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Un'amica italiana

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Un'amica italiana

Messaggioda flaviomob il 02/12/2012, 11:24

Un'amica italiana che vive da molto tempo negli USA mi scrive:
"Io se avessi potuto votare alle primarie avrei dato il mio voto a [...]. Ma mi spiegheresti, quando hai tempo, cos'ha Renzi che non va?
Io da qui l'ho visto e l'ho sentito poco parlare alla TV ma ho letto molte critiche. Come mai?"

Le ho risposto:
Carissima ***,
è difficile rispondere in maniera breve e concisa alla tua domanda. Cercherò di risponderti quindi in maniera complessa e, per quanto mi riguarda, il più possibile completa.
Parto da un presupposto che può non avere molta importanza, ma che va detto: a me Matteo Renzi non piace per nulla, intendo umanamente. Lo trovo leggermente spocchioso, vanitoso, per nulla simpatico. Ma, intendi bene, questo non dovrebbe essere un elemento di valutazione politica. Capita infatti di trovare leader antipatici, eppure efficaci e condivisibili nella loro impostazione politica. Invece, purtroppo, con Matteo Renzi questa cosa, in me, non scatta. La mia critica, quindi, è soprattutto politica; ma ci tenevo a dirti che anche umanamente non lo trovo per nulla gradevole.
Matteo Renzi ha presentato un programma che però non vuole essere un programma. Di fatto si tratta di un insieme di proposte che somigliano molto a un programma; diciamo che si tratta di un manifesto. Il titolo: “Un’altra Italia è già qui: basta farle entrare” è sicuramente "appealing". Viene diviso in punti. Al punto 01 viene indicata la priorità di “ritrovare la democrazia”. I punti qualificanti sono l'eliminazione del bicameralismo; una nuova legge elettorale per la scelta diretta dei parlamentari e del governo; l'abolizione dei vitalizi con l'allineamento delle retribuzioni politiche alla media europea. Si passa poi a considerare la situazione dei consigli regionali per “impedire abusi e squilibri”; abolire le province, abolire il finanziamento pubblico dei partiti; promuovere il principio della sussidiarietà nelle scelte amministrative, un principio che è immediatamente riconducibile alle modalità esistenti in unione europea, per decidere il livello amministrativo più efficace. Devo dire che questo primo punto quando l'ho letto, mi è piaciuto, ma è anche vero che non si può non condividere ciò che da anni si ripete: che i parlamentari sono troppi, che sono eccessivamente pagati, che la politica è un servizio e non una professione ecc. Lo diceva anche Grillo dal 2001.. e come comico, non come arruffapopoli. Ma dal punto due, “l'Europa dal basso” (che poi è anche il mio settore) si comincia ad avere qualche dubbio. Si inizia dicendo che l'azione di Monti va nella giusta direzione e qui vado già a dire che non ci siamo. Si parla di legittimità democratica dell'Europa, si parla di un'Europa che è ancora imperfetta e deve essere completata “sulla linea di quello che avevano immaginato i padri fondatori” (ma non si dice che cosa avevano immaginato, e si presume un'unità di visione che invece non c'era), e si parla genericamente della necessità di “più Europa”. Si continua a dire che l'intero processo di costruzione europea deve essere ripensato, e poi ci si concentra sulla crisi finanziaria. Si elogia il fiscal compact, che invece è uno strumento imperfetto e ottuso, e si pensa un sistema di assicurazione reciproca per evitare shock sistemici.
