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Non una parola, non un pensiero...

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda Stefano'62 il 21/01/2009, 4:28

Paolo65 ha scritto:Stefano, tu ribalti la verità di quanto è accaduto e sta accadendo.

Alla fine della fiera Israele ne esce più forte sia dal conflitto libanese sia da quello con Hamas,mentre i palestinesi di Gaza ne escono con le ossa rotte,con un sacco di morti e seppur indignati contro Israele hanno capito che con Israele la forza è inutile, anche perchè nessuno al mondo si metterà contro lo stato ebraico(almeno fino a che gli USA lo sostengono).

In questi decenni tutti gli stati arabi ,uno alla volta, si sono eclissati ed ora parlano solo,al massimo finanziano i palestinesi.

In questa occasione neppure Hezbollah si è mosso,anche perchè sanno a loro spese che Israele può fare molto male.

Tolta la indignazione e la rabbia, la stessa peraltro di 60 anni fa, cosa credi possano fare gli stati arabi,Hezbollah ed Hamas contro lo strapotere militare di Israele? Poco e nulla, solo portare altra miseria e tragedie al popolo palestinese e danni al Libano.

Ormai tutti lo hanno capito, anche Abu Mazen, ed allora perchè mistificare la realtà delle cose?

paolo

A parte che il concetto che l'uso della forza possa farti ottenere ragione anche se non ce l'hai,è proprio quello che ha portato all'Istituzione dell'ONU.....noi siamo qua e loro la perciò io e te possiamo solo fare ipotesi.
Sarebbe bello se tu avessi ragione perchè alla fine potrebbe stabilizzarsi la situazione e finirebbero gli ammazzamenti.
Ma anche in questo caso rimane la follia e l'ingiustizia di quello che è stato.
A me non fa ne caldo ne freddo che Israele ne esca più forte o più debole,mi interessa di più che una democrazia nell'orbita occidentale non si deve permettere di fare delle cose del genere,come ho ampiamente argomentato altre volte.
Per fare chiarezza:al di là di ipotesi strane o di certe mie affermazioni provocatorie,io non credo affatto che Israele abbia dato il mandato ai suoi soldati di fare pulizia etnica;ma date le testimonianze che oramai paiono accertate da molte fonti al di sopra di ogni sospetto,appare chiaro che crimini ce ne sono stati e non credo che ci sia l'intenzione da parte di Israele di punire i più esaltati tra i suoi soldati.
Ciao,

Stefano
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda franz il 21/01/2009, 8:28

Stefano'62 ha scritto:A parte che il concetto che l'uso della forza possa farti ottenere ragione anche se non ce l'hai,è proprio quello che ha portato all'Istituzione dell'ONU.....noi siamo qua e loro la perciò io e te possiamo solo fare ipotesi.

Verissimo ma l'ONU esiste da 60 anni ed i lanci di razzi su Israele da 8. Cosa ha fatto l'ONU per fermare questi lanci?
Nulla, direi, tanto che nessuno ha contestato ad Israele il diritto di difendersi, democrazia o non democrazia.
Che poi tutte le guerre siano tragedie e che comportino dei crimini (volontari o colposi) è noto.
E' noto anche a chi le provoca (Hamas).
Le commissioni di inchiesta cerchereanno di appurare come sono andate le cose.
Se consideriamo che da prima dell'offensiva si sapeva che Hamas aveve minato migliaia di edifici per ostacolare una eventuale avanzata israeliana (è stata trovata anche una scuola, minata, dove l'esplosivo è stato disinnescato in tempo) io non mi meraviglierei se emergesse che una buona parte delle distruzioni di edifici civili e delle vittime siano il risultato del fanatismo suicida di Hamas.

Ciao,
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda Paolo65 il 21/01/2009, 10:13

Stefano, tu ricordi sempre o quasi gli errori d'Israele come se gli altri sarebbero solo delle vittime innocenti.

