La Comunità per L'Ulivo, per tutto L'Ulivo dal 1995
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Non una parola, non un pensiero...

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda Stefano'62 il 19/01/2009, 0:06

Intervento su Il Messaggero del 17 gennaio 2009

di Romano Prodi


SI PARLA di una imminente tregua a Gaza. Se ne parla con ottimismo e
speranza ma la si invoca anche per necessità.

L’Egitto, grande e infaticabile mediatore, si trova infatti in una
posizione sempre più scomoda e difficile. Da un lato, soprattutto
negli ultimi tempi, non nasconde il suo distacco e la sua irritazione
nei confronti di Hamas e, dall’altro, non può nemmeno nascondere la
grande preoccupazione per l’effetto che i bombardamenti a Gaza,
producono sull’opinione pubblica, non solo egiziana ma di tutti i
Paesi arabi.

Nonostante il fermo controllo sui mass media esercitato dall’esercito
israeliano, le reti televisive più seguite nel mondo arabo continuano
infatti a mostrare all’opinione pubblica le tragiche scene delle
scuole colpite, dei bambini uccisi e degli ospedali sempre meno in
grado di curare i feriti.

La preoccupazione e la fretta dell’Egitto sono aumentate ulteriormente
dopo il vertice di Doha (in Qatar) nel quale la presenza del leader
della parte più estremista di Hamas (quella che risiede a Damasco ed è
capeggiata dallo sceicco Khaled Meshaal) ha spinto i Paesi presenti
verso posizioni sempre più dure ed intransigenti.

Il ragionato ottimismo che tre giorni fa il presidente egiziano mi
esprimeva riguardo a una possibile tregua, doveva essere perciò
tradotto in azione nel più breve tempo possibile. Questa è la ragione
per cui è stato convocato con la massima urgenza il vertice di Sharm
el Sheikh, vertice assolutamente necessario per porre termine alla
tragedia di Gaza prima che tutto il vicino Oriente si infiammasse.

Non nascondiamo però il rischio contenuto nella convocazione di questo
vertice di cui non sappiamo ancora
definitivamente quale sarà il livello di partecipazione, anche se ci
auguriamo che sia più ampio ed elevato possibile, proprio per la
grandezza dei problemi che deve affrontare. La nostra speranza per il
successo di questo vertice non può né deve nasconderne i limiti e
soprattutto i problemi che lascerà in ogni caso aperti. La necessità
che tutti i partecipanti avranno di giungere ad un accordo il più
rapidamente possibile renderà infatti difficile una decisione efficace
riguardo alla costituzione di una “forza di interposizione” capace da un
lato di controllare il traffico di armi fra l’Egitto e Gaza, ma capace
anche di permettere il flusso di merci di cui la città assediata ha
necessità, flusso che negli ultimi mesi è arrivato con sempre maggiore
difficoltà, imponendo penosi sacrifici a tutta la popolazione.

Ancora più complicato appare soprattutto il cammino verso una pace
stabile e una “soluzione politica” del problema palestinese. La
“guerra di Gaza” ha infatti radicalizzato ancora di più le posizioni,
ha aumentato la spaccatura non solo fra Israele e la Palestina, ma
anche all’interno dei palestinesi e, quello che è più grave, tra i
diversi Paesi arabi.

C’è chi pensa, seguendo il vecchio principio del “divide et impera”
che una ulteriore divisione tra i Paesi arabi possa facilitare la pace
definitiva in Medio Oriente. Nulla è più sbagliato di questa ipotesi.
Stando in Medio Oriente si deve infatti convenire che, in tempi nei
quali da un lato incombe la minaccia del terrorismo e dall’altro la
diffusione dei media è capace di infiammare in un attimo l’opinione
pubblica, le crescenti divisioni del mondo arabo non sono in alcun
modo un aiuto alla pace ma, all’opposto, rendono sempre più facile lo
scoppio di un conflitto inarrestabile.

