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Radici cristiane ...ma è propro vero?

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Radici cristiane ...ma è propro vero?

Messaggioda franz il 13/11/2009, 22:23

Mariateresa Fumagalli
L'Europa delle confluenze
Appunti su una discussione bolognese


A Bologna, al Dipartimento di Storia, abbiamo discusso il 22 ottobre, con Franco Cardini, Daniela Romagnoli, Alessandro Vanoli, Riccardo Fubini e Sofia Boesch Gajano, di una Europa con molti madri e molti padri. Matrici conflitti e retaggi di un Medioevo multietnico ossia di una Europa che si è formata – diciamo un millennio fa – come cultura alla confluenza di molte etnie, linguaggi e tradizioni. Per questo incontro di tradizioni e popoli suggerisco l’analogia con la confluenza di fiumi, ruscelli, torrenti, più efficace a mio parere della metafora un po’ usurata delle discusse “radici”, solide e più immodificabili delle acque che si mescolano e confondono continuamente.
Le stesse “componenti” (romane, arabe, ebraiche, cristiane, “barbare” del nord…) dell’Europa meticcia di allora e di oggi, non erano, a loro volta, entità definite una volta per tutte, ma stati culturali “liquidi” in continua evoluzione per l’incrocio con gli “altri”.

È lo storico a operare un fermo/immagine per studiare le caratteristiche di un dato periodo, congiuntura o evento (per esempio un movimento, fatto artistico o un testo letterario o filosofico). Ma intanto le cose fuori, nel mondo, si muovono e si mescolano…
Detto questo, è evidente che alcuni elementi presenti nell’ Europa di allora (la cultura greco-romana e quella cristiana) erano più evidenti e distinguibili di altri, tuttavia ugualmente reali.
Daniela Romagnoli è partita da alcune riflessioni di Le Goff sulla “nascita dell’Europa”; la Boesch ha segnalato come luoghi di intreccio e scambio le città e i modi di vita urbani della Spagna medievale; Franco Cardini l’ intreccio a molti sensi delle culture cristiane e musulmane dopo il Mille.

Quanto a me, ero incaricata di parlare da una prospettiva filosofica - o meglio di storia della filosofia: il compito mi sembrava un po’ complesso perché il pensiero contenuto nei testi che chiamiamo filosofici è per l’ appunto fluido e inafferrabile più delle “cose” e degli avvenimenti; non si percepisce e non si vede, ma va con pazienza analizzato e confrontato in continuazione in documenti, scritti, tra l’altro, in un linguaggio astratto, privilegio delle classi dominanti e “letterate”. Ho scelto di portare alcuni esempi di tracce “diverse” ossia non latino/cristiane presenti in testi scritti nei secoli medievali.

Parlando del pensiero medievale si può non iniziare da Agostino, dal suo imprinting formidabile? Si potrebbe infatti sostenere che gran parte della filosofia medievale è un insieme di note a pie’ di pagina a Agostino d’Ippona. È noto che Agostino era africano; sua madre, l’amatissima Monica, con tutta probabilità berbera: lui stesso, giovane, a Milano, avvertiva a volte con disagio la propria “diversità”. Nonostante il suo linguaggio scritto sintatticamente e lessicalmente fosse impeccabile, il suo accento nella conversazione quotidiana faceva trapelare quelle origini africane che a volte lo imbarazzavano.

Ma tracce, chiamiamole non latine, sono presenti e si avvertono anche nei suoi testi filosofici? Non sono la sola a segnalare la presenza -qualcuno dice l’ “irruzione” (Fontaine) – della mentalità e della fantasia semitica e biblica nell’elegante prosa latina delle sue opere: immagini, analogie, presenza vivida di colori e suoni, salti emotivi, metafore nuove affollano le Confessioni e molte delle lettere di Agostino. È qualcosa di molto poco “classico” che porta nel latino – una lingua secca, lucida, ma povera per numero di vocaboli – uno stile nuovo e singolare. Come il mutamento nel cinema dal bianco e nero ai colori.

