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Processo alla meritocrazia

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Processo alla meritocrazia

Messaggioda franz il 04/10/2010, 8:05

Apro qui un nuovo thread, perché gli altri due in cui si parla di questo sono già inflazionati e congestionati.
Qui intendo discutere di come il problema è stato affrontato nel PD (scuola di politica del PD a Cortona).

La giornata e gli interventi audio
http://www.radioradicale.it/scheda/3121 ... azialavoro

All'evento, vero e proprio processo, con accusa e difesa, ha partecipato come difensore un redattore di NoiseFromAmerica e lui (Giulio Zanella) racconta come è andata ed il suo intervento. Alla fine poi c'è stato pure il verdetto. Adinolfi (Presidente della Giuria) proponeva un'assoluzione per insufficienza di prove ma poi (dice Zanella) ha pensato di non contribuire all'ormai noto immobilismo del PD ed ha proposto altro, con applausometro, voto e sorpresa finale.

Buona lettura,
Franz


Processo alla Meritocrazia di giulio zanella, 4 Ottobre 2010

Del dilemma della sinistra tra libertà e uguaglianza ha già detto Aldo nella sua "lettera a un giovane della sinistra" [NDR: e che ho già riportato sul nostro forum qui]. Espressione di questo dilemma è stato il "processo alla meritocrazia" che si è svolto venerdì 1 ottobre alla scuola di politica del PD a Cortona. Ho partecipato a difesa dell'imputata e vi racconto com'è andata. Mi pare che la conclusione del processo (quasi comica, e dovete arrivare in fondo al post per scoprirla :-)), lasci ben sperare: i giovani della sinistra, evidentemente, devono aver già ricevuto la lettera di Aldo.

L'imputata, la meritocrazia cioè, si era seduta al suo banco immaginario con un'aura di retorica truffatrice. Non perché alcuno pensi che si debba premiare chi non merita, naturalmente. Piuttosto per la presunzione che "meritocrazia" sia un trucco retorico per giustificare le posizioni acquisite e le disuguaglianze tra individui che ne derivano. ll presidente della giuria, Massimo Adinolfi, si è chiesto come si forma il merito:

Se il merito si forma socialmente non si capisce perché debba essere premiato individualmente. Se invece deriva da un talento individuale innato non si capisce quale merito ci sarebbe nel possederlo.

Questa è anche la sostanza dell'intervento di Lorenzo Sacconi, al quale è stata affidata l'accusa e che ha ben illustrato questa posizione dal punto di vista della filosofia liberal di John Rawls. Nel mio intervento ho cercato di spiegare perché è una buona idea premiare il merito comunque questo si formi, purché si riesca ad osservare il risultato ottenuto da un individuo o da un gruppo di individui.

Iniziamo a definire di cosa stiamo parlando. Per me la meritocrazia ha due facce. Primo, si tratta di una regola organizzativa: le responsabilità vanno distribuite secondo abilità e talento. Secondo, si tratta di una regola distributiva: il reddito va distribuito secondo l'abilità, il talento, e l'impegno che l'hanno prodotto (qui e in quello che segue uso implicitamente una delle identità fondamentali della contabilità nazionale: il reddito è identicamente uguale al prodotto). Naturalmente si tratta di facce della stessa medaglia: se in un sistema meritocratico uno ha abilità e talento per accedere alle posizioni di maggiore responsabilità nell'organizzazione sociale ed economica di una comunità, normalmente avrà anche un reddito maggiore.

Abilità, talento e impegno sono inosservabili. Quello che noi osserviamo, di solito, è solo l'interazione tra queste e altre cose, ossia il risultato ottenuto da un individuo. Immaginiamo, per semplicità, che quella che chiamo abilità sia innata, e che il risultato si determini così:

risultato = abililità x impegno x altro,

dove "altro" contiene misure di cose come l'istruzione ricevuta, la salute, i contatti sociali, il background familiare, eccetera. Quindi, ad esempio, se sei molto abile ma ti impegni poco ottieni un risultato basso. E se sei molto poco abile oppure provieni da una famiglia o un ambiente sociale svantaggiato e discriminato, otterrai un risultato basso anche se ti impegni molto.