E l’esperienza ci dimostra che non sono certo le liti fra i Paesi
arabi a garantire la sicurezza di Israele. É necessario perciò che le
cosiddette grandi potenze tengano ben presente questo fatto e
rifuggano dalla tentazione di ripetere il vecchio gioco che troppo
volte ha innescato tensioni e guerre. Nel ribadire la calda
ma non scontata speranza che l’incontro di oggi a Sharm el Sheikh
ponga finalmente fine alla guerra di Gaza, non facciamoci illusioni
sulla definitività e la stabilità di questa tregua.

Le cose in ogni caso partiranno da una situazione peggiore di quella
di un mese fa. Ci auguriamo perciò che il nuovo presidente degli Stati
Uniti, con lo stesso realismo di cui ha dato prova nella formazione
del suo governo, sia capace di dare concretezza e significato al
concetto di “dialogo che ha ripetutamente posto alla base della sua
futura politica estera. Dialogo e “divide et impera” non sembrano
infatti essere concetti fra di loro compatibili. Anche se in politica
tutto è possibile.

Romano Prodi


Mi ha ricordato uno dei motivi per cui ho scelto l'ulivo e Romano Prodi:
la constatazione che qualsiasi tipo di violenza anche dalla parte della ragione,innesca nella controparte mai la consapevolezza di essere nel torto,bensì il contrario;dunque l'unica via è sempre il dialogo.
Via lunga,tortuosa e con labili garanzie,ma che vale sempre la pena di seguire fino in fondo dato che non crea danno a terzi innocenti.

Stefano
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 19/01/2009, 1:26

Romano Prodi ha scritto:La “guerra di Gaza” ha infatti radicalizzato ancora di più le posizioni,
ha aumentato la spaccatura non solo fra Israele e la Palestina, ma
anche all’interno dei palestinesi e, quello che è più grave, tra i
diversi Paesi arabi
.

C’è chi pensa, seguendo il vecchio principio del “divide et impera”
che una ulteriore divisione tra i Paesi arabi possa facilitare la pace
definitiva in Medio Oriente. Nulla è più sbagliato di questa ipotesi.
Stando in Medio Oriente si deve infatti convenire che, in tempi nei
quali da un lato incombe la minaccia del terrorismo e dall’altro la
diffusione dei media è capace di infiammare in un attimo l’opinione
pubblica, le crescenti divisioni del mondo arabo non sono in alcun
modo un aiuto alla pace ma, all’opposto, rendono sempre più facile lo
scoppio di un conflitto inarrestabile.

E l’esperienza ci dimostra che non sono certo le liti fra i Paesi
arabi a garantire la sicurezza di Israele. É necessario perciò che le
cosiddette grandi potenze tengano ben presente questo fatto e
rifuggano dalla tentazione di ripetere il vecchio gioco che troppo
volte ha innescato tensioni e guerre. Nel ribadire la calda
ma non scontata speranza che l’incontro di oggi a Sharm el Sheikh
ponga finalmente fine alla guerra di Gaza, non facciamoci illusioni
sulla definitività e la stabilità di questa tregua.

Le cose in ogni caso partiranno da una situazione peggiore di quella
di un mese fa.

io ho creduto nel progetto di Romano Prodi dell'Ulivo perché da subito ho trovato sintonia con le idee e valori che quel progetto ha espresso... e non avevo dubbi... non sono cambiati.

In Romano Prodi... almeno.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda franz il 19/01/2009, 7:59

incrociatore ha scritto:Poco... forse nulla... ma la domanda è anche un'altra: cosa ha concesso che si facesse Israele che attraverso gli Stati Uniti e il suo diritto di veto ha tenuto e tiene in ostaggio l'ONU?

Cosa? Direi la consapevolezza che senza l'appoggio militare e politico degli USA, Isrele sarebbe già stato spazzato via dalla regione. Sull'altro piatto della bilancia infatti esiste un potere del petrolio che tiene in ostaggio l'Europa, che dovresti assolutamente considerare e che è a mio avviso la causa di quel "nulla" di cui si parlava.

