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Il pd non si è accorto di nulla?

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Il pd non si è accorto di nulla?

Messaggioda flaviomob il 05/04/2012, 16:54

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04 ... si/202082/


Inaugurava i beni confiscati e si scusava con i mafiosi. Sindaco in carcere, non si dimette Succede a Campobello di Mazara (Trapani) e il primo cittadino si chiama Ciro Caravà, eletto in quota Pd. E' stato arrestato quando aveva da poco iniziato il suo secondo mandato. Le intercettazioni hanno dimostrato un rapporto di fiducia e di subordinazione rispetto agli uomini dei clan localiIl sindaco è in carcere perché accusato di avere rapporti con la mafia, ma non molla la poltrona. Succede a Campobello di Mazara (Trapani) e il sindaco si chiama Ciro Caravà, eletto in quota Pd. Caravà diceva di combattere per la legalità e contro la mafia, andandosene però in giro a fare favori ai mafiosi e magari a scusarsi se ogni tanto doveva prendere precise posizioni, anche contro la cosca locale. A dicembre è stato arrestato.

Caravà resta sindaco, sebbene non possa più esercitare il mandato. E’ in cella e il prefetto di Trapani lo ha anche sospeso. La misura cautelare qualche giorno addietro ha ricevuto anche il sostegno della Cassazione, ma lui non si dimette. Ragioniere, 50 anni, è stato arrestato quando aveva da poco iniziato il suo secondo mandato di primo cittadino a Campobello di Mazara.

Siamo nel cuore del Belìce: Campobello di Mazara è terra di intrecci tra mafia, massoneria, politica, impresa. “Cosa Nostra pasce e cresce dove la politica è debole” dice don Luigi Ciotti di Libera e a Campobello è così. Da sempre. Il paese è ad un tiro di schioppo da Castelvetrano, la terra del super latitante Matteo Messina Denaro, e secondo le accuse della Dda di Palermo, il sindaco avrebbe dispensato favori agli “amici degli amici” della cosca di Messina Denaro. Nel suo ufficio teneva le foto di Falcone e Borsellino e però di lui i mafiosi in paese dicevano “Ciro è cosa nostra”. Esponente del Pci nella prima repubblica, nel Pd è approdato nella seconda repubblica, dopo essere stato con Forza Italia, poi con Democrazia Europea di Sergio D’Antoni.

La sua poltrona aveva scricchiolato alcuni anni addietro, dopo due blitz antimafia che servirono alla polizia per fare terra bruciata attorno a Messina Denaro, uscirono fuori delle intercettazioni e partì un’ispezione prefettizia che si concluse con la proposta di scioglimento per mafia. Tuttavia la proposta, avanzata dalla prefettura di Trapani, arrivata sul tavolo dell’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, restò senza risposta: a Campobello nonostante indagini e ispezioni si tornò a votare e Caravà fu rieletto sindaco.

Poi arrivarono i carabinieri con l’operazione “Campus Belli” e tra gli arrestati finì anche il sindaco fresco di rielezione. Oggi il Comune di Campobello è stato commissariato dalla Regione per le dimissioni della giunta e dei consiglieri comunali, è in corso una seconda ispezione prefettizia, ma il sindaco – dal carcere – continua a non volere dimettersi: se fosse servita un’ulteriore dimostrazione della sua concezione di legalità, l’ha ulteriormente palesata.

Caravà, intercettato, dopo l’inaugurazione di un bene confiscato alla mafia, cercava di giustificarsi al telefono con i suoi interlocutori: “Io questo ho dovuto farlo…”. Un sindaco dalla “doppia faccia”. I mafiosi e i presunti tali intercettati ne avrebbero provato la disponibilità. Per esempio quando c’era da punire una vigile urbano, che aveva fatto una multa che secondo i “mammasantissima” del paese non avrebbe dovuto verbalizzare: “L’ho detto al sindaco, a Ciro, la deve trasferire. Gli ho detto: si deve trasferire quella. Se non la trasferiscono faccio un casino A questa le faccio rimpiangere il giorno che è nata”.


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Re: Il pd non si è accorto di nulla?

Messaggioda flaviomob il 06/04/2012, 11:07

Il colpo e la colpa

Così, siccome sono preso male, faccio un riepilogo di alcuni avvenimenti degli ultimi vent’anni.

Quando dicevamo, giusto un anno fa, che la Lega non era un interlocutore, eravamo noi a non capire la sottile strategia che ci stava dietro.

