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La fine di un solista

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

La fine di un solista

Messaggioda Gab il 18/11/2008, 18:25

La linea del «niente nemici a sinistra» è sempre stata la pietra tombale di ogni riformismo.


di Ernesto Galli Della Loggia


Un passo dopo l'altro il Pd sembra rimangiarsi il suo impegno di neppure un anno fa di «andare da solo», di considerarsi potenzialmente maggioritario, e dunque di non avere bisogno di nessuna «unione» con altri. Come conseguenza, un passo dopo l'altro ritorna d'attualità l'unità delle sinistre. Lo indica tutta una serie di fatti: dalla nessuna presa di distanza da parte del Pd nei confronti della linea dura della Cgil di Epifani, all'appoggio senza riserve offerto al movimento contro le riforme volute dal ministro Gelmini, che pure hanno riscosso un favore tutt'altro che limitato al centro destra, alla crescente tentazione dell'antiberlusconismo duro e puro presentato di nuovo come argine necessario contro il «regime», alla gestione della questione della Commissione di vigilanza sulla Rai, infine alla presentazione di una candidatura unitaria (espressa dall'Italia dei Valori, e anche questo è significativo) per le elezioni regionali in Abruzzo.
Di per sé, naturalmente, nessuna di queste scelte è una scelta esplicita per l'unità delle sinistre. Esse lo diventano però dal momento che, complessivamente, allontanano inevitabilmente il Pd da una posizione riformista spostandolo su posizioni agitatorie e radicali tradizionalmente proprie delle forze alla sua sinistra, dai Verdi a Rifondazione. Sono scelte, ad esempio, che fanno incontrare al Partito democratico una piazza che esso ormai conosce e controlla solo in parte, e di cui quindi finisce spesso per essere più la coda che la guida. Sono scelte che di fatto consegnano la bandiera dell'opposizione, e dunque anche quella del Pd, nelle mani di categorie (i piloti), di pezzi di sociale (il magma studentesco), di protagonisti (Di Pietro, i comici!), che in realtà hanno a che fare poco o nulla con un moderno partito riformista. L'unità delle sinistre si sta riformando nelle piazze e negli studi televisivi.

E' chiara qual è la causa immediata di questo lento ma deciso abbandono da parte del Pd delle posizioni «soliste» abbracciate poco prima delle ultime elezioni. E' la debolezza della leadership di Walter Veltroni. Azzoppato dalla dura sconfitta elettorale; insidiato dalle continue, inestinguibili, lotte interne; incapace di comporre in un accettabile grado d'unità le due o tre diverse anime confluite nel Pd, Veltroni non è ancora riuscito a trovare — e a praticare — una linea politica d'opposizione capace di tenere insieme, e di rendere egualmente visibili, il profilo riformista del suo partito da un lato, e dall'altro la chiarezza del quotidiano contrasto rispetto al governo. Così, sentendo il terreno mancargli ogni giorno sotto i piedi, si è «buttato a sinistra », come si dice. Privo del consenso degli elettori ha cercato almeno quello dei manifestanti; persa la battaglia dei votanti, si è messo a sperare nelle lotte dei «movimenti». E ha consentito, anche con la sua voce, che divenissero sempre più forti le voci del no, della contrapposizione di principio, di un'esibita quanto dubbia diversità antropologica.

Ma non c'è solo la debolezza di un leader dietro la svolta in atto che sta irresistibilmente spingendo il Pd verso una riedizione dell'unità delle sinistre. C'è qualcosa di più profondo, ed è la sua evidente difficoltà di condurre una lotta politica su due fronti: proprio quella lotta, cioè, che, specie nell'ambiente italiano, così pervaso di vecchi e sempre nuovi massimalismi, è la linea obbligata di un partito riformista. Ma è un obbligo che il Partito democratico fa una terribile fatica ad assolvere perché per farlo dovrebbe abbandonare (e forse non avere mai neppure conosciuto) quella cultura di antica matrice comunista che esso invece ancora si porta dentro. Cultura che ha la sua premessa decisiva nell'idea che nella storia, alla fine, c'è posto solo per due parti: quella del bene e quella del male, destinate allo scontro finale.