È con Agostino, o meglio anche con lui, che il linguaggio filosofico dei secoli medievali si arricchisce di metafore fondate sulla percezione sensibile, sul ricordo e sulle emozioni, stili propri di una altra cultura, quella biblica.
La presenza degli “altri”, non cristiani e non latini, si fa evidente e dichiarata in alcuni autori più frequentemente dopo il Mille, quando la cristianità europea avverte la pressione culturale dei musulmani e degli ebrei: è allora che alcuni intellettuali cristiani denunciano all’interno della christianitas la chiusura di orizzonti che ostacola la stessa ricerca filosofica e religiosa.
Due soli esempi, Abelardo maestro a Parigi e l’inglese Adelardo Di Bath entrambi del XII secolo.
Ultima modifica di franz il 13/11/2009, 22:26, modificato 1 volta in totale.
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Re: Radici cristiane ...ma è propro vero?

Messaggioda franz il 13/11/2009, 22:24

segue da .... Mariateresa Fumagalli ,
L'Europa delle confluenze
Appunti su una discussione bolognese


Nel suo Dialogo fra un Filosofo un Giudeo e un cristiano Abelardo personifica uno dei protagonisti della discussione messa in scena, il Filosofo dandogli i connotati di un pensatore musulmano, forse Avempace, che rappresenta ai suoi occhi il caso di un credente (dell’Islam) aperto alla discussione e al confronto al quale la fede religiosa non fa da ostacolo. Abelardo lo ammira e lo paragona a molti cristiani del suo tempo che al contrario rifuggono persino dall’esaminare i significati delle parole del loro credo e si sottraggono troppo spesso al confronto e alla libera discussione accontentandosi di ripetere «con la bocca e non con il cuore» le preghiere e le formule rituali.

L’intolleranza che genera censure e condanne nasce da questo atteggiamento di “ timorosa arroganza”, come lo definisce Abelardo. Anche l’inglese Adelardo affronta lo stesso paragone : da una parte mette i «suoi maestri arabi» che pongono la ricerca al centro della cultura anche religiosa e presso i quali si reca a studiare e dall’altra i «maestri francesi» pronti a seguire passivamente e sterilmente le auctoritates sottraendosi alla fatica dell’indagine.

In entrambi gli autori, Abelardo e Adelardo, si legge con evidenza da un lato l’insofferenza per la chiusura di orizzonti generata dalla paura del diverso e dall’altro lato la scelta personale e coraggiosa a favore di un confronto tollerante con le altre religioni, filosofie e “linguaggi” . Un atteggiamento questo sicuramente minoritario ma non unico per fortuna che ritornerà in Ruggero Bacone e Raimondo Lullo e più tardi in Cusano e Pico della Mirandola.
Nel XIII secolo il secolo delle università e del decollo economico e intellettuale dell’Europa – anche se prevale la costruzione di una identità culturale cristiana forte che emargina il confronto con gli “infedeli”– in alcuni autori non manca la consapevolezza della presenza di “altri”che vanno presi in considerazione e rispettati.

Tommaso d’Aquino, considerato a ragione il campione della cultura cristiana medievale e il costruttore di una teologia cristiana “razionale” che mira a convincere appunto gli altri (gli“infedeli”), riconosce la piena legittimità degli stati non cristiani e il loro sistema giuridico, purché le norme non contraddicano esplicitamente quelle cristiane (come avverrebbe con l’ imposizione della idolatria o con “liberalizzazione” dell’omicidio).

Tommaso compie in questo modo un passo concreto sulla via della tolleranza politica, mostrandosi consapevole della necessaria legittimità della esistenza dei regni non cristiani. In direzione contraria, secoli dopo, la conquista dei territori del Nuovo Mondo da parte degli eserciti cristiani europei sarà in gran parte fondata sulla pretesa illegitimità dei sistemi politici degli indios.

Nel Duecento nel mondo intellettuale latino entra una figura nuova ammirata e esecrata dai contemporanei e discussa dagli studiosi fino ai giorni nostri, il filosofo “averroista”, figura importante per il nostro discorso sull’ Europa multiculturale del medioevo.
Il termine averroista è coniato dagli avversari e designa quei traduttori e commentatori «seguaci di Averroè» che proponevano in lingua latina una particolare e nuova interpretrazione di alcune tesi aristoteliche segnalate dal filosofio arabo. Chi erano e quali teorie proponevano gli averroisti ? Michele Scoto alla corte di Federico II e alcuni altri studiosi avevano introdotto nel mondo latino gli scritti del filosofo musulmano Ibn Roshd o Averroè che diventerà per molti (anche per Dante) il Commentatore di Aristotele per eccellenza.

