lanciati...

sei un illuso... mai la semina dell'odio ha fatto nascere la pace.
ed aver provocato centinaia di morti innocenti sta pur tranquillo che l'odio lo ha seminato eccome.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda Stefano'62 il 12/01/2009, 16:36

Ciao Franz,
mi presento,sono un allenatore di nuoto e le mie informazioni sono quelle che chiunque può avere tramite i media.
Cercherò di chiarirmi:
Israele fa bene a cercare di reagire e distruggere i responsabili dei vili attacchi che subisce.
Quello che però mi aspetto da una Democrazia nella sfera di influenza occidentale è che discrimini tra colpevoli e innocenti evitando misure che possano fare vittime innocenti,cosa che coi satelliti e le tecnologie moderne dovrebbe essere più facile che in passato.
Quindi mandino pure navi aerei e carri armati se gli serve,ma che non sparino tra la folla.
D'accordo anche sul fatto che il soldato israeliano a Gaza è circondato da ostili,ma ci fosse anche uno solo che non lo fosse,ucciderlo sarebbe un crimine.
E se questo significa che il miliziano possa farla franca facendosene scudo ebbene si trovi un altro sistema per agguantarlo,perchè è meglio un colpevole libero che un innocente ammazzato.
Se i miliziani per esempio si asserragliassero in un edificio nel centro di Tel Aviv di certo non gli manderebbero contro elicotteri e missili ma piuttosto le teste di cuoio.
Uccidere innocenti oltre che criminale è pure stupido perchè vuol dire creare futuri terroristi in.....ti,invece comportarsi con giustizia cioè senza violenza o al massimo con interventi mirati,sicuramente dà un vantaggio immediato a chi non lo fa ma alla lunga paga perchè nessuno nasce con vocazione suicida a meno che qualcuno non gliela inneschi a suon di bombe,e Israele di nemici ne ha già abbastanza.
Per quel che riguarda la risoluzione che stabiliva la nascita dei due Stati,i diplomatici ebrei non volevano lo Stato unitario con due nazionalità (come in Libano),perchè loro contavano solo il dieci per cento della popolazione e temevano per l'assegnazione proporzionale delle cariche pubbliche,che era ciò che più stava a cuore ai notabili che avevano comperato terre in Palestina.
Invece i Palestinesi,e con loro i Paesi Arabi che temevano per gli equilibri geo-politici dell'area,non volevano la soluzione dei due Stati dato che sapevano che nonostante gli ebrei fossero solo il dieci per cento avrebbero ottenuto se ricordo bene il quarantacinque-cinquanta per cento del territorio,e così fu.
Questo era il motivo per cui non volevano “quella” risoluzione.
La risoluzione passò dopo che alcuni Stati cambiarono misteriosamente la loro precedente posizione (tratto dal libro di storia,non ricordo quale).
I Palestinesi erano inoltre innervositi dalla situazione demografica,che aveva visto crescere la percentuale di ebrei dall'uno al dieci per cento della popolazione;e dalla situazione politica internazionale che sembrava dare ragione agli ebrei e alla loro arroganza.
Così almeno la vedevano loro.
Prima vivevano in armonia tra loro,e i palestinesi avevano anche provato a coinvolgere i facoltosi ebrei in una guerra di liberazione dall'Impero Ottomano;questi avevano rifiutato,poi l'Impero era caduto e ora questi arrivavano pieni di soldi ad accaparrarsi terre,e la comunità internazionale voleva dargli ancora più terra.
Volevano pagare il loro debito nei confronti degli ebrei coi soldi di qualcun altro.
Gli ebrei invece sappiamo tutti quello che avevano passato e cercavano una Patria,e sapevano anche che i Palestinesi avevano appoggiato i tedeschi,gli unici che avessero loro offerto qualcosa.
Gli inglesi sapevano che sarebbe successo qualcosa di brutto e si sono ritirati progressivamente dalle loro posizioni giorno dopo giorno;queste sono state occupate a colpi d'arma da fuoco dall'una o dall'altra parte;poi il giorno della entrata in vigore della risoluzione è stata guerra.
Non ci fu un aggredito e un aggressore,semplicemente guerra.
Questo è ciò che mi risulta e so che potrebbe anche essere tutto falso anche se non ho motivo di crederlo.
E' solo la mia opinione e vale per quello che è,ma quello che conta,ribadisco,non è stabilire chi ha ragione;non lo è più.
Perchè sarebbe una risicata vittoria ai punti che l'altro mai accetterebbe e gli innocenti continuerebbero a morire,anche al di quà del mare.
Se vogliamo la pace bisogna smettere di sparare e cominciare a parlare di futuro e quindi di giustizia.
Se qualcuno poi non vuole smettere di sparare allora va bene fargliela pagare,ma solo a lui.

