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Questo non è il mio PD .. se lo dice Veltroni!

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Questo non è il mio PD .. se lo dice Veltroni!

Messaggioda Gab il 17/12/2008, 10:56

Non lo dico io!!
Gab


Il segretario: contro di noi attacchi strumentali
Veltroni commissaria le regioni
«Questo non è il mio partito»
Brutti in Abruzzo, un fedelissimo in Sardegna. Timori pd: mollati dai giudici?

«Questo non è il mio Pd»: Walter Veltroni, scuote la testa mentre si accavallano notizie vere, false o verosimili sulle traversie giudiziarie del Partito democratico. In ogni regione o quasi c'è una brutta storia che coinvolge ex margheritini ed ex diesse. Il segretario è convinto che per uscirne ci sia una sola strada, quella di costruirlo sul serio il "suo" Pd, di dare vita a un «soggetto politico veramente nuovo».


La «sfida», per il leader del Pd, è quella di intraprendere un «percorso innovativo». Tradotto dal politichese: è necessaria la promozione di «nuove generazioni in politica». La classe dirigente deve «rinnovarsi». E lì dove ha sbagliato deve pagare. Per questa ragione Veltroni sta preparando i commissariamenti del Pd abruzzese e di quello sardo. E non è escluso che se dovessero rivelarsi vere le voci sulla Basilicata e la Calabria si possa adottare la stessa soluzione anche per queste due regioni. In Abruzzo dovrebbe arrivare come commissario Massimo Brutti, che è stato uno dei responsabili del settore Giustizia dei Ds e che con i magistrati ha buoni rapporti. In Sardegna, invece, potrebbe sbarcare Michele Meta, oppure il portavoce del Pd Andrea Orlando, entrambi veltroniani di ferro. Dunque Veltroni, che ieri era ancora più pallido del solito, tenta di ribaltare la situazione, sebbene sappia che sarà un'impresa difficile. Anche perché si è andato convincendo che vi sono degli attacchi «strumentali e delegittimanti nei confronti del Pd» a cui i media «stanno dando grande risonanza ». Ciò detto, il segretario del Partito democratico si rende perfettamente conto che la percezione dei cittadini è quella di trovarsi di fronte a una politica «brutta» e «opaca». Ed è innegabile che esista quella che al Pd preferiscono il più delle volte chiamare «questione democratica» e non morale. Si tratta di una questione che deve essere risolta dalla «nuova politica », altrimenti non ci si può poi lamentare dell'invasione dei magistrati in «sfere che non sono di loro competenza». Già, i magistrati: Veltroni e gli altri alti dirigenti del Partito democratico non osano attaccarli, ma ieri, nel Transatlantico di Montecitorio, erano molti i parlamentari, divisi in diversi capannelli, che si domandavano il perché di questa offensiva giudiziaria nei confronti del Pd. Il tutto mentre i deputati delle regioni che stanno per finire nuovamente nel mirino della magistratura si riunivano tra di loro per cercare di fare il punto della situazione: su un divanetto il segretario del Pd calabrese, il ministro ombra Marco Minniti, parlava fitto fitto con la vedova Fortugno; davanti all'Aula, invece, il segretario provinciale di Napoli, Luigi Nicolais, prendeva sottobraccio i parlamentari campani. Clima plumbeo, a Montecitorio. In Transatlantico il pd Francesco Tempestini, ex socialista, faceva il paragone tra la Tangentopoli del '92 e quella attuale: «Noi del Psi eravamo per il cambiamento del sistema, con metodi leciti e illeciti, e venimmo colpiti. Adesso la situazione è diversa, questo Pd è per la conservazione, eppure i giudici gli stanno dando addosso lo stesso. Forse perché vedono che è un partito che non difende i propri uomini, e la vicenda di Del Turco è un esempio, forse anche perché non c'è più un uomo forte come Luciano Violante che tratta con i magistrati. L'intervista al Corriere della Sera di Gustavo Zagrebelsky era significativa, da questo punto di vista: era il segnale che quel settore dei giudici che era in sintonia con i Ds ha mollato il Pd».