Non potendo osservare, in particolare, abilità e impegno separatamente (gli econometrici chiamano questo un "problema di identificazione") meritocrazia vuol dire che uno è premiato il base al risultato. Prima di chiederci se questo è giusto, chiediamoci se ha una ratio economica. La ratio è semplice: mentra abilità e "altro" sono in gran parte date (e possono dipendere in buona parte dalla fortuna), l'impegno è qualcosa che un individuo sceglie e dipende da quanta parte del risultato l'individuo può tenere per sé. Se sai che verrai espropriato dei frutti del tuo impegno, perché impegnarsi? D'altra parte se sai che hai un diritto di proprietà pieno sui frutti del tuo impegno allora ti impegnerai molto. Chiaro, no?

Quello che ho descritto è un semplice sistema di incentivi: la meritocrazia (premiare il risultato) è l'incentivo a impegnarsi, facendo così funzionare abilità e talenti innati. In questo semplice mondo che ho descritto il reddito aggregato (la somma dei risultati determinati come sopra) è massimo quando vige la meritocrazia.

Questo primo aspetto del problema riguarda, quindi, l'efficienza. Una volta che sappiamo come raggiungere l'efficienza possiamo porre la questione della giustizia, cioè chiederci se quello che ne deriva è giusto oppure no. Dico "possiamo" perché per qualcuno la domanda non si pone neppure: o non la trova interessante (ad esempio perché la trova adatta a pura speculazione filosofica e inadatta a organizzare la società), o la trova vuota. Io la trovo interessante quantomeno per curiosità intellettuale, per cui procedo.

Meritocrazia implica, ovviamente, disuguaglianza. Molti considerano la meritocrazia ingiusta solo per questo. È una posizione legittima (meglio uguali a Pyongyang che disuguali a Roma, Londra, o New York, dice essenzialmente questa posizione) ma che tolgo subito di mezzo se no non c'è più nulla di cui discutere. Condannare la meritocrazia perché ci rende disuguali è come condannare la democrazia perché c'è una minoranza che perde.

Partiamo allora da due casi polari, che aiutano a fissare le idee.

Caso 1: solo impegno. Immaginate che il risultato dipenda solo dall'impegno:

risultato = impegno

In questo caso tutti (credo io) giudichiamo la meritocrazia giusta. Poiché basta impegnarsi per ottenere un buon risultato (e assumendo che l'impegno sia ugualmente esercitabile da tutti) nessuno ha scuse: se hai prodotto poco è perché ti sei impegnato poco. In questo caso, che rappresenta la chimera delle uguali posizioni di partenza, la regola "chi non lavora non mangia" suona sacrosanta.

Caso 2: solo fortuna. Immaginate ora che il risultato dipenda solo dall'abilità, che abbiamo ipotizzato innata e quindi prodotto di una "lotteria della natura", come la chiamava Rawls:

risultato = abilità

In questo caso la meritocrazia produce un risultato che potremmo percepire come ingiusto: se tutti sanno che una certa distribuzione del reddito è prodotta dal puro caso, da una lotteria in cui a ciascuno è distribuito gratuitamente un biglietto, quelli che perdono non ci stanno e giudicheranno il risultato ingiusto. Anche i vincenti intellettualmente onesti riconosceranno, probabilmente, di non aver meritato alcunché.

La verità sta in mezzo a questi due casi: il risultato è determinato da una combinazione di abilità innate, impegno, e le "altre cose" descritte sopra. [Apro una parentesi. L'effetto di queste "altre cose" è mitigato in molte società orientate al welfare: sanità pubblica, istruzione pubblica, e leggi anti-discriminazione, per citare solo tre esempi, sono istituzioni che servono a ridurre il legame tra disparità alla nascita e disparità dei risultati individuali. Ne deriva che le società orientate al welfare dovrebbero essere, condizionatamente all'esistenza di queste istituzioni, più propense a considerare la meritocrazia giusta. Non mi pare sia così e mi sto chiedendo ancora perché. Chiusa la parentesi.]

In questo caso è molto più difficile giudicare cosa è giusto e sorgono due domande:

1. Come decidiamo se una distribuzione meritocratica è giusta?
2. Cosa facciamo se decidiamo che non lo è, sapendo che se espropriamo gli individui del loro prodotto avremo meno prodotto perché distorciamo l'impegno?