Ciao,

Stefano

PS:come si fa ad estrapolare brani e metterli in un testo ?
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 12/01/2009, 16:44

franz ha scritto:...
Sono d'accordo che le ragioni ed i torti sono suddivisi ma ritengo singolare, sul piano statistico, che lo siano in modo uguale. In realtà c'è chi ha piu' ragioni e meno torti (o chi ha piu' torti che ragioni) e secondo me si tratta di coloro che, non avendo ragioni legittime, cercarono da subito di metterla sul piano della forza, della guerra, attaccando a piu' riprese Israele.
I profughi ebrei (tra 500 e 600 mila) scacciati dalle capitali arabe, sono un aspetto che nessuno ricorda.
...

e le ragioni legittime le facciamo risalire solo alla risoluzione dell'ONU (che non era quello di Ban Ki-Moon... anche questo andrebbe ricordato)... quindi una comunità "internazionale" può decidere in favore di una minoranza di popolazione e, soprattutto, contro la stragrande maggioranza della restante parte di popolazione di un territorio? qual'è la posizione dei "giusti" verso il kossovo, allora?

Quanto al processo alle intenzioni sul comportamento di un palestinese al posto di un israeliano, beh... scusami Francesco... mi sembri il Lombroso... ovvio che un arabo si comporterebbe diverso... non avete notato gli occhi scavati, il naso adunco e la fronte spaziosa ed arretrata?... ma fammi il piacere.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 12/01/2009, 16:48

Stefano'62 ha scritto:PS:come si fa ad estrapolare brani e metterli in un testo ?

bisogna cliccare su "Quota"...
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda guidoparietti il 12/01/2009, 17:24

incrociatore ha scritto:eh no, Guido... perché interpreti il mio pensiero quando non c'è niente da interpretare essendo stato scritto a chiare lettere come la penso?

Lo interpreto perché, evidentemente almeno dal mio punto di vista, qualcosa da interpretare c'è. Ad esempio quando prima dici che israele ha diritto ad esistere ma poi dopo fai notare come sia nato in base ad una risoluzione dell'Onu cui erano contrari i diretti interessati, e prosegui il discorso come tutti possono leggere, e questo fa sorgere qualche dubbio.
Se affermiamo che Israele deve esistere, possiamo al contempo considerare che anche le ragioni degli altri non possano essere ignorate? Che 600.000 ebrei (in quel tempo... e solo perché nei 50 anni precedenti la Gran Bretagna aveva straordinariamente favorito l'insediamento di coloni provenienti dall'europa) finirono per contare di più di 1.200.000 arabi è un dato di fatto, visto che per lo stato ebraico venne previsto quasi il 60% del territorio, è una realtà della quale dobbiamo farci carico assieme alle questioni di diritto all'esistenza di Israele o no?