Non è così,ma soprattutto dopo 60 anni di storia dove si sono aggrovigliati sempre di più fatti contrastanti, a noi che viviamo fuori da quel conflitto, dovrebbe interessare più come questo possa concludersi che non fare la somma delle responsabilità.

Quando io affermo che è meglio una pace ingiusta che una guerra giusta intendo proprio questo.

Non sarebbe meglio una pace che non tenga matematicamente conto dei confini a fronte di accordi commerciali e sociali, aiuti economici da tutto il mondo al fine di dare le basi per uno stato palestinese che possa dare un futuro prospero alla sua popolazione?

Possibile che non si riesca a vedere che, dopo 10 anni di pace ed un netto miglioramento delle condizioni economiche e sociali dei palestinesi, la questione dei confini diverrebbe secondaria? Confini che potrebbero comunque essere rivisti insieme alla questione di Gerusalemme sulla base di 2 popoli che vanno d'accordo e non sono più in guerra?

Nell'immediato come non vedere che una proposta di pace fatta dai palestinesi metterebbe Israele più in difficoltà di fronte a tutto il mondo, molto più che il continuo lanci di razzi e propositi di distruzione?

Per arrivare ad una pace le 2 parti dovrebbero vedere i benefici di 10 anni di pace,piuttosto che pochi acri di terra e questioni legate a Gerusalemme.

Per quelle questioni c'è sempre tempo per mettersi d'accordo.

Paolo
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda Stefano'62 il 21/01/2009, 14:24

Paolo65 ha scritto:Stefano, tu ricordi sempre o quasi gli errori d'Israele come se gli altri sarebbero solo delle vittime innocenti.

Non è così,ma soprattutto dopo 60 anni di storia dove si sono aggrovigliati sempre di più fatti contrastanti, a noi che viviamo fuori da quel conflitto, dovrebbe interessare più come questo possa concludersi che non fare la somma delle responsabilità.

Ma io non ho mai fatto la somma delle responsabilità tanto è vero che su questo tema esordii proprio dicendo e poi ribadendo che non conta chi ha ragione.Non pretendo nemmeno di stabilire una ragione ai punti di uno o dell'altro perchè io non conosco TUTTO quello che servirebbe a stabilirla.
Caso mai cerco di fornire punti di vista alternativi,valutazioni differenti dei fatti accertati,non vorrei che questo apparisse offensivo.
Tendo ad avere un occhio di riguardo per i palestinesi solo perchè per il mio carattere ho sempre provato più simpatia per i deboli (parlo della gente palestinese,non dei terroristi),ed è innegabile che gli innocenti palestinesi siano più indifesi e derelitti degli innocenti israeliani;inoltre tendo a puntare il dito sulle responsabilità israeliane quando ci sono solo perchè si parla di una democrazia che dovrebbe rispettare le risoluzioni ONU senza accampare scuse,gli altri (gli Hamas o Hezbollah o Banda Stern di turno) lo sappiamo tutti che sono delinquenti,non c'è bisogno che lo dica io,dovrebbe essere sottinteso che una bestia cerca di sbranarti....

Paolo65 ha scritto:Quando io affermo che è meglio una pace ingiusta che una guerra giusta intendo proprio questo.

Non sarebbe meglio una pace che non tenga matematicamente conto dei confini a fronte di accordi commerciali e sociali, aiuti economici da tutto il mondo al fine di dare le basi per uno stato palestinese che possa dare un futuro prospero alla sua popolazione?

Possibile che non si riesca a vedere che, dopo 10 anni di pace ed un netto miglioramento delle condizioni economiche e sociali dei palestinesi, la questione dei confini diverrebbe secondaria? Confini che potrebbero comunque essere rivisti insieme alla questione di Gerusalemme sulla base di 2 popoli che vanno d'accordo e non sono più in guerra?