Come evitare, però, se si adotta questa visione l'obbligo di stare tutti i buoni dalla stessa parte, tutte le sinistre insieme a sinistra? Si dirà che però di battaglie su due fronti, e cioè anche contro formazioni alla sua sinistra, il vecchio Pci ne fece tante: per esempio contro i trotzkisti o contro il terrorismo goscista. E' vero, ma non a caso, come ognuno ricorda, ogni volta esso sentì il bisogno, per farlo, di qualificare pubblicamente i propri avversari di sinistra come «fascisti» (lo stesso Craxi e i suoi non sfuggirono all'epiteto): ristabilendo così la dicotomia accennata sopra. In forza della quale, insomma, a sinistra c'è posto solo per una parte, per i buoni: cioè per «noi» e i nostri amici; tutti gli altri non possono che essere finti buoni, lupi travestiti da agnelli, «fascisti» appunto. Solo la cultura del riformismo socialista, rifiutando una visione manichea della storia, ha avuto storicamente la possibilità di combattere vere battaglie su due fronti, contro la destra e contro la sinistra radicale (perlopiù comunista), chiamando quest'ultima con il suo nome e accettando la sfida a sinistra.

Il Pd, invece, è preso in una morsa: se vuole essere riformista si trova di fatto ad avere, anche stando all'opposizione, dei nemici a sinistra che il suo riformismo stesso gli impedisce però di considerare «fascisti»; ma non essendo ideologicamente riformista abbastanza, non riesce ad accettare di essere combattuto e di combattere tali nemici, rinunciando all'idea di farseli in qualche modo alleati. Nasce da qui, alla prima occasione, il ricorrente miraggio dell'unità delle sinistre, altra faccia obbligata del «niente nemici a sinistra»: una linea che è sempre stata la pietra tombale di ogni riformismo. Schiacciato dalla quale Walter Veltroni minaccia di concludere oggi la sua appena iniziata avventura di «solista».

18 novembre 2008

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Re: La fine di un solista

Messaggioda ranvit il 18/11/2008, 19:13

Stavo per aprire io questa discussione, ma già c'è.

Condivido totalmente quanto dice Della Loggia.

Vittorio
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Re: La fine di un solista

Messaggioda lucameni il 18/11/2008, 20:48

Riporto parzialmente quanto scritto in altro forum in relazione ad un editoriale non molto dissimile di Panebianco.
Anche perchè l'editoriale su cosa si basa?
Accordi elettorali conclusi, esistenti, condivisione di programmi o che altro?
Sul fatto che - come di consueto da parte di alcuni editorialisti del corrierone - l'intrasigenza (di fatto esistente a sprazzi: vedi inciuci tipo indulto e spartizione Rai) è interpretata come esercizio di massimalismo di estrema sinistra e perciò prologo ad un prossimo accordo elettorale.
Un'editoriale preventivo, per parafrasare "satira preventiva" di Michele Serra.
Bah.


<Di quanto ho scritto sopra ne abbiamo esempio sul Corriere della Sera di oggi: l'ennesimo (sembrano fatti tutti con lo stampino) editoriale di Angelo Panebianco, ove si mette in relazione il PD con le campagne di stampa contro Gelmini e Brunetta.
A parte che non si entra nel merito di nulla (e a me che bazzico sia l'Università che la P.A. piacerebbe invece se ne parlasse fino in fondo, con concretezza, oltre i facili luoghi comuni) ma si inveisce, come di consueto, contro la mancanza di "riformismo" (appunto) del PD, centrosinistra etc etc: si ha ancora una volta dimostrazione come il vero significato di "riformismo" sia interpretato come mordacchia all'informazione.
Ovvero guardarsi bene dallo scovare le magagne dei nostri moralisti improvvisati, e tanto meno informare sulle grane giudiziare di lorsignori.
Non sarebbe "riformista" a loro dire.
Quello che negli altri paesi si ritiene il compito principe del giornalismo, ovvero fare le pulci ai potenti, dimostrarsi giornalismo d'inchiesta sempre e comunque, da noi viene tacciato di "massimalismo", estremismo etc etc.
In altri termini, per parafrasare il detto potremmo dire "casta non mangia casta", si spaccia riformismo per camomilla e atteggiamento omissivo e appecoronato verso i potenti (magari quelli che sono più graditi all'editorialista di turno, quello col ditino alzato).
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: La fine di un solista

Messaggioda pierodm il 19/11/2008, 2:23

L'articolo di Della Loggia è, come dice giustamente Luca, esemplare di un certo andazzo dialettico di questi anni.
Dico la verità: il fatto stesso che siamo costretti ad avere a che fare con questo genere di "analisi" la dice lunga sul livello della politica italiana, ma anche del giornalismo perfino nei piani "nobili", quali sono quelli del Corriere.