Un criterio è quello che ha descritto Aldo nel suo post e al quale rimando per i dettagli: il velo di ignoranza. Riprendo il caso descritto di Aldo: ci sono due persone al mondo, tu e un'altra; quale distribuzione del reddito preferisci non sapendo cosa ti toccherà in sorte? Ad esempio:

(2,8) oppure (5,5)?

In questo caso tutti o quasi scegliamo (5,5) perché siamo tutti o quasi avversi al rischio: in questo caso non ci piace l'idea di finire con 2 quando possiamo ottenere 5 con certezza. Se la distribuzione (2,8) riflette differenze di abilità, impegno e il resto, stiamo dicendo che con questi payoffs non ci piace, dietro il velo, un sistema meritocratico.

Bene, che si fa allora in un mondo dove la distribuzione è (2,8)? Se utilizziamo questo criterio dovremmo redistribuire per arrivare a (5,5): togliere 3 al secondo e darlo al primo. Chi ha 8 non lo farà mai volontariamente (per questo per molti il velo è uno strumento inutile: una volta che hai eseguito l'esperimento mentale e hai sollevato il velo non c'è modo di convincere gli individui a implementare il risultato) quindi ci vuole qualcuno da fuori (chiamiamolo lo stato) che tassa e redistribuisce. Questo ha due effetti. Primo, disincentiva l'impegno di chi otterrebbe 8, perché questo viene espropriato di 3. Secondo, lo stato costa e assorbe risorse che non vengono redistribuite. Prende una commissione, insomma. Immaginiamo che questi due effetti rendano la scelta vera la seguente:

(2,8) oppure (3,3)?

Cioé la distorsione degli incentivi e il costo dello stato fanno perdere 4 unità di prodotto. Cosa scegliete in questo caso? Quelli che "meglio uguali a Pyongyang che disuguali a Roma, Londra, o New York" di cui sopra continuano a scegliere la distribuzione egualitaria, (3,3). La maggioranza (credo io) sceglie invece (2,8) riconoscendo che un sistema meritocratico potrebbere essere ingiusto (cosa che non possiamo stabilire con sufficiente grado di fiducia finché osserviamo solo il risultato e non l'abilità, l'impegno, e il resto al netto di tutto ciò che determina le disparità di quest'ultimo) ma è preferibile a un sistema egualitario che riduce eccessivamente il reddito aggregato.

Ho chiesto quindi di assolvere la meritocrazia sulla base di una possibilità e di un fatto. La possibilità è quella che ho appena descritto: che se non ti piace (2,8) l'alternativa potrebbe essere (3,3). Il fatto è che la meritocrazia favorisce la mobilità sociale. Se qualcuno, a questa affermazione, è saltato sulla sedia si rimetta comodo. La prova è semplicissima. Immaginate un sistema non meritocratico: non si distribuisce in base al risultato ma in base, ad esempio, al background familiare. Allora i figli dei medici diventano medici anche se sono degli asini, i figli degli avvocati diventano avvocati anche se non capiscono niente di diritto, e i figli dei professori diventano professori anche se sono analfabeti. Ora introduciamo un po' di merito. Allora lo studioso figlio del contadino batterà il figlio asino del medico all'esame di ammissione e si iscriverà lui a medicina. Il brillante figlio del pescatore avrà pubblicato più dell'analfabeta figlio del professore e vincerà lui la borsa di studio e poi il concorso. Eccetera. Fine della dimostrazione: la meritocrazia, se la si fa funzionare, crea mobilità sociale.

Com'è finito il processo? A cena c'ho scherzato con Massimo Adinolfi, che se non se l'è avuta a male lì non se ne avrà a male adesso (spero) :-).

Lui voleva prima proporre una sentenza salomonica (assoluzione per insufficienza di prove), poi forse non volendo contribuire all'immobilismo del PD ha optato per una

condanna dell'uso ideologico e interessato del concetto di merito.

Aggiungendo:

A voi il giudizio finale, magari con un applauso.

È seguito un applauso e qui finisce l'audio che potete sentire nella registrazione. Si', perché la registrazione resa disponibile finisce lì ... ma non è finita così. Alla fine di questa approvazione via applausometro un giovanotto sulla ventina si è levato un po' incazzato dalle prime file dicendo più o meno: "Ma che applauso e applauso, oh! Votiamo!". Non si poteva non votare a quel punto e il presidente ha fatto alzare le mani. Contrari. Favorevoli.

