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La vendetta dei corpi intermedi

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

La vendetta dei corpi intermedi

Messaggioda ranvit il 28/12/2016, 8:28

Davvero interessante questo articolo!


La vendetta dei corpi intermedi
Che cosa può fare la sinistra per non sostituire la rottamazione con la restaurazione? La linea del Piave è la riforma del lavoro. Per difenderla c’è un modello: la Clause IV

di Claudio Cerasa
28 Dicembre 2016 alle 06:00

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, riflettendo ieri con noi sul rapporto tra democrazia e disintermediazione, ha consegnato a questo giornale un ragionamento gustoso, sul futuro dei corpi intermedi e dunque anche sul Pd, che sintetizza bene una nuova fase politica che si è aperta all’indomani della vittoria del No al referendum costituzionale: nell’epoca della disintermediazione, la differenza tra un partito populista e uno riformista è quella che c’è tra chi prova a disintermediare per ricostruire e chi prova a disintermediare senza costruire nulla di nuovo. Il ministro Orlando parlava del rapporto tra Facebook e la democrazia ma come è evidente il ragionamento può essere utilizzato anche per studiare quale potrà essere il percorso futuro del Partito democratico e in particolare quello dell’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

Il problema è evidente: una volta abbattuto per via referendaria il governo del disintermediatore Renzi, compresa l’idea di imporre a livello nazionale il modello dell’Italia dei sindaci, potrà mai il progetto riformista renziano sopravvivere alla vendetta dei corpi intermedi? La vendetta dei corpi intermedi non è un ipotetico e futuro film dell’orrore ma è una proiezione già in corso da molti giorni che prevede un unico e comprensibile copione: una volta abbattuto Renzi per via referendaria non resta che abbattere il renzismo. Il tentativo di abbattere il renzismo – per via politica ma ovviamente anche per via giudiziaria – vede non a caso come protagonisti alcuni corpi intermedi che l’ex premier ha provato a ridimensionare con successi alterni: il sindacato (in campo contro l’articolo 18), la vecchia ditta Pd (in campo contro la flessibilità), la magistratura (in campo contro Lotti), il Consiglio di stato (in campo contro la riforma delle banche popolari), la Consulta (in campo contro la legge elettorale). Alcune di queste partite hanno un esito già scontato, altre forse meno, ma in tutti i campi la lezione è sempre la stessa: puoi essere anche il più bravo dei disintermediatori, ma se i corpi intermedi non li riformi alla fine resistono e al momento giusto reagiscono. Se ti occupi di sfidare i sindacati senza occuparti di riformare i sindacati, alla fine i sindacati (sfidati ma non riformati) aspettano il momento giusto e poi reagiscono. Se ti occupi di sfidare la magistratura senza togliere alla magistratura gli strumenti per utilizzare il potere giudiziario in modo discrezionale, alla fine la magistratura (sfidata ma non riformata) aspetta il momento giusto e poi reagisce. Su questo terreno gli esempi da fare potrebbero essere molti, ma per quanto la vendetta dei corpi intermedi sia inevitabile in questa fase di passaggio dalla rottamazione alla restaurazione non in tutti i casi il destino di questa partita è già scritto. In un caso in particolare si può reagire e quel caso riguarda il più clamoroso tra i tentativi di restaurazione: la feroce resistenza alla riforma del mercato del lavoro. Da questo punto di vista, la polemica sui voucher più che una disquisizione su una particolare tipologia di contratto di lavoro (se togli i voucher non diminuiscono i contratti a brevissimo termine, ma cambia solo il modo in cui vengono pagati quei contratti: ovvero in nero) è un chiaro cavallo di troia utilizzato per introdursi nel cuore del riformismo renziano. Il tema non sono i voucher (così come il tema della gaffe di Poletti non era Poletti) è l’abbattimento di un concetto chiave che per la prima volta un partito di sinistra in Italia ha scelto di abbracciare con convinzione: lo sdoganamento della flessibilità, con conseguente rinuncia al totem dell’articolo 18. Il punto è chiaro: la sinistra ha ancora la forza di difendere l’abbattimento di un totem o in nome di una grande pacificazione interna alla sinistra (go Giachetti go!) è disposta a offrire ai campioni della restaurazione il passaggio per superare la linea del Piave?

