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Quanto impiegheranno a ri-dividersi???

MessaggioInviato: 07/06/2017, 12:20
da ranvit
SE questi sono i compagni di viaggio, Pisapia ha già fallito! :(
Nel frattempo i 5S vinceranno le elezioni... 8-)
Ma quanto impiegheranno a ri-dividersi??? :lol:





Sinistra, debutto il primo luglio a Roma della lista unitaria
Progetti, nomi, siglie: ecco come la sinistra si prepara alle elezioni
Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)
Sinistra, debutto il primo luglio a Roma della lista unitaria
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Il progetto è chiaro, ambizioso e ben definito. Per usare le parole di Alfredo D'Attorre, deputato di Articolo 1 da tempo uscito dal Pd di Matteo Renzi, punta a "mettere assieme la cultura di governo e la radicalità". Con l'accelerazione verso le urne, forse già a settembre, e con il sistema tedesco-proporzionale la sinistra non intende farsi trovare impreparata e sta lavorando ad una lista unitaria che rappresenti il polo progressista e che sia alternativa al Partito Democratico. L'appuntamento chiave sarà il prossimo primo luglio a Roma quando verranno presentati ufficialmente il manifesto programmatico, il nome e il simbolo della lista.

Le parole d'ordine? "Una sinistra di governo che segni una netta discontinuità e un cambiamento reale" rispetto ai governo del Pd. Di fatto, sarà l'apertura della campagna elettorale. Le forze che faranno parte di questa lista unitaria saranno certamente Sinistra Italiana (ovvero Sel e chi, come D'Attorre, ha lasciato il Pd da molto tempo), Campo Progressista di Giuliano Pisapia, Articolo 1 (ovvero gli ex Pd di recente scissione come Bersani, Speranza e D'Alema) e i Verdi di Angelo Bonelli, che hanno manifestato un forte interesse per aderire al progetto. Contatti in corso anche con Possibile di Pippo Civati, mentre il dialogo con Rifondazione Comunista appare in salita e difficile in quanto i promotori della lista progressista non intendono sposare posizioni "troppo radicali" come, ad esempio, l'uscita dell'Italia dalla Nato.

Il primo luglio a Roma ci saranno ovviamente tutti, dalla Boldrini a Pisapia, da Bonelli a Speranza, da D'Alema a Bersani. Il 18 giugno, però, quindi quasi due settimane prima, ci sarà una manifestazione sempre nella Capitale promossa dai comitati che si sono battuti per il "no" al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 che hanno lanciato un appello per costruire una sinistra unitaria. Sarà quindi l'antipasto di ciò che accadrà il primo luglio. Per il giorno precedente, il 17 giugno, la nascente lista progressista sta organizzando bus e treni da tutta Italia diretti al corteo indetto dalla Cgil contro la reintroduzione dei voucher. "Non sarà una passerella di parlamentari, il nostro popolo sarà presente e si capirà bene quali sono le nostre priorità programmatiche", spiega D'Attorre.

E proprio il rapporto con il sindacato, Cgil e Fiom di Maurizio Landini, è uno dei punti centrali della piattaforma politico-programmatica della lista progressista, in contrapposizione con il Pd renziano sempre più in contrasto con le organizzazioni sindacali. Ma non finisce qui. In vista delle elezioni politiche verrà trovata una forma di legittimazione popolare, in sostanza le primarie, per scegliere il leader, la squadra di governo, i candidati in Parlamento e per approvare la proposta programmatica da presentare al Paese. I tempi sono strettissimi e, qualora si votasse già a fine settembre, l'iter delle primarie dovrà concludersi tassativamente entro e non oltre l'inizio di agosto. Quanto ai possibili leader, le personalità in campo sono diverse.

Si va dall'ipotesi Pisapia a quella della presidente della Camera Laura Boldrini, ma non è esclusa nemmeno la carta Bersani (quindi l'esperienza di governo) fino alla nuova generazione che si riconosce soprattutto in Speranza. Il punto chiave è la legittimazione popolare, anche perché in Parlamento la sinistra sta contestando proprio l'assenza delle preferenze nella nascente legge elettorale e quindi non può permettersi di eleggere dei nominati. "Non saremo la sinistra di Turigliatto", scandisce D'Attorre. Che dipinge la lista progressista, facendo un paragone con la Germania, come "il punto di congiunzione tra i socialdemocratici dell'Spd e la sinistra radicale e post-comunista della Linke".