In questa e molte altre reprimende verso il PD sono totalmente assenti i problemi reali che si agitano nella società: si parla di posizioni, scelte e strategie come se fossero dovuti a fatti personali, un puro gioco autoreferenziale della politica.
Intendiamoci, il PD ha fatto molto poco per rendersi inattaccabile, e per dimostrarsi cosciente di quello che è - a tutto campo - il paese reale, spostando sistematicamente il centro della propria strategia sulle alleanze e sulla propria "redenzione" dalle proprie radici di sinistra, dichiarandole espressamente "massimaliste" e in qualche modo anti-storiche.
Ma ciò non autorizza nessuno a commettere lo stesso errore, senza nemeno la (debole) scusante di perseguire calcoli elettoralistici - o almeno, così si presume che sia per un editorialista "indipendente".

C'è un problema che sembra sfuggire a molti, a cominciare dallo stesso Berlusconi, quando si agita attribuendo a chissà quale "sobillazione" faziosa le critiche e la scontentezza di intere categorie sociali.
I piloti sono certamente una corporazione, ma altrettanto certamente la vicenda del loro rapporto con la CAI sembra prefigurare la volontà d'inaugurare una svolta nella politica dei contratti di lavoro.
Gli studenti saranno pure confusi nelle loro forme di protesta, e qualcosa di accettabile nella Gelmini esiste pure, ma in gioco c'è la necessità di una vera riforma di tutto il settore scuola e università, che non si può fare a colpi di forbici e senza una riflessione compiuta.
Di Pietro sarà quello che sarà, e parla come parla, ma i problemi che pone sono reali, sia per ciò che riguarda la democrazia, sia per il resto, la legalità, la commistione con gli affari, i sospetti di corruzione politica da parte di quelcuno, etc
La CGIL sarà antipatica e irriducibile, ma fa il suo mestiere: la disoccupazione e il precariato esistono sul serio, non sono una diceria, e - se pure si hanno valutazioni diverse su questi fenomeni - il fatto che milioni di lavoratori si riconoscano nelle posizioni di Epifani significherà pure qualcosa: o la gggente - oops, la gente, scusa Pagheca - conta solo quando bacia il santino di Berlusconi o lancia maledizioni contro gl'immigrati romeni?

Tutti questi fenomeni, e altri ancora, sono magmatici e per molti aspetti ingovernabili, specialmente dopo aver rinunciato alle posizioni cosiddette "ideologiche" che ne davano un'interpretazione "di classe" e di sistema.
Il PD sta appena cominciando a cercare il modo di conciliare il suo modernismo pragmatico con il ruolo che le viene assegnato da questa destra, ossia di essere a sinistra senza essere di sinistra: io non credo che sia una ricerca destinata al successo, ma questo è un altro discorso.
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Re: La fine di un solista

Messaggioda Paolo65 il 19/11/2008, 9:59

Non so se siamo alla fine del "solismo" Veltroniano. Di sicuro la sua leadership è fortemente incrinata ed il PD naviga in pessime acque.

Di peggio può solo accadere che il PD ritratti la sua politica solista e riannodi con la SR.

I fatti finora fanno emergere chiaramente alcune cose:

1.il PD è nato con delle pessime basi politiche(denunciate a suo tempo da Macaluso)

2.Veltroni non è il leader adatto a traghettare il PD in questa fase

3.l'alleanza con Di Pietro(anche e soprattutto per ciò che sta facendo lo stesso)è risultata fallimentare ed un danno per il PD

4.l'alleanza che poteva dare linfa vitale al PD in positivo è quella con i Radicale,trattati però come degli appestati

5.senza una linea ed un 'identità di partito, ogni alleanza alla lunga sarà più un peso che un vantaggio

Concludo: forse le prossime elezioni saranno il the end per Veltroni,ma pure se non andassero malissimo, i problemi per il PD sarebbero solo rimandati.

Paolo
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Re: La fine di un solista

Messaggioda pagheca il 19/11/2008, 10:53

ma siamo sicuri che Veltroni sia il responsabile di tutto e non piuttosto l'inesistenza di gente seria dietro di lui? Che potere ha di fatto veltroni di scegliere, decidere, senza che qualcuno se ne vada risentito perche' ha perso la sua fetta di potere, o qualche centinaio di elettori rimanga schifato e si rifugi in qualche altro partito?

