sistemi elettorali:col tedesco non si torna indietro

Posto qui un articolo di Fabio Salierno che mi convince.
Intervenendo in una materia cosi’ delicata come quella della scelta del sistema elettorale, non si puo’ prescindere dal fare alcune considerazioni.
A) La prima e’ il rapporto tra elettore ed eletto: ossia il delicato meccanismo della rappresentativita’.
Siamo di fronte ad un divario gigantesco tra “popolo sovrano” (art. 1 comma 2 Cost.) ed eletti.
Grazie alla legge elettorale in vigore, infatti:
a) gli elettori sono stati letteralmente espropriati della facolta’ di scelta dei candidati (affidata ai meccanismi interni dei partiti);
b) grazie a vari filtri, alchimie e “premi”, la rappresentanza parlamentare non corrisponde alle indicazioni di voto espresse dagli elettori;
c) gli elettori possono solamente indicare lo schieramento di governo preferito nell’ambito di una delle coalizione di governo che vengono loro proposte gia’ “preconfezionate”, al fine di far scattare il c.d. “premio di maggioranza”.
Questo scelta politica operata da un gruppo di tecnocrati in virtu’ di una pretesa, superiore ideologia della “governabilita’”, ha determinato lo scollamento tra il ceto politico e la gente, espropriata di fatto tanto nel proprio diritto di elettorato attivo che passivo.
La conseguenza e’ stata il proliferare di liste e listarelle e l’aumento complessivo del numero dei partiti. Con conseguente dispersione del voto e ulteriore frattura tra indicazione popolare ed effettiva rappresentanza parlamentare (i piccoli partiti non raggiungendo il quorum vengono automaticamente esclusi).
Dal che, ne e’ quindi derivato il successo della c.d. “antipolitica” o, meglio, della forte disaffezione delle persone verso le istituzioni e verso i gruppi dirigenti che si vedono, appunto, non piu’ “emanazione” della volonta’ popolare ma selezionati in ambito di una “casta” sempre piu’ autoreferenziale, inaccessibile, destinatari, come una volta i Sovrani, di una sorta di investitura di stampo divino.
Non c’e’ altro modo per spiegare il “grillismo”, il successo di mal scritti pamphlet come quello di Rizzo e Stella, la rabbia sociale dei ceti esclusi (colpiti con la repressione e coi militari), il disamore per la politica in genere che si respira nei mercati, nelle piazze tra le gente (basta, pero’, non smettere di frequentarla).
Con l’ulteriore corollario di una perdita di legittimazione da parte dei partiti politici e, quindi, di un ulteriore indebolimento delle classi dirigenti; indebolimento che e’ stato giustamente sottolineato da Massimo D’Alema nel corso della sua recente intervista alla rivista Italiani Europei quale motivo che, insieme ad altri anche di ordine storico, determina l’incapacita’ dei politici di affrontare con efficacia i problemi del Paese e la debolezza verso gli interessi corporativi e di nicchia.
Ingredienti quelli sopra che in altre epoche storiche determinarono la presa di Bastiglie che sembravano fino ad allora insepugnabili e che, invece, furono alla fine letteralmente polverizzate nella materia e scolpite nella Storia e nell’immaginario collettivo.
Il sistema elettorale non puo’ da solo risolvere crisi politiche, sociali e di sistema, con compiti quasi messianici.
Il compito di qualunque sistema elettorale e’, infatti, semplicemente quello di tradurre i voti degli elettori verso i partiti in corrispondenti seggi elettorali.
E cio’ e’ valido sia per i sistemi di tipo maggioritario che per quelli di tipo proporzionale.
Teoricamente, il sistema migliore sarebbe, a parere di chi scrive, quello che, con minore errore matematico possibile, traducesse esattamente la volonta’ del corpo elettorale in corrispondente forza parlamentare, consentendo contemporaneamente ai cittadini di poter indicare anche il candidato riferito al partito da essi preferito.
