Senza cattolici democratici non c'è Ulivo

La morte del professor Ardigò mostra una storia politica che diventa sempre più una parabola discendente, dietro la scia del tempo uno dopo l'altro gli esponenti illustri del cattolicesimo democratico se ne stanno andando tutti. Purtroppo per noi, non sono solo dolorose perdite umane, perché con loro sta morendo anche il filone del cattolicesimo di sinistra. Non ci sono discendenti che possano farsi portatori di quel filone: un po' perché ormai la Dc è morta, un po' perché di intelligenze di quel calibro, rigorosi nella fede e impegnati socialmente, non ce ne sono (io almeno non ne vedo). Tutto sommato è normale se pensiamo che la spinta del '68 si è esaurita, e la fine dell'esperienza ulivista, ossia la meta finale di un certo percorso storico-politico, e la caduta dei governi di Romano Prodi hanno rappresentato la mazzata finale; sebbene credo che questa morte si sarebbe potuta rimandare se - e non è una critica che muovo da ora - i capi del PPI del dopo-Tangentopoli avessero pensato a elaborare qualche nuova idea invece di focalizzare la propria attenzione sul raggiungimento e la conservazione del potere.
Io sono sempre stato critico verso i democristiani, ma se ho mosso la critica di cui sopra non è per una semplice avversione politica, piuttosto per la consapevolezza che i cattolici democratici sono una parte importante de L'Ulivo (anzi la parte più importante) e che una tale tradizione non andava sprecata per un carrierismo personale fine a se stesso. Senza questa componente, infatti, mancherebbe quel trait d'union fondamentale che ha permesso l'aggancio tra centro e sinistra, in virtù del fatto che i cattolici democratici sono forgiati nella politica. Sarebbe proprio impensabile un Ulivo, un Pd senza di loro, di certo non possono essere rimpiazzati dai novelli Teodem, che più che a sinistra guardano all'amicizia con Casini, e che non concedono nulla sul piano politico, in quanto seguono un indirizzo molto più dogmatico che realista, o meglio mistico. Tengo a credere che un certo dogmatismo non abbia nulla a che vedere con la mistica, con l'intuizione del divino.
Senza cattolici di sinistra il Pd semplicemente scomparirebbe, resterebbe una formazione socialista con pochi indipendenti (sì, proprio quello che paventa "Il Regno"). Si può, si deve quindi riaprire una fase nuova; stando attenti però che una nuova legittimazione non può derivare da uno schiacciamento a sinistra - e qui faccio un'onesta autocritica - anche perché nel frattempo ci ha pensato Rotondi a "fregarci" sui Dico. Forse è il tempo di ripensare al '68 con un occhio diverso e credere che oggi non ci sia lo spazio per il "cattolicesimo del dissenso", come fu forse più dannoso che benefico "strappare" 40 anni fa e spaventare i settori moderati ecclesiastici. E' giusto mantenere le aspirazioni di apertura verso la modernità (anche in vista dell'obiettivo di un possibile Vaticano III) e di riforma della Chiesa, ma correlandole con un coinvolgimento della Chiesa stessa, non tramite bastian contrari. Solo così ci si potrebbe concentrare concretamente e senza lotte sulla realizzazione del "bene comune", tanto caro al filone cattolico democratico, e ridurre l'influenza della destra ultraconservatrice e del senso di paura e di smarrimento di cui essa si nutre.
Io sono sempre stato critico verso i democristiani, ma se ho mosso la critica di cui sopra non è per una semplice avversione politica, piuttosto per la consapevolezza che i cattolici democratici sono una parte importante de L'Ulivo (anzi la parte più importante) e che una tale tradizione non andava sprecata per un carrierismo personale fine a se stesso. Senza questa componente, infatti, mancherebbe quel trait d'union fondamentale che ha permesso l'aggancio tra centro e sinistra, in virtù del fatto che i cattolici democratici sono forgiati nella politica. Sarebbe proprio impensabile un Ulivo, un Pd senza di loro, di certo non possono essere rimpiazzati dai novelli Teodem, che più che a sinistra guardano all'amicizia con Casini, e che non concedono nulla sul piano politico, in quanto seguono un indirizzo molto più dogmatico che realista, o meglio mistico. Tengo a credere che un certo dogmatismo non abbia nulla a che vedere con la mistica, con l'intuizione del divino.
Senza cattolici di sinistra il Pd semplicemente scomparirebbe, resterebbe una formazione socialista con pochi indipendenti (sì, proprio quello che paventa "Il Regno"). Si può, si deve quindi riaprire una fase nuova; stando attenti però che una nuova legittimazione non può derivare da uno schiacciamento a sinistra - e qui faccio un'onesta autocritica - anche perché nel frattempo ci ha pensato Rotondi a "fregarci" sui Dico. Forse è il tempo di ripensare al '68 con un occhio diverso e credere che oggi non ci sia lo spazio per il "cattolicesimo del dissenso", come fu forse più dannoso che benefico "strappare" 40 anni fa e spaventare i settori moderati ecclesiastici. E' giusto mantenere le aspirazioni di apertura verso la modernità (anche in vista dell'obiettivo di un possibile Vaticano III) e di riforma della Chiesa, ma correlandole con un coinvolgimento della Chiesa stessa, non tramite bastian contrari. Solo così ci si potrebbe concentrare concretamente e senza lotte sulla realizzazione del "bene comune", tanto caro al filone cattolico democratico, e ridurre l'influenza della destra ultraconservatrice e del senso di paura e di smarrimento di cui essa si nutre.