Non e' una domanda retorica, ma una domanda reale. La volonta' di trovare il classico capro espiatorio mi pare che impedisca un'analisi oggettiva della realta' di quello che e' questa povera italia e anche questa povera sinistra.

saluti
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Re: La fine di un solista

Messaggioda franz il 19/11/2008, 11:06

pagheca ha scritto:ma siamo sicuri che Veltroni sia il responsabile di tutto e non piuttosto l'inesistenza di gente seria dietro di lui? Che potere ha di fatto veltroni di scegliere, decidere, senza che qualcuno se ne vada risentito perche' ha perso la sua fetta di potere, o qualche centinaio di elettori rimanga schifato e si rifugi in qualche altro partito?

Ottima domanda ma la qualità di un leader si misura proprio dallo spessore del team che costuisce a suo sostengo operativo.
L'investitura delle primarie dovrebbe di fatto avergli dato il poter scegliere e decidere e per quanto nel mio piccolo ho potuto verificare, lo ha fatto. Solo che sempre nel mio piccolo (quindi non significativo caso) ho verificato che ha scelto persone sostanzialmente sulla cui competenza non mi esprimo per carità di patria ma sulla cui capacità di ascolto invece mi esprimo: inesistente. In pratica attorno a Veltroni si sono concentrati tanti "yes man" che non vogliono sentire ragioni e che prendono le decisioni senza dar retta a nessuno, se non il capo assoluto. Ripeto, potrebbe essere frutto di una mia particolare distorsione prospettica ma anche altri mi hanno segnalato problemi simili ed alcuni indizi erano presenti anche prima delle primarie e durante. Quindi alla domanda, chiarissima: "siamo sicuri che Veltroni sia il responsabile di tutto" la mia rispota, personalissima, è affermativa. Ovviamente questo potrebbe spiegare tanti malumori.

Ciao,
Franz
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Re: La fine di un solista

Messaggioda ranvit il 19/11/2008, 13:38

Concordo con franz ed aggiungo : Veltroni doveva pretendere delle primarie VERE!

Se eletto avrebbe avuto il potere che non ha.

E comunque, quando un capo perde deve farsi da parte!

Se avesse vinto si sarebbe preso tutte le ragioni della vittoria e si sarebbero cantate le glorie del veltronismo, ma ha perso e allora si prenda tutte le ragioni della sconfita e si cantino legittimamente le debolezze.

Vittorio
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Re: La fine di un solista

Messaggioda matthelm il 19/11/2008, 14:09

In verità, pur concordando con talune vostre osservazioni, oggi ho letto la risposta di Veltroni a Galli della Loggia e rimango della mia opinione: la linea politica di Veltroni è chiara e giusta.
Forse riamane una sua inadeguatezza a portarla avanti.
Di certo nel PD c'è confusione anche nei detrattori di Veltroni che si dividono sui sostenitori di Di Pietro,populista,
demagogo di destra, e nei "si però...".

Aspetto ora le mosse per le elezioni europee e vedremo se la linea Veltroni sarà conseguente.
"L'uomo politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni".
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Re: La fine di un solista

Messaggioda Paolo65 il 19/11/2008, 14:17

C'è un detto popolare che dice: "il pesce puzza dalla testa".

Sono d'accordo che Veltroni non debba essere ritenuto l'unico responsabile,ma al ponte di comando c'è lui....oppure dobbiamo ripartire le colpe in parti uguali comprendendo anche gli usceri di via del Nazzareno, sede del PD?

E le primarie, seppur taroccate, a cosa servono se non a identificare con chiarezza chi è il capo?

C'è qualcuno che negli USA ha dato la colpa alla Rice della globale politica seguita da Bush?

Siamo alle solite, copiamo gli strumenti degli altri ma poi quando ci sono da prendere le legnate, la colpa diventa di tutti o di una non ben definita maggioranza di leader del PD.

Troverete 100 miei post a favore di Veltroni ed altri dove l'ho criticato,ma della situazione nella quale sta cadendo il PD,egli deve essere ritenuto il maggior responsabile.

Lo richiede l'onestà politica della vicenda ed anche una semplificazione per gli elettori, che non devono rincorrere a letture profonde per identificare chi è il responsabile.

D'altronde, al contrario l'eroe sarebbe stato in primo luogo Veltroni, oppure anche lì gli usceri di via Nazzareno dovrebbero ricevere un plauso.

Nel mio tempo libero faccio il coach di basket, e se la squadra gioca male ed ha pessimi risultati, il primo responsabile sono io, non 1 o 3 dei miei giocatori.....ed in politica manco si può contare sugli infortuni.

Paolo
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