Su un divano Maria Paola Merloni si porta più avanti nei ragionamenti. E spiega a un compagno di partito: «Secondo me dietro tutte queste inchieste giudiziarie che riguardano il Pd c'è Antonio Di Pietro, che peraltro è l'unico che ci guadagna. Forse la magistratura ha scelto il suo partito come il nuovo referente». L'interlocutore della Merloni è il ministro ombra Andrea Martella. Ha l'aria di non essersi ancora convinto di come stiano veramente le cose: «Devo rifletterci, ma l'altra sera, quando ho visto Di Pietro a Porta a Porta, ho avuto l'impressione che il leader dell'Italia dei Valori stia pensando di candidarsi alla premiership del centrosinistra alle prossime elezioni». E a proposito di future leadership, ecco che a sera arriva alla Camera dei deputati Renato Soru, presidente dimissionario della Giunta regionale sarda, che si apparta con il capogruppo Antonello Soro. Si è fatto il suo nome come possibile futuro leader del Pd. Soru, però, sembra avere altri problemi: quelli della sua Regione e della sua ricandidatura. Ma l'arrivo del "governatore" della Sardegna dà la stura a nuovi boatos che rimbalzano da un lato all'altro del Transatlantico. Sì, perché nell'impazzimento di voci che scuote il Pd c'è anche un'indiscrezione che vorrebbe Veltroni sempre più a rischio. Ma il coordinatore dell'esecutivo Goffredo Bettini su questo punto è fermo: «Walter ha avuto un'investitura fortissima. La sua leadership, per le forme stesse in cui è stato eletto, cioè le primarie, incarna il Partito democratico». Punto e basta. Del resto, anche nell'ultimo sondaggio che dà in ulteriore calo il Pd, la popolarità di Veltroni invece continua a salire ed è 9,7 punti in percentuale sopra il suo stesso partito.

Maria Teresa Meli
17 dicembre 2008
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Re: Questo non è il mio PD .. se lo dice Veltroni!

Messaggioda Gab il 17/12/2008, 16:43

Se lo facesse veramente , tutte le batoste prese non saranno state prese invano!
Gab

... Ma se davanti alla decisiva Direzione del 19 dicembre, Veltroni terrà fermo il suo progetto, l’idea è quella di proporre una procedura realmente innovativa (e destabilizzante per i tanti establishment diffusi): a livello locale, tante elezioni primarie quanti sono i comuni nei quali si voterà ai primi di giugno; a Roma, nuove cooptazioni di giovani dirigenti nello staff nazionale del partito, e soprattutto, una raffica di commissariamenti in tutta Italia. Potenzialmente una scossa tellurica se si pensa che le prime, vere primarie - quelle che si sono svolte in Emilia Romagna - hanno consentito uno scontro autentico (a Bologna), mentre a Forlì un professore universitario è riuscito a battere la blindatissima candidata del Partito, la sindaca uscente. ...


da lastampa.it
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Re: Questo non è il mio PD .. se lo dice Veltroni!

Messaggioda guidoparietti il 18/12/2008, 11:02

Ecco, invece con sconforto leggo oggi su repubblica:
Ma andranno registrate alcune delle questioni emerse ieri. Piero Fassino (e con lui Pierluigi Bersani) ha contestato l'idea dei vecchi partiti che risucchiano il nuovo Pd: "Non scarichiamo le colpe di oggi sulle esperienze precedenti". Acceso il confronto anche sulle primarie. Ormai una larga parte del partito è favorevole a una frenata della consultazione diretta, Veltroni compreso.

Mentre gli scandali potrebbero fornire l'occasione per un vero rinnovamento, ecco che si frena sui vecchi partiti e si frena sulle primarie. Cioè si DIFENDONO le fonti della corruzione (oligarchie auto-referenti e dintorni) e si ATTACCANO gli unici anticorpi possibili, le primarie. Su questo si dovrebbe sì protestare.
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Re: Questo non è il mio PD .. se lo dice Veltroni!

Messaggioda gabry il 18/12/2008, 13:01

Come al solito le persone che chiedono le stesse cose ve ne sono .
Il problema e' far si che possano avere una qualche influenza nelle decisioni.

gabry

Roma, 11:23
PD: BARBI, NODI SI AFFRONTINO IN ASSEMBLEA COSTITUENTE

"Leggo che Bettini paragona il Pd al Risorgimento. Parafrasando Massimo d'Azeglio, Bettini ci dice che 'noi abbiamo fatto il Pd ma dobbiamo ancora fare i democratici'. Sono sbalordito dalla cultura politica elitaria e paternalistica di questa affermazione. Erano forse comparse i 3,5 milioni di democratici che parteciparono allle primarie del 14 ottobre? A Bettini vorrei dire che al Pd serve piu' democrazia e non pieni poteri al leader. Anzi, i responsabili delle straordinarie sconfitte di questo anno dovrebbero dimettersi seguendo l'esempio apprezzabile che Bettini sembra disposto a dare. Ma e' l'esautorazione dell'Assemblea costituente e la conduzione oligarchica e verticistica del partito che stanno trascinando a fondo il Pd e lo rendono inadatto ad affrontare la piu' grande questione democratica che riguarda, come Bettini riconosce, l'Italia di Berlusconi e del berlusconismo. Se la direzione nominata dai capicorrente, che si riunisce domani, vuole dare un segnale di novita' convochi l'Assemblea costituente e consenta che si affrontino li' i nodi politici che paralizzano il partito e non ancora una volta nel bunker del Nazareno". Lo afferma Mario Barbi del Pd.
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Re: Questo non è il mio PD .. se lo dice Veltroni!

