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Il PD è scoppiato?

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Il PD è scoppiato?

Messaggioda pianogrande il 22/08/2015, 19:44

Più che di un PD mai nato, parlerei di una "rottamazione" che non ha funzionato visto che chi è stato rimosso dai posti di potere è in condizione di sabot-are il meccanismo.

Approfitto per ribadire la mia proposta di una rottamazione vera e non per finta.

Chi ha raggiunto i massimi livelli, e cioè segretario o presidente del partito o capo del governo, alla fine di quell'incarico esce dal partito.

Mi sembra semplicissimo per evitare quei rigurgiti di nostalgia di quando si contava qualcosa mentre adesso c'è lì quel tale che non capisce una beata e invece lo trattano come se fosse un genio mentre da me pretendevano i miracoli e potrei continuare per venti pagine.

Renzi, naturalmente, sarebbe da rottamare al quadrato una volta che abbia lasciato entrambi gli incarichi.

Cosa vogliamo?
Un partito degli ex che soffochi ogni nuova iniziativa?
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Re: Il PD è scoppiato?

Messaggioda mariok il 17/10/2016, 14:44

Il Pd dopo la tempesta di dicembre. Un'occasione che non tornerà
Pubblicato: 17/10/2016 13:00 CEST Aggiornato: 1 ora fa FABRIZIO BARCA

Mentre nel Partito Democratico i Comitati del Si e del No si moltiplicano e si armano per una battaglia che riguarda anche - quando non soprattutto - il controllo del partito, e mentre in cielo volano i fuochi d'artificio della "Finanziaria dell'anno referendario", un documento ufficiale diramato da Roma gira in silenzio nelle fila del PD. Si tratta delle conclusioni della Commissione "Forma-partito" costituita 24 mesi or sono per "rimettere in connessione la forma partito con la vita concreta e quotidiana dei cittadini", come recita il documento, per adattare l'organizzazione del PD alla "nuova domanda che i cittadini rivolgono alla politica", alla profonda distanza che essi sentono dai partiti. Il documento viene sottoposto alla "discussione dei Circoli e degli organismi dirigenti territoriali", per ricavarne reazioni e idee che "si trasformeranno in proposte di modifiche statutarie" da portare alle decisioni dell'Assemblea nazionale.

Si potrebbe dire che è tardi. Che l'inadeguatezza di quello che è pur sempre l'unico "partito" italiano e della sua organizzazione è evidente da molti anni. Che da tempo sono sul tavolo proposte di rinnovamento - una l'abbiamo testata noi di Luoghi Ideali, iscritti del PD e non, in un anno di sperimentazioni e poi l'abbiamo avanzata ai vertici del partito nel giugno 2005 (http://www.luoghideali.it/tre-proposte- ... zio-barca/). Che il documento era sostanzialmente pronto dalla primavera - il ritardo del suo rilascio mi ha indotto a inizio luglio a dimettermi dalla Commissione. Che è scritto con un linguaggio timido, timidissimo, in alcuni casi solo allusivo, inadeguato di fronte alla durezza del confronto in atto. Che potrà essere facilmente fagocitato dalla logica dominante dei Comitati. Che il Segretario del PD non risulta averne fatto menzione e che il silenzio attorno al documento è finora assordante. Si potrebbe dire tutto questo. E infatti lo sto scrivendo. Ma sarebbe sbagliato fermarsi qui. Non solo perché sarebbe ingeneroso verso il vice-Segretario Lorenzo Guerini e il Presidente Matteo Orfini, che alla fine hanno sentito la responsabilità politica di dare voce al lavoro che avevano diretto. Ma perché sarebbe politicamente sciocco.

Pure con una cautela che riflette peraltro la straordinaria incomunicabilità maturata in questi anni all'interno del gruppo dirigente del PD, e forse la lontananza da questi temi da parte del Segretario del partito, nel documento vengono infatti messe sul tavolo considerazioni e ipotesi concrete di rinnovamento che, se raccolte, possono introdurre nel PD germi positivi. Esse colgono il sentire di moltissimi iscritti, manifestatosi anche in questi tempi difficili, e di cui le sperimentazioni che ho seguito da vicino sono solo una delle manifestazioni.

Richiamo sei di queste ipotesi di rinnovamento (sollevando solo in minima parte il manto di timidezza che le avvolge e virgolettando le citazioni letterali):
1. Elezione dei Segretari regionali (e relativi Organi dirigenti) da parte dei soli iscritti, stante il loro ruolo esclusivo di direzione del partito, un requisito essenziale per ogni organizzazione.

