IL COMPITO DEL PD
UCCIDERE IL PADRE
di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
Fossi nei panni del Partito democratico, più che di quello che ha scritto Famiglia Cristiana questa settimana mi preoccuperei di quello che ha scritto il Corriere della Sera ieri. In un articolo di Paolo Foschi in cronaca di Roma, a proposito della decisione del Presidente della Regione Marrazzo di togliere la delega della dissestatissima sanità all’assessore Battaglia, per affidarla ad un esponente dell’ex Margherita, si poteva leggere infatti quanto segue: «Ma gli ex Ds hanno fatto muro: "Battaglia era nel nostro partito, l’assessorato tocca a noi. Se invece deve andare alla Margherita, allora serve un rimpasto"». Parole memorabili, le quali testimoniano che forse il problema vero del Pd (e dei politici cattolici che vi hanno eletto dimora), e dunque il pericolo vero per la sua unità, non è tanto rappresentato dalla pattuglia di parlamentari radicali eletti nelle liste del Pd stesso, tanto invisi a Famiglia Cristiana , quanto il feroce arroccamento dell’apparato tradizionale di provenienza Ds sulle sue posizioni di potere. Sono infatti gli apparati i grandi nemici di qualunque operazione di unificazione tra i partiti. O meglio un apparato, quello del partito più grande. È il segretario di federazione del partito maggiore A, il quale deve rinunciare alle scadenze ambite e previste per la propria carriera a favore del collega del partito B; è il consigliere regionale del partito A che si vede sfilare l’assessorato su cui da tempo aveva messo gli occhi e che gli era stato promesso: sono questi protagonisti apparentemente di seconda fila quelli che in genere mandano in tilt le operazioni di amalgama tra formazioni politiche diverse. Quelli appunto, tanto per ricordare il maggiore esempio della nostra storia politica, che a suo tempo (complice anche allora una sconfitta elettorale) furono i veri responsabili del fallimento in cui incorse l’unificazione tra socialisti e socialdemocratici varata nel lontano 1966. Figuriamoci poi quando, com’è nel caso del Partito democratico, il partito maggiore e i suoi quadri vengono da una storia comunista, cioè non solo orgogliosamente identitaria come poche, ma almeno in alcune zone del Paese assai radicata sul territorio, e infine di consumatissima capacità nel controllo del proprio patrimonio di voti. Vale a dire da una storia peculiarmente predisposta all’autonomia e all’autosufficienza.
Ma ciò detto, non si vede proprio quale altra scelta abbia oggi il Pd se non la scelta di proseguire il cammino iniziato. Tra l’altro lo consiglia in questo senso proprio la vicenda richiamata sopra, la china rovinosa che il Psi sperimentò a partire dal fallimento dell’unificazione, cioè dal ’69 in avanti, quando arrivò ad un passo dalla virtuale dissoluzione prima che arrivasse Bettino Craxi in extremis a salvarlo. Per evitare questa fine il Partito democratico sa quel che deve fare. Innanzi tutto deve liquidare il potere dell’apparato tradizionale che ancora oggi vuole dire la sua, poi mettere a punto le procedure per scegliere i suoi nuovi quadri evitando ogni alchimia di provenienza, infine mandare in pensione tutti quei riti, simboli, formule e linguaggi che appartengono al passato. Per diventare adulto è necessario uccidere il proprio padre: se capita di averne due l’impresa è certo più difficile, ma proprio per questo più necessaria.
Tutte le mie perplessità confermate...
Ieri 10.6.08 è stata pubblicata sul Giornale di Brescia una mia lettera ...
Signor Direttore,
E così adesso siamo a posto. Franco Tolotti, ex deputato e ex segretario DS, è il nuovo portavoce del Partito Democratico della provincia di Brescia. Operazione conclusa. Eh si, era proprio urgente e necessario. Non importa se chi si è proposto a segretario PD ha già rappresentato un partito diverso. Così ci ritroviamo Segretario nazionale Veltroni, regionale, cittadino e finalmente anche provinciale, tutti ex DS.
Non è disonorevole ma forse qualcuno, che non è di quella provenienza, pensava che per un partito nuovo servissero uomini nuovi e che il portavoce uscente Ferraglio potesse arrivare tranquillamente al Congresso dell’anno prossimo. Ma si vede che il Gattopardo non è un comportamento solo siciliano. Forse si sarà pensato che mettere un portavoce ex-DS ed un vice ex-margherita, come a Roma, fosse una grande trovata. No, non lo è a Roma come a Brescia. E’ solo un modo “vecchio” di selezionare il ceto politico.
I nostri apprendisti stregoni (anche se non di primo pelo) si chiederanno un bel giorno, ma potrebbero già da subito farlo, dove sono andati a finire i voti del centro che si voleva attrarre e che mancano nel PD? Provino a rispondere alle osservazioni che ho prima fatto e a altre conseguenti. Fra qualche mese metteremo poi nel conto, alle elezioni europee, anche l’autonomia dal PSE, che è per tanti irrinunciabile.
Ed il quadro sarà più completo.
Da parte mia, il PD da “mio” partito è diventato “partito amico”. Che è ad un livello inferiore.