Sorpresa, sopresa, l'applausometro della sentenza bulgara non aveva funzionato bene. Infatti nella sala ancora piuttosto gremita quelli che volevano assolvere l'imputata battevano (si poteva giudicare a occhio e infatti non si sono contate le mani) quelli che la volevano condannare in proporzione 2:1 (cioé erano i due terzi) o giù di lì. Al che il presidente chiude la serata, più o meno così:

Vabbé, vince la meritocrazia ma con una significativa fetta di contrari.
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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda pierodm il 04/10/2010, 14:39

Divertente - lo dico senza ironia.
Gli do ragione totale sprattutto per esaurimento, e per simpatia: un classico esempio di ciò che un mio amico napoletano, professore di semantica, diceva essere "grattarsi la nuca facendo con il braccio il giro intorno alla testa".

Piuttosto, quando torneremo ad un sano discorso fatto di parole che generano parole, e di idee che generano idee, senza il curioso ircocervo del tipo risultato = abililità x impegno x altro, che non significa praticamente nulla? - provate a moltiplicare l'abilità per l'impegno, se ci riuscite: quanti litri di abilità per quanti metri d'impegno per sapere quanti kw di merito ne risultano...
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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda franz il 04/10/2010, 22:30

pierodm ha scritto:Divertente - lo dico senza ironia.
Gli do ragione totale sprattutto per esaurimento, e per simpatia: un classico esempio di ciò che un mio amico napoletano, professore di semantica, diceva essere "grattarsi la nuca facendo con il braccio il giro intorno alla testa".

Piuttosto, quando torneremo ad un sano discorso fatto di parole che generano parole, e di idee che generano idee, senza il curioso ircocervo del tipo risultato = abililità x impegno x altro, che non significa praticamente nulla? - provate a moltiplicare l'abilità per l'impegno, se ci riuscite: quanti litri di abilità per quanti metri d'impegno per sapere quanti kw di merito ne risultano...

Probabilmente nemmeno il famoso f=ma dice poco a chi non manpola mentalmente i concetti in modo matematico o fisico (e=mc2) ma in effetti basta un po' di abitudine e tutto, o quasi, si impara
Gli economisti sono abituati a ragionare in quel modo. Inflazione diviso disoccupazione più consumi meno redditi il tutto per produttività. Sto inventando, ovviamente, ma sono idee che generano idee anche queste, e si mettono in relazione tra loro. L'importante è trasformare ogni elemento in un indice calcolabile. Gli indici (un numero) sono direttamente utilizzabili nelle formule. Prima si identifica la formula (il modello) e poi se ne discute la validità. Poi se è valida, si studia come oggettivare l'indice, per approssimazioni. Si chiama metodo scientifico. Alla fine si arriva ad un risultato.

In ogni casi, si, tutto sommato il testo è divertente, soprattutto il finale.
È anche molto interessante, almeno per me.

Franz
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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda pierodm il 05/10/2010, 10:50

Probabilmente nemmeno il famoso f=ma dice poco a chi non manpola mentalmente i concetti in modo matematico o fisico (e=mc2) ma in effetti basta un po' di abitudine e tutto, o quasi, si impara

S'imparano tante cose, il difficile sta nel capire quando e come usare ciò che si è imparato: non c'è peggior commensale/interlocutore/ compagno di viaggio di chi ha appena imparato qualcosa o letto un libro e si premura di sperimentare su di noi quello da cui è stato "illuminato".

In definitiva, però, quello che fa da discriminante è l'utilità: se moltiplicare (la gloria X la maldicenza) : l'insonnia + il mal di piedi - 44 gatti in fila X 6 col resto di 2 serve a qualcuno per capireil mondo, va benissimo. Se il risultato è quello di dire cazzate, o di fare la scoperta dell'acqua calda, va beno bene. Se la scoperta dell'acqua calda, per di più, ci viene inflitta come un tormentone, o come uno scoop, o come la nuova frontiera della modernità, va ancora meno bene.

Vorrei far notare, così tanto per amore della discussione, che da molto tempo si è affermata ed è largamente e utilissimamente usata la tecnologia del linguaggio: sotto molti aspetti largamente superiore alle formulette matematiche, soprattutto quando serve per trattare temi complessi con la necessaria duttilità intellettuale.

