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Perché non avremo mai un Obama o un McCain

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Perché non avremo mai un Obama o un McCain

Messaggioda franz il 07/09/2008, 16:58

Perché non avremo mai
un Obama o un McCain
di ILVO DIAMANTI

UNA PERSONALIZZAZIONE impersonale e irresponsabile caratterizza la politica italiana. Una democrazia mediatica, affollata di volti e nomi noti e visibili. Che, tuttavia, ha ridotto e quasi abolito la possibilità, per gli elettori, di esprimere scelte e preferenze "personali". Visto che ormai la costruzione delle rappresentanze politiche e parlamentari è un fatto praticamente esclusivo dei partiti, ridotti a cerchie di gruppi dirigenti ristrette e centralizzate. Eppure, quasi vent'anni fa, la storia era cominciata diversamente. La crisi del sistema politico era stata sancita, è vero, dal referendum del 1991, che riduceva le preferenze elettorali a una sola.

Ma si trattava, allora, di ridimensionare un sistema partitocratico, nel quale le preferenze costituivano uno strumento di controllo della società e, al tempo stesso, un elemento di scambio fra gruppi di potere. In seguito, siamo passati a sistemi elettorali che personalizzano il rapporto fra elettori ed eletti. Anzitutto a livello locale, con l'elezione diretta dei sindaci, dei presidenti di Provincia e, quindi, di Regione. Un rapido processo di presidenzializzazione diffusa, che il sistema elettorale della Camera e del Senato ha assecondato attraverso il maggioritario di collegio, che rende più immediato e trasparente il rapporto tra i parlamentari, i cittadini e il territorio.

Quel modello, ne siamo consapevoli, non ha ridotto la frammentazione dei partiti, tanto meno il distacco fra sistema politico e società. Ha, tuttavia, segnato una frattura, almeno a livello simbolico. Partiti contro presidenti. Riassunto dell'opposizione fra vecchio e nuovo, come ha osservato Mauro Calise.

D'altronde, i partiti si sono, anch'essi, personalizzati tutti. Dal 1994 ad oggi. Dall'archetipo insuperato, Silvio Berlusconi, fino a Walter Veltroni. Da Forza Italia all'Ulivo. Dal Partito democratico al Popolo della libertà. Passando per le diverse liste. Per limitarci alle principali: Lista Pannella e Bonino, la Lista di Pietro. Ma anche Alleanza nazionale, prima di confluire nel Pdl, nonostante disponesse di identità e organizzazione, era un soggetto identificato con il suo leader, Gianfranco Fini. E nell'Udc, ormai, la C evoca l'iniziale di Casini.

La personalizzazione è, ovviamente, enfatizzata dall'uso dei media. La televisione, in particolare, ha dato ai partiti un volto, un'immagine familiare. Anche in questa fase. I ministri più popolari appaiono al pubblico personaggi caratterizzati, che recitano in fiction di successo. Due sopra tutti. Brunetta, il vendicatore dei cittadini contro i servi fannulloni dello Stato (gli statali, appunto).

Mariastella Gelmini, protettrice dei genitori e degli alunni dagli insegnanti incapaci; restauratrice delle virtù perdute: la buona condotta, i buoni costumi (i grembiulini), i buoni maestri (unici). Mentre, all'opposizione, incontra un successo larghissimo Antonio Di Pietro, che interpreta il garante della legalità contro ogni abuso della politica; e anzitutto contro Berlusconi (che ne è il compendio). Ma anche Beppe Grillo. Attore protagonista della protesta di piazza.

Passando dal versante della partecipazione a quello della comunicazione, occorre rammentare che la costruzione del Partito democratico e, prima, dell'Ulivo, è avvenuta attraverso le primarie. Un rito di massa per celebrare la scelta del leader. Prodi, Veltroni.

Tuttavia, da qualche tempo, la personalizzazione della politica avviene insieme alla spersonalizzazione della scelta di voto. Imposta, per quel che riguarda le elezioni politiche, dalla legge elettorale in vigore dall'autunno 2005. Un proporzionale con premio di coalizione e liste bloccate. Cioè: senza preferenze.

