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Verso il congresso

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Verso il congresso

Messaggioda flaviomob il 21/09/2013, 13:16

Il PD verso il congresso
su [in]rete
Autore: Michele Di Salvo
Data:2013-09-21

Il lungo processo che sta portando al congresso del Partito Democratico ha consentito il nascere di più candidature, e soprattutto che ciascuna di esse strutturasse una propria linea di comunicazione. Commette tuttavia un errore chi dovesse ritenere che più candidati e varie declinazioni programmatiche siano in sé sintomo di una frammentazione interna. Nei partiti di massa, comunque li si voglia intendere ed all’interno di ciascuna specifica storia e declinazione, il dibattito interno è sempre una buona notizia, sintomatica di confronto, di possibilità almeno teorica di arrivare a vertici, nel rifiuto di un’idea leaderistica o padronale, e tanto il dibattito sulle regole, quanto la chance di avanzare proposte e candidature sono indice di vitalità e di democrazia. Non è un caso che nelle democrazie mature, tanto quelle europee quanto quelle anglosassoni, il processo delle primarie riguarda sia i partiti progressisti che quelli conservatori, e di certo non viene visto in modo negativo (basti pensare che negli Stati Uniti verso il primo mandato di Obama i candidati democratici iniziali erano ben 14 e quelli repubblicani 17, e per il secondo mandato di Obama i repubblicani sono partiti nella fase iniziale con ben 23 candidature).
Nel Pd attualmente restano in piedi le candidature di Matteo Renzi, di Gianni Cuperlo, di Pippo Civati, di Gianni Pittella. La loro differenza programmatica tuttavia non si riflette solo sui contenuti ma anche e soprattutto sulle scelte comunicative, che non sono solo forma della comunicazione, ma sempre più sostanza del messaggio, in quanto denotano non solo a quale pubblico-elettorato ciascuno si rivolge, ma anche come il singolo candidato intende aggregare i suoi elettori e supporter e con quali parole d’ordine e sintassi costruire i messaggi, che di fatto ne diventano programma e piattaforma politica.
Prima di cercare di esaminare le varie scelte con i rispettivi punti di forza e di debolezza, vanno ricordate alcune regole di fondo: parliamo delle primarie interne di un partito, e i candidati non dovrebbero dimenticare che qualsiasi cosa verrà detta in queste primarie interne – chiunque vinca – diventerà elemento anche di scontro e propaganda nelle scadenze elettorali vere, nel confronto con gli altri partiti, in un anno che sono finisce a dicembre, ma che sarà ricco di appuntamenti come le elezioni europee, la tornata amministrativa, sempre che non si vada al voto politico anticipato.
Nondimeno, le macchine organizzative messe in piedi per questo congresso, saranno anche valido strumento, possibilmente a disposizione di tutto il partito, proprio per quegli appuntamenti elettorali, e quindi nessun investimento in comunicazione “ha una scadenza” congressuale.

Matteo Renzi
È certamente il candidato più accreditato, con ampio margine. È partito con largo anticipo e per un anno non ha mai dismesso la macchina elettorale delle primarie precedenti, il che gli offre un grande vantaggio rispetto a chiunque altro. ha già una sua organizzazione di supporter e attivisti, online e sul territorio, e moltissimi siti, profili social e gruppi di supporto. Il vantaggio finisce qui. Se il suo messaggio era forte per la “novità” intrinseca un anno fa, lo è meno oggi. Se la sua capacità di aggregazione era fondata, anche e soprattutto, sul rinnovamento e sul dare spazi a giovani emergenti nei territori, essendo oggi il favorito gran parte della struttura di partito lo sostiene. Questo non solo modifica di parecchio la sostanza della sua proposta, ma rischia un effetto per cui tanti suoi sostenitori dopo il voto non avranno lo spazio auspicato, a vantaggio dell’ultimo arrivato che però “porta voti”. La comunicazione del candidato: probabilmente la migliore in campo democratico, almeno per il suo appeal elettorale, resta tuttavia troppo di slogan per un popolo democratico abituato a contenuti più sofisticati. Ciò che va bene per vincere le elezioni non è detto che vada bene anche nelle primarie. Altro punto debole è che in sostanza è percepito come l’uomo da battere, e quindi anche l’unico che davvero può perdere, anche solo in maniera percentuale. Tecnicamente quindi è anche l’unico che può sbagliare, ed anche l’unico davvero da attaccare, e su questo fronte certamente ha qualcosa da migliorare.