Pochi anni dopo alcuni maestri della Facoltà delle Arti (o di Filosofia ) dell’università di Parigi vengono caratterizzati polemicamente dagli autorevoli teologi (Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Bonaventura….) come averroisti e combattuti come sostenitori delle teorie dell’unicità dell’intelletto umano e dell’eternità del mondo, due tesi con evidenza contrarie al credo cristiano. Su questi due punti il testo di Aristotele, assai complesso, era stato variamente interpretato; si trattava, è chiaro, di due punti basilari della dottrina cristiana: la immortalità dell’anima individuale e la creazione divina del mondo.
Ultima modifica di franz il 13/11/2009, 22:26, modificato 1 volta in totale.
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Re: Radici cristiane ...ma è propro vero?

Messaggioda franz il 13/11/2009, 22:25

Segue da ... Mariateresa Fumagalli ,
L'Europa delle confluenze
Appunti su una discussione bolognese


Lo scontro è quindi duro e inevitabile: la condanna delle tesi averroiste avviene nel 1277 a opera del vescovo di Parigi, il quale denuncia anche alcune tesi morali connesse indirettamente a questa “visione nuova”. Gli averroisti, indicando nell’attività intellettuale del sapiente la vetta del valore morale, avrebbero proposto, secondo il vescovo, un’etica elitaria perché contemplativa e intellettualistica, anteponendo la magnanimità, “virtù dei re”, alla umiltà evangelica alla portata di tutti, anche dei “semplici” illetterati.

Le cose erano più complesse di quanto appare nella presentazione del vescovo di Parigi: i cosiddetti averroisti (Boezio di Dacia, Sigeri di Brabante ammirato dall’Alighieri …) non erano quei libertini epicurei, “negatori dell’anima immortale” rappresentati dagli avversari, ma dei veri filosofi che segnalavano nella loro ricerca la distinzione fra il procedere della ragione dimostrativa e l’adesione spontanea della fede, fra il settore della filosofia naturale o fisica, fra l’etica “naturale” e la teologia, fra le gioie della vita terrena e quelle della vita al di là della morte.

L’”averroismo”, non una scuola definita ma un’area, o forse meglio un atteggiamento intellettuale che circolava in ambienti distinti ma contigui, trovava eco nella poesia d’amore (Guido Cavalcanti ) e nei trattati cortesi dove la forza dell’Amore “profano” viene vista come forza positiva e naturale «che fa l’uomo virtuoso e gentile»…
Tornando al nostro tema bisogna sottolineare che il pensiero dell’arabo Averroé aveva generato all’interno del mondo latino con le nuove interpretrazioni aristoteliche (bollate come “mundanae” ) un metodo di indagine dimostrativo che pretendeva non di raggiungere la verità assoluta ma una alta probabilità nelle conclusioni sacientifiche. Come si vede l’apporto di un nuovo pensiero arab speaking, originariamente diverso, aveva aperto vie e problemi nuovi operando una rivoluzione intellettuale che era impossibile negare.

Concludendo la nostra tavola rotonda, necessariamente stretta in tempi “accademici”, ho lamentato una assenza importante nella nostra discussione sulle componenti dell’Europa medievale, quella della cultura dei “barbari” del nord trasmessa per esempio nei romanzi del ciclo di Artù e nella tradizione della fiaba, e arrivata fino a noi attraverso la letteratura e oggi il cinema. Resta una presenza profonda e innegabile nonostante certi revival e certe rivendicazioni politiche l’abbiano messa in cattiva luce…

(03 novembre 2009)
http://www.golemindispensabile.it/index ... 168&page=1
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Re: Radici cristiane ...ma è propro vero?

Messaggioda cardif il 13/11/2009, 23:36

Averroé è un filosofo arabo del XII secolo. E pure l'averroismo ha dato il suo contributo al pensiero europeo.
Mi sentirei di dire che le radici affondano nella notte dei tempi; poi ognuno si ferma solo dove vuole.
Quello che non mi convince è l' "identità cristiana".
Identità = uguaglianza completa ed assoluta. E' la negazione degli altri.
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Re: Radici cristiane ...ma è propro vero?

