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Un'ora piacevole

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Un'ora piacevole

Messaggioda pinopic1 il 15/01/2009, 12:59

Ieri sera, sul tardi, ho seguito su RED una tribuna politica del 1961. Protagonista Giuseppe Saragat. Tra i giornalisti che hanno posto domande Enrico Mattei, Luigi Pintor, Luigi Barzini, Francesco Roccella e c'era anche Gianni Letta.
Saragat era all'epoca segretario del PSDI e sarebbe diventato pochi anni dopo presidente della Repubblica. Si preparava il primo governo di centro sinistra, quello vero.
Saragat ha illustrato il progetto politico del suo partito. Un partito all'epoca considerato molto moderato dalla sinistra e non soltanto dalla sinistra. Oggi uno che dicesse e si proponesse ciò che Saragat diceva in quella tribuna politica sarebbe accusato di ideologismo comunista, di estremismo velleitario e sarebbe pure illiberale. Parlava delle riforme da fare; di lavoratori che dovevano diventare classe dirigente politica. Roba da matti. Eppure le riforme che proponeva sono state fatte; da non crederci.
Io nel 1961 cominciavo a seguire la politica ma non la capivo ancora bene. Devo dire che sono rimasto sorpreso dal constatare che all'epoca non ho apprezzato Saragat quanto avrebbe meritato.
Finita la tribuna politica sono passato su YouDem e c'era Veltroni. Bisogna sapersi accontentare.
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Re: Un'ora piacevole

Messaggioda pierodm il 15/01/2009, 13:57

Caro Pino, hai toccato un tasto che, prima che essere dolente, sarebbe molto interessante.
Ma vedrai che sarà completamente inutile: non comporterà alcuna riflessione, e le eventuali elucubrazioni sul tema saranno che "erano tempi diversi" e che insomma i sette re di Roma erano sei, di questi cinque i quattro principali erano tre, e tra i due il re che contava era Romolo - fuori di metafora (non si sa mai): non rompete le palle con questi ideologismi, bisogna vincere e quindi convincere quel due per cento di moderati indecisi, e insomma diamoci sotto a seppellire il passato senza masturbazioni nostalgiche.

Di riferimenti come quello da te proposto se ne possono fare mille, rovistando nella memoria, anche se Saragat è veramente perfetto, per le ragioni da te accennate - vale a dire un personaggio al di sopra di ogni sospetto di essere radicale, bolscevico, massimalista, e peggio che peggio "comunista".
Ma purtroppo non solo nell'elettorato italiano in generale, ma anche in una parte di quello "pidemocratico" la memoria è pari a quella di un pesce rosso - ammesso che sia una questione di memoria.

Io, per esempio, nel mio piccolo, sono ancora in attesa di un'increspatura di coscienza, un vagito, due paroline di scusa in merito ad una questione che ci ha diviso a lungo e duramente negli anni passati: la guerra di Bush, le bugie sulle armi di distruzioni di massa, l'invasione manu militari dell'Irak.
Ricordo benissimo le accuse di pacifismo coglione, di massimalismo, di anti-americanismo, di vetero-comunismo, di fiancheggiamento oggettivo dei terroristi, e chi più ne ha più ne metta, verso chi - come me e altri - indicava la palese e clamorosa falsità delle ragioni addotte per la guerra.
Dopo la faccenda delle torture di Abu Graib le penne si sono abbassate, ma senza dare luogo a parole esplicite, ma solo ad un glissante silenzio, che con l'andare del tempo si è trasformato in oblìo.
Non è il solo cadavere di morto che ci portiamo dietro nel bagagliaio di questa carovana: quando si parla di unità, di coesione, di una "cultura comune", etc, questi silenzi e questi oblìi non possono essere ininfluenti, anche perché non sono casuali.
Soprattutto, non sono ininfluenti in una realtà politica nella quale si è dichiarata dismessa "l'ideologia", ossia una complessiva visione del mondo e della politica, un fine trascendente, che poteva bilanciare anche contraddizioni molto pesanti.
In una politica "pragmatica" - fatta cioè di scelte e di "fatti", così almeno viene rappresentata - si è quello che si sceglie, e in quello ci si riconosce e di quello si risponde.

