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Bertinotti unisce il Prc ma non basta

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Bertinotti unisce il Prc ma non basta

Messaggioda franz il 27/07/2008, 9:50

Ancora nulla di fatto alla fine della terza giornata del congresso
Bertinotti illude, Ferrero alza paletti. Grassi: "Nichi, Paolo, parlatevi"
Rifondazione non trova l'accordo
Drammatica conta per la segreteria

Gli appelli alla responsabilità di Migliore, Deiana e De Palma
Spunta una terza via: la carica di Presidente accanto a quella del segretario

dal nostro inviato CLAUDIA FUSANI
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Da sinistra, in alto: Vendola, Ferrero, Bertinotti, Grassi
CHIANCIANO - La speranza dura poche ore, quelle dell'effetto-Bertinotti, dei 27 applausi in 24 minuti, del "ricominciamo dal basso" e delle lacrime agli occhi. La terza giornata del VII congresso di Rifondazione, quello che decide le sorti del partito dilaniato in 5 mozioni, comincia con la notizia della possibile candidatura di Paolo Ferrero (documento 1). Passa dalla grande emozione del discorso di Bertinotti. Finisce con un'altra spaccatura, netta, fisica, una paratia che cala nel palazzetto che ospita il congresso nel parco termale di Chianciano e lo divide in due.

Succede quando alle 18.30 prende la parola Paolo Ferrero: non si candida, ma detta una linea politica che esclude ogni mediazione con la piattaforma di Vendola. E quando scende dal palco la parte destra della platea prima lo applaude, poi fa salire i cori: "Avanti popolo/ alla riscossa/ bandiera rossa trionferà/ evviva il comunismo e la libertà" e "Bella ciao". Si alzano i pugni chiusi. L'altra metà della platea tace, imbarazzata, avvilita. Stupita. Non è così che doveva andare.

Alla fine del terzo giorno non c'è una ricomposizione. E resta solo l'appello all'unità di Claudio Grassi: "Nichi, Paolo, parlatevi. Io non faccio inciuci, non lascio la mozione che ho presentato. Ma ragioniamo, insieme, perché non se ne può più di frantumare la sinistra. Abbiamo più partiti comunisti del resto del mondo e il minimo storico dei voti. Se Rifondazione si divide in due, Rifondazione non ci sarà più". Si va alla conta, quindi, domattina, nel Comitato politico. E sarà all'ultimo voto.

Grassi, il mediatore. "Questo documento è nato con me, io cerco l'unità, lavoro per la mediazione ma sono un comunista e non posso tradire". E' notte, quasi le due, quando Claudio Grassi, promotore della mozione 1 per il congresso di Rifondazione comunista, parla in una saletta dell'hotel Ambasciatori. Davanti a lui le decine di delegati del documento che però è ancora senza candidato alla segreteria e che si oppone alla mozione 2, quella di Nichi Vendola. Ci sono Paolo Ferrero, Ramon Mantovani, Maurizio Acerbo. E' lo stesso giovane e appassionato portavoce della mozione che di prima mattina traduce il senso delle parole di Grassi: "Ferrero si candiderà. Abbiamo fatto i calcoli, dovremmo farcela".

Ma Ferrero non si candida. Parla quindici minuti, chiede di non interromperlo con gli applausi perché vuole parlare (ne raccoglie comunque 17). Chiede "chiarezza per un progetto politico e il programma che uscirà dal congresso" altrimenti questi giorni saranno stati solo "un litigio tra galli nel pollaio". Quindi detta i punti del progetto: "Uscire dalla sconfitta con una svolta a sinistra. Abbiamo sbagliato, io per primo, tutte le analisi. Ed è chiaro che non si può governare con questo Pd". Ripartire a sinistra, quindi, "in basso, dal radicamento sociale, dalla ricostruzione di un limpido conflitto di classe in questo paese". Bertinotti lo ascolta e scrolla la testa. Altrimenti, continua Ferrero, "i lavoratori sono uno contro l'altro come merci nella concorrenza". Lascia il palco con un parola d'ordine: "Il comunismo è una risorsa". Partono i cori, i pugni alzati, li guida Nunzio D'Erme. E' la spaccatura del partito che si vede e si tocca.