Messaggioda franz il 14/11/2009, 0:55

cardif ha scritto:Averroé è un filosofo arabo del XII secolo. E pure l'averroismo ha dato il suo contributo al pensiero europeo.
Mi sentirei di dire che le radici affondano nella notte dei tempi; poi ognuno si ferma solo dove vuole.
Quello che non mi convince è l' "identità cristiana".
Identità = uguaglianza completa ed assoluta. E' la negazione degli altri.
cardif

in effetti pero' questa prepotenza dell'identità assoluta (anche imposta con la forza) ha in passato caratterizzato in modo forte la storia europea, con le crociate, le conquiste in america, africa, oriente, l'inquisizione, la rivoluzione francese con le sue ghigliottine ed infine il nazismo ed il razzismo. E' pero' un aspetto oscuro, che tendiamo a dimenticare e rimuovere. Oggi a 60 anni dalle ultime atrocità tendiamo forse ancora a voler rimuovere cio' di cui ci vergognamo, il lato oscuro del nostro passato (non che ai tempi dei romani e delle stragi di cartaginesi o ai tempi di alessandro magno (discepolo di aristotele, non di un professore di liceo di provincia) di si andasse meglio. E non che il mondo arabo, con lo schiavismo e la condizione tutt'ora arretrata della donna, abbia molto di cui vantarsi. In fondo a parte il rinascimento e l'inizio del pensiero scientifco io credo che ci sia poco da glorificare le nostre radici.

Franz
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Re: Radici cristiane ...ma è propro vero?

Messaggioda cardif il 14/11/2009, 8:25

Franz,
si certo. E' per questo che mi dà fastidio chi si crede depositario della "verità e giustizia" volando alto, ma molto alto, tanto da non vedere più le atrocità commesse sotto certi simboli.
Un paio di secoli fa negli USA i neri venivano considerati sottospecie umana. E c'era il Ku Klux Klan.
Meno di un secolo c'era chi credeva nella razza dominante e nelle razze inferiori (ebraica, schiava, parassita). E c'era il nazismo.
E tant'altro in altri posti sulla terra.
La pianta, anzi, la foresta della nostra società ha tante radici, che si sono mescolate nei millenni.
C'è quella cristiana: anche. Ma non mi pare corretto, storiograficamente parlando, separare il grano dal loglio.
In piccolo c'è chi crede che i suoi "valori" siano superiori a quelli degli altri.
Io sono portato a rimanere sui fatti, senza ideologizzare. Ho due piedi, e tendo a tenerli ben piantati per terra. Credo che se facessimo così, avremmo una società con meno crimini.
Ciao, cardif
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Radici cristiane ...ma è propro vero?

Messaggioda Iafran il 14/11/2009, 12:00

cardif ha scritto:Franz,
si certo. E' per questo che mi dà fastidio chi si crede depositario della "verità e giustizia" volando alto, ma molto alto, tanto da non vedere più le atrocità commesse sotto certi simboli.
Un paio di secoli fa negli USA i neri venivano considerati sottospecie umana. E c'era il Ku Klux Klan.
Meno di un secolo c'era chi credeva nella razza dominante e nelle razze inferiori (ebraica, schiava, parassita). E c'era il nazismo.
E tant'altro in altri posti sulla terra.
La pianta, anzi, la foresta della nostra società ha tante radici, che si sono mescolate nei millenni.
C'è quella cristiana: anche. Ma non mi pare corretto, storiograficamente parlando, separare il grano dal loglio.
In piccolo c'è chi crede che i suoi "valori" siano superiori a quelli degli altri.
Io sono portato a rimanere sui fatti, senza ideologizzare. Ho due piedi, e tendo a tenerli ben piantati per terra. Credo che se facessimo così, avremmo una società con meno crimini.

franz, mi sembra che la “discussione bolognese”, da te riportata, manchi proprio di un ramo importante, affiorato nel forum, cioè che per imporre la cosiddetta “identità cristiana” si siano condizionati e limitati il sapere dell’uomo e lo sviluppo delle conoscenze scientifiche, e, conseguenzialmente, che si sia influito negativamente sul progresso culturale e civile dell’Europa occidentale.
Interventi su altri thread (pierodm, cardif, pinopic1) offrono abbastanza per stimolare ricerche e approfondimenti personali.