Ossia un sistema elettorale di tipo “proporzionale”. Infatti trovo francamente ingiusto trasformare delle minoranze in maggioranze attraverso premi ed alchimie in nome di una pretesa governabilita’ che trascura ed espropria la gente della sua indicazione elettorale.
L’assemblea costituente manifesto’, con un ordine del giorno, la preferenza per il sistema proporzionale nell’elezione dei membri della Camera dei Deputati quale migliore modalita’ per assicurare l’eguaglianza del voto prevista dall’articolo 48 comma secondo della Costituzione.
Tuttavia, i padri costituenti, non intesero evidentemente costituzionalizare la materia, lasciando libero il legislatore ordinario di dettarne la relativa disciplina.
La Corte Costituzionale ha interpretato il concetto di “eguaglianza” del voto dei cittadini previsto dall’art. 48 Cost., nel senso di non essere ammessa alcuna forma di voto multiplo o plurimo, dovendo assicurasi la pari capacita’ elettorale.
Il sistema tedesco di cui si discute (che, e’ bene dirlo, risale al 1949 con l’importante modifica introdotta nel 1953 di poter differenziare i voti rispettivamente destinati al candidato nel collegio uninominale ed alla lista) accoglie il principio rappresentativo di tipo proporzionale. E, quindi, e’ forse quello piu’ in “linea” con la Costituzione e la volonta’ dei suoi padri fondatori.
Per spiegare il sistema tedesco in sintesi basti dire che l’elettore ha diritto a due voti: col primo elegge il candidato al collegio uninominale; con l’altro la lista prescelta.
I seggi da assegnare sono complessivamente 598 di cui la meta’ (299) sono assegnati in collegi uninominali. L’altra meta’ con metodo proporzionale.
Senza dilungarci in noiosi meccanismi, basti dire e sottolineare che il sistema prevede un meccanismo tale per cui il numero totale dei seggi ottenuti col voto per il collegio uninominale e quelli a scrutinio di lista proporzianale vengono riparametrizzati in modo da conservare un risultato aderente alle manifestazioni degli elettori.
Al riparto proporzionale partecipano solo le liste che abbiano ottenuto almeno il 5% dei voti nella lista a scrutionio proporzionale o almeno tre mandati nei collegi uninominali.
Non sara’ perfetto. Ma attualmente quello tedesco e’ l’unico sistema che consente almeno di far grosso modo coincidere volonta’ degli elettori e la relativa rappresentanza parlamentare.
B) La seconda considerazione attiene alla ricerca di maggioranze omogenee a seguito del responso delle urne (e non con coalizioni rigidamente predeterminate o trasformando artatamente delle minoranze in maggioranze).
Il sistema tedesco, a differenza dell’italiano attuale, consente la ricerca di soluzioni di governo senza alcun “preconfezionamento” in coalizioni rigidamente predeterminate. Cio’ rende possible la ricerca della soluzione piu’ efficiente in un dato momento storico e la possibilita’ di esplorare alleanze sulla base del peso politico dato dagli elettori (i quali alla successiva tornata elettorale potranno esprimersi in merito alle scelte politiche effettuate fornendo o meno il loro consenso nell’urna).
Infine: e' bene chiarire come la bozza Bianco preveda che ogni partito, all'atto del deposito del contrassegno, debba indicare, oltre ad un programma di governo, anche il candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Da un lato, quindi, si evita un rigido "preconfezionamento" delle colaizioni ma si indica comunque una strada coalizionale pre-elettorale.
Tuttavia la bozza Bianco presuppone il superamento del bicameralismo perfetto attualmente vigente (i meccanismi per l'elezione del Senato e della Camera sono assolutamente diversi perche' diversa dovrebbe essere la funzione attribuita ai due rami del Parlamento).
Quindi e' una strada molto piu' lunga e quasi utopica. Non basta piu' la legge ordinaria ma occorre addirittura una riforma costituzionale.
