Il mio è un intervento fuori tempo, ma francamente al tempo della formazione del PD non ci avevo pensato, e poi non c'era il forum e, nella ML originaria, ero assente giustificato.
Il tema è: abilità politica e senso dell'opportunità, ovvero le qualità di un leader.
Contrariamente a ciò che suggerisce la logica ordinaria, faccio il paragone prima di esporre il fatto.
Immaginiamo che l'editoriale La Repubblica - L'Espresso sia in crisi economica.
E immaginiamo che, proprio nello stesso momento, il vecchio Scalfari sia fuori gioco personalmente, perché malato, e che a lui sia subentrato il figlio, o un amico fraterno, destinato a gestire la crisi.
Immaginiamo che Veltroni - in qualità di sindaco di Roma, o di ministro, o di notabile politico generico - si assuma il ruolo di mediatore o comunque di "parte attiva in causa".
E immaginiamo che si faccia promotore di un ingresso di Paolo o Piersilvio Berlusconi nell'editoriale La Repubblica, con Emilio Fede candidato principe alla direzione del giornale. In perfetta buona fede, sia chiaro.
Cosa penseremmo?
Ecco, un evento assolutamente assimilabile a questo è avvenuto alcuni anni fa - non molti, era il 2004 o 2005.
Veltroni fu l'artefice del famigerato caffè, preso in Campidoglio insieme da Rosella Sensi, subentrata al padre malato alla guida della AS Roma, e da Giraudo e Moggi jr - il primo amministratore delegato della Juventus e il secondo figlio del ben più famoso Luciano.
L'evento si presentava come l'ultimo atto di una manovra di appropriazione e di revanche, da parte di quel "Palazzo" contro il quale il vecchio presidente della Roma aveva combattuto per anni: la famiglia Moggi si esponeva apertamente, ma la cerchia della banda era assai più larga, e in gran parte ancora perfettamente vigente e operante, quanto a questo.
Tutto questo era noto ed evidente, a maggior ragione a chi s'intendeva appena del mondo pallonaro.
Per quanto se ne sa, la manovra fu bloccata da una veemente reazione popolare, dove "popolare" significa della gran parte dell'opinione pubblica cittadina, e ovviamente giallorossa in particolare.
L'angolazione che c'interessa è questa: come può essere venuto in mente a Veltroni di farsi parte attiva in un connubio perverso di questo genere? Quale senso dell'opportunità possiede un leader che si mette in questa situazione?
Naturalmente, non metto nel conto le tante cose che si potrebbero dire sul merito, a prescindere dalla pura "opportunità" - vale a dire il giudizio su certi personaggi, come Moggi senior e junior, e come Giraudo, sui quali ben prima delle intercettazioni di Calciopoli era lecito e doveroso avere grandi cautele e profondissimi "dubbi", anche da parte di un tifoso juventino con la testa sulle spalle e con gli occhi aperti.
Tra l'altro, ricordo bene che una parte assolutamente prevalente della cittadinanza giallorossa era della mia stessa opinione: meglio, mille volte meglio, una Roma fallita o in serie B, che una Roma nelle mani di Moggi e asservita alla Juventus. E questa, anche questa, era una cosa che un leader, un sindaco accorto, avrebbe dovuto sapere bene: in fondo, bastava saper ascoltare, niente di più.
Ognuno, è chiaro, può trarre dall'episodio le conclusioni che vuole. Ma credo che sia arduo trarne di positive, in merito alla sensibilità "politica" (in senso lato) e al senso dell'opportunità dell'attuale segretario del PD.
Una riflessione collaterale merita anche la capacità del calcio di suscitare reazioni "di base", che invece la politica non riesce ad avere.