Sull’argomento, per esempio, può concorrere anche la visione del film “Agorà” di Alejandro Amenabar, in distribuzione imminente ... ad esclusione delle sale cinematografiche italiane (chissà perché), presentato fuori concorso al Festival del cinema di Cannes 2009, imperniato sulla figura di Ipazia d’Alessandria, filosofa, matematica, musicista, astronoma etc., martirizzata nel 415 d.C. per volontà del vescovo Cirillo (santo per la Chiesa, celebrato il 27 giugno).

http://www.cinemavistodame.com/2009/10/ ... -amenabar/

La Chiesa non si "accontentava" della morte fisica dei cosiddetti “eretici”, ma voleva la totale sparizione dei loro pensieri, dei loro insegnamenti e delle loro opere. Qualche volta c'è riuscita! Quanti studi, quante ricerche, quante conquiste culturali sono state distrutte per non compromettere il potere temporale di quello spirituale!
Solo i “dogmi” dovevano imperare!
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Re: Radici cristiane ...ma è propro vero?

Messaggioda pinopic1 il 15/11/2009, 20:56

"franz, mi sembra che la “discussione bolognese”, da te riportata, manchi proprio di un ramo importante, affiorato nel forum, cioè che per imporre la cosiddetta “identità cristiana” si siano condizionati e limitati il sapere dell’uomo e lo sviluppo delle conoscenze scientifiche, e, conseguenzialmente, che si sia influito negativamente sul progresso culturale e civile dell’Europa occidentale.
Interventi su altri thread (pierodm, cardif, pinopic1) offrono abbastanza per stimolare ricerche e approfondimenti personali. "

Io non credo affatto che per imporre l'identità cristiana si siano condizionati il sapere dell'uomo e lo sviluppo delle conoscenze scientifiche. Almeno non in questi termini. Per imporre l'identità cristiana sono state commesse delle nefandezze ma penso che il cristianesimo abbia liberato le energie creative e intellettuali dell'uomo occidentale.
Penso che ci sia grande contraddizione tra il messaggio di Cristo (indipendentemente da chi fosse e se fosse o no il figlio di Dio)* e l'istituzione che lo vorrebbe incarnare e rappresentare. Proprio perché è un messaggio di libertà, di fiducia nell'uomo, nell'individuo, di stimolo alla ricerca della verità. Così l'ho sempre percepito: non la rivelazione della verità (che forse appartiene alla Bibbia), ma l'istigazione (uso questo termine non casualmente) a ricercare la verità. Questo contrasta con una istituzione su base gerarchica che deve difendere delle posizioni. E contrasta con qualsiasi dogmatismo.
Per me l'illuminismo è un prodotto del cristianesimo.
Naturalmente la chiesa al suo interno ha anche energie che sanno interpretare ancora correttamente quel messaggio.
Ho accennato in un post al genocidio degli azteca fatto in nome di Dio ( e della Corona spagnola). Ma anche i più strenui difensori dei superstiti e della loro cultura furono dei religiosi. Le poche testimonianze che ci sono rimaste di quella cultura sono state salvate da un religioso, gesuita se non sbaglio.

*Anche se non fosse esistito. Una cultura, una filosofia, un atteggiamento relativamente alla vita e ai rapporti tra gli uomini che comunque ha avuto una grande diffusione ed ha acquistato grande forza.
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Re: Radici cristiane ...ma è propro vero?

Messaggioda Giorgio Graffieti il 16/11/2009, 9:28

Iafran ha scritto:Solo i “dogmi” dovevano imperare!

Indicativo imperfetto? a me sembra più pertinente l'indicativo presente.
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Re: Radici cristiane ...ma è propro vero?

Messaggioda Giorgio Graffieti il 16/11/2009, 9:53

pinopic1 ha scritto:Per me l'illuminismo è un prodotto del cristianesimo.

se si considera l'idea evangelica dell'uguaglianza fra gli uomini come fondamento del pensiero illuminista, forse... ma il pensiero illuminista è stato un fenomeno di massa perché l'uomo era stufo dello sfruttamento e di vivere oppresso da un potere cieco... che coincideva o era fortemente condizionato dalla Chiesa. Fino ad allora erano stati i Re che si nominavano Papa o i Papi (plurale di Papa) che nominavano i Re.
Il pensiero illuminista è nato da menti attrezzate, non dal popolo... che era sostanzialmente analfabeta e non in grado nemmeno di capire il messaggio evangelico... portatogli in una lingua a lui incomprensibile... ciò che il popolo capiva benissimo era la sua condizione. Non a caso le menti che lo hanno partorito lo hanno fondato sul valore della ragione non tanto dell'uguaglianza.

Pur in latino io dubito che nelle chiese di allora si promuovesse il messaggio evangelico di uguaglianza come noi oggi siamo abituati a conoscere.
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