Ma tanto è tutto inutile.
Ricordo un reportage di Zucconi dagli USA, al tempo della "gioiosa macchina da guerra" post-PCI.
Raccontando un intervento di Occhetto in un'Università, credo, della Virginia, Zucconi riporta un commento divertito sentito tra il pubblico liberal della conferenza: " E questi sarebbero quelli che dovrebbero far paura ai conservatori italiani? "
E il povero Occhetto era ancora vergine di inciuci con le varie Margherite, con i vari Rutelli, con i cilici della Binetti: a paragone, aveva ancora i baffi dritti da vecchio topone mannaro - secondo i nostri parametri bizantini, s'intende.
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Re: Un'ora piacevole

Messaggioda guidoparietti il 15/01/2009, 15:23

pierodm ha scritto:Raccontando un intervento di Occhetto in un'Università, credo, della Virginia, Zucconi riporta un commento divertito sentito tra il pubblico liberal della conferenza: " E questi sarebbero quelli che dovrebbero far paura ai conservatori italiani? "

E chi è che, invece, fa paura ai conservatori italiani?
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Re: Un'ora piacevole

Messaggioda pinopic1 il 15/01/2009, 16:43

guidoparietti ha scritto:
pierodm ha scritto:Raccontando un intervento di Occhetto in un'Università, credo, della Virginia, Zucconi riporta un commento divertito sentito tra il pubblico liberal della conferenza: " E questi sarebbero quelli che dovrebbero far paura ai conservatori italiani? "

E chi è che, invece, fa paura ai conservatori italiani?


Al momento, nessuno. Ma i conservatori italiani riescono a spaventare la gente, i moderati, anche utilizzando di Pietro e Ferrero. Per la verità anche utilizzando Prodi. Ma noi "riformisti" gli diamo una mano, perché siamo riusciti a far credere alla gente che le riforme sono innocue gazzose e chi invece propone qualcosa di più forte è un pericoloso sovversivo. E che si possono fare riforme serie senza scontentare nessuno ma anche nessuno.
E che le riforme sono una cosa che serve solo a far quadrare i conti. Dal far quadrare i conti per fare le riforme siamo passati al fare le riforme per far quadrare i conti.
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Re: Un'ora piacevole

Messaggioda guidoparietti il 15/01/2009, 18:25

pinopic1 ha scritto:Al momento, nessuno. Ma i conservatori italiani riescono a spaventare la gente, i moderati, anche utilizzando di Pietro e Ferrero. Per la verità anche utilizzando Prodi. Ma noi "riformisti" gli diamo una mano, perché siamo riusciti a far credere alla gente che le riforme sono innocue gazzose e chi invece propone qualcosa di più forte è un pericoloso sovversivo. E che si possono fare riforme serie senza scontentare nessuno ma anche nessuno.
E che le riforme sono una cosa che serve solo a far quadrare i conti. Dal far quadrare i conti per fare le riforme siamo passati al fare le riforme per far quadrare i conti.

Su questo posso anche essere d'accordo. Ma il richiamo sentimentale ai tempi di Saragat mi sembra comunque improprio.