2. Fare precedere le primarie per la selezione dei candidati alla guida di Comuni e Regioni da una "elaborazione e condivisione da parte dei candidati stessi di un'agenda essenziale di riferimento". Passo indispensabile, aggiungo, per evitare che le derive personalistiche prevalgano sulla visione collettiva elaborata dal partito territoriale sul futuro possibile di quel Comune o di quella Regione.

3. Sia per l'Assemblea nazionale, sia per la Direzione nazionale, oggi composte rispettivamente da oltre 1000 e oltre 120 membri, "si impone una riflessione ... a partire dal numero dei componenti previsto dall'attuale Statuto" che determina "difficoltà nello svolgere con ... pienezza il proprio ruolo". Parole assai caute ma non equivocabili, per segnalare l'assoluta anomalia - a mio parere soprattutto per la Direzione - di un organo di indirizzo che per la sua dimensione non può in alcun modo essere luogo di confronto acceso non fra posizioni incrollabili (di maggioranza e minoranza), magari declamate pubblicamente ai propri partigiani, ma fra posizioni che cercano il convincimento reciproco, la verifica, la possibile trasformazione in nuove soluzioni.

4. Certificazione dell'Albo degli elettori, per promuoverne la partecipazione non solo al momento del voto.

5. Rinnovamento dei Circoli (anche per evitare che siano "utilizzati da alcuni come via per promuovere il proprio interesse particolare anche a discapito di quello generale") che devono diventare "palestra di formazione politica per creare nuova classe dirigente" e per "sperimentare nuove forme organizzative che interagiscano con l'arcipelago delle militanze". A tale scopo nei Circoli si dovrà "promuovere e sostenere progettualità ... rivolte a raggiungere obiettivi chiari, misurabili e rilevanti per la qualità di vita dei cittadini" e promuovere "filiere di progettazione che coinvolgano gli elettori appartenenti all'Albo e tutti i cittadini interessati" per dare "un contributo concreto all'azione di governo del territorio ... e mettere alla prova nuove leve dentro il partito".

6. "La scelta dei confini di responsabilità di un circolo "non deve essere rigida - vincolata dall'obbligo statutario attuale di costituire un Circolo ogni 50mila abitanti - ma deve dipendere dalle caratteristiche del territorio. (Per questo concetto si veda ad esempio l'esercizio valutativo condotto da Luoghi Ideali su Roma - e recentemente replicato per Perugia -)

Si tratta di sei ipotesi di rinnovamento tutt'altro che di maniera. E che, se fossero attuate davvero - non una "riflessione" sulla dimensione della Direzione ma la drastica riduzione della sua dimensione, non solo la promozione di "filiere progettuali" nei circoli ma anche il loro finanziamento e il loro presidio tecnico da parte di una struttura nazionale di riferimento, ecc. - richiederebbero e comporterebbero una profonda trasformazione del modo di funzionamento del PD. Agli antipodi di quello che si manifesta in questi giorni nel "PD dei Comitati".

Per uccidere queste ipotesi ci vuole poco. Basta che esse restino in silenzio. Che siano soverchiate dalle grida di queste ore. Il modo in cui sono state diffuse, il linguaggio usato, la timidezza non aiutano. E tuttavia per decine e decine di migliaia di iscritti che rivendicano un modo diverso di "fare partito", questo documento offre un'opportunità significativa, che non tornerà. Se essi ci sono. Se ci credono davvero. Se preferiscono questo al partito dei Comitati. Si facciano sentire in questa consultazione chiedendo la traduzione di queste sei ipotesi in soluzioni operative e adeguatamente finanziate. Lo facciano circolo dopo circolo. Entro la fine di novembre. Con voce resa robusta dall'urgenza del momento. Senza schierarsi secondo le attuali correnti, né cercarne di nuove. Con votazioni formali. E mettendo alla prova su questa scelta i propri gruppi dirigenti territoriali, ossia condizionando a ciò il loro appoggio futuro. Se ciò avverrà in una misura significativa, il PD avrà un punto fermo da cui ripartire dopo la tempesta di dicembre.

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Re: Il PD è scoppiato?