Senza meno, quindi da un lato possiamo discutere il diritto ad esistenza di Israele – e quello che io dico è appunto di metterlo in discussione, invece di liquidarlo sempre con un "SI, ma..." che in realtà cela contrapposizioni di principio – e d'altro lato dobbiamo dire che anche i palestinesi hanno i loro diritti, tra cui c'è quello di autodeterminarsi in uno stato (si spera democratico). Ma questo diritto dei palestinesi non è negato né da me né da Israele, è questo il punto. Nel 1948 la linea che oggi sembra una soluzione lontana, due popoli due stati, sarebbe stata praticabilissima se non fosse che i palestinesi non hanno pensato affatto a fare uno stato e che tutti gli stati arabi vicini invece di aiutare i palestinesi hanno attaccato militarmente israele. E copioni simili si sono ripetuti nei decenni fino ad oggi, quando Israele non nega affatto il diritto dei palestinesi di avere un loro stato, tanto che un governo (di centrodestra peraltro) è arrivato, sono solo pochi anni ma tutti lo dimenticano, a far evacuare i coloni dalle zone, teoricamente palestinesi, in cui erano stati insediati dopo la guerra del '67 (guerra ancora una volta non iniziata da Israele) pagando un prezzo politico non indifferente (la scissione di fatto del suo partito di riferimento).
Ciascuno degli atti compiuti da Israele per difendersi ha causato sofferenze e contribuito ad esacerbare la situazione dei palestinesi. Ma se questo è vero, è anche vero che di fronte ad attacchi militari prima e terroristici poi che cosa avrebbe dovuto fare Israele se non difendersi? Si può questionare sui mezzi, ma la realtà è che qualsiasi mezzo violento porta risultati distruttivi, che si possono controllare ma non eliminare – tra parentesi, a chi dice di preferire l'intervento di terra, faccio notare che se da un palazzo c'è un cecchino che spara ai miei soldati, quel palazzo va giù (se ho i mezzi per mandarlo giù), e chi c'è dentro c'è dentro (di solito scudi umani messi lì apposta), casomai è più facile discriminare, nei limiti della precisione strumentale, sparando missili da lontano, quando non si devono proteggere propri soldati sul terreno.
La questione è, tutti questo ha origine dalla violazione del diritto degli arabi ad opera dell'insediamento dello stato israeliano, oppure lo stato israeliano ha diritto di esistere e quindi la responsabilità dell'aggressione è degli stati arabi prima e del terrorismo più recentemente? Perché in questa seconda prospettiva, è chiaro che, via i missili di Hamas, via l'invasione della striscia di gaza, via gli attentatori suicidi, via il muro, via la dichiarata ostilità di forze al governo contro l'esistenza di israele, via le sanzioni economiche... e così via. Mentre chiaramente nel primo caso: via israele, via tutto il resto.
Come cerco di spiegare da un po', tutto dipende davvero soltanto dalla posizione che si assume sul diritto di Israele ad esistere come stato.

Oggi si liquida un popolo come "vocato al terrorismo", quello palestinese, ma ci si dimentica che i fondatori di Israele, Ben Gurion in testa agirono con finalità terroriste causando centinaia di morti fra la popolazione araba e i militari inglesi per decine di anni fino al 1947 con organizzazioni militari e paramilitari sioniste che, almeno nei risultati, poco avrebbero da distinguersi da Hamas.

Nessuno, almeno qui mi pare, definisce i palestinesi "vocati al terrorismo", e tanto meno io. Hamas però è dichiaratamente un'organizzazione terroristica con lo scopo di distruggere israele e i "sionisti" (e si noti che fino ad anni relativamente recenti anche l'OLP aveva, da statuto, il medesimo scopo). Hamas non è tutto il popolo palestinese, e né io né, mi pare, altri ha fatto questa equazione.
Ultima modifica di guidoparietti il 12/01/2009, 17:27, modificato 1 volta in totale.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda franz il 12/01/2009, 17:25

Stefano'62 ha scritto:Ciao Franz,
mi presento,sono un allenatore di nuoto e le mie informazioni sono quelle che chiunque può avere tramite i media.
Cercherò di chiarirmi ...

Ti sei chiarito benissimo. Cerchero' di fare altrettanto.
Io sono un informatico, tu sei un insegnante di nuoto, altri di noi sono grafici o biologi, operai, agricoltori.
Nessuno (che mi risulta) qui è un militare ma credo converrai che ad ognuno ha la sua competenza sul campo e ben difficilmente tu mi verrai a dire come montare un PC o scrivere un programma. Siamo tutti invece molto accurati nel criticare le operazioni militari altrui (con la naturalezza con cui commentiamo una partita di calcio) pur avendo, immagino, poca o nulla competenza nel settore. Aver fatto la leva militare infatti non ci dà competenza in tattiche e strategie. Forse un ufficliale superiore puo' essere esperto in situazioni come quelle di gaza, se ha studiato recentemente.

