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Vasi comunicanti in economia

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Vasi comunicanti in economia

Messaggioda franz il 19/06/2011, 12:02

nell'economia globalizzata è tutto interconnesso.
La Cina non adegua i tassi di cambio al mercato (interscambio commerciale)?
Ecco che comunque altri fattori (aumento del benessere, del costo della vita, dell'inflazione) spingono le aziende ad aumetare i salari per tenersi i tecnici migliori. Il paese diventa piu' caro anche se il Partito cerca di agire sulla leva del cambio per mantenere alte le esportazioni.

E succede che ....


Cina troppo cara? Ora le imprese puntano sulle Filippine

di Massimo Di Nola 18 giugno 2011

Per le imprese, il vento in Asia sta cambiando. Il fatto nuovo: per numerose aziende, la Cina è ormai troppo cara. I dati ufficiali di Pechino sull'inflazione che ha ormai superato il 5% annuo non dicono tutto.
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Ai costi che crescono si aggiunge un ulteriore problema: la reperibilità dei manager e della manodopera con tassi di turnover che in molti casi raggiungono il 30% annuo. «E quasi la metà della aziende prevede un aumento del fenomeno nei prossimi mesi», conferma l'ultimo rapporto sulla Cina della società di executive search, Michael Page da cui emerge che il 75% delle aziende che operano in Cina, per evitare la fuga di tecnici, impiegati e manager, dovrà concedere sostanziosi aumenti nella paga base e nei premi. Spiega Marc van de Chjis, chief executive di Spil Games Asia (una società che produce giochi di società online): «Il problema, a Shanghai, è che la vita è diventata troppo cara. Io ho avuto diversi dirigenti che hanno scelto di trasferirsi altrove perché qui non ce la fanno più».

Per i datori di lavoro rischia di diventare un macchina infernale: appena una persona comincia a funzionare è già pronta ad andarsene. Lo stesso fenomeno è riscontrabile a livello di fabbriche. La maggior parte degli operai in Cina che lavorano nelle cosiddette ‘città costiere' viene da Province interne che distano migliaia di chilometri. Vivono male, ammassati in dormitori scomodi, con orari impossibili e l'unica libertà che hanno è quella di cambiare datore di lavoro anche per pochi yuan in più. Ivan Franceschini, uno dei pochi studiosi europei che conosce il mondo del lavoro cinese ha di recente prodotto un filmato di interviste girato fuori dalla Foxconn di Shenzhen (la ‘fabbrica dei suicidi') impressionante. Tutti, ma proprio tutti gli intervistati, sognano una sola cosa: tornare da dove vengono e aprire chi un commercio, chi un negozio di parrucchiere. Qualsiasi cosa, ma basta fabbrica!

I lavoratori cinesi sono diventati anche più consapevoli dei loro diritti. Da quando è entrata in vigore la nuova legge sul lavoro ci sono 400mila richieste di arbitrato per conflitti aperti, nonostante aumenti annui pari, in media (così almeno i dati ufficiali) al 17 per cento.

Ma dove vanno le aziende che avevano delocalizzato la loro produzione in Cina? Puntano su altri paesi della Asia. La mèta preferita, finora era soprattutto il Vietnam a cui però recentemente si sono aggiunte – e questo è il fatto nuovo – le Filippine. In questo Paese il costo del lavoro è leggermente superiore al Vietnam ma per altri costi il quadro si inverte: l'inflazione è più bassa,e soprattutto le case e gli uffici, costano molto ma molto meno. Anche i manager e quadri, come spiega Charles Mills, chairman di un'altra società di executive search in Asia (Chalré associates) «si trovano più facilmente, sono meno cari, hanno maggiore esperienza internazionale, tendono alla stabilità se soltanto trovano una collocazione soddisfacente e soprattutto conoscono bene l'inglese».

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