Nell'immediato come non vedere che una proposta di pace fatta dai palestinesi metterebbe Israele più in difficoltà di fronte a tutto il mondo, molto più che il continuo lanci di razzi e propositi di distruzione?

Per arrivare ad una pace le 2 parti dovrebbero vedere i benefici di 10 anni di pace,piuttosto che pochi acri di terra e questioni legate a Gerusalemme.

Per quelle questioni c'è sempre tempo per mettersi d'accordo.

Paolo

L'avevi già detto e l'avevo già condiviso:pace subito !
Poi si potrà parlare con calma del ripristino anche della giustizia ove sia necessario.
Ciao,

Stefano
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda franz il 22/01/2009, 10:54

franz ha scritto:Le commissioni di inchiesta cerchereanno di appurare come sono andate le cose.
Se consideriamo che da prima dell'offensiva si sapeva che Hamas aveve minato migliaia di edifici per ostacolare una eventuale avanzata israeliana (è stata trovata anche una scuola, minata, dove l'esplosivo è stato disinnescato in tempo) io non mi meraviglierei se emergesse che una buona parte delle distruzioni di edifici civili e delle vittime siano il risultato del fanatismo suicida di Hamas.

Mi permetto di citarmi perché a proposito di commissioni di inchiesta, sull'operato dell'esercito di Israele, emerge che saranno necessarie anche quelle sull'operato di Hamas.



dubbi sul numero delle vittime: potrebbero essere 600 e non 1.300
«Così i ragazzini di Hamas
ci hanno utilizzato come bersagli»

Abitanti di Gaza accusano i militanti islamici: «Ci impedivano di lasciare le case e da lì sparavano»

GAZA - «Andatevene, andatevene via di qui! Volete che gli israeliani ci uccidano tutti? Volete veder morire sotto le bombe i nostri bambini? Portate via le vostre armi e i missili», gridavano in tanti tra gli abitanti della striscia di Gaza ai miliziani di Hamas e ai loro alleati della Jihad islamica. I più coraggiosi si erano organizzati e avevano sbarrato le porte di accesso ai loro cortili, inchiodato assi a quelle dei palazzi, bloccato in fretta e furia le scale per i tetti più alti. Ma per lo più la guerriglia non dava ascolto a nessuno. «Traditori. Collaborazionisti di Israele. Spie di Fatah, codardi. I soldati della guerra santa vi puniranno. E in ogni caso morirete tutti, come noi. Combattendo gli ebrei sionisti siamo tutti destinati al paradiso, non siete contenti di morire assieme?». E così, urlando furiosi, abbattevano porte e finestre, si nascondevano ai piani alti, negli orti, usavano le ambulanze, si barricavano vicino a ospedali, scuole, edifici dell’Onu.

In casi estremi sparavano contro chi cercava di bloccare loro la strada per salvare le proprie famiglie, oppure picchiavano selvaggiamente. «I miliziani di Hamas cercavano a bella posta di provocare gli israeliani. Erano spesso ragazzini, 16 o 17 anni, armati di mitra. Non potevano fare nulla contro tank e jet. Sapevano di essere molto più deboli. Ma volevano che sparassero sulle nostre case per accusarli poi di crimini di guerra», sostiene Abu Issa, 42 anni, abitante nel quartiere di Tel Awa. «Praticamente tutti i palazzi più alti di Gaza che sono stato colpiti dalle bombe israeliane, come lo Dogmoush, Andalous, Jawarah, Siussi e tanti altri avevano sul tetto le rampe lanciarazzi, oppure punti di osservazione di Hamas. Li avevano messi anche vicino al grande deposito Onu poi andato in fiamme E lo stesso vale per i villaggi lungo la linea di frontiera poi più devastati dalla furia folle e punitiva dei sionisti», le fa eco la cugina, Um Abdallah, 48 anni. Usano i soprannomi di famiglia. Ma forniscono dettagli ben circostanziati. E’ stato difficile raccogliere queste testimonianze. In generale qui trionfa la paura di Hamas e imperano i tabù ideologici alimentati da un secolo di guerre con il «nemico sionista».