Messaggioda flaviomob il 21/10/2016, 14:55

Quello che mi domando è come sia possibile avere un PD che riesce a governare egregiamente rilevanti realtà metropolitane come Milano e molti comuni lombardi (Monza ad esempio, il cui sindaco PD è segretario ANCI Lombardia), emiliani o toscani, in cui si lavora e si è lavorato per politiche di sintesi tra le istanze moderate, riformiste e radicali, mentre in altri territori lo stesso partito si caratterizza per gravi infiltrazioni criminali (Roma, Napoli e la Campania) o per divisioni e spaccature interne cavalcate dai "rottamatori" renziani (soprattutto, è evidente, a livello nazionale).
Anche la dicotomia sulla questione morale è drammatica: pare che a Roma e in Campania la corruzione, indipendentemente dal segno politico, avvolge sia l'area storica del fu PDL che ampi e profondi strati del Partito Democratico, mentre Renzi ha fallito (carta canta) nella lotta al malaffare, dove siamo ultimi in Europa e tra i paesi occidentali, ma anche dietro a molti paesi in via di sviluppo.

Con un dato di corruzione e di (conseguente) debito (e interessi) tanto macroscopico, l'Italia è tecnicamente in (sull'orlo del) fallimento. Dobbiamo prendere atto che esistono due Italie e pensare a una "Brexit" regionale per ipotizzare di salvare il salvabile?


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Re: Il PD è scoppiato?

Messaggioda pianogrande il 21/10/2016, 15:51

Si potrebbe dire che dove la corruzione è il partito più forte le elezioni sono una burla perché a comandare rimane comunque quel partito a cui gli eletti non possono che assoggettarsi o soccombere.

Il caso di Roma e di Marino è un caso di scuola sotto questo aspetto perché l'assoggettamento alla locale corruzione è stato manifestato dal PD in modo davvero plateale (è andato per commissariare ed è stato commissariato).

Non so se esistono due Italie o quante ne esistano ma sicurissimamente esistono molte manifestazioni; molte forme; di potere di cui la politica è solo un aspetto.

Tra l'altro, la politica fa di tutto e di più per auto indebolirsi e contare sempre meno.

Questo è l'errore (e già eccedo in fiducia) fondamentale che dà spazio ai poteri mafiosi alternativi.
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Re: Il PD è scoppiato?

Messaggioda flaviomob il 08/11/2016, 1:54

ilmanifesto:

Un capo in cerca di acclamazione
Michele Prospero
EDIZIONE DEL
08.11.2016


Si possono anche ridurre i cori della Leopolda a un eccesso di spirito fazioso. O leggere i toni di Matteo Renzi come un’esagerazione espressiva di un leader che gioca a indossare la maschera del bullo. Così però si evita il cuore della questione, che non riguarda una vampata di calore del pubblico o un’ambigua psicologia del capo.
Esiste un nesso tra l’ideologia originaria del renzismo (la rottamazione) e la recita aggressivo-denigratoria che si ripete con regolarità. Questo collegamento sfugge a Marco Travaglio che, pur essendo uno dei bersagli delle intemperanze (non solo) verbali del premier, tende a salvare il moto primitivo della rottamazione, come pratica ispirata a valori d’innovazione positivi, poi smarriti nella gestione del potere. Non esiste però una bella promessa di rottamazione che poi è andata tradita. Quello che va in scena nei teatri, in parlamento, al Nazareno è precisamente lo spirito inverato della riconduzione del nemico a un ammasso di cose-corpi insignificanti, da annichilire. È insita nell’ideologia della rottamazione la conquista degli spazi di potere in nome dell’energia, della volontà di azzerare ogni residuo di diversità percepito come fattore di disturbo.
Chi agita la rottamazione come simbolo identificante, una volta conquistato lo scettro, rinuncia ad ogni discussione entro gruppi dirigenti plurali. Brucia ogni argomentazione, verifica, analisi. Teme la logica, perché il vecchio De Mita lo ha strapazzato con il pensiero. Il potere, rivendicato come una manifestazione di energia che abbatte le vecchie resistenze, non ha altro canone di giustificazione che la esibizione di potenza, la simulazione di rapidità nella decisione.
Il fastidio per la differenza (rimozione d’imperio dei parlamentari dissenzienti dalle commissioni), la repulsione per la critica (allontanamento di Belpietro e di Amadori da Libero), l’insofferenza per il servizio pubblico (epurazione di Giannini da Ballarò e di Berlinguer dal Tg3), la volontà di sorveglianza e punizione (diapositive con i titoli dei giornali sgraditi dati in pasto alla disapprovazione dei seguaci) non sono incidenti di percorso. Sono il nerbo della rottamazione. Che è un corpo del capo in cerca di acclamazione.