E infine il simbolo e il nome. Al momento non c'è ancora nulla di definitivo, ma si sta ragionando su varie ipotesi "con uno sforzo di fantasia e innovazione". Difficile che ci sia il termine progessista (ricorda Occhetto) ed esclusa la parola Arcobaleno che riporta alla mente il clamoroso flop di Bertinotti. Sarà quindi "qualcosa di innovativo" e, probabilmente, la parola sinistra in qualche modo sarà contenuta nel simbolo e nel nome. Obiettivo, anche se ufficialmente per scaramanzia non si dice, è quello di raggiungere, se non superare, il 10% ed eleggere una settantina di deputati e circa 35 senatori.

Re: Quanto impiegheranno a ri-dividersi???

MessaggioInviato: 07/06/2017, 18:10
da ranvit
:D :D :D

Rifare l'Ulivo (che in realtà pare L'Unione) con chi l'Ulivo lo distrusse
Chissà se il “ci siamo” pronunciato ieri da Pippo Civati per “Possibile” e da Nicola Fratoianni per Sinistra italiana basterà ad allontare il dejà-vu e il retropensiero conseguente: non è che così finiamo come nel 2008?
Marianna Rizzini
di Marianna Rizzini
7 Giugno 2017 alle 13:01

Roma. Sentirsi almeno un po’ il remake dell’Ulivo senza trasformarsi irrimediabilmente in remake dell’Unione: questo è (anche) il problema per chi, trovandosi nel bel mezzo della gauche, vede precipitare gli eventi (elezioni alle porte), e, nel tentativo di rivivere le uliviste, riformiste, centriste ed effimere glorie prodiane di fine anni Novanta, ricorda pur sempre con terrore la sorte non splendida che toccò alla coalizione post-ulivista (l’Unione, appunto). Quella che, nel 2006, unì le sinistre riformiste e radicali e il centro post-democratico cristiano, per poi finire con un Romano Prodi sfiduciato al Senato, le elezioni anticipate e l’esclusione dal Parlamento delle sinistre arcobaleno. E sono fantasmi che si affollano dietro le quinte del palcoscenico su cui si prova e si riprova il canovaccio “rifare una Cosa di sinistra senza sprecare il capitale del No al referendum del dicembre 2016”. Ma a un certo punto ci si mette il diavolo, ché, a voler rifare un Ulivo che in realtà pare soprattutto un’Unione, si ritrovano persone e forze evocative del fallimento dell’Ulivo medesimo, per esempio l’ex premier antirenziano Massimo D’Alema e i neobetinottiani, ora alle prese con la graticola preventiva del dubbio: ci vorrà o non ci vorrà, alla fine, Giuliano Pisapia, ex sindaco di Milano, deus ex machina del Campo Progressista e aspirante federatore del possibile Ulivo-Unione che sarà?

E succede che, a sinistra del Pd, sognando la parola buona e definitiva di Romano Prodi e la parola buona e definitiva di Enrico Letta, il fermento si tramuti in tormento, tanto più che bisogna decidere che cosa fare dell’appello del prof. Tomaso Montanari e della giurista Anna Falcone, appello che punta alla creazione di un’altra unione (listone?), quella formata da chi disse il famoso “no” al suddetto referendum costituzionale, e che ora chiama a raccolta “la sinistra di popolo che rinasce dal popolo”: trattasi di appuntamento ravvicinato, il 18 giugno a Roma, ma chissà se il “ci siamo” pronunciato ieri da Pippo Civati per “Possibile” e da Nicola Fratoianni per Sinistra italiana basterà ad allontare il dejà-vu e il retropensiero conseguente: non è che così finiamo come nel 2008?