Sfugge del tutto il punto nodale di questa crisi: una crisi che nasce e si rafforza per l'impossibilità di gestire la crisi dei 27 debiti sovrani (17 nel caso solo dell'eurozona) esclusivamente basandosi sulla concertazione, mentre abbiamo una moneta unica che invece richiede un governo politico unico, non la cooperazione politica. Ciò che si dovrebbe dire con forza in un programma che vuole essere innovativo è che ci vuole un governo europeo dell'economia, unico, non sottoposto i veti incrociati e alle negoziazioni, ma fondato sulla legittimità democratica, su un ruolo nuovo del Parlamento europeo, sul rapporto fiduciario tra commissione europea e Parlamento, sulla fine della divisione dell'Europa in “buoni” e “cattivi”. Non mi basta scrivere che ci vogliono “obiettivi di unificazione politici di lungo periodo”. Voglio che vengano esplicitati, prendendo impegni precisi sulle iniziative che il governo italiano, qualora sia Renzi a guidarlo, vorrà prendere sul piano europeo per trasformare l'unione europea in vera unione politica e non solo economico-monetaria. Intendiamoci, su questo punto Renzi è già abbastanza audace, ma non disgiunto da una timidezza e dalla contraddittorietà coll'ultimo punto del suo programma che vedremo più tardi.
C'è poi molta ingenuità sul paragrafo sette di questo punto due quando si dichiara che è necessaria la “semplificazione dei bandi comunitari e delle procedure di accesso ai fondi comunitari… per favorire l'accesso alla funzione da parte dei cittadini europei.” Dire una stupidaggine di questo tipo significa non conoscere affatto come funziona la macchina comunitaria, ma allo stesso tempo non significa prendere un impegno per cambiarla.
Al punto 3 Matteo Renzi ha preparato una parte ambiziosa: “Le premesse del rilancio” ma non riesce a pensare altro se non a: riduzione del debito tramite dismissioni del patrimonio pubblico; la nascita di un'agenzia unica per la lotta all'evasione fiscale. Questo punto è condivisibile: ma andrebbe anche detta l'entità dell'evasione. Il 24,7% dell'economia italiana non è percepita dal fisco: si tratta di qualcosa come 380-400 miliardi di euro ogni anno. Ciò che serve, dal mio punto di vista, è una politica di recupero dell'evasione con la diminuzione delle aliquote fiscali per i ceti medi e l'aumento delle aliquote fiscali per i ceti più ricchi. Diciamo ciò che sta cercando di fare Obama in America. Invece si parla di riduzione del 10% degli acquisti di beni e servizi per la spesa corrente (il che significa ulteriori tagli); una riduzione del 20-25% dei trasferimenti e degli investimenti alle imprese; una riallocazione produttiva del 50% dei fondi europei, per un possibile risparmio di 7-10miliardi. Che cosa voglia dire riallocare produttivamente i fondi europei, che sono concessi sulla base di progetti e non a libera scelta e uso dei paesi membri, lo sa solo Renzi o chi gli ha scritto il programma. I fondi dell'Unione europea sono gestiti dagli stati non liberamente, ma sulla base di una concertazione costante con la Commissione europea che materialmente li eroga e li gestisce. Pensare che ogni stato abbia un tesoretto che può gestire come gli pare "riallocando" le risorse a fini produttivi è una cosa che, fosse Renzi un mio studente, gli garantirebbe la bocciatura immediata. Segue poi l’impegno a una riduzione dell'area del pubblico impiego, affermando di volerlo fare senza licenziamenti e senza esuberi, ma con estensione del part-time. E infine un recupero dell'evasione fiscale per 25-30%. Peccato che la base dell'evasione fiscale non sia 120 miliardi ma sia tre volte tanto. Punti in parte condivisibili quindi, ma non chiari dal mio punto di vista, e neppure efficaci. Messi insieme più per marketing che per ossequio alla logica.
Il punto 4 è sulla scuola, e lì c'è da arrabbiarsi davvero. Ciò che forse non ti ricordi, data la lunga lontananza dal nostro paese, e che il sistema di insegnamento italiano, pur con molti limiti, è fondato, sin dalle elementari, sullo stimolo della creatività. Questo vuol dire che si cerca di rispettare le naturali inclinazioni degli studenti, ad ogni livello, e non si propone una scaletta, o una gerarchia di materie: quelle migliori e quelle peggiori, quelle più utili e quelle meno utili. Questo è frutto di una scuola generalista, vecchia maniera ma non vecchia o del tutto da buttare, non fatta per creare professioni o per creare solo ingegneri, o medici, o architetti, bensì per creare persone il più possibile “complete”. Del resto non è una novità che senza la conoscenza