Quando dicevamo che si doveva cambiare il regime dei rimborsi elettorali (anni fa, prima ancora della prima Leopolda), ci dicevano che eravamo demagoghi.

Quando chiedevamo trasparenza a fondazioni, gruppi di potere, correnti a testuggine e liste bloccate, eravamo considerati rompiscatole, ossessionati dalle primarie e da «cose che in Italia non funzionerebbero».

Quando auspicammo che Ds e Margherita si presentassero insieme, nel 2006, senza fare pasticci, non ci diedero ascolto.

Quando cercammo di difendere Prodi, la prima e la seconda volta, anche in quel caso eravamo considerati ingenui. Che non capivamo la politica.

Quando dicevamo che il Pd doveva mollare Lombardo, ci dicevano che non capivamo la Sicilia. E infatti Palermo l’hanno capita tutti benissimo.

Quando chiedevamo di lanciarci nelle sfide di Milano e delle altre città al voto nel 2011, ci consigliarono prudenza, perché poi magari si perdeva, e allora.

Quando segnalammo il dato abnorme del tesseramento di Napoli nel 2009, ci dicevano che andava tutto bene, salvo poi cadere dalla sedia, l’anno dopo, per le primarie di cui non conosciamo ancora l’esito.

Quando dicevamo di non liquidare l’antipolitica, di indagare quel rancore che montava, di ascoltare le voci dei nostri ex elettori che andavano a popolare le file dell’astensionismo e dei movimenti civici, ci dicevano che era un errore strategico. Perché era un’operazione fatta contro di noi. Già. Bella scoperta.

Quando parlavamo di astensione, di movimenti, di referendum, facevano spallucce.

Quando chiedevamo di scegliere i parlamentari (cosa ovvia), ci rassicuravano e, nello stesso momento, ci facevano capire che però, in fondo in fondo, non si può.

Quando ci siamo chiesti perché abbiamo messo il limite dei mandati nello Statuto se nessuno ha intenzione di rispettarlo, ci hanno guardato in modo strano. Non vorrai mica rinunciare a questo? E a quello? E a quell’altro?

Quando chiedevamo una lettura politica del caso Penati, e non solo frasi di circostanza, ci davano degli sciacalli (peccato che tutti i penatiani, però, si siano volatilizzati, e chi vi scrive sia tra i pochi che conserva foto e volantini con il suo nome, nonostante da anni ci fosse una lontananza molto marcata tra di noi).

Quando chiedevamo e chiediamo un ricambio logico, di buon senso, naturale, ci davano e ci danno degli stronzi, e in fondo non ci rispondevano. E ancora non ci rispondono. Perché non vuole andare via nessuno. Zero.

Però assicurano che faranno «subito» le cose che non sono state fatte in questi anni. Una legge sui partiti, immediatamente. E anche le norme sulla corruzione che sono una vera urgenza (che urge dal 1999).

E che per fare «subito» queste cose, ci si deve affidare alle stesse persone che non lo hanno fatto. Forse perché sanno come (non) si fanno le cose.

E infine, quando dicevamo che ci saremmo dovuti preparare per il voto fin dal dicembre scilipotiano del 2010 e che, un anno dopo, l’operazione Monti si basava su un equilibrio delicato, alla Nanni Moretti, e che andava bene quindi l’emergenza, ma che non mancavano le insidie (di due tipi: la tenuta di una maggioranza del genere e il facile gioco dei tecnici coraggiosi contro i politici che non accettano la sfida), ci dicevano che sbagliavamo. E che non avevamo il passo da statisti.

Stanno saltando tutti i partiti, in un clima da colpo di Stato per la politica istituzionale, che in verità non è un colpo, ma una colpa. E non dello Stato, ma di chi l’ha guidato. E di chi non ha saputo fare un po’ meglio, per dare segnali più chiari e nitidi. Una cosa è certa: era difficile far peggio di così.

E certo è colpa della destra. E di quelli che stanno saltando, in queste ore. Ma anche noi, guardiamoci in faccia, ogni tanto.

E quando parliamo di riforma della politica, siamo conseguenti. Perché ci vogliono protagonisti, modalità e regole nuove. E se non vi sembrano argomenti sufficienti, mettetela così: perché è già troppo tardi. E dal 1993 siamo già passati. E allora, prima, c’erano i partiti. Adesso ci sono molto meno anche prima. Figuriamoci dopo.

Pippo Civati

http://www.ciwati.it/2012/04/05/il-colpo-e-la-colpa/


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