E la insegue, senza riuscirvi, nelle piazze, che rimangono vuote e anzi ospitano manifestazioni di insubordinazione. Si rifugia perciò nei luoghi sorvegliati, dove i suoi gradi di comando incutono timore e quindi ricevono l’obbedienza che si mostra nella disponibilità dei subalterni a ridere persino delle battute più sciocche. E questo accade nelle surreali direzioni di partito, con schiere di eletti che plaudono perché cercano solo la conservazione del seggio, nelle recite nei teatri o nei convegni degli industriali con questuanti che fingono gradimento perché aspettano incentivi.
Nella storia repubblicana la coincidenza tra la carica di presidente del consiglio e quella di segretario di partito si è riscontrata solo in brevi frangenti. Questa repulsione all’intreccio delle funzioni di leadership aveva una sua giustificazione che esce confermata. Renzi trascina il ruolo pubblico di capo del governo in una rissa che contrasta profondamente con la funzione istituzionale ricoperta.
Nel suo partito personale nessun figura di garanzia interviene per ricondurre il leader entro un universo di regole. La minoranza, che viene cacciata con il furore della milizia personale di chi guida il partito-persona, non trova alcuna protezione negli strumenti garantistici di un non-partito del leader. In occasione del referendum di Segni per il maggioritario, cioè in uno scontro politico non meno decisivo di quello del 4 dicembre, furono molti gli esponenti del Pds a votare in maniera diversa da quella del partito. In un dissenso organizzato Ingrao, Rodotà, Tortorella, Ferrara, Chiarante, Natta si impegnarono attivamente nei comitati per il no. E non ci furono invocazioni di misure sanzionatorie o denigrazioni come esponenti di un fronte di sabotaggio che voleva riprendersi il partito. Con Renzi il referendum diventa un passaggio plebiscitario per edificare un potere personale. Per questo la rottamazione se realizzata emana la sgradevole puzza di regime.


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Re: Il PD è scoppiato?

Messaggioda ranvit il 08/11/2016, 12:25

Un mare di chiacchiere....inutili perchè rivolte all'ombelico (tipico dei "sinistri"...) e non alla soluzione dei problemi del Paese!

Qua il problema è piu' semplice: un gruppo dirigente che da trent'anni si è dimostrato incapace e che ha notevolmente contribuito allo sfascio politico del Partito ed a quello economico del Paese , tenta disperatamente di restare a galla anche a costo di affondare un governo del proprio Partito! Piaccia o no il loro comportamento è abnorme: tutto il diritto di protestare la propria avversione ad alcune decisioni della maggioranza, ma anche il dovere di non contribuire ad affondare il proprio Partito. E che il loro comportamento sia dettato esclusivamente dalla difesa del proprio ruolo e poltrona è evidente se si considera che hanno rifiutato anche l'accordo raggiunto dalla Commissione apposita che ha praticamente accettato tutti i loro desiderata (come ha fatto rilevare anche Cuperlo).
Tra l'altro anche guardando la cosa dal loro punto di vista, si conferma che sono dei perdenti nati! Se il Governo Renzi sarà affondato e si vota.....chi vincerà le elezioni??? :roll:
Forse loro con il misero percento di consenso? :oops:
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Il PD è scoppiato?

Messaggioda flaviomob il 08/11/2016, 22:56

Chi affonda il paese sono i recordmen del debito pubblico, il due BR

Berlusconi

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Degni eredi del Craxi! I numeri parlano chiaro!


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Re: Il PD è scoppiato?

Messaggioda pianogrande il 09/11/2016, 0:43

flaviomob ha scritto:Chi affonda il paese sono i recordmen del debito pubblico, il due BR

Berlusconi

Renzi


Degni eredi del Craxi! I numeri parlano chiaro!


Sul fatto che il debito affondi il paese non ci dovrebbe essere il minimo dubbio.

Il problema è capire quali sono le forze in gioco che portano a questo debito.
Allora la lista diventa un po' più lunga e si prega di contribuire:
- Evasori fiscali e loro complici nella politica e nella pubblica amministrazione
- Corruttori e corrotti
Mammamia! Sento già di essere arrivato in fondo alla mia lista.
Ora ci sarebbe da analizzare un po' più a fondo le singole categorie.
Interessante anche se andiamo fuori tema perché, a questo punto, non si parla più dello scoppio del PD (mi darei pace dopo il primo sconcerto) ma del paese.
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