Pippo Civati
È stato il motore della Leopolda, salvo poi farsi “scippare” il tema da Renzi. La sua comunicazione web è quella strutturata meglio: con un sito “centrale” funzionale che raccoglie e organizza la rete di supporter sparsi sul territorio, ed offre un contenitore unico da cui rilanciare e condividere un messaggio che appare quello più univoco e meno fraintendibile. È certamente il migliore utilizzatore di Twitter, il che velocizza la ridondanza di ogni articolo e intervista. La sua capacità aggregante è data proprio dal fatto che è libero da qualsivoglia apparato vero o presunto di partito, il che intermini organizzati e finanziari è in sé anche il suo limite, bilanciato almeno in parte da una generosa partecipazione degli attivisti, che vedono in questa candidatura l’occasione per una campagna libera e vera, e la possibilità di emergere senza timori che i frutti del proprio lavoro verranno raccolti da altri. A differenza degli altri candidati, Civati ha avuto ruoli istituzionali per aver preso preferenze proprie, senza listini blindati o candidature di schieramento, mettendosi in gioco anche alle primarie per il parlamento. La sua campagna è decisamente anomala: essendo “solo” il messaggio nazionale è sostanzialmente legato ed affidato alle sue interviste ed alle sue apparizioni televisive o a dibattiti diretti, mentre sul territorio l’intera attività è affidata alle persone ed alla loro buona volontà. Se è un punto di forza, mostra tutta la sua debolezza quando un solo titolo di giornale ne paventa il ritiro, che diventa punto di forza se la notizia diventa un tormentone come è stato con #iononmiritiro. Se volessimo giocare a scacchi, in caso di (improbabile) secondo turno, potrebbe essere, in un ballottaggio a tre, il vero collante per tutto il partito, e l’aggregante di tutto l’elettorato demotivato. Se solo anche lui ci credesse un po’ di più…

Gianni Cuperlo
Appare sempre più come la candidatura dal volto pulito della vecchia classe dirigente. L’uomo del nordest di cui – oggettivamente – nessuno può parlare male. Il suo handicap è proprio il parterre dei suoi sostenitori, visti a torto o a ragione come “il vecchio da cambiare”. Eppure ha una ottima visione del partito, del ruolo del segretario e dell’organizzazione, e un equilibrio personale che sarebbe certamente un elemento di straordinaria modernità nella (vera o percepita) lotta intestina tra componenti e correnti. La sua comunicazione resta troppo ingessata e tradizionale, e smuove poco quel popolo attivo e passionale del partito. Il ritardo con cui ha usato i social network e la rete determina un gap decisamente incolmabile in questi mesi, né chi dichiara di sostenerlo ha messo in campo per lui le proprie reti e strutture. Questo fa si che da “certo secondo” possa diventare “probabile terzo” nella corsa alla segreteria.

Gianni Pittella
Il più longevo e autorevole europarlamentare italiano, porta in dote al dibattito congressuale due temi essenziali: il Mezzogiorno e l’Europa. Ed è questo sempre più concretamente il motivo che lo ha portato ad una candidatura “di servizio e di contenuto” alla segreteria, più che a una “corsa vera”. Basta questo per avergli consegnato un ruolo importante sia nella scrittura di qualsiasi piattaforma della prossima segreteria, sia per riconfermargli il suo ruolo. Sia per esperienza che per competenza potrebbe essere di peso essenziale per gli altri candidati. E questo ne fa il primo grande vincitore politico di queste primarie.

In una corsa ancora lunga, la visione decisiva la farà la comunicazione del Partito, se sarà capace di fare emergere ciò che unisce e non ciò che divide, se farà passare il messaggio di confronto democratico come ricchezza interna, e congresso come luogo di incontro e di sintesi e non come arena. Il segretario che verrà erediterà, nel bene e nel male, il dibattito, i toni e i contenuti di questi mesi, che saranno alla base di un difficile e impegnativo anno elettorale. Se chi si candida lo fa per servizio all’intera comunità del partito, nei toni e negli strumenti non dovrebbe dimenticarlo. Per tutti vale la regola che vincerà chi “coinvolgerà” maggiormente i giovani, chi sarà capace di coniugare allo slogan il contenuto, e soprattutto, in chiave di elezioni vere, chi sarà capace di essere sintesi delle diverse visioni e mostrare al popolo del centrosinistra una visione di paese da realizzare e realizzabile tutti insieme.

(Unità)


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