Gli economisti sono abituati a ragionare in quel modo

Pessima referenza: lo sospettavamo che gli economisti ragionassero a quel modo, o comunque in modo ridicolo, visti i risultati sia intellettuali sia pratico-politici, ma averne adesso quest'autorevole conferma è agghiacciante.
Credo che solo gli psicoanalisti possano fare di peggio, nel settore delle pseudo-scienze.

Comunque, ripeto: tutto sta a vedere i risultati del metodo di conoscenza che si è scelto.
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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda pierodm il 05/10/2010, 14:33

Da Repubblica.

LONDRA - Se non avete il tempo di leggere questo articolo, siete scusati. Anzi, siete normali: l'uomo e la donna d'oggi non riescono più a uscire dal ciclo lavoro-casa-famiglia. Sono sempre occupati a fare qualcosa per gli altri, e hanno sempre meno possibilità di fare qualcosa per se stessi. Il "me time", il tempo "per me", è in precipitoso declino: tra il 2005 e il 2010 è calato di otto ore e mezza a settimana. Ne rimane poco, pochissimo.

Secondo un sondaggio condotto in Gran Bretagna, un quinto degli adulti che lavorano hanno appena tre ore alla settimana di tempo dedicato a se stessi: per distrarsi, fare sport, leggere un libro, guardare un film, andare dal barbiere o dal parrucchiere, passeggiare, al limite riposarsi, dormire, godere il dolce far niente. Ma anche quelli che ne hanno un po' di più devono accontentarsi di poco: la media nazionale, nel Regno Unito, è di un'ora e 15 minuti di "me time" al giorno per gli uomini, 50 minuti al giorno per le donne.

Le statistiche così raccolte indicano che gli uomini hanno un po' più di tempo per se stessi delle donne (25 minuti di più al giorno, per la precisione), perché il carico di faccende domestiche e attenzioni da dare ai figli è più alto sulle madri che lavorano rispetto agli impegni dei padri. Le cifre del sondaggio, commissionato dalla società Windows Live Hotmail, dicono inoltre che le professioni in cui il "me time" è più ridotto sono
nel campo delle "risorse umane" (medici, infermieri, assistenti sociali, insegnanti), della ricerca scientifica e dei media.

La colpa, secondo alcuni esperti consultati dal quotidiano Guardian di Londra, è di un carico lavorativo sempre più alto, in una società sempre più competitiva, dove settimane di 60 ore in ufficio stanno diventando sempre più spesso la norma. Non solo, anche chi lavora un po' meno in ufficio tende a portarsi il lavoro a casa, perché non ha fatto in tempo a fare tutto quello che doveva fare, perché si sente in colpa, perché è quello che ci si aspetta da lui/lei se è un lavoratore dipendente o che lui/lei ritengono comunque necessario se sono lavoratori autonomi o liberi professionisti. Un altro aspetto del calo del "me time" sono le tecnologie: con personal computer e telefonini super intelligenti, l'ufficio ci segue dovunque siamo, in treno, al bar, a casa, ed è più difficile per non dire impossibile staccarsene completamente anche quando la giornata di lavoro è terminata o comincia il week-end. "Spegnere il Blackberry, l'iPhone o il computer è diventato praticamente impossibile", commenta Fiona Fyfe, la sociologa che ha curato la ricerca.

Studi e dibattiti recenti sottolineano la differenza tra la generazione odierna, la generazione dei baby boomers, cioè i nati negli anni '50 e '60 durante il primo boom economico del dopoguerra, e quella dei loro genitori. Negli anni '60, un avviato professionista di 50 o 60 anni, in qualsiasi campo, che fosse un medico, un avvocato, un architetto, un ingegnere o un manager, poteva rallentare l'attività, godersi i frutti di una carriera di successo, dedicarsi finalmente, per l'appunto, a se stesso, per dare sfogo a hobby, sport, passioni che in precedenza aveva dovuto trascurare. Oggi la competizione sul lavoro è diventata tale che nessun cinquantenne o anche sessantenne si azzarda a ridurre la giornata o la settimana lavorativa, per timore di essere sorpassato e surclassato da altri pronti a sostituirlo.