Ciao,
Franz
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda flaviomob il 19/01/2009, 20:02

Appello degli ebrei Inglesi per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele

Il testo che segue è stato pubblicato come lettera sul Guardian del 10 gennaio 2009 ed è visibile sul sito della

Monthly Review http://mrzine.monthlyreview.org/



Noi firmatari siamo tutti di origine ebraica. Quando abbiamo visto la morte e i corpi insanguinati dei bambini, il taglio dell'acqua, dell'elettricità e del

cibo, ci è tornato in mente l'assedio del ghetto di Varsavia. Quando Dov Weisglass, consigliere del primo ministro israeliano Ehud Olmert, ha parlato di mettere gli abitanti di Gaza "a dieta" e il viceministro della Difesa, Matan Vilnai, ha detto che i Palestinesi avrebbero sperimentato "una Shoah più grande", ci hanno ricordato il governatore generale Hans Frank nella Polonia occupata dai nazisti, che parlava di "morte per fame". La vera ragione dell'attacco a Gaza è che la volontà di Israele è quella di accordarsi solo con i quisling palestinesi. Il maggior crimine di Hamas non è il terrorismo ma il suo rifiuto di accettare di diventare una pedina nelle mani del regime di occupazione israeliana in Palestina. La decisione del mese scorso del Consiglio dell'Unione Europea di incrementare le relazioni con Israele, senza alcuna condizione specifica sui diritti umani, ha ulteriormente incoraggiato l'aggressione israeliana. Il tempo per pacificare Israele è passato da molto. Come primo passo, la Gran Bretagna deve ritirare il suo ambasciatore da Israele e, come con l'apartheid in Sud Africa, impegnarsi in un programma di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni.



Ben Birnberg, Prof Haim Bresheeth,

Deborah Fink, Bella Freud, Tony Greenstein, Abe Hayeem, Prof Adah Kay,

Yehudit Keshet, Dr Les Levidow, Prof Yosefa Loshitzky, Prof Moshe

Machover, Miriam Margolyes, Prof Jonathan Rosenhead, Seymour Alexander,

Martin Birnstingl, Ruth Clark, Judith Cravitz, Mike Cushman, Angela

Dale, Merav Devere, Greg Dropkin, Angela Eden, Sarah Ferner, Alf Filer,

Mark Findlay, Sylvia Finzi, Tessa van Gelderen, Claire Glasman, Ruth

Hall, Adrian Hart, Alain Hertzmann, Rosamene Hayeem, Anna Hellmann,

Selma James, Riva Joffe, Yael Kahn, Michael Kalmanovitz, Ros Kane, Mark

Krantz, Bernice Laschinger, Pam Laurance, Beryl Maizels, Helen Marks,

Martine Miel, Diana Neslen, O Neumann, Susan Pashkoff, Hon. Juliet

Peston, Renate Prince, Roland Rance, Sheila Robin, Ossi Ron, Manfred

Ropschitz, John Rose, Leon Rosselson, Michael Sackin, Ian Saville,

Amanda Sebestyen, Sam Semoff, Prof. Ludi Simpson, Viv Stein, Inbar

Tamari, Ruth Tenne, Norman Traub, Eve Turner, Tirza Waisel, Karl

Walinets, Renee Walinets, Stanley Walinets, Philip Ward, Naomi Wimborne-

Idrissi, Ruth Williams, Jay Woolrich, Ben Young, Myk Zeitlin, Androulla

Zucker, John Zucker


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda flaviomob il 19/01/2009, 20:05

D'Alema agli ex fascisti: «Loro gli antisemiti»

di G. Ra.

su Il Manifesto del 18/01/2009


«Cercherò di parlare di politica». Così Massimo D'alema ha iniziato il suo intervento, uno dei primi nel teatro di Assisi. Non è che al «sentimento» che molti contrappongono ai «fatti della politica», non si debba dare voce, in un momento tanto grave e doloroso. Solo c'è chi sostiene, nell'Italia ufficiale, «cinica e feroce», che il sentimento disturbi l'informazione che ha da essere, secondo costoro, corretta e dunque bipartisan. Il risultato a volte è assurdo. È mai possibile mettere sotto accusa perfino il concetto «di uso sproporzionato della forza», nel caso di Gaza? È questa l'informazione corretta?


Cosa fare per Gaza, per il Medioriente?, si chiede D'Alema. Fermare il massacro è il primo impegno di tutti. E si tenga conto che fermare il massacro è già una lotta sui due fronti, perché è il modo concreto per «combattere il fondamentalismo». Per tali estremisti è in corso l'atteso «scontro di civiltà». I morti di Gaza infiammano il mondo arabo. La guerra è un favore grande ai fondamentalisti della contro parte, non solo sostegno ai propri.