E se, a sinistra, la “lotta alle diseguaglianze” che Montanari e compagni vogliono rilanciare parte dall’avversione per la massima “la partita si vince al centro”, c’è chi, sempre a sinistra, al centro guarda invece con bramosia (centro prodiano, lettiano, postsocialista e postdemocristiano: tutto purché sia antirenziano). E già compare la prima delle salite lungo il percorso: va bene sognare un Prodi alleato di un Bersani e di un D’Alema e di un De Magistris, con Pisapia o – perché no – Laura Boldrini a far da collante (e garante). Ma chissà come si fa, poi, a capitalizzare il “no” al referendum se già l’idea di un listone unico non centrista elimina in partenza punti programmatici che ai centristi antirenziani non dispiacerebbero. E poi c’è lui, Pisapia, uomo non divisivo, sì, ma vai a sapere. “Chi ci dice che davvero Pisapia non tornerà a farsi dialogante con Matteo Renzi?”, si domandano infatti nel vasto prato del malcontento anti-Rottamatore, dove le parole del duo Falcone-Montanari risuonano come tentazione ma pure come minaccia, specie quando descrivono la “lista unitaria” che si costruisce “dal basso”, e con “un processo di partecipazione aperto, che si apra ai cittadini, per decidere insieme, con metodo democratico, programmi e candidati”. E c’è anche quel mantra: “Serve dunque una rottura e, con essa, un nuovo inizio…un percorso unitario aperto a tutti e non controllato da nessuno, un progetto che parta dai programmi, non dalle leadership…”: parole evocative di un “fai-da-te” a lungo contestato ai Cinque Stelle e non del tutto digeribile presso partiti neonati o neorifondati di sinistra-sinistra. Ed ecco che, ancora prima di salpare, all’orizzonte spunta la sagoma spaventosa della diatriba fratricida (per non dire dell’irrilevanza)

Re: Quanto impiegheranno a ri-dividersi???

MessaggioInviato: 07/06/2017, 23:42
da pianogrande
La prima unità di misura della probabilità di "ri-dividersi" sarà la lunghezza del nome di questa miscelanea piuttosto eterogenea e il cui unico collante è l'alti Renzi (ma anche quello pare incrinarsi su Pisapia).

Un nome che rischia di essere tutto un programma nel pieno significato del termine.

Aspetto curioso.

Re: Quanto impiegheranno a ri-dividersi???

MessaggioInviato: 18/06/2017, 8:40
da mariok
Se andasse in porto non sarà però sotto forma di rientro nel Pd, ma di alleanza con esso. In questo caso l’operazione sarebbe pienamente riuscita. La approverà anche Napolitano con una sinistra distinta ma alleata che probabilmente raccoglierebbe un 10 per cento del corpo elettorale votante. Renzi punta al 30. Se così andassero le cose il centrosinistra andrebbe vicino al 40 e forse lo sorpasserebbe con il centro guidato da Alfano e Parisi. I veri sconfitti sarebbero in tal caso Grillo e Salvini, con un Berlusconi amichevolmente autonomo.

Ma dove l'ha visto questo film? Una sinistra alleata del PD il 10% se lo sogna. Può avvicinarsi a questa soglia solo se si mettono tutti insieme: un'accozzaglia di tutto e il contrario di tutto, come nell'Unione di Prodi che abbiamo visto la fine che ha fatto.

Quanto al PD, Veltroni si avvicinò al 34% giocando sulla novità di un nuovo partito a "vocazione maggioritaria" e sul voto utile, ma ebbe una sonora sconfitta contro il centrodestra.

Renzi alle europee ha fatto il blitz del 40%, anche lui giocando sulla novità, su una netta presa di distanze da una sinistra sempre più insignificante ed approfittando della crisi del centrodestra e di Berlusconi.

L'unico PD alleato con la sinistra che conosciamo è quello di Bersani, che elettoralmente vale il 25%.

Per come si stanno mettendo le cose, mi sa che ci aspetta un altro decennio di governo di centrodestra, ma questa volta con una lega ben più determinante e con un tratto sovranista e reazionario molto più accentuato, in piena controtendenza purtroppo con il resto dell'Europa.

Prodi, Renzi, Pisapia e una certa idea di sinistra
Quasi certamente sarà il segretario Pd ad andare al voto, ma con quale legge elettorale? E con quali alleati per avere una solida rappresentanza nelle due Camere che hanno pari sovranità politica?

di EUGENIO SCALFARI

18 giugno 2017

Prodi, Renzi, Pisapia e una certa idea di sinistra
Matteo Renzi e Giuliano Pisapia (ansa)
Il mondo sta cambiando e l’Europa e l’Italia cambiano anch’esse. Questa mutazione ci stupisce: che dobbiamo fare? Assistere passivamente? Reagire? Ma come? Combattendo contro oppure appoggiando il cambiamento e portandolo avanti fino a quando diventi una vera e propria rivoluzione? Una rivoluzione, quando eventualmente scoppiasse, sarebbe mondiale perché viviamo in una società globalizzata. Ogni Paese, ogni Stato, ogni continente reagirebbe a suo modo secondo gli interessi, i valori, i sentimenti delle persone, dei popoli, delle plebi.

