Gaza, ecco perché continua la guerra che non si può vincere -
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http://www.pagina99.it/news/mondo/6387/ ... s1Vmq.dpuf13 luglio @ 09.40
Dario Fabbri
Strategie
Primi cenni di offensiva terrestre sulla Striscia. Non vi è nulla di risolutivo però nei piani dei militari. E le potenze straniere non si affrettano a mediare. Lo scontro andrà avanti fino a quando Israele e Hamas non avranno raggiunto i loro obiettivi. Ecco quali
Quando finirà l’operazione Protective Edge, l’attacco aereo israeliano contro le istallazioni e i depositi di armi di Hamas nella striscia di Gaza? Quanto durerà ancora il lancio di razzi da parte di Hamas (e alleati) verso il territorio israeliano? Quando si concluderà il conflitto in corso? Per rispondere a questi quesiti è necessario comprendere le intenzioni degli attori in campo, inserirle nel contesto regionale, e analizzare le mosse delle potenze internazionali che hanno maggiore influenza sui belligeranti.
In nemmeno una settimana Tsahal ha effettuato migliaia di sortite nel cielo di Gaza, il doppio dell’intensità registrata nel 2012 durante l’operazione Pilastro di Difesa, distruggendo oltre 1000 obiettivi tra postazioni per il lancio di razzi, tunnel e strutture di Hamas. Tra sabato e domenica, il bombardamento più intenso dall’inizio dell’offensiva ha bersagliato il quartier generale della sicurezza del governo de facto della Striscia.
L’offensiva domenica mattina aveva già causato 160 morti secondo fonti della Striscia (tutti palestinesi, oltre 70% dei quali civili secondo l’Onu) e quasi mille feriti. I miliziani di Gaza hanno invece lanciato quasi 700 razzi verso le città dello stato ebraico e il sistema di difesa missilistica Iron Dome ne ha intercettati più di 130, impedendo finora la morte di civili israeliani.
Nonostante abbia richiamato quasi 40mila riservisti e abbia ammassato uomini e mezzi al confine con Gaza, Gerusalemme non ha ancora lanciato un’invasione di terra, se si escludono alcune incursioni, la più importante delle quali nelle ultime ore per mettere fuori uso un sito da dove partono i razzi. Lo stato maggiore appare dubbioso. L’offensiva terrestre sarebbe utile per esaminare la validità delle informazioni fornite dall’intelligence e controllare gli effetti dei raid aerei, ma esporrebbe i soldati agli attacchi dei miliziani palestinesi e rafforzerebbe la condanna della comunità internazionale.
La campagna militare israeliana si pone obiettivi diversi per natura e portata. Anzitutto distruggere parte dell’arsenale missilistico posseduto da Hamas, così da ridurne le capacità belliche. In gergo l’operazione si chiama tagliare l’erba (mowing the lawn in inglese) e Tsahal ne realizza una all’incirca ogni due-tre anni. Ulteriore obiettivo è provocare una rottura tra Hamas e Fatah, dopo che lo scorso aprile Khaled Mashal e Mamhoud Abbas hanno annunciato la riconciliazione e la volontà di formare un governo di unità “nazionale”.
Per quanto sia comprensibilmente intollerabile per Gerusalemme avere tra i suoi interlocutori un soggetto che aspira a cancellare lo Stato ebraico, è evidente che Netanyahu preferisce relazionarsi con la pallida Autorità Palestinese senza avere l’intralcio di Mashal. Per questo il premier ha immediatamente accusato Hamas dell’uccisione di tre adolescenti israeliani avvenuta lo scorso mese nei pressi di Hebron e ha invitato apertamente Abbas a interrompere i contatti con «chi si scaglia contro i bambini». Inoltre Israele vuole attirare l’attenzione degli Stati Uniti, alleato con cui in questa fase intrattiene rapporti alquanto complessi, e incidere negativamente sul negoziato per il nucleare iraniano che si concluderà il 20 luglio prossimo.
Allo stesso modo Hamas persegue una sua strategia. In primis sfruttare il conflitto per estendere la propria influenza sull’Autorità Palestinese e sui vari gruppi armati della striscia di Gaza, su tutti il Jihad Islamico, che nei giorni scorsi hanno iniziato unilateralmente a lanciare razzi contro Israele. Quindi costringere Netanyahu, nell’ambito di un possibile accordo per il cessate il fuoco, a liberare alcuni degli attivisti arrestati durante le indagini relative al rapimento dei tre adolescenti. Infine, su probabile istigazione dei falchi iraniani, mettere in imbarazzo il governo di Teheran ora che è impegnato a trattare con il Grande Satana americano.
Al momento i contendenti non considerano pienamente raggiunti i loro obiettivi, né le grandi potenze internazionali si stanno spendendo per porre fine alle ostilità. Gerusalemme continuerà l’azione militare almeno finché non sarà soddisfatta del numero di armamenti distrutti e Washington non segnalerà l’intenzione di ascoltare le rivendicazioni israeliane.
Obama sta premendo su Qatar e Iran affinché impongano ad Hamas il cessate il fuoco e si è detto pronto a mediare tra le parti, ma nonostante l’appello del repubblicano John McCain, amico personale di Netanyahu, non ha ancora inviato in loco un diplomatico pronto ad ascoltare le ragioni israeliane.
Hamas è invece disposta a combattere finché non riterrà abbastanza solida la sua posizione politica e i governi dei paesi musulmani non si schiereranno fattivamente dalla sua parte. Il primo ministro turco, Recep Erdogan, si è detto preoccupato «per i fratelli di Gaza» e il ministro degli esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha chiesto agli Stati Uniti e ai membri del consiglio di sicurezza Onu «di assumersi la responsabilità morale di porre fine alla guerra», ma per Mashal e i suoi patron non è ancora sufficiente.
Infine l’Egitto. Il Paese un tempo designato a mediare tra i contendenti in questa fase appare contrario ad intervenire in favore di Hamas, gruppo affiliato alla Fratellanza Musulmana. E la ritrosia del presidente al-Sisi rischia di ritardare il raggiungimento del cessate il fuoco.
Il conflitto, benché impossibile da vincere militarmente per entrambi i rivali, dunque proseguirà ancora. Non troppo a lungo. Fino a quando Israele e Hamas non penseranno d’aver ottenuto il massimo possibile.
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)