La composizione del fronte della restaurazione è ampio e variegato (Cgil, sinistra del Pd, Lega, Grillo, rossi, neri) mentre al contrario il fronte della resistenza non mostra particolari segnali di tenuta e anzi non perde occasione per ricordare che i prossimi mesi saranno dedicati – espressione molto sospetta, pericolosa, si salvi chi può – “alla comprensione degli errori commessi”. Per uscire da questa trappola micidiale l’ex presidente del Consiglio ha una sola strada possibile, e coincide con un insegnamento finora non ascoltato che Tony Blair mise nero su bianco nell’ottobre del 1994, quando coniò un’espressione vincente: New Labour, New Britain. Ovvero: non si può riformare un paese senza prima riformare il partito che deve guidare quel paese. In quell’occasione, Blair, per formalizzare la svolta che avrebbe impresso al Labour, scelse di modificare la famosa “Clause IV” dello statuto del partito, abbandonando qualsiasi tendenza statalista e abbracciando convintamente la libera economia di mercato. Il segretario del Pd ha già abbattuto la sua “Clause IV” riformando da presidente del Consiglio l’articolo 18 ma non deve stupirsi se oggi un pezzo significativo della sinistra sta provando ad archiviare per sempre il progetto riformista renziano proprio facendo leva sulla restaurazione dell’articolo 18. La “Clause IV” è stata imposta con successo, ma successivamente non è stato imposto un metodo che rendesse quell’imposizione un passaggio naturale (non solo traumatico) per una sinistra che in buona parte è ancora ostaggio dei suoi fantasmi del passato. Per questo oggi la sfida più importante della disintermediazione è la ricostruzione e non la distruzione di un corpo intermedio importante come può essere un partito. Per farlo ci sono due modi. O lo si ricostruisce con mille mediazioni (modalità caminetto) e mille accordi tra correnti (sarebbe una sinistra speranza). O lo si ricostruisce con un nuovo metodo di mediazione (modello Clause IV) e un programma di educazione siberiana della sinistra affidato a un volto simbolo di una nuova, per dirla alla Schumpeter, disintermediazione creatrice (profilo perfetto: Nannicini). La vendetta dei corpi intermedi non si può evitare. Ma evitare che la restaurazione diventi la parola chiave dei prossimi anni è ancora possibile. Non è un problema del Pd. E’ un problema dell’Italia. In bocca al lupo.

http://www.ilfoglio.it/politica/2016/12 ... nRead=true
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: La vendetta dei corpi intermedi

Messaggioda Robyn il 28/12/2016, 23:11

Il job act và cambiato perche ha bloccato la mobilità sociale infatti nessuno si sposta più da un lavoro protetto dall'art 18 ad uno senza ed ha mantenuto se non aumentato ancora il dualismo.Aumentare la prova ad un'anno significa che se per i disciplinari la prova nel contratto a tutele crescenti dura sei mesi questa scatterebbe dopo un'anno e ristabilendo principio di proporzionalià nei disciplinari e optin out del magistrato mentre per i motivi economici non dopo tre anni "?"ma dopo un'anno.I voucher invece vanno tipizzati per particolari tipi di lavoro occasionali come era all'origine
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Re: La vendetta dei corpi intermedi

Messaggioda Robyn il 29/12/2016, 23:40

Adesso la cassazione che ha una funzione MONOFILATTICA e da cui i magistrati non possono DISCOSTARSI con sentenze diverse ha SCASSATO il nuovo dualismo creato dal job act perche il job act ha irrigidito con legislazioni differenti il mercato del lavoro.La sentenza afferma a prescindere se ci sia crisi o espansione che il licenziamento è legittimo in caso di ristrutturazione illegittimo con reintegrazione nel caso non ci fosse questo nesso di causalità e si applica anche ai NUOVI ASSUNTI del job act.Se un magistrato chiede al datore di lavoro di dimostrare come intende sopprimere quella postazione il datore di lavoro deve dimostrarlo.Può dimostrare ad ex che ha acquistato una tagliatrice automatica e che i pezzi non verranno più tagliati a mano,può dimostrare anche la eliminazione della vecchia tagliatrice che non verrà sostituita e che richiedeva l'impiego di un dipendente.Se invece questo manca allora significa che cerca solo di far fare straordinari risparmiando sul costo del lavoro.Allora in questo caso il licenziamento è illegittimo e procede alla reintegrazione.Adesso sul job act si tratta di fare altri cambiamenti.La prova di un'anno dopodiche scatta l'art 18,l'opting out del magistrato per gmo e disciplinari anche se si avrebbe diritto alla reintegrazione,le tre infrazioni disciplinari semplici in un'anno per rispettare il principio di proporzionalità,tempi brevi del processo del lavoro ,diminuire il cuneo fiscale per l'indeterminato ,far costare di più la biagi e dare un reddito più alto ai lavoratori flessibili.Far costare il 30% in più l'indennità se nelle piccole aziende ci si rifiuta di fare la reintegrazione,tipizzare i voucher riportandoli al loro utilizzo originario,reintrodurre l'intermediazione sindacale nel gmo incrementare l'indennità che è attualmente molto debole
http://www.repubblica.it/economia/2016/ ... ef=HREC1-7
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