umanistica non esisterebbe neppure la conoscenza scientifica più tecnica, la biologia, la fisica, eccetera. Renzi riconosce questa cosa ma poi dice che la scuola deve essere messa in condizione di funzionare in maniera più efficace e si capisce che pensa ai tagli, perché le risorse sono poche. Beninteso, non pronuncia mai la parola tagli; parla di formazione degli insegnanti, di motivazione, di riqualificazione di competenze disciplinari e conoscenza didattico metodologiche, di processi di selezione rigorosi, obiettivi e non discrezionali eccetera. Tutte cose condivisibili ma dette con l'occhio al risparmio. Questo è evidente quando si parla di università. Cito: “mettere a punto un sistema di valutazione delle università e sostenere quelle che producono le ricerche migliori. I dipartimenti universitari che reclutano male devono sapere che riceveranno sempre meno soldi pubblici. Deve essere chiaro che chi recluta ricercatori capaci di farsi apprezzare in campo internazionale ne riceverà di più. È un risultato che si può ottenere usando indicatori quantitativi sulla qualità della ricerca prodotta sul modello dell’ANVUR (che va migliorato) con il parere di esperti internazionali autorevoli e fuori dai giochi. L'obiettivo è avere una comunità scientifica meno provinciale che esporta idee e attrae talenti”.
Va detto in questo caso che l’ANVUR (agenzia di valutazione dell’università e della ricerca) è una porcheria e che va buttata, non migliorata; che le ricerche migliori non le può valutare certo un gruppo di burocrati e neppure di politici; e che da sempre le ricerche migliori diventano tali anche a distanza di anni ed è difficile decidere sul momento che una ricerca che può sembrare insignificante è invece destinata al successo a distanza di uno o più lustri. Mi sembra una visione tendenzialmente aziendalista che mira al “risultato” se non immediato quantomeno vicino. Io non ho nulla in favore del presente sistema universitario post riforma Gelmini, né di quello che mi ha reclutato suo tempo: ho passato 12 anni a fare gavetta provando a fare concorsi nei quali arrivavo regolarmente secondo per un posto solo perché passavano gli amici degli amici. Però credo, di questo sono convinto, che scuola e Università debbano essere un costo, un costo insopprimibile, diciamo pure elevato, dove si valutano i docenti, si scelgono i migliori (e dei tempi di Socrate l'unico modo di scegliere un allievo è il giudizio dei maestri: un'università di mediocri selezionerà sempre dei mediocri), dove non si deve sottostare alle logiche dell'efficienza aziendale. Le ultime cose che uno stato che vuole essere fondato sul welfare e sulla cura dei suoi cittadini dovrebbe ridurre o tagliare sono la sanità e l’istruzione e la ricerca. Dire che bisogna dare di meno a chi fa meno è sacrosanto, ma è sul punto di chi decide chi è che fa di meno che Renzi è gravemente carente. Seguire il mantra dell’efficienza aziendale lo trovo non già moderno bensì sciocco.
Si finisce poi sul ruolo che l’Italia deve avere nel mondo, e qui si capisce ad esempio che tutto il punto sull’Europa è in contraddizione: un’Italia presente nel mondo, con azioni e presenza culturale e bla bla. Il genio italiano declinato al XXI millennio. Ma perché non dire che l’Italia è Italia solo se parte di una dinamica europea e che da sola può solo esportare pizza e mafia e mandolini (non a caso ciò per cui devo più spesso incazzarmi qui all’estero)? Perché non dire: l’Italia intende essere paese membro fondatore dell’Europa politica, e intende la sua presenza sulla scena mondiale solo in funzione della sua appartenenza al continente europeo, ne condivide i valori (tra i quali il welfare e la solidarietà)?
Non te la voglio fare molto lunga: a me questo programma non piace perché mischia in maniera confusionaria qualche buona idea con la solita paccottiglia neoliberista di cui abbiamo veramente le scatole piene; chiude infine con accenti larvatamente nazionaisti che fanno solo girare le palle.
(segue)


