pianogrande ha scritto:Questo è sicuro Franz.
Che posso dire?
Prendiamoci il rischio.
I rischi vanno presi, sicuramente, ma meglio gestirli.
Facciamo quindi un passo indietro.
Tu sostieni che il lamento è "un punto di partenza per cambiare".
Io qui ho qualche dubbio.
Il punto di partenza è la constatazione di un disagio (che si esprime lamentandosene)
Ma non basta per cambiare. Operativamente, intendo.
Se uno dice "cosi' non va" è implicito che dice "deve andare diversamente" e quindi implicitamente afferma la necessità di un cambiamento, ma non dice quale. Se non va oltre questo rimarrà fermo sul posto, continuando a lamentarsi senza cambiare mai.
Per cambiare uno deve decidere quale è la direzione del cambiamento, tra le tante possibili.
Ed in politica questo significa decisione collettiva, con tutta la lentezza e complessità del caso.
Per arrivare a questo è determinante interrompere le lamentele, che implicano spreco di energia, e concentrare ogni sforzo sul cambiamento. Cosa che è molto piu' difficile. Lamentarsi invece è relativamente facile. Quasi appagante, per alcuni.
In Italia ci sono migliaia di cose che non vanno e per ognuna siamo bravissimi manifestare disagio e lamentele pubbliche, con manifestazioni, cortei, scioperi, occupazioni di vie, tetti, piazze, fabbriche, stazioni.
Ma nulla cambia. Di fatto il paese è fermo da 20 anni.
Noto invece che paesi che cambiano parecchio (e che sono cambiati molto in questi 20 anni) i sono tirati su le maniche per darsi da fare. La Svezia negli ultimi 20 anni e la Germania post riunificazione hanno operato cambiamenti imponenti, soprattutto se paragonati alla nostra immobilità. Ma anche Spagna e Portogallo sono cambiati parecchio da quando si sono liberati dal giogo del precedente fascismo.
Ed anche l'ex blocco sovietico e la Cina, l'ameria latina. Ora è impressionante il cambiamento che sta avvenendo in Africa. Tutto il mondo è in movimento. Solo l'Italia sembra incapace di cambiare. Ma non certo per responsabilità delle sole siniste. Le responsabilità sono di tutti, destra in primis ma della destra qui in questo thread non ce ne occupiamo.
Ed allora tornando al tema delle sinistre, per quale motivo assistiamo a questa "impotenza" del cambiamento, che si esprime nella costanza della lamentazione? Secondo me perché le sinistre del 1900 avevano una chiave ideologica di lettura e trasformazione della società che guidava la direzione del cambiamento ma ora questa chiave è rotta. Rotto il comunismo ed il socialismo ci si è orientati vero la socialdemocrazia, ma ahimè troppo tardi perché anche la socialdemocrazia nordica (tedesca e sopratutto svedese) è rotta per scelta stessa dei tedeschi e degli svedesi. Non dimentichiamo infatti quanto Gerhard Schröder e Tony Blair hanno rappresentato un profondo cambio di marcia e direzione nella socieldemocrazia tedesca e nel labour britannico. Insomma la sinistra italiana è priva di direzione operativa, di una chiave di lettura economica. Ha ancora ideali (giustizia, libertà, ugualianza, solidarietà) ma sono ideali che sono condivisi anche da altri (i cattolici, per esempio, ed anche i liberal democratici).
Mentre si cerca la nuova chiave di lettura (keynes?) intanto ci si lamenta un po' di tutto, di Berlusconi, del liberismo (neo, ultra, turbo), di Renzi, di D'Alema, di Bersani, della TAV, ora anche del TAP e si manifesta. Perché l'importante è manifestare disagio, poi qualche santo provvederà.
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)