Il cammino della politica è difficile. «Si è seminato molto odio». La guerra dei nostri giorni è fatta anche in televisione. Ma non nei talk show, quanto nelle immagini, nei corpi, nel sangue. Al Jazeera mostra tutto, non è reticente come lo sono spesso le televisioni occidentali, italiane. Centinaia di milioni di arabi la guardano. Forse mezzo miliardo. È troppo pensare che potrebbe nascerne una crociata contro l'Occidente, responsabile di non aver fermato Israele, di aver rifornito il suo esercito?


«La politica è piena di ipocrisia», dice D'Alema che non risparmia gli ex fascisti del Pdl che vogliono fare del loro rapporto con Israele «la testimonianza del fatto di aver cambiato pelle, perchè vengono da una tradizione fascista e antisemita».


Ci sono colloqui in corso, ma nessuno ancora chiede a Israele di parlare con Hamas. La politica può e deve fare di più. In primo luogo restituire ad Abu Mazen il suo ruolo di negoziatore. D'Alema ricorda il proprio ruolo a Ramallah quando in rappresentanza dell'Internazionale socialista si operò per convincere Arafat e Al Fatah a dare i poteri ad Abu Mazen. Poi tanto Israele che la Comunità internazionale ricacciarono indietro Abu, preferendo la sua sconfitta al buon esito della trattativa. Si preferiva evidentemente Hamas, un nemico più sicuro per Israele e per la Comunità internazionale. Ora la politica deve riuscire a riconciliare i palestinesi. Lo stato palestinese libero e con confini sicuri è «l'unica speranza per Israele». Ma non basta dire: trattate e tirarsi indietro. Occorre guidare il confronto, interporsi, spingere dove necessario.


Se Israele non ha un secondo fronte aperto, oggi, è per via delle forze di interposizione dell'Onu che - primo tra tutti il governo italiano precedente - sono state schierate sulla frontiera tra Israele e il Libano. Hezbollah oggi è una forza di governo in Libano e anche per questo ha resistito a ogni tentazione di intervento armato. Non un colpo è stato sparato dal Libano, se si escludono i pochi dei palestinesi dai campi profughi. La politica è un affare difficile, conclude un po' sconsolato D'Alema. È certo che per sconfiggere il terrorismo ci vogliono politica e cultura. Ma lo spazio della politica è spesso impraticabile. «Non sempre avere ragione è un merito». Così avviene che a volte ha la meglio l'Italia deteriore, «cinica e ignorante».


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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda gabriele il 19/01/2009, 20:25

Troppo sintetico ;-)

Ho letto che la guerra in palestina è stata fatta perché i razzi palestinesi cadevano sui territori israeliani. Vero, ma è una parte della realtà.

Chi sostiene la guerra trova una concausa immediata ad essa, un collegamento razionale che è, nella logica di chi lo impugna, inopinabile.

C'è qualcos'altro oltre ai lanci di razzi?

Forse dovremmo domandarci questo.

Se si parla di individui, il collegamento fra violenza e offesa copre buona parte della logica che è insita nell'atto. Se si parla di nazioni, di Stati e di popoli la cosa è meno emotiva ma molto più razionale.

Subentrano meccanismi che vanno al di là dell'atto e dell'offesa, cioè di reazioni fisiche e verbali; meccanismi sociali che subentrano al volere dei singoli, che li scavalcano e che sono estremamente razionali, freddi, calcolati.

L'azione militare era stata studiata 18 mesi fa e non c'è traccia di irrazionalità in ciò. La pianificazione è avvenuta a mente fredda.

Domandiamoci perché e cosa ci sia veramente dietro.

I meccanismi sociali non contemplano emozioni, se non per il raggiungimento di altri fini. Sono meccanismi che perseguono obiettivi per i gruppi di potere che la costituiscono e la controllano. Ma quali sono i veri obiettivi?

Per capirlo basta guardare chi si avvantaggia da una guerra, una qualsiasi guerra, e chi invece ne perde.

