Corriere:
Elezioni 2018, Milano l’ultima oasi di centrosinistra. Ma le periferie non fanno sconti al Pd
I dem restano primo partito in città. «Ora sarebbe sbagliato asserragliarsi»
di Maurizio Giannattasio
La mappa dei risultati alla Camera evidenzia Milano in controtendenza La mappa dei risultati alla Camera evidenzia Milano in controtendenza
Circondata dall’oceano azzurro-verde del centrodestra, incalzata dal giallo grillino, Milano continua a marciare in direzione ostinata e contraria come il titolo dell’antologia di Fabrizio De Andrè. Un’oasi per il centrosinistra rispetto al resto d’Italia. Anche se il risultato delle due coalizioni vira di poco a favore del centrodestra che raccoglie il 37,5 dei voti contro il 36,6. Un’oasi soprattutto per il Pd che alle politiche resta il primo partito della città con il 27 per cento dei voti alla Camera e tiene la posizione nonostante un calo di due punti rispetto alle politiche del 2013. Alle regionali si ferma al 22,97, ma bisogna considerare il drenaggio della lista Gori che prende il 5,1. Le due votazioni si equivalgono.
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MILANO, I PARTITI IN CITTÀ
Il Movimento Cinque stelle si aggiudica il secondo gradino del podio con il 17,7, quasi un punto in più rispetto al 2013. Subito dopo, seconda sorpresa, la Lega supera Forza Italia con il 16,7 per cento dei voti contro il 15,5 degli azzurri. Il partito di Salvini triplica quasi il voto del 2013, quando il Carroccio si fermò al 6,3 per cento. Per Forza Italia, il discorso è più complesso perché alle ultime politiche era presente come Pdl e aveva preso il 20,4 per cento. Un raffronto possibile è quello con le amministrative del 2016, quando superò da sola la soglia del 20 per cento. Per la precisione, il 20,2. Fa il botto +Europa con l’8,2. Buona anche la performance di Fratelli d’Italia con il 4,4 rispetto all’1,8 del 2013. Le due cifre per Liberi e uguali sono invece riposte nel cassetto dei sogni: si ferma al 4,3.
Milano in controtendenza si diceva. Basta allontanarsi di qualche chilometro dai confini della città e il rosso del Pd si stinge nell’azzurro del centrodestra e nel verde della Lega. Però questa volta l’avanguardia piddina non risiede nel centro storico. Anche se solo per qualche decimale, il primato tocca al collegio 3 della Camera che si estende dalla Cerchia dei Bastioni alla periferia sud-ovest e ovest della città, comprendendo quartieri come Porta Genova, Washington, City Life, il Portello nella parte più centrale e Lorenteggio, Bande Nere, San Siro e QT8 in quella più esterna. Mattia Mor ha sconfitto il capogruppo della Lega a Palazzo Marino, Alessandro Morelli. Il Pd si è attestato al 28,98 per cento. Spostiamoci al collegio 2 della Camera. Quella che va da Porta Romana a Città Studi a Loreto. Qui Lia Quartapelle, prima depennata dalle liste da Renzi e poi riammessa a furor di popolo, ha sconfitto la candidata leghista Laura Molteni con uno scarto di sei punti. E qui il Pd ha toccato il 28,79 per cento. Il centro storico, feudo incontrastato del centrosinistra, arriva solo al terzo posto con il 28,5 dei voti. Più ci si allontana dalla cerchia filoviaria e più si avverte la flessione. A Milano 4, che copre la periferia sud ed est della città, Federica Zanella (Forza Italia) ha sconfitto Paolo Cova. Pur restando il primo partito, il Pd scende al 24,87. Stessa situazione nel Collegio Milano-Sesto dove Guido Della Frera, ex assessore regionale di FI, ha battuto la piddina Sara Valmaggi e il partito Democratico si è fermato al 24,56. Peggio ancora nel collegio 5 che oltre alla ex Stalingrado d’Italia comprende anche i quartieri di Baggio, Quarto Oggiaro e Gallaratese dove il leghista Igor Iezzi ha sconfitto la dem Emilia De Biasi e il Pd è sceso al secondo posto dietro i Cinque Stelle: 23,94 contro 23,29. «Obiettivamente il voto a Milano è andato bene — dice il sindaco Beppe Sala — Alle politiche e per la precisione alla Camera abbiamo preso 12 punti in più rispetto alla media nazionale. Rimane però il fatto che il lavoro da fare è ancora tanto e qui si torna al tema delle periferie. Non è che durante la campagna elettorale abbia calcato la questione delle periferie per diletto, ma perché lì c’è un problema. Noi stiamo facendo molto, ma è difficile cambiare un sentimento dopo anni che si è fatto poco o niente. Voglio fare di meglio. La nostra velocità non è ancora sufficiente ma la nostra determinazione c’è tutta».
Si consola anche il segretario metropolitano del Pd, Pietro Bussolati, candidato alle regionali: «A fronte di una sconfitta nazionale molto brutta il voto milanese è in controtendenza ed è positivo. Nei comuni dell’area metropolitana il Pd raccoglie in media il 23 per cento dei consensi mentre a Milano città è il primo partito con il 27 per cento». Difficile sfuggire alla tentazione della fuga in avanti, di presentarsi come il «modello Milano» da copiare e bissare su tutto il territorio. Ma questa volta, la prudenza, visto la debacle nazionale, è d’obbligo: «Non dobbiamo essere arroganti — dice Quartapelle — e dire che il modello Milano è l’unico che funziona. E nemmeno asserragliarci perché porta alla sconfitta. Ma penso che l’esperienza di Milano possa insegnare qualcosa al Pd».