Due linee contro. Una situazione con un sapore vagamente autodistruttivo. Lo scontro Vendola-Ferrero e la mancanza di un punto di unità tra le cinque mozioni (mai così tante nella storia di Rifondazione) in un partito che ha il 3 per cento e deve ricominciare, assomiglierebbe tanto all'inizio della fine. "Si va verso la distruzione del partito" taglia corto Giordano.

Durante il giorno nei gazebo e nelle riunioni parallele, un "gruppo di contatto" tra le mozioni ha cercato la mediazione. Quella della 1 pretendono l'addio al processo della costituente di sinistra; il rilancio di Rifondazione; la presentazione del partito con il suo simbolo alle europee; la netta autonomia dal Partito democratico. Esattamente l'opposto, almeno nei due punti fondamentali come la costituente e il rapporto col Pd - della linea Vendola.

Il pallottoliere. Stando così le cose si rimette in moto il pallottoliere. Ferrero potrebbe superare di poco il 50% dei voti dei delegati: al suo 40% aggiungerebbe quelli dei trotzkisti di Claudio Bellotti (circa il 3%) e almeno una parte di quelli della mozione 3 (Pegolo-Giannini, 7,7%). Vendola parte dal 47,7 per cento. Per lui superare il 50 per cento è molto più semplice. Restano in ballo il 3,2% della mozione 4 (De Cesaris-Russo) e l'1,5 degli antimilitaristi della 5. E c'è sempre un pezzo della 3 che guarda all'astensione. Gennaro Migliore e Michele De Palma fanno dal palco un appello "al voto libero, in coscienza, lasciando perdere una volta per tutte correnti che lacerano il partito". Elettra Deiana si appella al ritorno alla politica affinché "prevalga su questo disastro autodistruttivo". "Dobbiamo guardare avanti - dice l'ex vicepresidente della Commissione Difesa - uscire dalla retorica e dalla autoreferenzialità e occuparci di quello che sta avvenendo nel paese. Servono nuovi concetti, nuove parole, nuove azioni. Serve politica attiva e non politicienne". Prevarrà l'appello alla responsabilità?

La terza via. Una giornata e una notte con molti stop and go. E zeppa di riunioni. Ma con il passare delle ore è sempre più evidente che tutto è rinviato a domani, alla conta finale del Comitato politico che dovrà eleggere il segretario. "E qui - avvertono dalla mozione 1 ancora senza candidato - potrebbe sortire una terza via". Suggerita dalla Commissione statuto che si riunisce nottetempo. Potrebbe risorgere dalle ceneri la figura del Presidente che affianca quella del segretario. E' stato presidente Armando Cossutta, e poi andò come andò, con la scissione e la nascita del Pdci (1998). Adesso il binomio sarebbe già pronto: Grassi presidente, Vendola segretario. Due partiti in uno solo. Che deve restare disperamente unito almeno fino alle prossime europee.

(26 luglio 2008)
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Re: Bertinotti unisce il Prc ma non basta

Messaggioda ranvit il 27/07/2008, 10:49

Mai piu' con la sinistra radicale!
Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Bertinotti unisce il Prc ma non basta

Messaggioda franz il 27/07/2008, 18:40

dal sondaggio di repubblica ....

A sinistra del PD
E' il mese dei congressi delle forze politiche che facevano capo alla Sinistra Arcobaleno. Secondo voi, a sinistra del Pd
1. c'è spazio per una sola forza politica 50%
2. c'è spazio per un partito di sinistra e per uno ambientalista 23%
3. non c'è spazio per altri partiti 11%
4. a sinistra del Pd possono esistere solo i movimenti 14%
5. non so 2%


28137 voti alle 18:31
sondaggio aperto alle 15:56 del 20-07-2008



Se la maggiore forza politica della sinistra arcobaleno già da sola rischia di spaccarsi a metà, dubito che il resto sappia unirsi.
A mio avviso dobbiamo saper accogliere le forze piu' riformiste ed unitarie della sinistra arcobaleno e lasciare i settari da soli.