"Israele aveva un altro modo per risolvere il lancio dei missili provenienti da Gaza?" Questa è la domanda che in molti si pongono. Io credo che sia però prima importante capire come sia arrivati fino a questo punto e CHI ci guadagna in tutto ciò.

Se c'è una cosa sicura che fa la guerra è quella di infangare il mondo di menzogne. Cerchiamo prima di capire.

Gabrive


incrociatore ha scritto:
gabriele ha scritto:
incrociatore ha scritto:Se si è contro alla guerra bisogna esserlo non dico nemmeno come si diceva: “senza se e senza ma”, ma adoperandosi (come dice la nostra Costituzione) per scongiurarla con ogni mezzo al fine che diventi veramente l’ultima ratio.


Caro Incrociatore, prima di capire come risolvere un problema, la guerra, occorre capire com'è nato.

Si può unire la violenza intrinseca nell'uomo con la guerra che egli esercita?

Ricordiamoci che la violenza di un singolo fa parte della storia di quel singolo e della collettività, ma la guerra è un atto sociale che riguarda i singoli, che lo vogliano o meno

Gabrive

perdonami Gabriele, ma non c'ho capito nulla... ;)
Ultima modifica di gabriele il 19/01/2009, 20:31, modificato 1 volta in totale.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda ranvit il 19/01/2009, 20:29

D'Alema se vuole un'Italia migliore cominci con l'invitare i suoi colleghi di partito e se stesso a lasciare la politica attiva : troppi i danni già fatti. Vadano a lavorare come tutti gli italiani semmai con un contratto da precario.

L'Italia in politica internazionale non ha mai contato una mazza proprio perchè incapace di non essere bizantina e camaleontica.
Nello specifico credo che in campo internazionale aldilà delle parole di facciata il pensiero di D'Alema non interessi assolutamente a nessuno....

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda Loredana Poncini il 20/01/2009, 9:22

Vittorio, che ne pensi delle proposte di http://www.perlapace.it ?
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda Paolo65 il 20/01/2009, 10:36

Stiamo ai fatti ed agli obiettivi raggiunti da Israele.

1.guerra in Libano devastante e da 2 anni da quel fronte non arrivano più minacce
2.azione militare a Gaza devastante per Hamas
3.l'Ue e l'Onu si muoveranno perchè non succeda più quello che è accaduto a Gaza
4.Israele ottiene così una situazione simile a quella libanese

Obiettivi di Hamas: zero assoluto e devastazioni per la popolazione di Gaza

Morale della storia: Hamas sbaglia i calcoli come fece Hezbollah 2 anni fa, e fa pagare un prezzo pesantissimo ai palestinesi,per poi essere costretta a seguire l'Olp di Abu Mazen sulla strada del confronto politico con Israele.

Paolo
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Re: Non una parola, non un pensiero...

Messaggioda incrociatore il 20/01/2009, 11:20

Paolo65 ha scritto:Stiamo ai fatti ed agli obiettivi raggiunti da Israele.

1.guerra in Libano devastante e da 2 anni da quel fronte non arrivano più minacce
2.azione militare a Gaza devastante per Hamas
3.l'Ue e l'Onu si muoveranno perchè non succeda più quello che è accaduto a Gaza
4.Israele ottiene così una situazione simile a quella libanese

Obiettivi di Hamas: zero assoluto e devastazioni per la popolazione di Gaza

Morale della storia: Hamas sbaglia i calcoli come fece Hezbollah 2 anni fa, e fa pagare un prezzo pesantissimo ai palestinesi,per poi essere costretta a seguire l'Olp di Abu Mazen sulla strada del confronto politico con Israele.

Paolo

ognuno interpreta come crede, il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno a seconda dei punti di vista... la visione della realtà, ce l'ha spiegato Einstein, è sempre relativa alla posizione nella quale sta l'osservatore.

Io, infatti, vedo un'altra realtà... Vedo che Hezbollah sarà il partito di maggioranza in Libano a giugno e che Hamas lo sarà sempre di più fra i palestinesi... tu consideri questo il risultato "buono" della strategia Israeliana... permettimi di rimanere di altra opinione.
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