È questo fenomeno che si sta per la prima volta verificando? Io non credo: il mondo cambia continuamente e quelli che lo vivono pensano che una grande novità si stia verificando, ma non è così. Tutto si muove di continuo, attimo per attimo, dentro e fuori di noi. Spesso i mutamenti ci sembrano impercettibili e infatti lo sono, ma col passare del tempo diventano massa. Questo ci spaventa e ci mobilita. Insomma ci scuote. Vogliamo dargli un nome? È la vita. Diversa ma estremamente simile per ciascuno di noi.

Noi non distinguiamo una formica dall’altra. Ma a me capita spesso che se incontro un gruppo di cinesi mi sembrano l’uno identico all’altro e se dall’alto di un aereo vediamo a terra un gruppo di persone, ci fanno lo stesso effetto delle formiche. In conclusione: tutto è relativo, ciascuno ha una sua verità assoluta, ma è assoluta solo per lui. Einstein scoprì la relatività delle onde e delle particelle elementari e di quanto venne dopo, ma questa appunto è la vita. La relatività di Einstein è, almeno per ora, la legge del creato.

Questa premessa era introduttiva della politica: anche quella sta cambiando in tutto il mondo, ma a me oggi interessa occuparmi di ciò che avviene in Italia. Naturalmente come la vedo io. La politica infatti è il tema principale d’una collettività, ma tutti quelli che se ne occupano portano in campo il proprio Io. E poiché noi siamo fatti in modo che una parte di noi porta se stesso all’opera, dobbiamo rivelarci agli altri prima di raccontare ciò che avviene intorno a noi e di darne un giudizio di valore.

Dunque presento ciò che siamo e pensiamo, anche se gran parte dei nostri amici e lettori lo sa da tempo. Noi apparteniamo a quella scuola politica dei fratelli Rosselli che lanciò come bandiera di raccolta il motto “Giustizia e Libertà”. Su quello slogan nacque il Partito d’Azione ed anche le brigate partigiane che quello slogan lo diffusero.

A sua volta la Rivoluzione francese del 1789 inventò la bandiera dei tre colori che significavano “libertà, eguaglianza, fraternità”. Da noi la gioventù mazziniana inalberò anch’essa il tricolore (con il verde al posto del blu). Il Partito d’Azione ebbe breve e sfortunata vita e si divise nel 1948, ma la sua cultura politica è rimasta ed è la nostra e dei nostri giornali: liberal-socialismo o liberal-democrazia, due dizioni diverse che significano la stessa cosa. Potremmo anche dire “sinistra liberale”. È sempre la stessa cosa. Vale per l’Italia ed anche per l’Europa.

Ancora non sappiamo se Macron sia un liberal-socialista europeista, ma è molto probabile che lo sia. Anche noi siamo profondamente europeisti; non a caso i tre fautori del Manifesto di Ventotene precedettero il Partito d’Azione ma poi fecero anch’essi proprio lo slogan di “Giustizia e Libertà”. Speriamo che Macron stia dalla stessa parte. La Francia è la Francia e la Marsigliese non è un inno soltanto francese ma anche europeo, come e più dell’Internazionale.

Con queste idee che ci animano, in Italia non possiamo che essere vicini al Partito democratico. Fu fondato da Veltroni il 14 ottobre del 2007; il programma fu da lui esposto al Lingotto di Torino il 27 giugno e le elezioni si fecero il 13 e 14 aprile del 2008. Ottenne quasi il 35 per cento dei voti, pari al massimo raggiunto da Berlinguer. Poi accaddero una serie di fatti e si succedettero vari governi, tecnici o tecnico-politici: il governo Monti, il governo di Enrico Letta, il governo Renzi ed anche quello tuttora in carica votato da Renzi ma presieduto da Gentiloni. Andrà avanti fino alla fine della Legislatura e si voterà di nuovo nell’aprile del 2018.