Ciao,
Franz
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Re: Bertinotti unisce il Prc ma non basta

Messaggioda franz il 27/07/2008, 20:48

Tessere (e) trame, però invisibili al mondo intiero

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Re: Bertinotti unisce il Prc ma non basta

Messaggioda Paolo65 il 28/07/2008, 9:55

Con Ferrero è un ritorno al passato, dannoso per RC e per la sinistra tutta e quindi anche per l'intera opposizione.

Due conti semplici ci fanno capire che siamo condannati all'opposizione per molto tempo:

1.il PD anche con il massimo ottimismo difficilmente supererà il 35-37%
2.senza un 8% di elettorato di sinistra non si va da nessuna parte.

Il punto è che se la sinistra deve essere quella rappresentata da Ferrero, meglio che governi il PDL.

La vedo nera perchè dopo 2 governi la DX ha cambiato pelle ed è diventa compatta e tosta.
Se avrà altro tempo potrebbe fare ancora più esperienza,anche a livello di enti locali, e dilagare.

Ripeto un concetto: la SC è stata finora la quinta colonna della DX e lo è tutt'ora anche quando non c'è in Parlamento, perchè se continua e seguire in qualsiasi forma il comunismo, non permetterà per molto tempo al resto del CS di andare al governo.

Spero che il PD non faccia passi di avvicinamento con questa sinistra,perchè sarebbe il colpo di grazia ad una credibilità ancora debole del partito.

Paolo
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“Falce e Macello, un partito alla macchia”

Messaggioda franz il 28/07/2008, 18:50

NetMonitor http://netmonitor.blogautore.repubblica.it/?ref=hppro

“Falce e Macello, un partito alla macchia”
Lunedì, 28 Luglio 2008

“Che mondo sarebbe senza Ferrero… ?” La domanda se la fa Suibhne e si chiede perché i giornali parlino tanto di Vendola e poco dell’uomo che ha vinto il congresso di Rifondazione. E mica solo i giornali, i blog mica scherzano a vendoleggiare (perfino a destra), anche se le sensazioni e i commenti vanno dal pessimista al catastrofico, con una sola singificativa eccezione. Mario Adinolfi, esponente democratico, che dice: “Ma questo congresso di rifondazione è piaciuto solo a me? (…) Insomma, m’è sembrato un conflitto libero e democratico sui destini di una forza politica. E se ne avessimo tanto bisogno anche noi nel Pd, in particolare dopo le visitine a Casini di Fassino e Rutelli?”.

L’amarezza si fa ironia: “Noi con i compagni dell’Udc” - Mastica amaro Invarchi che ironizza: “La fine della storia. Ora che pure Rifondazione comunista si è ufficialmente data alla macchia, noi di sinistra faremo la rivoluzione con i compagni dell’UDC. Imbracciando la lupara. E Poverobucharin: “Ma perché il partito si chiama ancora rifondazione? Chiamatelo Democrazia proletaria, non suona meglio?”. E MiaNonnainCarriola: “la Repubblica titola: Rc, la notte dei lunghi coltelli Errore! E’ la notte dei corti temperini “.

I Pd sgomenti e interessati - Si duole per la sconfitta di Vendola Ivan Scalfarotto : “Continuiamo a farci del male“. Ma va molto oltre qualcun altro: “Non possiamo lasciare troppo scoperto lo spazio alla nostra sinistra dell’elettorato, e dobbiamo evitare che gli elettori in libera uscita della sinistra vadano verso Di Pietro” scrive Andrea Catena. E a partire da un giudizio negativo su Rifondazione Kalash accusa: “Io mica ce l’ho con loro. Del resto, loro sono comunisti e no global: lo riconoscono, lo ammettono con onestà, e mi stanno pure simpatici per questo. Io, piuttosto, ce l’ho con chi, nel mio Partito, voleva trasformare il congresso di Rifondazione in un’appendice esterna del PD, con i dalemiani di Red a fare il tifo per Vendola e per il rilancio dell’alleanza a sinistra”.