Chi racconta una versione diversa dalla narrativa imposta dalla «muhamawa» (la resistenza) è automaticamente un «amil», un collaborazionista e rischia la vita. Aiuta però il recente scontro fratricida tra Hamas e Olp. Se Israele o l’Egitto avessero permesso ai giornalisti stranieri di entrare subito sarebbe stato più facile. Quelli locali sono spesso minacciati da Hamas. «Non è un fatto nuovo, in Medio Oriente tra le società arabe manca la tradizione culturale dei diritti umani. Avveniva sotto il regime di Arafat che la stampa venisse perseguitata e censurata. Con Hamas è anche peggio», sostiene Eyad Sarraj, noto psichiatra di Gaza city. E c’è un altro dato che sta emergendo sempre più evidente visitando cliniche, ospedali e le famiglie delle vittime del fuoco israeliano. In verità il loro numero appare molto più basso dei quasi 1.300 morti, oltre a circa 5.000 feriti, riportati dagli uomini di Hamas e ripetuti da ufficiali Onu e della Croce Rossa locale. «I morti potrebbero essere non più di 500 o 600. Per lo più ragazzi tra i 17 e 23 anni reclutati tra le fila di Hamas che li ha mandati letteralmente al massacro», ci dice un medico dell’ospedale Shifah che non vuole assolutamente essere citato, è a rischio la sua vita. Un dato però confermato anche dai giornalisti locali: «Lo abbiamo già segnalato ai capi di Hamas. Perché insistono nel gonfiare le cifre delle vittime? Strano tra l’altro che le organizzazioni non governative, anche occidentali, le riportino senza verifica. Alla fine la verità potrebbe venire a galla. E potrebbe essere come a Jenin nel 2002. Inizialmente si parlò di 1.500 morti. Poi venne fuori che erano solo 54, di cui almeno 45 guerriglieri caduti combattendo».

Come si è giunti a queste cifre? «Prendiano il caso del massacro della famiglia Al Samoun del quartiere di Zeitun. Quando le bombe hanno colpito le loro abitazioni hanno riportato che avevano avuto 31 morti. E così sono stati registrati dagli ufficiali del ministero della Sanità controllato da Hamas. Ma poi, quando i corpi sono stati effettivamente recuperati, la somma totale è raddoppiata a 62 e così sono passati al computo dei bilanci totali», spiega Masoda Al Samoun di 24 anni. E aggiunge un dettaglio interessante: «A confondere le acque ci si erano messe anche le squadre speciali israeliane. I loro uomini erano travestiti da guerriglieri di Hamas, con tanto di bandana verde legata in fronte con la scritta consueta: non c’è altro Dio oltre Allah e Maometto è il suo Profeta. Si intrufolavano nei vicoli per creare caos. A noi è capitato di gridare loro di andarsene, temevamo le rappresaglie. Più tardi abbiamo capito che erano israeliani». E’ sufficiente visitare qualche ospedale per capire che i conti non tornano. Molti letti sono liberi all’Ospedale Europeo di Rafah, uno di quelli che pure dovrebbe essere più coinvolto nelle vittime della «guerra dei tunnel» israeliana. Lo stesso vale per il “Nasser” di Khan Yunis. Solo 5 letti dei 150 dell’Ospedale privato Al-Amal sono occupati. A Gaza city è stato evacuato lo Wafa, costruito con le donazioni «caritative islamiche» di Arabia Saudita, Qatar e altri Paesi del Golfo, e bombardato da Israele e fine dicembre. L’istituto è noto per essere una roccaforte di Hamas, qui vennero ricoverati i suoi combattenti feriti nella guerra civile con Fatah nel 2007. Gli altri stavano invece allo Al Quds, a sua volta bombardato la seconda metà settimana di gennaio.