La legge, inventata in fretta dal centrodestra al fine di contrastare il successo annunciato del centrosinistra (particolarmente avvantaggiato dal maggioritario), ha, nei fatti, rafforzato le leadership centrali di "tutti" i partiti. Consentendo loro di controllare e condizionare le candidature e, quindi, gli eletti. Mentre ha spezzato il legame dei candidati con gli elettori. Tanto che i candidati sono quasi spariti dal territorio, nel corso della campagna elettorale, limitandosi, perlopiù, ad apparire accanto ai leader nazionali, durante le manifestazioni più importanti.

Il problema avrebbe dovuto e potuto essere ridimensionato attraverso il ricorso alle primarie. Che, tuttavia, è divenuto molto intermittente. Quasi assente. Anche il Partito democratico ha usato le primarie con cautela. Evitando, comunque, di renderle troppo aperte e competitive. A livello nazionale, d'altronde, sono servite all'investitura di leader pre-destinati.

Mentre l'elezione dell'assemblea costituente e degli organismi rappresentativi a livello territoriale è stata vincolata dall'esigenza di garantire l'equilibrio tra componenti oltre al controllo (e al mantenimento) dei gruppi dirigenti. Anche nella scelta dei candidati alle amministrative (sindaci o presidenti), le primarie vengono guardate con diffidenza e trattate con prudenza. Impossibile che emergano outsider. Un Obama o un McCain de noantri. Inutile attenderli.

La questione si ripropone, oggi, in relazione al sistema elettorale che si sta progettando in vista delle prossime elezioni europee. Prevede, com'è noto, una soglia di sbarramento (3-4 per cento), per ridurre la frammentazione. Inoltre, un numero più ampio di circoscrizioni. Infine: l'abolizione delle preferenze. Su cui non c'è accordo. Ma che, indubbiamente, non dispiace - anzi, piace - ai partiti, in generale. Anche ai maggiori: Pdl e lo stesso Pd. In quanto permette loro di regolare e distribuire, con precisione algebrica e senza rischi, i posti tra le componenti (sotto)partitiche. An e Fi, da un lato. Ds e Margherita, dall'altro. Che ancora resistono e agiscono. Accanto ad altre correnti.

Vorremmo ribadire che non siamo tifosi delle preferenze. Abbiamo memoria di quando costituivano un metodo di scambio clientelare. Però insospettisce la paura che suscitano nei partiti, oggi che non hanno più basi di massa e sono ridotti a ristrette cerchie di vertice. Il contrasto tra l'enfasi sulla personalizzazione e la crescente spersonalizzazione del voto riassume quanto sia fittizia, oggi, l'opposizione fra partiti e presidenti. Visto che i presidenti identificano partiti "chiusi", la cui classe dirigente si riproduce in modo endogamico. Al proprio interno. Senza competizione; ma, semmai, per cooptazione, dall'alto.

Questo modello, peraltro, è coerente con la biografia del centrodestra. Inventata, scritta e interpretata da un Sovrano: Silvio Berlusconi. (Se ne è discusso molto nel recente convegno della Società italiana di scienza politica, all'Università di Pavia). Ma il centrosinistra e, soprattutto, il Partito Democratico - per storia, cultura e sociologia - non hanno prospettive senza coltivare il rapporto con il territorio e con la società. Senza rivalutare le primarie come metodo "vero" di consultazione e di selezione della classe dirigente. Senza dare agli elettori la possibilità di esprimere - in nessun modo - le loro preferenze personali. Senza vincolare gli eletti a un rapporto responsabile con gli elettori. Meglio che il Pd ci pensi, in vista delle prossime elezioni europee. Che, come sempre, avranno anzitutto effetti politici "nazionali".