È probabilmente del tutto vero che Saragat, assieme a tanti altri politici dei tempi andati, era di una statura morale e politica superiore a quella dei politici di oggi – e questo vale persino per i peggiori politici dal nostro punto di vista, quelli dei quali non condivideremmo nulla né ora né mai – ma il punto è che quelli non sono soltanto "bei tempi andati", ma sono anche i tempi che hanno prodotto poi il tempo presente.
Il primo centrosinistra al governo ha compiuto scelte epocali e di grande valore, ma ha anche accresciuto enormemente gli oneri amministrativi dello stato – e questo non è accaduto solo in Italia ma in tutto il mondo occidentale nel quale tra la fine della guerra e gli anni '60 e talvolta '70 sono prevalse politiche molto più welfariste di quanto oggi sarebbe pubblicamente sostenibile - il che è stata una delle concause più rilevanti nella successiva reazione culturale e politica da parte della destra, liberista sul piano economico e antiintellettuale su quello culturale (so di stare semplificando enormemente, ma vi prego di "fare a capirci"). D'altronde, parlando solo dell'Italia, quell'esperienza di centrosinistra finì – e finì anche perché l'elettorato, tra cui mi par di capire c'eri anche tu, premiava più il PCI di opposizione che il PSI e il PSDI di governo – e tra la competizione DC-PCI Craxi cercò di trovare un nuovo ruolo per il suo partito, il che rappresento a sua volta uno degli antecedenti fondamentali per capire la stessa ascesa di Berlusconi nonché il rampante aumento della corruzione politica che, crollato il vecchio ordine bipolare, condusse all'esplosione di tangentopoli e alla cancellazione di tutti quei partiti dei bei tempi andati che ora si idealizzano ma all'epoca erano largamente odiati.
Lo stesso Occhetto assieme a chi gli andò dietro, non scelsce di farla finita con il PCI per un capriccio, come sembrerebbe a leggere pierodm (ma naturalmente so che tutti sapete che le cose furono un poco più complesse).

Quindi non si tratterebbe né di fermarsi al dire che "erano altri tempi" né di fare paragoni estemporanei tra situazioni diversissime, ma appunto di analizzare un pochino come e perché queste situazioni erano diverse, ed anche magari com'è stato che dall'una si è passati alle altre. È vero che dopo il crollo del vecchio sistema politico, peraltro già in putrefazione da (almeno almeno) un quindicennio, non siamo riusciti a sostituirlo con qualcosa di meglio o in grado di favorire uomini politici almeno della stessa levatura dei precedenti. Ma non credo sia idealizzando i bei tempi andati che si contribuirà minimamente a, finalmente, riuscirci.

Modifica: avevo erroneamente attribuito a pinopic il commento su Occhetto di pierodm, sorry. Ho corretto.
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Re: Un'ora piacevole

Messaggioda pinopic1 il 15/01/2009, 18:51

Io avevo premiato il PSI prima dello strapotere di Craxi.
Giustissimo quello che dici. Ma in un determinato momento storico i riformisti fanno le riforme che si rendono necessarie in quel momento procurando le risorse che servono.
Esempio:
Saragat parlava della riforma della scuola media, quella che ha istituito la scuola media unica, portato l'obbligo a 14 anni, abolito il latino, introdotto l'insegnamento delle scienze e dell'educazione tecnica, cancellato l'economia domestica (già lavori donneschi al tempo del fascismo), stabilito che in tutti i comuni al di sopra di un certo numero di abitanti dovesse esserci una scuola media e dove non c'era i comuni farsi carico del trasporto alunni; in seguito le attività complementari integrative o doposcuola che dir si voglia, mense scolastiche ecc (anche per consentire alle donne di andare a lavorare).
Giustificandola (nel corso della tribuna) con questa semplice considerazione: in Italia (nel 1960) solo il 15% dei giovani ha accesso all'istruzione superiore; esiste una selezione di classe se è vero che i lavoratori nell'agricoltura (per esempio) sono il 30% della popolazione mentre i laureati figli di lavoratori agricoli sono lo 0,9 per cento di tutti i laureati. Ingenuamente da buon socialista diceva al giornalista "Dovrebbero essere il 30% non le pare?".
Ovviamente l'impresa nel tempo avrebbe richiesto un impegno economico enorme, ma non è andato nella redazione del Sole 24Ore per farsi rilasciare il certificato di accertata copertura.
E certamente la parte conservatrice del paese avrebbe preferito, anche per ragioni economiche, evitare l'impresa.
Naturalmente ad un'altra domanda ha risposto che bisognava fare anche una riforma del fisco non collegandola direttamente alle riforme e relativi costi, ma mi pare ovvio che questo pensasse.
Ora quando si criticano le riforme quasi dicendo che non bisognava farle, il welfare per dire che si doveva farne a meno, bisognerebbe essere a conoscenza di cosa era l'Italia prima delle riforme.