“E’ la traversata del deserto” - La definizione, d’ispirazione biblica, è di Settoredemokratico. Si apre qui la schiera dei commenti seri, amareggiati, disorientati. “E’ una decisione che li riporta indietro di vent’anni” per Democonvinto. E infine per Pornopolitica: “Falce e Macello: l’impressione è che rifondazione abbia deciso di morire per davvero”. Elfobruno si lascia andare a un’invettiva: “Hanno vinto i duri&puri, quelli che pensano di cambiare la società cantando Bandiera Rossa e inneggiando al Che e a Cuba. Ok, in democrazia funziona così e onore al vincitore” . Per Luigi Rossi: “Verdi, Pdci e Rifondazione completano il lavoro di Veltroni: la sinistra è morta“. Per Makia: “Ha ragione Vendola, qui c’è da chiamare il 113″. C’è infine chi si rivolge direttamente al governatore della Puglia, come CultureMetropolitane: “Caro Nichi, perché restare? I no li abbiamo capiti ma i si quali sarebbero? Perché perdere altro tempo prezioso?”

E anche chi di sinistra non è… Anche chi non è di sinistra ha qualcosa da dire, come Schegge di Vetro: “Solo tra i comunisti può accadere che 4 mozioni diverse (minoritarie) si mettano d’accordo per far perdere la mozione che aveva la maggioranza relativa (47,3%) e a cui mancavano solo 6 voti per quella assoluta”. Molte le parole di stima per Vendola: “Sono riusciti a scrivere la parola fine, bruciando l’unico leader capace di vedere la luce alla fine del tunnel” scrive Tiziano Caviglia. Lo dice anche chi ha conosciuto Vendola di persona, come Nicola Vacca-Nel verso giusto: “ Sì, avremmo preferito un comunista che si interroga, a un altro che è convinto di ripartire dalle drammatiche giornate della Rivoluzione d’Ottobre. Rifondazione comunista finisce in un gulag.

Un post per intero - Ferrero batte Vendola: Poteva capitare solo a un congresso tra comunisti che un valdese avesse la meglio su un cattolico. da Malvino

(a cura di vittorio zambardino)

Questo post è stato completato alle ore 13 del 28 luglio 2008

L’immagine è tratta dal blog Suibhne
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PRC: a rischio la collaborazione nelle giunte locali

Messaggioda franz il 28/07/2008, 18:54

Il nuovo corso di Paolo Ferrero segretario di Rifondazione mette in forse
i rapporti col Pd. A rischio la collaborazione nelle giunte locali

Prc, il futuro dopo il congresso
In Calabria il primo strappo

Scarpelli, vendoliano: "Torniamo in giunta". Veltroni:"Sconfitte posizioni dialoganti"
Sono 3.500 in tutta Italia i politici di Rifondazione coinvolti nei governi locali
di CLAUDIA FUSANI

ROMA - La scissione che-c'è-ma-non-c'è, la "tocchi" invece già il giorno dopo. Anzi, poche ore dopo l'incoronazione di Paolo Ferrero a quarto segretario del partito della Rifondazione comunista con appena otto voti di vantaggio sull'area vendoliana. Pino Scarpelli, segretario regionale calabrese di Prc e rappresentante dell'area sconfitta, annuncia che rientrerà nella giunta Loiero, una giunta di marca Pd. Erano usciti un anno fa, come conseguenza della questione morale. "Ora il quadro è cambiato e noi rientriamo" spiega Scarpelli. Peccato che il primo punto del documento Ferrero dica proprio mai più col Pd ("è stata superata la fase caratterizzata dalla collaborazione organica con il Pd") e proponga - sono le richieste dei trotzisky e della minoranza della falce e del martello - la "costituente comunista" e il progetto di uscire dalle alleanze locali.

Non solo. Appena eletto il neo segretario ha spiegato: "Il fatto che non ci siano le condizioni per un accordo col Pd non vuol dire che rompiamo con tutte le giunte. Valuteremo caso per caso. Tradotto in italiano - ha aggiunto - questo vuol dire che va bene la giunta pugliese, non va bene rientrare in quella calabrese che comporterebbe un problema politico e un imbarazzo per la questione morale". Detto fatto: oggi Scarpelli annuncia il rientro. Il contrario di quello che ha detto il neo-segretario. Il messaggio, ai vincitori, è chiaro: "Avete voluto vincere in tutti i modi, però il partito centralista che avete in mente è per noi un arretramento politico e culturale e a livello locale decidiamo in proprio".