Fabio Salierno
Intervenendo in una materia cosi’ delicata come quella della scelta del sistema elettorale, non si puo’ prescindere dal fare alcune considerazioni.
A) La prima e’ il rapporto tra elettore ed eletto: ossia il delicato meccanismo della rappresentativita’.
Siamo di fronte ad un divario gigantesco tra “popolo sovrano” (art. 1 comma 2 Cost.) ed eletti.
Grazie alla legge elettorale in vigore, infatti:
a) gli elettori sono stati letteralmente espropriati della facolta’ di scelta dei candidati (affidata ai meccanismi interni dei partiti);
b) grazie a vari filtri, alchimie e “premi”, la rappresentanza parlamentare non corrisponde alle indicazioni di voto espresse dagli elettori;
c) gli elettori possono solamente indicare lo schieramento di governo preferito nell’ambito di una delle coalizione di governo che vengono loro proposte gia’ “preconfezionate”, al fine di far scattare il c.d. “premio di maggioranza”.
Questo scelta politica operata da un gruppo di tecnocrati in virtu’ di una pretesa, superiore ideologia della “governabilita’”, ha determinato lo scollamento tra il ceto politico e la gente, espropriata di fatto tanto nel proprio diritto di elettorato attivo che passivo.
La conseguenza e’ stata il proliferare di liste e listarelle e l’aumento complessivo del numero dei partiti. Con conseguente dispersione del voto e ulteriore frattura tra indicazione popolare ed effettiva rappresentanza parlamentare (i piccoli partiti non raggiungendo il quorum vengono automaticamente esclusi).
Dal che, ne e’ quindi derivato il successo della c.d. “antipolitica” o, meglio, della forte disaffezione delle persone verso le istituzioni e verso i gruppi dirigenti che si vedono, appunto, non piu’ “emanazione” della volonta’ popolare ma selezionati in ambito di una “casta” sempre piu’ autoreferenziale, inaccessibile, destinatari, come una volta i Sovrani, di una sorta di investitura di stampo divino.
Non c’e’ altro modo per spiegare il “grillismo”, il successo di mal scritti pamphlet come quello di Rizzo e Stella, la rabbia sociale dei ceti esclusi (colpiti con la repressione e coi militari), il disamore per la politica in genere che si respira nei mercati, nelle piazze tra le gente (basta, pero’, non smettere di frequentarla).
Con l’ulteriore corollario di una perdita di legittimazione da parte dei partiti politici e, quindi, di un ulteriore indebolimento delle classi dirigenti; indebolimento che e’ stato giustamente sottolineato da Massimo D’Alema nel corso della sua recente intervista alla rivista Italiani Europei quale motivo che, insieme ad altri anche di ordine storico, determina l’incapacita’ dei politici di affrontare con efficacia i problemi del Paese e la debolezza verso gli interessi corporativi e di nicchia.
Ingredienti quelli sopra che in altre epoche storiche determinarono la presa di Bastiglie che sembravano fino ad allora insepugnabili e che, invece, furono alla fine letteralmente polverizzate nella materia e scolpite nella Storia e nell’immaginario collettivo.
Il sistema elettorale non puo’ da solo risolvere crisi politiche, sociali e di sistema, con compiti quasi messianici.
Il compito di qualunque sistema elettorale e’, infatti, semplicemente quello di tradurre i voti degli elettori verso i partiti in corrispondenti seggi elettorali.
E cio’ e’ valido sia per i sistemi di tipo maggioritario che per quelli di tipo proporzionale.
Teoricamente, il sistema migliore sarebbe, a parere di chi scrive, quello che, con minore errore matematico possibile, traducesse esattamente la volonta’ del corpo elettorale in corrispondente forza parlamentare, consentendo contemporaneamente ai cittadini di poter indicare anche il candidato riferito al partito da essi preferito.