Quasi certamente sarà Renzi ad andare al voto, ma con quale legge elettorale? E con quali alleati per avere una solida rappresentanza nelle due Camere che hanno pari sovranità politica? Finora Renzi ha molto oscillato, anche perché per cambiare la legge elettorale ci voleva l’accordo generale dei quattro partiti (o movimenti che dir si voglia): il Pd renziano, la Lega di Salvini, Forza Italia di Berlusconi e il M5S di Grillo, Casaleggio, Di Maio e compagnia.

Inizialmente la legge era quella che imitava la legge tedesca, ma improvvisamente Grillo ha fatto saltare il banco e tutto è tornato a zero. Tre giorni fa Renzi ha incontrato Romano Prodi che si è posto come federatore tra Renzi e la sinistra dissidente che è uscita dal partito e dalla maggioranza. Questa sinistra sarà in questi giorni convocata da Pisapia e si vedrà se aderirà alle proposte conciliative di Prodi (e quindi di Renzi).

Se andasse in porto non sarà però sotto forma di rientro nel Pd, ma di alleanza con esso. In questo caso l’operazione sarebbe pienamente riuscita. La approverà anche Napolitano con una sinistra distinta ma alleata che probabilmente raccoglierebbe un 10 per cento del corpo elettorale votante. Renzi punta al 30. Se così andassero le cose il centrosinistra andrebbe vicino al 40 e forse lo sorpasserebbe con il centro guidato da Alfano e Parisi. I veri sconfitti sarebbero in tal caso Grillo e Salvini, con un Berlusconi amichevolmente autonomo.

La nostra valutazione di Renzi l’abbiamo già fatta molte volte, ma non è sempre la stessa. In certe occasioni i suoi errori sono marchiani, specie in politica economica quando prende la mano a Padoan ed opera senza di lui. E non parliamo del suo rapporto con la sinistra dissidente e con alcune personalità che hanno grandi meriti nella vita italiana e che lui ha sempre volutamente ignorato.

Altre volte invece la valutazione è stata positiva. Quando si è occupato di rafforzare l’Europa indicando quali erano le finalità europeiste. Dovrebbe puntare molto su Macron, ma lì interviene probabilmente una rivalità personalistica che non coincide con il vero interesse franco-italiano che dovrebbe esprimersi con un legame politico e personale tra i due personaggi che si propongono la costruzione della vera Europa. Comunque, se l’iniziativa di Prodi con Pisapia andasse a buon fine, probabilmente le doti di Renzi vincerebbero le sue debolezze e darebbero al nostro liberal-socialismo lo slancio economico e politico per l’Italia e l’Europa.

Il mio carissimo amico Ezio Mauro ha scritto giovedì scorso un articolo con una parte del quale chiudo questo mio articolo. «È ben chiaro che l’Italia dei piccoli paesi e delle lunghe periferie, sotto i colpi della crisi riscopre antiche paure, un inedito egoismo del welfare, una nuovissima gelosia del lavoro, uno smarrimento identitario sconosciuto. A tutto questo bisogna rispondere ma dentro un sentimento di comunità, su una scala europea, nella fiducia di una tradizione occidentale di inclusione responsabile e di apertura culturale».

Se così non è
viene fuori un’idea balorda dell’Italia: paese di singoli arrabbiati con chi ha vinto e con chi ha perso, per l’invidia del successo, la noncuranza del sapere, il fastidio della responsabilità generale. Ma fuori (questo forse non lo sanno) c’è il mondo.

Re: Quanto impiegheranno a ri-dividersi???

MessaggioInviato: 27/06/2017, 12:31
da ranvit
Parliamoci chiaro, purtroppo dobbiamo dire addio a qualsivoglia centrosinistra capace di risolvere i problemi del Paese, troppi i cialtroni, sommati agli infantili e velleitari, che pullulano nel centrosinistra (Pd compreso...vedi Orlando, Cuperlo, Emiliano etc)!


Meglio un Governo Pd/Centristi/FI 8-)
Che Napolitano, Prodi, Pisapia etc etc se ne facciano una ragione! L'alternativa è un Governo di destra FI/Lega/Fdi o peggio M5S/Lega... 8-)