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La lontananza di D’Alema anche dalla sua corrente

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

La lontananza di D’Alema anche dalla sua corrente

Messaggioda franz il 01/10/2014, 7:40

La lontananza di D’Alema anche dalla sua corrente
Si avverte un senso quasi luttuoso di lontananza siderale e di incommensurabile alterità, di cui l’argomentare sprezzante è soltanto un debole riflesso retorico

L’Arte della guerra suggerisce di non muovere mai battaglia se prima non si è certi della vittoria: è lo schieramento, non lo scontro a decidere il vincitore. Massimo D’Alema, nell’intervento senza dubbio più duro e sferzante della sua lunga carriera politica, ha rispettato a suo modo il consiglio del maestro Sun Tzu: e anziché muovere all’attacco del nemico, ha scelto di irriderlo dall’altura dove ha trovato rifugio.
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Ieri D’Alema non ha fatto politica (e anche questo è un unicum nella sua biografia), ma ha dato sfogo ad un sentimento molto simile al disprezzo, e per questa strada ha dichiarato solennemente un’incompatibilità non tanto e soltanto politica, ma culturale e persino antropologica, con Matteo Renzi e con la sua oratoria tanto efficace quanto «priva di attinenza con la realtà». E anche questo, naturalmente, è un fatto politico.

Fabrizio Rondolino 30 settembre 2014
Alla “democrazia dei maleducati” difesa da Renzi, con le parole di Chesterton, in contrapposizione all’“aristocrazia degli educati male” – cioè i “poteri forti” – D’Alema risponde rivendicando al contrario il peso essenziale degli specialismi.

O, per meglio dire, di un’idea di politica intesa come confronto paziente, persino noioso con il “principio di realtà”, al di fuori e lontano dalla massa vociante del consenso. Che poi questa idea sia precisamente la radice culturale dell’immobilismo delle classi dirigenti italiane è questione che richiederebbe ben altro approfondimento: ma a D’Alema interessa poco, oggi, ripercorrere il passato e i suoi fallimenti, e molto di più invece separare col fuoco la storia che c’è stata da quella che Renzi ha inaugurato.

Al termine di una vera e propria requisitoria contro le numerose «affermazioni prive di fondamento» del segretario-premier (sul taglio del costo del lavoro, sull’articolo 18 e in generale sulle scelte e gli annunci dell’esecutivo), D’Alema ha pronunciato una sentenza definitiva: «Questo è un impianto di governo destinato a produrre scarsissimi effetti, e così comincia ad essere percepito dalla parte più raffinata dell’opinione pubblica». Cioè, per l’appunto, da quell’aristocrazia “educata male” che è invece per Renzi l’unico vero avversario da battere per «far ripartire l’Italia».

Ma è soprattutto il tono di D’Alema – qua e là persino emozionato, come se la voce ogni tanto si spezzasse e avesse dispiacere a procedere oltre – a colpire come un pugno allo stomaco. Siamo ben oltre la famosa (e a dire il vero piuttosto simpatica) presuntuosa arroganza che ne ha segnato la gloria e le cadute, l’autostima e l’autolesionismo.

C’è piuttosto, nel D’Alema di ieri, un senso quasi luttuoso di lontananza siderale e di incommensurabile alterità, di cui l’argomentare sprezzante è soltanto un debole riflesso retorico.

Da una parte c’è l’«oratoria ammirevole del segretario, che non si rivolge a noi ma ad un pubblico molto più vasto fuori di qui», e dall’altra c’è la “prosa” di D’Alema, l’ancoraggio (presunto, ostentato) ai “fatti”: «Non è obbligatorio saperli – dice a Renzi – ma sarebbe fortemente auspicabile studiarli». Perché «caro Matteo – conclude – tu devi anche pensare a quelli che le cose le sanno». Il che, in italiano corrente, significa che il nostro presidente del consiglio è un cialtrone.