Ossia un sistema elettorale di tipo “proporzionale”. Infatti trovo francamente ingiusto trasformare delle minoranze in maggioranze attraverso premi ed alchimie in nome di una pretesa governabilita’ che trascura ed espropria la gente della sua indicazione elettorale.
L’assemblea costituente manifesto’, con un ordine del giorno, la preferenza per il sistema proporzionale nell’elezione dei membri della Camera dei Deputati quale migliore modalita’ per assicurare l’eguaglianza del voto prevista dall’articolo 48 comma secondo della Costituzione.
Tuttavia, i padri costituenti, non intesero evidentemente costituzionalizare la materia, lasciando libero il legislatore ordinario di dettarne la relativa disciplina.
La Corte Costituzionale ha interpretato il concetto di “eguaglianza” del voto dei cittadini previsto dall’art. 48 Cost., nel senso di non essere ammessa alcuna forma di voto multiplo o plurimo, dovendo assicurasi la pari capacita’ elettorale.
Il sistema tedesco di cui si discute (che, e’ bene dirlo, risale al 1949 con l’importante modifica introdotta nel 1953 di poter differenziare i voti rispettivamente destinati al candidato nel collegio uninominale ed alla lista) accoglie il principio rappresentativo di tipo proporzionale. E, quindi, e’ forse quello piu’ in “linea” con la Costituzione e la volonta’ dei suoi padri fondatori.
Per spiegare il sistema tedesco in sintesi basti dire che l’elettore ha diritto a due voti: col primo elegge il candidato al collegio uninominale; con l’altro la lista prescelta.
I seggi da assegnare sono complessivamente 598 di cui la meta’ (299) sono assegnati in collegi uninominali. L’altra meta’ con metodo proporzionale.
Senza dilungarci in noiosi meccanismi, basti dire e sottolineare che il sistema prevede un meccanismo tale per cui il numero totale dei seggi ottenuti col voto per il collegio uninominale e quelli a scrutinio di lista proporzianale vengono riparametrizzati in modo da conservare un risultato aderente alle manifestazioni degli elettori.
Al riparto proporzionale partecipano solo le liste che abbiano ottenuto almeno il 5% dei voti nella lista a scrutionio proporzionale o almeno tre mandati nei collegi uninominali.
Non sara’ perfetto. Ma attualmente quello tedesco e’ l’unico sistema che consente almeno di far grosso modo coincidere volonta’ degli elettori e la relativa rappresentanza parlamentare.
B) La seconda considerazione attiene alla ricerca di maggioranze omogenee a seguito del responso delle urne (e non con coalizioni rigidamente predeterminate o trasformando artatamente delle minoranze in maggioranze).
Il sistema tedesco, a differenza dell’italiano attuale, consente la ricerca di soluzioni di governo senza alcun “preconfezionamento” in coalizioni rigidamente predeterminate. Cio’ rende possible la ricerca della soluzione piu’ efficiente in un dato momento storico e la possibilita’ di esplorare alleanze sulla base del peso politico dato dagli elettori (i quali alla successiva tornata elettorale potranno esprimersi in merito alle scelte politiche effettuate fornendo o meno il loro consenso nell’urna).
Infine: e' bene chiarire come la bozza Bianco preveda che ogni partito, all'atto del deposito del contrassegno, debba indicare, oltre ad un programma di governo, anche il candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Da un lato, quindi, si evita un rigido "preconfezionamento" delle colaizioni ma si indica comunque una strada coalizionale pre-elettorale.
Tuttavia la bozza Bianco presuppone il superamento del bicameralismo perfetto attualmente vigente (i meccanismi per l'elezione del Senato e della Camera sono assolutamente diversi perche' diversa dovrebbe essere la funzione attribuita ai due rami del Parlamento).
Quindi e' una strada molto piu' lunga e quasi utopica. Non basta piu' la legge ordinaria ma occorre addirittura una riforma costituzionale.
Fabio Salierno