Naturalmente con il tempo si sono esaurite le risorse (debito pubblico e pressione fiscale) anche a causa di cose cervellotiche che non si possono certo definire riforme (es. pensioni baby, gestione clientelare di enti pubblici, salvataggi di aziende decotte, ....).
Oggi non possiamo più utilizzare il debito pubblico e il fisco come allora. Ma allora era possibile e di fronte all'esigenza impellente di civilizzare il paese sono state utilizzate quelle risorse. Scrivo civilizzare perché di questo si trattava, non eravamo ancora nella fase della ricerca della modernizzazione ma della civilizzazione.
Poi le storture del sistema politico bloccato, hanno creato tante disfunzioni.


Politicamente anche Saragat ha commesso probabilmente un grave errore con la scissione che ha dato al PCI il primato nella sinistra.
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Re: Un'ora piacevole

Messaggioda pierodm il 15/01/2009, 19:41

Guido
Se desideri sapere chi, secondo i liberal americani, dovrebbe far paura ai conservatori, dovresti chiederlo agli americani.
Noi, qui, sappiamo con certezza chi non gli fa paura ... però abbiamo qualche problema a scovare i conservatori: ci fosse uno straccio di partito, anche piccolo piccolo, o un cane sciolto che si dichiara conservatore, o che non s'incazza se qualcuno gli dice che è conservatore.
Forse dipende dal fatto che perfino i più sfacciati non riescono a trovare niente che valga la pena di essere conservato - tranne ovviamente chi difende alcuni principi costituzionali, qualche conquista democratica, qualche diritto conquistato dopo secoli di sudditanza, un po' di welfare, tranne insomma quelli che ingenuamente si dichiarano ancora "di sinistra", e che perciò giustamente sono gli unici "conservatori" ufficialmente riconosciuti.
Sembra una faccenda un po' confusa, ma sono sicuro che nel calepino del Buon Riformista c'è un capitoletto che serve a chiarire l'intricata matassa.

Saragat
La rimembranza di Pino non serviva a fare di Saragat un santino, ma soltanto a illustrare un concetto: che oggi siamo ridotti a considerare massimalista chi si mette in una posizione che trent'anni fa era assolutamente moderata (nel senso descrittivo del termine).
Un modo come un altro per dire che è inutile dannarsi l'anima per cercare un'identità, un programma, una linea, per il PD, se il territorio ideale, politico e ideologico sul quale ci consentiamo di pascolare è ridotto ad un orticello scamuffo.
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Re: Un'ora piacevole

Messaggioda ranvit il 15/01/2009, 20:08

Dice pierodm :
"Un modo come un altro per dire che è inutile dannarsi l'anima per cercare un'identità, un programma, una linea, per il PD, se il territorio ideale, politico e ideologico sul quale ci consentiamo di pascolare è ridotto ad un orticello scamuffo"


Va bene piero, dici spesso una cosa del genere, ma non sarebbe il caso di scendere un po' piu' in dettaglio?
Su quale prateria vorresti pascolare?

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Un'ora piacevole

Messaggioda guidoparietti il 15/01/2009, 21:19

pierodm ha scritto:Saragat
La rimembranza di Pino non serviva a fare di Saragat un santino, ma soltanto a illustrare un concetto: che oggi siamo ridotti a considerare massimalista chi si mette in una posizione che trent'anni fa era assolutamente moderata (nel senso descrittivo del termine).

Io nella mia risposta ho cercato di accennare ai motivi per cui le posizioni sono cambiate in cotal guisa. E sono cose peraltro molto ben note. Anche se ad alcuni piace dimenticarsele.
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Re: Un'ora piacevole

Messaggioda pierodm il 16/01/2009, 11:16

Guido
Hai cercato di spiegare, e va bene. Certe cose sono giuste, altre più discutibili, altre sono una libera interpretazione che ne vale un'altra opposta.
Ma il punto non è questo - per me almeno, non so per Pino.