Infine la diminuzione del "me time" è anche conseguenza di una maggiore mobilità sociale: si cambia casa, quartiere, città, talvolta nazione; si perde la rete degli aiuti familiari, i nonni, gli zii, i vicini di casa, pronti a dare una mano per occuparsi dei figli o di altre piccole incombenze. E così la famiglia tipo corre da mattina a sera inoltrata, presa dal lavoro, dai figli, dalle faccende domestiche, da bollette da pagare e lavoro portato a casa. Quando la giostra finalmente si ferma, resta un'oretta al giorno, se va bene, da dedicare a se stessi. Ma a quel punto molti sono troppo stanchi e stressati per fare qualsiasi cosa.
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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda flaviomob il 06/10/2010, 10:44

Scommettiamo che Bigpharma è un'azienda prettamente meritocratica, al suo interno... ma...

http://www.repubblica.it/esteri/2010/10 ... ef=HRER2-1

Big Pharma, accuse di corruzione
"Pagano tangenti anche in Italia"
Inchiesta del dipartimento di giustizia. "Dalle industrie farmaceutiche mazzette a politici, funzionari e medici di tutto il mondo"


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda pierodm il 06/10/2010, 17:01

Caro Flavio, ancora una volta devo intervenire con la reticella.

Quello che fa la BigPharma è irrilevante, nel contesto del discorso economico-pragmatico e dela meritocrazia.
La corruzione e le malefatte sono un classico esempio di obiettivo sbagliato da parte di soggetti permeati da un'antiquanta sindrome moralistica.
Come è stato autorevolmente ricordato svariate volte, anche in questo forum, che c'entra l'etica con l'economia?
L'economia la fanno i capitani coraggiosi. Dell'etica si occupano i preti.
Dei meriti e demeriti si occupano i manager. Dei bisogni sempre i preti, o al massimo gli assistenti sociali.
Non facciamo confusione...
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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda franz il 06/10/2010, 18:08

flaviomob ha scritto:Scommettiamo che Bigpharma è un'azienda prettamente meritocratica, al suo interno... ma...

Scommettiamo anche che i dirigenti hanno le emorroidi? E magari qualcuno è anche pedofillo?
Tanto per dire, ironia inclusa, ma che cazzo c'entra?

Come dicevano i padri fondatori americani, se gli uomini fossero angeli non ci sarebbe bisogno di alcun governo.
E se gli uomini al governo fossero angeli, non ci sarebbe bsigno di nessuno che li controlla.
Ma siccome non ci sono angeli né da una parte né dall'altra, esistono corruttori e corrotti.

Questo a ben vedere c'èntra poco con la meritocrazia, soprattutto perché anche se fosse adottata al 100% dai privati, lo è in parte assai ridotta nel settore pubblico ed è li' che si annida la corruzione. Un funzionario sa di essere in una posizione di forza, senza il suo timbro ed il suo OK, la pratica si ferma e l'azienda perde miliardi. L'azienda quindi unge gli ingranaggi (e quindi lo fanno gli altri) perché il sistema pubblico è unico (non aggirabile) è corruttibile e chiede di esserlo. Facendo un discorso anarchico direi chi e se abolissimo lo stato, sparirebbe la corruzione. Se non esistesse lo stato io non me lo vedo il direttore dell'azienda A, che ha bisogno di un cammion, che va dall'azienda B dicendo al direttore, se mi fai lo sconto ti regalo "totmila" euro. Ma siccome in certi campi (e quello farmaceutico è uno di quelli) le autorizzazioni sono importanti, non possiamo abolirle e quindi si devono fare controlli per evitare che qualcuno trovi scorciatoie a danno dei consumatori e dei contribuenti. In questo caso un'organizzazione meritocratica nel settore pubblico potrebbe aiutare a far attivare in cima alla piramide della PA quelli che sono meritevoli ed onesti, non i corrotti e raccomandati. E se uno onesto è ben pagato per il suo lavoro, in base al merito, piu' difficilmente subirà l'eventuale pressione di chi vuole corromperlo.

Franz
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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda flaviomob il 07/10/2010, 0:23

Guarda che se in Svizzera scoprono che sei anarchico, magari finisci schedato... :)


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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda franz il 07/10/2010, 9:31

flaviomob ha scritto:Guarda che se in Svizzera scoprono che sei anarchico, magari finisci schedato... :)

Probabilmente anche in Italia e nel resto del mondo.
Nulla da dire, nel merito?
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