(7 settembre 2008)
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Re: Perché non avremo mai un Obama o un McCain

Messaggioda Paolo65 il 08/09/2008, 17:19

Non avremo mai un leader fino a che la nostra società non si avvia verso un modello selettivo.

Gli ultimi leader che abbiamo avuto sono figli delle 2 guerre mondiali, cioè di un periodo travagliatissimo della nostra storia nazionale.

Da almeno 40 anni abbiamo ammorbidito la società non creando i presupposti per far emergere leader.

Negli ultimi 15 anni l'unico leader, da non copiare nella maniera più assoluta, se non nel piglio del leader, è stato Berlusconi.

Berlusconi è diventato leader per una sempre maggiore acquisizione del potere, non tanto da una selezione e se non ci fosse stata tangentopoli forse sarebbe rimasto un imprenditore.

Leader in parte si nasce ma una società deve saperseli costruire, in modo da averne sempre un numero sufficiente per le sue necessità.

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Re: Perché non avremo mai un Obama o un McCain

Messaggioda l.fustinoni il 09/09/2008, 10:33

Se vogliamo un vero rinnovamento della classe politica, dobbiamo, con pazienza (molta pazienza, perchè bisogna iniziare dal basso) far diventare le "primarie" una prassi comune per la selezione dei candidati a tutte le competizioni politiche, a partire dalle elezioni amministrative.
Le "preferenze" sono meglio di nulla, ma non risolvono il problema. Non dimetichiamo che anche con le prefrenze, le liste dei candidati sono comunque preparate dai partiti.. la differenza con le liste bloccate esiste, ma la facoltà dei cittaini di scegliere è limitatissima: esprimere la preferenza e contribuire ad eleggere una decina di persone tra una lista di una ventina, comunque preparata dai partiti.
La vera soluzione ci sarà quando si avrà il coraggio di mettere in lista solo candidati scelti dai cittadini, nelle rispettive circoscrizioni elettorali (nessun leader paracadudato da chissà dove a far da specchietto per le allodole).
A quel punto va bene eliminare anche la lista bloccata, eliminando le preferenze, perchè il candidato (o i candidati) è già stato scelto dai cittadini.
Il PD ha iniziato con una specie di kermess che hanno chiamato "primarie"... Ora abbia il coraggio di eseere veramente un partito nuovo, la novità della politica italiana. Studi e metta a punto un sistema di "primarie" vero, dove qualsiasi cittadino possa presentarsi (senza bisogno di 10 o 100 o mille firme di presentazione...) solo con le proprie idee, le proprie convinzioni, i propri progetti e venga giudicato e scelto dai cittadini del suo territorio.

Luciano Fustinoni
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Re: Perché non avremo mai un Obama o un McCain

Messaggioda Paolo65 il 09/09/2008, 14:13

Sono proprio le primarie vinte da Veltroni un ottimo esempio negativo per la selezione dei leader.

A quelle primarie avrebbero dovuto partecipare tutti i big, anche Prodi a mio parere.

Sarebbe stata un'appassionante lotta tra leader e chi avrebbe vinto,anche di un solo voto, non avrebbe avuto nessuna macchia e ombra come invece ha Veltroni, seppur vincitore col 75% dei consensi.

Se oggi un Parisi o un D'Alema si sperticano in critiche molto forti su Veltroni è perchè non lo ritengono il vero segretario voluto dal popolo delle primarie,ma chi ha vinto una gara truccata.

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Re: Perché non avremo mai un Obama o un McCain