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Re: Un'amica italiana

Messaggioda flaviomob il 02/12/2012, 11:25

(dalla prima pagina)

...
Personalmente, pur considerandomi un moderato ho in uggia quelli che fingono di essere progressisti, ma riescono solo essere ancora più conservatori di quanto non sia io. Prendi il caso delle dismissioni dei beni pubblici: la proprietà pubbliche non sono male assoluto, sono un bene collettivo, un bene comune, da gestire e da rendere fruibile e utile per tutti; sono ciò ad esempio che garantisce il debito pubblico. Dismetterle significa rischiare di non essere più in grado di garantire il proprio debito; l’alternativa è quella di un modello di società "leggera", in cui i deboli in fondo devono dimostrare di essere deboli per avere una manciata di aiuti e i forti, grazie alle privatizzazioni, diventano sempre più forti: comprano immobili, comprano proprietà, ingrassano, esportano i loro capitali e se la ridono. In Italia il 90% della ricchezza è detenuta dal 10% della popolazione. Un programma che non dice questo non è, per me, un programma di sinistra. In Italia la gente ricca pur di far la furba (non c'è nulla di male essere ricchi, c'è molto di male a voler essere i più furbi) non esportano i capitali solo in Svizzera, ma vanno nel Liechtenstein, alle isole Cayman, ad Andorra, in altri paradisi fiscali. Non dire nulla di tutto questo e limitarsi a parlare di accordi con la Svizzera per prelievi forzosi sui conti correnti significa fare in modo solo che i ricchi portino i loro capitali da un’altra parte. Che ne è stata dell’idea di una patrimoniale? Che ne è dell’idea di tassare i beni immobili della chiesa cattolica, vera evasore fiscale? Che ne è dell’idea, quanto mai timida e moderata ma risolutrice, di una revisione dell’anagrafe tributaria e di un controllo, usando le nuove tecnologie, dell’urbanizzazione del territorio? Fossi al governo io mi farei odiare dopo un mese buttando letteralmente giù ogni casa e ogni palazzo abusivo in maniera evidente, rifarei le mappe catastali ferme in alcuni casi al tempo dell’unità d’Italia e rimapperei il territorio usando i satelliti. Ogni cosa fuori posto chiederei conto ai proprietari. Se i proprietari non si trovano, butterei giù. Mi sparerebbero dopo due mesi, ma avrei fatto l’unica cosa fattibile per recuperare un territorio stuprato non solo dalla famiglia che rifà un terrazzo, ma da chi costruisce palazzi e ville in riva al mare.
Poi, infine, c'è la questione più spinosa, ma che per me è dirimente. Chi è che sta aiutando Renzi? Questo programma non è solo scaturito da diecimila proposte, come scritto, circolate in rete; ovvio che leggere diecimila proposte prenda almeno una paio di mesi, se va bene, a un ritmo di 200 al giorno; esso ha dei padri e delle madri ben visibili.
Abbiamo in prima fila Giorgio Gori, il creatore della televisione demenziale in Italia, guru dei programmi Mediaset, che ha aiutato Renzi e continua ad aiutarlo tuttora. Basterebbe questo per avere grossi dubbi sul ragazzino prodigio di Firenze.
Poi c'è la diffidenza e i racconti di altri che l'hanno incontrato: al Dipartimento di Georgetown dove sto Renzi è venuto in visita tempo fa: se lo ricordano arrivato con un codazzo di una ventina di persone, impegnato a parlare di cose di cui non sapeva assolutamente nulla, un parvenu insomma, che ha usato soldi del comune di Firenze per fare una gita del tutto inutile. Una gita di istruzione dalla quale non è sortito il becco di una iniziativa, di un contatto, di un rapporto che duri tutt’ora.
Mi dispiace solo per i molti ragazzi in gamba che credono in lui e gli stanno dando una mano. Avranno, temo, un brutto risveglio rendendosi conto che hanno dato la mano a uno che non è del tutto sincero, che si porta dietro pezzi del regime berlusconiano, che non è il wonderboy che si crede.
Molti lo elogiano perché si è opposto al partito, rompendone i giochi e facendo scalpore. Ma questo non è un valore politico: rientra nella dialettica di ricomposizione del potere interno a una forza politica, non si configura come un progetto politico, bensì solo come un’operazione di ricollocamento interno.
Ma ripeto, queste sono valutazione che con la proposta politica c’entrano poco. A me la sua piace poco per i motivi che ti ho detto, e non vedo affatto di buon occhio l’idea che Renzi diventi il leader di una coalizione di centro sinistra che, peraltro, è ancora tutta da costruire. Ma non lo vedo di buon occhio perché si porterebbe dietro proposte e idee comuni con il passato governo prima di Monti, appoggiato da uomini contigui a quella marmaglia di scannagatti e vallette che ci hanno propinato per diciassette anni, e questo non lo sopporto.
Il nostro (mio) paese, cara Cristina, è un paese fondamentalmente di destra, codino, conservatore, beghino, retrivo. Capace di grandi slanci, certo, ma anche di meschinerie e ottusità indicibili. L’inverno leghista e il suo fascismo premoderno e rozzo ne sono la prova. Renzi questa deriva non la combatte, l’asseconda, ne vuole essere l’ala più presentabile, meno ottusa, più sbarazzina. Finisce solo per esserne una caricatura.
Un abbraccio.