Chiarito questo, il punto all'origine di tutto è che le milizie di Hamas (e non solo loro, anche Hezbollah, anche i serbi in Jugoslavia) si nascondono nelle città e le usano sia come deposito di armi (in case civili, scuole, moschee, ospedali, ambulanze) sia per lanciare i razzi dai tetti della case o dai cortili. Tutte queste cose sono espressamente vietate dalle convenzioni di ginevra. Qui sta il torto primario, che rende complessa e particolarmente pericolosa la reazione della nazione che viene copita.
Le convenzioni internazionali qui sono chiare nel stabilire il principio di autodifesa ed anche il fatto che la reazione di chi si difende deve essere proprzionale. Non esistono tuttavia, cosi' leggevo, criteri oggettivi e terzi per stabilire questa proporzionalità ed essa viene lasciata totalmente (dalle norme internazionali) in mano al comandante in campo sul luogo. Egli conosce il terreno, le forze in campo, il dispiegamento delle sue forze e quelle altrui, calcola il rischio per i suoi soldati, valuta come agire. Se sbaglia finirà sotto inchiesta internazionale. Mi correggo. Se sbaglia un comandate israeliano. Se sbaglia uno di Hamas (recentemente un loro missile era finito su due bambini palestinesi, per sbaglio) non so se va nello stesso modo.

Ti faccio un altro esempio. Durante la seconda guerra mondiale l'italia è stata bombardata dagli alleati ed i bombardamenti erano meno accurati di quanto si faccia ora con l'elettronica. Bombe da 500kg lasciate cadere per gravità e traiettoria inerziale da migliaia di metri d'altezza non possono essere precise.
Sai quante decine di migliaia di civili italiani morirono nei bombardamenti alleati (su milano, palermo ...sono città ... lo sappiamo?) forse non lo sa nessuno (mi pare che solo a palermo i morti furono 5000) e nessuno ne fece un caso politico. Quando sei in guerra perché il tuo governo cosi' ha deciso ti becchi le bombe del nemico ed anche di quelli che vengono a liberarti. Nessuno credo si sia mai lamentato. Strano che ora noi che non ci siamo lamentati dei nostri morti (130'000 vittime civili) fatte anche - credo soprattutto - dai "liberatori" ci indignamo per le vittime civili che un altro esercito fa per difendersi dagli attacchi che riceve. Questo è un altro aspetto grottesco.

Infine, sul discorso del 1948 è chiaro che il piano di spartizione non era gradito dagli arabi e nemmeno dagli ebrei ma si era in un contesto politico, di decisioni politico diplomatiche. Il piano infine fu votato ed un voto è un atto politico.
Vero che la dimensione del territorio dato ad israele era notevole rispetto alla popolazione ma erano in gran parte zone desertiche (che poi gli israeliani seppero trasfomare in zone fertili).
L'attacco militare che invece fu fatto il giorno della nascita dello stato di Israele fu un atto classico di forza.

Su wikipedia c'è una buona scheda che mi sembra imparziale e che spiega gli estremi del probelma
Tra le varie cose dice:

Il 14 maggio del 1948 venne dichiarata unilateralmente la nascita dello Stato di Israele, un giorno prima che l'ONU stessa, come previsto, ne sancisse la creazione.
Il 15 maggio, le truppe britanniche si ritirarono definitivamente dai territori del Mandato.
...
Lo stesso 15 maggio 1948 gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania, attaccarono l'appena nato Stato di Israele.

Cioè in pratica è come se da noi, il giorno dopo la nostra proclamazione nel 1861, tutte le nazioni confinanti ci avessero attaccato.
L'uso della aziona militare ha spezzato ogni gioco politico e messo in mano la questione ai militari, con la loro logica (si fa per dire, ma è chiaro che hanno una logica, devono vincere, non soccombere) e quindi qui è chiarissimo che i torti sono di chi ha attaccato e perso.

Ciao,
Franz
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