Messaggioda mauri il 13/09/2008, 19:45

xchè la nostra sinistra è un fai da me
ci vuole strategia e con un bel corso di comunicazione in america, di tutto lo staff veltroni compreso e diventa obama, i lider si creano

xchè la nostra sinistra non ci fa sognare, ci dice che dobbiamo pagare più tasse, ci dice che l'italia va male e le famiglie non arrivano a fine mese, non è bello sentire la realtà anche se la viviamo con fatica

la destra ci racconta che va tutto bene e ci fa sognare, loro risolvono i problemi e ci alleggeriscono lo spirito
la sinistra ci appesantisce, quell'insostenibile pesantezza di un'anima pure litigiosa

il governo ombra è un fantasma e i media non sono interessati, vogliono notizie e slogan come i grembiulini, condotta, nucleare, maestro unico, pattume, puttane e i puttanieri... tutti struzzi
insomma sembra che berlusconi e c. facciano un sacco di cose e i giornali ingrassano
noi ci facciamo seghe mentali e ci facciamo del male, pragmatismo e decisione vincono
bella domenica, mauri
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Re: Perché non avremo mai un Obama o un McCain

Messaggioda pagheca il 13/09/2008, 21:24

oppure semplicemente perche' con un elettorato come il nostro e' impossibile, oggi.
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Re: Perché non avremo mai un Obama o un McCain

Messaggioda lucameni il 13/09/2008, 21:53

Anche.
Una cosa non esclude l'altra.
Anzi forse l'una è concausa dell'altra. E viceversa.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Perché non avremo mai un Obama o un McCain

Messaggioda pagheca il 14/09/2008, 11:14

lucameni ha scritto:Anche.
Una cosa non esclude l'altra.
Anzi forse l'una è concausa dell'altra. E viceversa.


Caro Luca, c'e' stata una forte sottovalutazione di questo problema nelle discussioni postelettorali di cui ho letto. Sembra che si dimentichi che il teorema "chi fa la proposta piu' giusta vince", e' stato smentito un'infinita' di volte, soprattutto nei momenti di difficolta' economica.

Non si tratta di una scusa per la politica ad andare in cerca del peggio o ad essere perdonata, ma insomma, secondo me non esiste oggi una soluzione in Italia alle "equazioni" che decidono come si vincono le elezioni.

Un Obama in Italia non verrebbe preso sul serio, e secondo me non lo sara' nemmeno negli USA.

saluti,
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Re: Perché non avremo mai un Obama o un McCain

Messaggioda franz il 14/09/2008, 13:54

pagheca ha scritto: Sembra che si dimentichi che il teorema "chi fa la proposta piu' giusta vince", e' stato smentito un'infinita' di volte, soprattutto nei momenti di difficolta' economica.

credo che dovremmo riflettere su cosa sia la proposta piu' giusta .
A quanto pare se ci sono differenze tra la nostra percezione e quella dell'elettorato, si creano problemi.
Ma è solo un problema di comunicazione? Sicuri?

Ciao,
Franz
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Re: Perché non avremo mai un Obama o un McCain

Messaggioda annalu il 14/09/2008, 17:06

franz ha scritto: Ma è solo un problema di comunicazione? Sicuri?


Obama può vincere o perdere le elezioni presidenziali (spero proprio che vinca, soprattutto dopo la nomina della Palin come vice di McCain) ma la ventata di novità che ha portato rimarrà comunque.
E' sciocco chiedersi se un personaggio simile potrebbe o meno nascere nel nostro quadro politico: le personalità originali ed innovative sono insieme persone speciali e frutto di una serie di contingenze casuali.

Obama è un ottimo oratore, ma non solo, è un vero trascinatore di folle. Trascina e coinvolge riferendosi ad ideali che riteniamo giusti, di tolleranza e convivenza tra diversi, di sostegno ai più deboli.
Questi ideali riesce a rappresentarli anche con la sua stessa vita ed il suo aspetto fisico, insieme americano wasp, afroamericano ed europeo.
Queste situazioni si realizzano in genere nei periodi sociali di grande transizione, e possono realizzarsi ovunque, se si presentano le occasioni e le personalità adatte.

In questo momento storico gli USA rappresentano la culla ideale per l'innovazione.
Obama, nel partito democratico, è risultato inaspettatamente vittorioso contro i potentissimi Clinton, e questo già significa qualcosa.

Speriamo che vinca, e che porti davvero negli USA e nel mondo quella ventata di innovazione che ha promesso.

annalu
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