Piero Graglia


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Re: Un'amica italiana

Messaggioda ranvit il 02/12/2012, 11:46

Ecco, leggendo lo scritto di Graglia si ha l'esatta idea del perchè bisognerebbe candidare Renzi e non Bersani alla premiership!
Nei contenuti perchè non dice, come non lo dice il "programma" di Bersani per non parlare di quello di Vendola, come si pensa di raggiungere tutte le belle aspirazioni espresse nel criticare quello di Renzi.
Nella sostanza perchè non si riesce minimamente a capire come si possa pensare di governare con la sinistra radicale che ha una comprovata ed ottusa incapacità di governo; essendo convinti i suoi esponenti di essere assolutamente nel giusto e quindi indisponibili ad alcun compromesso nell'ambito della coalizione a trovare punti comuni.

Non credo che l'amica italiana apprezzi molto le spiegazioni di Graglia... ;)
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Un'amica italiana

Messaggioda franz il 02/12/2012, 13:35

ranvit ha scritto:Ecco, leggendo lo scritto di Graglia si ha l'esatta idea del perchè bisognerebbe candidare Renzi e non Bersani alla premiership!
Nei contenuti perchè non dice, come non lo dice il "programma" di Bersani per non parlare di quello di Vendola, come si pensa di raggiungere tutte le belle aspirazioni espresse nel criticare quello di Renzi.

in effetti pero' la domanda dell'amica italiana (che non capisco perché se "italiana" non possa votare e dica "se avessi potuto votare alle primarie") era molto precisa. Cos'ha Renzi che non va? Non Bersani o Vendola. Ok, Graglia sul tema ha scritto un romanzo e non sappiamo cosa avrebbe scritto in risposta a pari domanda su Bersani e Vendola. Le risposte di PG sono realtive al solo programma di Renzi perché cosi' è stato chiesto. Ma sono cose su cui possiamo tutti discutere, e lo facciamo qui da tempo. Non vedo anatemi ma solo opinioni. Poi Graglia non comprende che per diminuire la pressione fiscale occorre ridurre la spesa (solo dopo è possibile rendere piu' equo il sistema e abbassare le aliquote, cosa diversa dall'abbassre la pressione fiscale e contributiva) ma se da iscritto com'è volesse discuterne qui, non mancherei di illustrargli la mia idea.
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