Il Rosso e il Nero

Qualche anno fa, leggendo la Certosa di Parma, tra le caratteristiche dell'epoca in cui era ambientato il romanzo, notai la facilità con la quale era possibile ad un uomo braccato cambiare stato e regione, dare una falsa identità. Essere insomma libero, in una società dominata da un potere dispotico e da una struttura ferocemente classista.
I giannizzeri del principe non potevano chiedere carte d'identità, non c'era la fotografia, non c'erano fax, carte elettroniche, telefoni e autopattuglie con la radio.
Da allora in poi la tecnologia ha fatto tutti i progressi che conosciamo bene, ma ad ogni tratto di questo progresso non ha corrisposto una maggiore libertà personale, ma al contrario una maggiore "tracciabilità" dei cittadini, un più stretto controllo sociale e in definitiva un potere sempre più vincolante delle autorità di polizia.
In questi ultimi anni, in particolare, sta emergendo un allarme generale che riguarda la privacy e la speculare facilità di ricostruire in tempi brevissimi tutti i dettagli dei movimenti e delle azioni di ogni singola persona, grazie a telecamere, carte di credito, acquisti on-line, banche, assicurazioni, servizi sanitari, bancomat, telepass, telefoni cellulari e mille altri meccanismi tecnologici.
Un allarme che preoccupa i liberal e la sinistra, laddove al contrario sembrano essere decisamente entusiasti coloro che vedono ogni problema come un fatto di "ordine pubblico" e come conseguenza di un "eccesso di libertà" - vale a dire la destra in tutte le sue sfumature.
Ebbene, a fronte di tutto questo, cosa succede adesso nel nostro paese?
Succede che la nostra destra - in omaggio alla sua antica vocazione, e perché in fondo non è capace d'altro - agita da mesi, se non da anni, una voluminosa schiuma sulla "sicurezza", e spara una mitraglia di ipotesi, progetti e disegni di legge imperniati su impronte digitali, pattugliamento dell'esercito, ronde di quartiere, insomma tutta l'armamentario poliziesco tenuto in caldo per decenni.
Conoscendo i nostri eroi padani ed post-missini, non c'era da aspettarsi niente di diverso: d'altra parte, come detto, non sono capaci d'altro.
Succede però che anche la sinistra - o meglio, il PD, unica cosa che somiglia alla sinistra in Parlamento - vota insieme con la destra la norma che stabilisce le impronte digitali sulla carta d'identità, dal 2010.
Una norma, discutibile in se stessa per le ragioni generali evocate all'inizio, ma che appare tanto più grave in quanto è chiaramente un espediente per aggirare le critiche scatenate dal proponimento di schedare selettivamente i rom: schediamo tutti, non solo i rom, così nessuno può parlare di razzismo o xenofobia.
Direi, allora, che - se non altro per suggestione di titolo - dalla Certosa siamo piuttosto indotti a trasmigrare all'altro grande romanzo di Stendhal.
I giannizzeri del principe non potevano chiedere carte d'identità, non c'era la fotografia, non c'erano fax, carte elettroniche, telefoni e autopattuglie con la radio.
Da allora in poi la tecnologia ha fatto tutti i progressi che conosciamo bene, ma ad ogni tratto di questo progresso non ha corrisposto una maggiore libertà personale, ma al contrario una maggiore "tracciabilità" dei cittadini, un più stretto controllo sociale e in definitiva un potere sempre più vincolante delle autorità di polizia.
In questi ultimi anni, in particolare, sta emergendo un allarme generale che riguarda la privacy e la speculare facilità di ricostruire in tempi brevissimi tutti i dettagli dei movimenti e delle azioni di ogni singola persona, grazie a telecamere, carte di credito, acquisti on-line, banche, assicurazioni, servizi sanitari, bancomat, telepass, telefoni cellulari e mille altri meccanismi tecnologici.
Un allarme che preoccupa i liberal e la sinistra, laddove al contrario sembrano essere decisamente entusiasti coloro che vedono ogni problema come un fatto di "ordine pubblico" e come conseguenza di un "eccesso di libertà" - vale a dire la destra in tutte le sue sfumature.
Ebbene, a fronte di tutto questo, cosa succede adesso nel nostro paese?
Succede che la nostra destra - in omaggio alla sua antica vocazione, e perché in fondo non è capace d'altro - agita da mesi, se non da anni, una voluminosa schiuma sulla "sicurezza", e spara una mitraglia di ipotesi, progetti e disegni di legge imperniati su impronte digitali, pattugliamento dell'esercito, ronde di quartiere, insomma tutta l'armamentario poliziesco tenuto in caldo per decenni.
Conoscendo i nostri eroi padani ed post-missini, non c'era da aspettarsi niente di diverso: d'altra parte, come detto, non sono capaci d'altro.
Succede però che anche la sinistra - o meglio, il PD, unica cosa che somiglia alla sinistra in Parlamento - vota insieme con la destra la norma che stabilisce le impronte digitali sulla carta d'identità, dal 2010.
Una norma, discutibile in se stessa per le ragioni generali evocate all'inizio, ma che appare tanto più grave in quanto è chiaramente un espediente per aggirare le critiche scatenate dal proponimento di schedare selettivamente i rom: schediamo tutti, non solo i rom, così nessuno può parlare di razzismo o xenofobia.
Direi, allora, che - se non altro per suggestione di titolo - dalla Certosa siamo piuttosto indotti a trasmigrare all'altro grande romanzo di Stendhal.