Difficile immaginare come possa ricomporsi una frattura di questo tipo. È come se D’Alema avesse scelto di abdicare volontariamente alla guida – quantomeno onoraria, se non effettiva – dell’opposizione interna, cui evidentemente non pronostica un grande futuro, per ritirarsi in un altrove tanto più radicale quanto più politicamente sterile. Più che al rancore dell’Occhetto sconfitto, l’intervento di D’Alema somiglia alla lontananza in cui piano piano si rifugiò Ingrao dopo lo scioglimento del Pci.

http://www.europaquotidiano.it/2014/09/ ... -corrente/
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Re: La lontananza di D’Alema anche dalla sua corrente

Messaggioda pianogrande il 01/10/2014, 10:02

Consiglierei a D'Alema di ripetere mille volte il discorso davanti a uno specchio.
Ogni volta troverebbe qualche frase più forbita e qualche arricciare di labbra più sornione.
Un paio di lenti a contatto renderebbero lo sguardo più sfavillante etc. etc.

Naturalmente dovrebbe farsi riprendere da varie angolature e quindi mettersi davanti ad uno schermo a guardare e riguardare.

Molto meglio della più classica panchina.
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Re: La lontananza di D’Alema anche dalla sua corrente

Messaggioda Robyn il 03/10/2014, 14:34

Non ho mai capito tutta questa ostilità contro D'Alema penso che sia una cosa più dovuta alla conquista del potere all'interno del csx o meglio le cose che avrebbe potuto fare D'Alema le vogliono fare altri ma sono con qualche differenza più o meno le stesse,ma copiare è difficile è difficile riprodurre l'originale.D'Alema è intelligente e questo dà fastidio in Italia infatti sappiamo che fine ha fatto il merito.D'Alema ha ddetto chiaramente a M Renzi di non rivolgersi ai populismi perche con i populismi si conquista il consenso ma poi non si governa o meglio si governa male o per la gloria personale non per il bene comune.In merito agli specialismi al confronto con le parti con le associazioni di categoria che possono rappresentare interessi leggittimi non ha detto certo di cedere agli interessi illegittimi ai veti all'immobilismo perchè se è giusto il dialogo è necessario essere forti al punto tale da non lasciarsi influenzare dai veti proprio per portare a compimento il bene comune,non lasciarsi influenzare ne dai populismi ne dai veti delle associazioni di categoria e per quando riguarda il sindacato spingerli a rinnovarsi senza usare la demonizzazione.Ma che paese può essere quello che ha ascoltato chi diceva che la flessibilità deve costare meno dell'indeterminato?Il populismo è una cosa pericolosa e isidiosa per la democrazia e la libertà prima o poi le sue conseguenze negative si manifestano
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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Re: La lontananza di D’Alema anche dalla sua corrente

Messaggioda pianogrande il 03/10/2014, 15:00

Ma quale populismo!
D'Alema ha fatto il suo tempo e lo ha anche fatto male.
Solo come esempio e anche se non è stato l'unico, ha resuscitato Berlusconi ai tempi della bicamerale che non gli perdonerò mai nemmeno se cammina sull'acqua o cambia l'acqua in vino.
Non ha nessun titolo per riproporsi.
Basta con chi l'occasione l'ha avuta e si ritrova intelligente e propositivo e geniale solo quando l'occasione la stiamo dando a un altro.
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Re: La lontananza di D’Alema anche dalla sua corrente

Messaggioda ranvit il 03/10/2014, 18:21

Andrebbe aggiunto che ha fatto il premier ....ma non se ne ricorda traccia :lol:
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: La lontananza di D’Alema anche dalla sua corrente

Messaggioda flaviomob il 04/10/2014, 0:38

Intanto con D'Alema (cui non ricordo abbiano mai lanciato uova marce) il debito pubblico scendeva, con Renzi è fuori controllo. Poi ci sono i record di disoccupazione, il PIL che continua a scendere... Credo che il margine di tempo giusto per giudicare Renzi sia un anno, dopodiché se i risultati continuano ad essere zero, un bel calcio in culo...


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(Stephen Hawking)
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Re: La lontananza di D’Alema anche dalla sua corrente

Messaggioda ranvit il 04/10/2014, 7:39

dopodiché se i risultati continuano ad essere zero, un bel calcio in culo...


Sono d'accordo ma a tutt'oogi non mi pare che accadrà ;)
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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