Aver spaccato il partito significa anche dover rispondere a questa domanda: cosa fare nei governi locali dove l'alleanza politica col Pd è al governo?

SONDAGGIO SULLE GIUNTE DI CENTROSINISTRA

Si tratta di una faccenda che riguarda 3.500 consiglieri ed amministratori locali in tutto il paese con una presenza radicata in tutte le venti regioni italiane. Rifondazione governa in 13 regioni su 20, praticamente tutte quelle amministrate dal centrosinistra tranne Toscana, Basilicata e Calabria (Rc era uscita ma ora Scarpelli rientra). Ha un governatore , "lo sconfitto" Nichi Vendola, 13 assessori e 51 consiglieri. A livello provinciale il partito conta un presidente a Ascoli Piceno, 70 assessori e 160 consiglieri. Nei comuni, infine, sono di Rifondazione tre sindaci di comuni oltre i 15 mila abitanti (Cinisello Balsamo, Gubbio, Acerra) e circa 40 sindaci di piccoli comuni. Nei comuni capoluogo Rifondazione conta su 150 consiglieri comunali e circa 40 assessori.

Insomma un esercito di amministratori rigorosamente diviso in due, come il partito, e anche secondo una geografia ben precisa. A nord il partito di Ferrero, al sud quello di Vendola al governo in Puglia, Campania e Calabria. Il partito di Claudio Grassi, l'area di "Essere comunisti", che fino all'ultimo ha provato a mediare tra i due fronti restando però alla fine nella mozione 1, ha la sua roccaforte in Emilia Romagna. I ferreriani, per lo più ex di Democrazia proletaria, sono al governo con Penati (provincia di Milano), in Liguria e in Abruzzo dove Maurizio Acerbo, portavoce della mozione 1, è stato tra i primi a denunciare lo scandalo nella sanità.

La domanda è: cosa succede adesso in quelle giunte dove Pd e Rc governano insieme da anni? A quale Rifondazione devono fare riferimento visto che la linea vincente taglia i ponti con ogni ipotesi progressista e migliorista? Parla di "prospettiva comunista" anziché di "nuova e moderna sinistra"? "Valuteremo caso per caso" ripete Ferrero. Dipende se la linea politica di quella giunta corrisponde a quella del documento 1. Non è così semplice.

Ferrero con gli altri leader della maggioranza - Grassi, Giannini e Bellotti - sono in questo momento nel mezzo di un vortice che travolge tutto il complesso sistema di alleanze e coabitazioni nel centro sinistra e nella sinistra radicale. I frammenti dell'Unione di Prodi.

Il Pd che si sente attaccato, a sua volta attacca."Auguri di buon lavoro al segretario Ferrero - dice Veltroni - ma ritengo che abbia vinto chi ha avuto le posizioni più estreme, più lontane da una cultura riformista. Le posizioni più dialoganti sono state sconfitte". Se si chiude la porta con Rc, a chi guarda il Pd? "Noi confermiamo la nostra scelta di partito a vocazione maggioritaria" e la necessità di avere "alleanze programmatiche", guardando anche altrove. Il capogruppo Soro e il senatore Latorre riconoscono che ora "è più difficile coabitare nelle giunte locali".

L'attacco su Rifondazione è incrociato, da estrema destra e da estrema sinistra. Per Alessandra Mussolini "se Ferrero fosse coerente direbbe subito ai suoi dirigenti di uscire dalle giunte locali dove sostengono il Partito democratico. Nel Pdl c'è curiosità per vedere se tra la propaganda e i fatti esiste ancora un minimo di coerenza tra i sedicenti comunisti". Marco Ferrando, leader di un'altra ex minoranza di Rifondazione poi uscita (il partito comunista dei lavoratori) è ancora più netto: "La nuova maggioranza interna del Prc non è solo una somma spregiudicata di contraddizioni insolubili, ma il frutto di un'operazione trasformista. Ferrero deve rompere con i propri assessori e con le giunte e i poteri forti dove è rappresentato. Perché le svolte a sinistra si misurano coi fatti".