Dice di questo fatto Magah al Rachmah, 25 anni, abitante a poche decine di metri dai quattro grandi palazzi del complesso sanitario oggi seriamente danneggiato. «Gli uomini di Hamas si erano rifugiati soprattutto nel palazzo che ospita gli uffici amministrativi dello Al Quds. Usavano le ambulanze e avevano costretto ambulanzieri e infermieri a togliersi le uniformi con i simboli dei paramedici, così potevano confondersi meglio e sfuggire ai cecchini israeliani». Tutto ciò ha ridotto di parecchio il numero di letti disponibili tra gli istituti sanitari di Gaza. Pure, lo Shifah, il più grande ospedale della città, resta ben lontano dal registrare il tutto esaurito. Sembra fossero invece densamente occupati i suoi sotterranei. «Hamas vi aveva nascosto le celle d’emergenza e la stanza degli interrogatori per i prigionieri di Fatah e del fronte della sinistra laica che erano stato evacuati dalla prigione bombardata di Saraja», dicono i militanti del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina. E’ stata una guerra nella guerra questa tra Fatah e Hamas. Le organizzazioni umanitarie locali, per lo più controllate dall’Olp, raccontano di «decine di esecuzioni, casi di tortura, rapimenti nelle ultime tre settimane» perpetrati da Hamas. Uno dei casi più noti è quello di Achmad Shakhura, 47 anni, abitante di Khan Yunis e fratello di Khaled, braccio destro di Mohammad Dahlan (ex capo dei servizi di sicurezza di Yasser Arafat oggi in esilio) che è stato rapito per ordine del capo della polizia segreta locale di Hamas, Abu Abdallah Al Kidra, quindi torturato, gli sarebbe stato strappato l’occhio sinistro, e infine sarebbe stato ucciso il 15 gennaio.

Lorenzo Cremonesi
http://www.corriere.it


Come vedete la prima a morire in guerra è la verità, nascosta sotto tonnellate di propaganda.
Pero' a poco a poco la verità affiora, come nell'articolo qui sopra.
Di miliziani di hamas vistiti da militari israeliani si era già parlato nei giorni scorsi ed ora spuntano anche squadre speciali israeliane vestite da miliziani di Hamas. Non credo pero' che questo sia il preludio ad un reciproco rimpallo di responsabilità. Quelle di Hamas sono altrettanto evidenti di quelle di Israele (vedi fosforo bianco) ma al netto della propaganda di entrambi è chiaro che il comportmenti dei primi è eticamente molto piu' riprovevole dei secondi, che anzi hanno in tutti i modi evitato di fare vittime civili. L'esercito israeliano ha anche diffuso su youtube immagini di attacchi contro hamas fermati all'ultimo momento per evitare il coinvolgimento di civili. Inoltre diffondevano con volantini ed sms l'annuncio di evaquazione prima di un attacco.
Intanto pero' ora, complice anche la cerimonia di insediamento di Obama, su Gaza torna a scendere l'oblio. Già le notizie scivolanoin basso, nelle prime pagine online. Non una parola non un pensiero per decenni. Solo un po' di rammarico pietoso per tre settimane. Ora torna il buio per la popolazione ostaggio dei fanatici di Hamas?

Ciao,
Franz
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda Paolo65 il 22/01/2009, 11:11

Chi ricorda lo scontro a Jenin dove i palestinesi avevano detto che avevano subito centinaia di vittime, notizia poi rivelatasi una bufala?

Queste notizie mostrano chiramente cosa sia Hamas e dovrebbe far dubitare chi afferma che Hamas ne esca rafforzata da questa azione militare.

Sono e restano degli integralisti fondamentalisti disinteressati alla vita dei loro concittadini.

E' gente che ascolta solo il discorso della forza bruta ed Obama farà bene a ricordarsene quando affronterà la questione medio-orientale, libanese e iraniana.

Bastone e carota: questa è l'unica strada possibile quando si affrontano certi individui.

Paolo
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