Il punto è che c'è in Italia, oggi molto più di prima, una tendenza ad aver paura di essere sempre "eccessivi": un po' troppo idealisti, un po' troppo liberali, un po' troppo radicali, giustizialisti, massimalisti, manichei, moralisti, socialisti, insomma sempre un po' troppo "a sinistra" - in un'interpretazione tutta italiana che chiama massimalista, manichea, giustizialista, giacobina qualunque posizione sia semplicemente chiara e coerente con alcuni principi essenziali della democrazia.
Una sindrome che ha una lunghezza d'onda "storica", che cioè travalica i dettagli della cronaca e delle metamorfosi sociologiche.
Lo vediamo anche nel modesto ambito delle nostre discussioni recenti: dei sessant'anni di storia italiana l'unico fenomeno che molti riescono a vedere in modo gagliardamente negativo è l'esistenza, il comportamento, i limiti della sinistra, che equivale a dire in sostanza che c'è stata "troppa sinistra".
Con quali risultati per la sinistra lo vediamo bene: per il momento ne è scomparso il nome, fra non molto ne scomparirà anche il ricordo - unico paese democratico europeo, più o meno. Il trionfo della forza di gravità.
I diversi raid nella memoria che possiamo fare, insomma, servono semplicemente a capire la misura e le sfaccettature di questa sindrome, al di là dell'analisi puntuale dei diversi momenti e personaggi.

Vittorio
Hai ragione a farmi questa domanda. Ma una risposta "ragionata" sarebbe forse troppo lunga: diciamo che la puoi ricavare nell'insieme dei miei interventi, quelli passati e quelli che verranno.
In estrema sintesi, potrei dire: il socialismo. Aggiornato, evoluto, modernizzato, ma sostanzialmente socialismo: democratico, liberale, libertario.
Naturalmente, capisco bene che anche il PD - nelle sincere e buone intenzioni di Veltroni - dovrebbe rappresentare quella "evoluzione" di cui sopra. Dovrebbe e, teoricamente, potrebbe. Ma non credo che la realtà corrisponda a quest'ambizione, e non per una deficienza contingente superabile con la "buona volontà", ma per un difetto genetico sostanziale, che in parte si ricollega a quello che dicevo sopra a Guido.
Ricordo, a questo proposito, una barzelletta piuttosto scema, ma sintomatica, che circolava al tempo del Concilio: due prelati che s'incontrano in treno e conversano piamente sulle novità conciliari, e ad un certo punto uno di loro obietta: "Sì, tutto giusto ... però, fratello, quest'ultima enciclica del "porcum deum" mi sembra un po' eccessiva...".

L'obiezione fondamentale che in genere si usa frapporre a questa tesi "socialista" - l'obiezione più intelligente, intendo - è quella delle trasformazioni che ha avuto la nostra società occidentale, oltre che il mondo nel suo insieme, che avrebbe reso il socialismo obsoleto.
Trovo che questa sia un'obiezione intelligente solo se applicata ad una serie di fenomeni, in quanto pone l'accento sull'importanza delle mutazioni sociali che sono avvenute negli ultimi decenni, che hanno depotenziato alcune rivendicazioni tipiche del socialismo di origine ottocentesca che si erano mantenute vive quasi per tutto il secolo successivo.
Ma questa è la situazione nella quale si trova la gran parte delle ideologie e delle prassi sulle quali fondiamo il nostro sistema politico: il liberalismo, per esempio, e il capitalismo sono forse ancora più obsoleti del socialismo - sicuramente più "vecchi" come età anagrafica, per dirne una - e lo stesso regime democratico e le sue istituzioni mostrano di essere irrimediabilmente inadeguati alla nuova realtà del mondo.
Gli stessi concetti e i valori, i termini, il linguaggio con il quale articoliamo le nostre leggi, le nostre istituzioni, la nostra discussione politica, suonano sempre più come pura retorica, ovvero contenitori dentro i quali è sempre più difficile far entrare la realtà delle cose.

Quindi, io vedo l'evoluzione del socialismo all'interno di una generale evoluzione della democrazia, di un aggiornamento e adeguamento dei suoi concetti fondanti e delle sue istituzioni.
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