"Gestione unitaria", ha promesso dal palco l'ex ministro eletto segretario. Difficile far coabitare Rifondazione 1 e Rifondazione 2 sotto lo stesso tetto. La linea, per ora, è "opposizione dall'interno senza entrare in segreteria". L'ha data il delegato di Cosenza, Fausto Bertinotti, che tornerà ad essere centrale. In fondo è lui e il bertinottismo "il padre" che il congresso ha voluto uccidere. Così, sulla pubblica piazza del congreso. Così a Roma Rifondazione 2, l'area "Rifondazione per la sinistra, i vendoliani sconfitti, si sono già autoconvocati. Domani la prima assemblea. Nella sede di Rifondazione.

(28 luglio 2008)
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PRC, L'ARROCCO DEI TARTARI

Messaggioda gelormini il 28/07/2008, 19:46

L’ARROCCO DEI TARTARI

di Antonio V. Gelormini

Gli ultimi pugni chiusi ad essere celebrati con qualche dignità erano stati quelli di Tommie Smith e John Carlos sul podio olimpico di Città del Messico, nell’ottobre del 1968. Quelli ostentati ieri a Chianciano sanno invece di patetico, rasentano il ridicolo, ma testimoniano un dato di fatto ineccepibile: Rifondazione Comunista esce dall’ambigua ambizione bertinottiana di provare ad essere forza “di lotta e di governo”. Prende il largo dagli approdi governativi e sceglie di aggrapparsi ai relitti di una lotta di classe, dai contorni identitari nostalgici e piuttosto decadenti.

Ferrero e compagni hanno deciso l’arrocco e si preparano a presidiare la fortezza-partito in strenua solitudine. Unico baluardo di orgoglio, ancora apprezzato, nel microcosmo intellettuale e proletario di un anacronistico pensiero comunista. Come gli ufficiali nel deserto di Buzzati, il nuovo gruppo dirigente si appresta a dare senso all’attesa fatale, con la testa rivolta rigorosamente all’indietro, verso icone di sale come Marx, Lenin o Trotsky. Lo sguardo è sorridente, quasi beffardo, ma nervoso. E tradisce l’ansia per l’incursione finale e liberatoria, che renda merito alla pervicace testimonianza d’azione e ne perpetui l’improduttiva fedeltà ideologica.

Che il nuovo gruppo dirigente si predisponga a combattere fantasmi è sottolineato con stizzita provocazione da uno sconfitto, ma battagliero, Nichi Vendola: “Il documento della maggioranza, che viene fuori da questo congresso, si apre indicando come avversario il governo ombra di Veltroni. Il nostro, invece, si apre indicando come avversario il governo”. E poi ha aggiunto: “Noi non intendiamo abbandonare la battaglia, che non è equilibrio di potere in Rifondazione, ma la ricostruzione di una sinistra che parla al Paese”. Dando il via alla sua corrente “Rifondazione per la sinistra”, pronta a mobilitarsi in tempi brevi forse già a settembre.

Bandiera rossa esaurisce la sua carica propulsiva di riscatto e di speranza, per diventare strumento di minaccia congressuale. “Un brutto spettacolo”, ha chiosato un deluso Fausto Bertinotti. Le note dell’Internazionale perdono accento intercontinentale, per assumere toni nazionalistici ed autocelebrativi di scarsa tenuta e di corta prospettiva. Da domani, meno Europa, meno global e meno tv. Locale è meglio, quindi più sezioni, più patronato e un sano ritorno al conflitto, che come ha indicato Angela Scarparo, compagna del neo-segretario: “Va di nuovo provocato e non più solo gestito”.

La risposta dalle stanze del governo non si è fatta aspettare. Mentre a Chianciano celebravano la svolta, salutando coi pugni tesi il nuovo segretario, Paolo Ferrero, la maggioranza parlamentare ha dato il via allo scempio della legge sui precari e il ministro Tremonti ci mette il carico, blindando il decreto “salvaPoste”. Tanto per far capire che a provocare conflitti si è bravi in tanti. Mentre a saperli gestire, molti di meno. Forse, davvero in pochi.

(gelormini@katamail.com)
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