Messaggioda Gab il 18/12/2008, 13:58

Ben oltre Veltroni

da lastampa.it
di EMANUELE MACALUSO

Bufera sul Pd». È il titolo che in questi ultimi giorni tutti i giornali hanno usato per segnalare fatti che sono catalogati come la questione morale che coinvolge pesantemente il partito di Veltroni. Su queste stesse colonne ho avuto occasione di dire che nel Pd è aperta in forma ormai lacerante una questione politica che mette in discussione l’esistenza stessa di questo partito.

Molti osservatori hanno richiamato le vicende che travolsero il Psi e il suo leader Craxi nella stagione di tangentopoli, per sottolineare il carattere morale della crisi di una forza politica investita da inchieste giudiziarie. Ma proprio l’esperienza del Psi mi fa insistere sul nodo politico non sciolto.

Il Psi nel 1976, quando Craxi in una seduta drammatica del comitato centrale fu eletto segretario, aveva toccato la percentuale di voti più bassa della sua storia nelle elezioni regionali del 1975 e in quelle politiche del 1976: meno del 10 per cento. In quegli anni la sfida e la rimonta del Psi furono giocate tutte sul terreno politico: la presa di distanza dai governi Andreotti fondati essenzialmente sull’asse Dc-Pci, come anticipo di una strategia volta a rompere quell’asse.

Presa di distanza che fu marcata anche nel momento del rapimento e dell’uccisione di Moro. La sfida poi si qualificò anche nel terreno delle riforme che investivano il sistema, sul giudizio della società degli Anni Ottanta e sui compiti della politica per assecondare o contrastare i processi sociali che in quegli anni si verificavano. Non è questa la sede per un esame completo di quella fase (i cui giudizi furono e sono ancora diversi), che portò Craxi alla presidenza del Consiglio con un governo di alto profilo (c’erano Scalfaro, Martinazzoli, Ruberti, Visentini, Spadolini, Andreotti ecc.). Ma una cosa è certa: fu una fase di elaborazioni e lotte politiche che coinvolsero tutta la sinistra nel suo complesso (il contrasto Pci-Psi), la Dc, i sindacati, le forze economiche. La «questione morale», anche allora, esplose nel momento in cui si pose una questione politica enorme, elusa soprattutto dai partiti di governo, Dc e Psi. C’è il 1989 e il crollo del Muro di Berlino, si accentua la crisi in Urss e la sua implosione si conclude nel 1991.

Cambia il mondo. Ma il sistema politico italiano, che dalla Guerra fredda era stato condizionato, invece non cambia. Anzi non cambia nulla. Occhetto nell’89 fa la svolta della Bolognina, cambia nome al Pci, ma lo lascia nel limbo. Craxi segretario del Psi, che vinceva il grande duello col Pci, anziché sfidare il Pci-Pds sul terreno dell’unità della sinistra nel socialismo democratico, cerca con tutti i mezzi di tornare a Palazzo Chigi con la Dc di Andreotti e Forlani. I quali pensano a chi dei due potrebbe andare al Quirinale, come se nulla fosse cambiato. Voglio dire che il Psi di Craxi, chiusa l’esperienza governativa, non fa più politica e tutto - come nella Dc - si svolge nella gestione del potere locale e centrale, nei grandi e piccoli enti pubblici. E il finanziamento illegale ai partiti si intreccia con la corruzione personale. Rino Formica in quegli anni disse che si vedono «conventi poveri e monaci ricchi». Questo lungo richiamo mi serve per dire che, diversamente da come nacque il Psi di Craxi, il Pd nasce senz’anima, senza lotta e passioni politiche con una fusione fredda tra Ds e Margherita che si traduce in un’ammucchiata di personale politico prevalentemente aggrappato ai poteri locali e impegnato nella riproduzione di se stesso, come il Psi nella seconda fase. Il sindaco di Pescara, ora agli arresti, con una deformazione istituzionale, era anche segretario regionale del Pd. E non è il solo caso.

Questo quadro si colloca dentro un contesto in cui si constata che il Pd non è in grado di decidere nulla. Faccio solo pochi ma significativi esempi: Europa e Pse, bioetica, giustizia, alleanza con Di Pietro, riforma del welfare secondo la proposta di Ichino e Morando ecc. Si capisce che su questi temi, che definiscono l’identità di un partito, non c’è lotta politica, voto con maggioranze e minoranze, vita democratica chiamando gli iscritti a votare e decidere. I discorsi del Lingotto, richiamati da Veltroni e i suoi amici come l’avemaria, sono acqua sul marmo. E quando leggo (vedi Il Riformista di ieri) che Veltroni deve dimettersi subito, mi chiedo: e dopo? Chi si propone con una linea politica e un modo di essere diversi? È questo il primo nodo da sciogliere. Altrimenti ci sarà solo una lenta o rapida implosione. Venerdì si riunisce una pletorica direzione del Pd. Sarà in grado di aprire un vero dibattito? Ne dubito.
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