Dopo questa bella sconfitta mi iscrivo al Pd...
Quelli preoccupati nel giorno dopo la botta elettorale. Tutta colpa di Renzi?
Tra tutti gli ex elettori del Pd si possono individuare diverse tipologie. I mai più: non dipende da Renzi, si doveva fare un grande partito di sinistra, ora di sinistra non c'è più niente. Non cambieranno idea, almeno per un bel po'. Poi ci sono i pentiti di non averlo votato: forse, abbiamo sottovalutato l'impatto del populismo, invece di non votare o di votare altro, avrei dovuto.... Sì, certo Renzi proprio no, ma adesso che succede? Infine (ma volendo si potrebbero trovare molte sottosezioni delle prime due tipologie) ci sono quelli tornati pd il giorno dopo, (i Tendenza Calenda così per semplificare). Quelli che oggi dicono: adesso prendo la tessera e un minuto prima di farlo dicono anche, ma dobbiamo stare all'opposizione, mai con M5S e Lega.
Certo, ci sono i Tendenza Calenda propriamente detti, il ministro stesso, per cui il problema non era e non è Renzi, ma, come si dice, lui è pronto a dare un contributo, ora, dopo (il Pd lo ha votato, ma solo in una Camera perché c'era da sostenere Emma) tanto che qualcuno in questo deserto di leader lo vede addirittura in rampa di lancio per dare la scalata al partito. Ci sono però quelli per cui la tessera si prende solo e comunque se Renzi va via. Della serie prima mai, troppe scelte sbagliate, troppo di destra, non doveva candidare la Boschi, non doveva prendere i voti della destre peggiori. Salvo che a spostarsi sempre un po' più in là, e se molti altri avessero evitato di votare Pd oggi ci sarebbe stato ben poco da raccogliere, magari il Pd finiva al 10% e buonanotte. Infine, sempre come sottoinsieme, i sempre acclamati, ma che hanno regolarmente preferito defilarsi, modello Zingaretti, che davanti al disastro, dicono, vabbe', adesso tocca a me, mi candido, faccio anche le primarie, con calma (dopo la quasi non vittoria nel Lazio).
Rovesciamo l'angolatura del discorso, allora. Perché c'era Renzi al comando e voi non c'eravate? Perché ha vinto Renzi? Non aveva mica i pieni poteri del presidente cinese, Matteo Renzi. Mettiamola sul piano delle leggi della Fisica. Non è mancata, forse, in questi anni una forza uguale e contraria? Non è stato forse Renzi la somma di tante debolezze? La gestione del partito era una dittatura? O lo era o non lo era. Siccome è vera la seconda, qualcuno ci deve persuadere del contrario, allora tra vili e servi (definizione del segretario dimesso) e tutte le altre categorie dentro il mi si vede di più se non vengo o se vengo e mi metto da parte che hanno portato poi nelle estreme conseguenze al me ne vado, la cosa che a sinistra storicamente riesce meglio (avendo sempre i tutti nell'attimo prima della rottura santificato il concetto di unità del partito), ce n'erano sin troppi per un partito vero.
Matteo Renzi ha giocato a carte scoperte: piccolo borghese, cattolico e epifenomeno di un certo modo di essere dc senza la dc, desideroso di piacere agli industriali, ai potenti del mondo, vivendo un po' con fastidio lo sguardo indietro (nelle idee) e in basso (strati sociali sempre più marginali e lontani dal Pd). Nel 2014 sembrò Mida a se stesso e agli altri con la trovata degli 80 euro e il quasi 41% alle europee. Il codazzo a fare corte nel partito aumentò vertiginosamente e gli anni che seguirono furono tutti vissuti a fare politiche partendo dalle imprese, dal jobs act, di cui non si sentiva il bisogno in un'epoca espansiva di per sé (se c'è domanda le imprese devono assumere comunque, togliere le tutele è stato quasi un atto di servilismo non richiesto, in cambio di alcuna certezza, perché gli imprenditori, non tutti, incassano senza dare in cambio nulla i regali che gli vengono fatti, una regola aurea).
In troppi fino alla fine a dire che senza investimenti è inutile parlare, prima l'industria in ogni caso (fondi pubblici) dimenticando quando, se e come questo fiume di soldi arriva davvero a valle. Uno dei problemi di prospettiva, certamente non l'unico. Il filosofo Alex Honneth, allievo di Jurgen Habermas, intervistato da Repubblica, tra le altre cose ha detto: "Mentre sono cresciute le forme neoliberali di capitalismo, insoddisfazione, ansietà e critiche non sono più espresse, come in passato, in un vocabolario di sinistra, ma sono articolate in un lessico di destra - com'era accaduto nella Repubblica di Weimar - che non implica una visione di progresso, ma esprime la speranza in termini di regresso, come riconquista di qualcosa di perduto". Rovesciare il tavolo dialettico e politico sarà difficile. Costerà fatica, come tutto nella vita.
http://www.huffingtonpost.it/fabio-lupp ... _23383591/