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Renzi Vs Bersani: i due PD

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Renzi Vs Bersani: i due PD

Messaggioda chango il 28/10/2012, 19:33

franz ha scritto:
chango ha scritto:voglio dire che ci sono contratti che stabiliscono il numero di ore di presenza a scuola e altri che si limitano a definire il numero di ore di insengnamento.
guardare le ore contrattuali senza tenere conto delle differenze contrattuali tra i diversi paesi non ha senso e ne ha ancora meno paragonare il teaching time italiano con una media del working time OCSE o UE.

Diciamo che rispetto all'Italia sul fronte PISA, la Finlandia fa meglio avendo meno ore di insegnamento e nelle secondaria superiore avendo un numero di ore di presenza a scuola inferiore alle ore di lezione previste in Italia.

prendo atto che adesso le strutture sono importanti (qualche post fa le strutture non c'entravano nulla).

fammose a capisse, le strutture come quantità non c'entrano nel calcolo delle ore di insegnamento, perché le aule sono quelle sia che i ragazzi facciano 35 ore con 8 insegnanti diversi, sia con 4 che lavorano il doppio. La qualità delle strutture (fattiscenti) e la scarsita dei sussidi didattici è innegabile ma è dovuta al fatto che la scuola spende quasi tutto il suo busget per il personale (97% se non vado errato) visto che ha troppo personale sia pur pagato male.
Tornando ai contratti, nel mondo è vero che si sono ipologie contrattuali diverse ma questo non è una foglia di fico per nascondere che i docenti italiani fanno meno ore e sono pagati poco.


per quanto riguarda il fatto che i docenti italiani facciano meno ore (di cosa lavoro o lezione?) ti riporto un articolo di repubblica.it su dati tratti dalla banca dati Eurydice della Commissione Europea in base alla quale non risulta affatto che gli insegnanti italiani lavorano meno.



Orario, prof italiani in linea con la Ue
ma i docenti europei guadagnano di più

L'aumento da 18 a 24 ore delle ore di insegnamento contenuto nella legge di stabilità per il 2013, in discussione alla Camera, sta spaccando a metà l'opinione pubblica italiana. Il confronto con quanto succede negli altri paesi d'Europa
di SALVO INTRAVAIA


ROMA - Gli insegnanti italiani lavorano troppo poco o l'orario di insegnamento è in linea con quello dei colleghi europei? L'aumento da 18 a 24 ore dell'orario di insegnamento contenuto nella legge di stabilità per il 2013, in discussione alla Camera, sta spaccando a metà l'opinione pubblica italiana. Una parte ritiene legittimo l'aumento di sei ore settimanali a carico dei docenti di scuola media e superiore. Che questo aumento sia poi a costo zero - non è previsto neppure un euro in più sullo stipendio - è un altro discorso. L'altra metà dell'opinione pubblica è contro l'aumento forzoso dell'orario di insegnamento previsto per i prof italiani.

Ma per quante ore a settimana stanno in classe in Europa i docenti, più o meno delle 18 ore settimanali svolte in Italia? E quanto lavorano, comprese tutte le attività funzionali all'insegnamento: correzione degli elaborati, preparazione delle lezioni, aggiornamento, partecipazione alle riunioni pomeridiane, incontri con i genitori e incontri informali per affrontare le problematiche che si presentano a scuola. E quanto guadagnano?

Da alcuni anni a questa parte, considerando l'istruzione dei cittadini un fattore strategico per lo sviluppo economico, Unione europea e Ocse studiano a fondo i sistemi scolastici degli stati aderenti. In Europa, secondo la banca dati Eurydice della Commissione europea, i docenti di scuola media e superiore lavorano da un massimo di 23 ore a settimana della Scozia a un minimo di 14 ore di Polonia e Turchia. In media, 18,1 ore settimanali per i docenti di scuola media e 17,6 per i colleghi delle superiori. Le 24 ore settimanali di insegnamento inserite nel disegno di legge di Stabilità non sono contemplate in nessuno dei 34 paesi europei presi in considerazione da Eurydice e collocherebbero l'Italia al primo posto in assoluto.

Le18 ore settimanali attuali svolte da prof italiani sono perfettamente in linea con la media europea e, per la scuola superiore, sono anche al di sopra della media. Quello che contestano al governo i docenti è che le 18 ore a settimana rappresentano soltanto una parte dell'impegno complessivo. In alcuni paesi europei, questo impegno, lo hanno quantificato. E si scopre che l'orario di insegnamento è solo una parte dell'impegno complessivo. In Germania, l'orario di insegnamento alla media e al superiore uguale a quello degli insegnanti italiani: 18 ore. Cui corrispondono 30 ore di presenza a scuola settimanali e 40 ore di impegno settimanale complessivo, lezioni e presenza a scuola compresi.

Stesso discorso in Danimarca - 20 ore di lezione a settimana alla media e 19 al superiore - per un impegno complessivo di 37 ore settimanali. E analogo discorso in Spagna - 38 ore complessive a settimana - e in Scozia: 23 di lezione, 28 di presenza a scuola e 35 ore complessive di impegno settimanale. Ma nella maggior parte de casi - Italia compresa - l'unico orario prestabilito è quello delle lezioni da svolgere in classe. Le 18 ore settimanali italiane corrispondono, in base a questi dati, ad un impegno complessivo variabile fra le 35 ore della Scozia e le 40 ore della Germania.

Ma in tutte le nazioni che hanno computato il lavoro totale degli insegnanti presentano uno spread con l'Italia i termini di retribuzioni di gran lunga superiore a quello tra i bond tedeschi e i titoli di stato italiani. In Germania, un'insegnante di scuola superiore con 15 anni di servizio percepisce, secondo l'Ocse, la stratosferica cifra di 66.895 dollari Usa equivalenti, l'83 per cento in più di un collega italiano nelle stesse condizioni. Il divario di stipendio con la Danimarca scende al 59 per cento e con la Spagna al 33 per cento. Lo spread con i prof lussemburghesi, anche questi impegnati per 18 ore a settimana in classe con gli alunni e ai quali viene richiesta la presenza a scuola per 20 ore - comprese le 18 ore di lezione settimanali - è addirittura imbarazzante: 101.775 dollari Usa all'anno, quasi il triplo dei 36.582 percepiti da un professore italiano.
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Re: Renzi Vs Bersani: i due PD

Messaggioda ranvit il 28/10/2012, 20:08

Le 18 ore settimanali italiane corrispondono, in base a questi dati, ad un impegno complessivo variabile fra le 35 ore della Scozia e le 40 ore della Germania.

Se è cosi', mi sta bene, ma....Perchè? Come ci si arriva?
Conosco insegnanti che effettivamente s'impegnano per 35/40 ore a settimana, ma....sono una rarità! La grande maggioranza, che conosco personalmente, no.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Renzi Vs Bersani: i due PD

Messaggioda flaviomob il 29/10/2012, 0:24

I docenti italiani fanno meno di chi?

Lo riposto, dalla tabella che aveva indicato Franz:

I dati italiani: tempo netto di insegnamento (ore)

Elementari 770,
medie 630
superiori 630


Media EU21

Elementari 758
Medie 660
Superiori 629


Non è che ripetendo all'infinito una balla diventa verità...

Dobbiamo preoccuparci della qualità della scuola, che determina il futuro dei ragazzi. Non delle ore di lezioni frontali. Un docente può essere un perfetto incapace e fare 40 ore di lezione frontale alla settimana.


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Re: Renzi Vs Bersani: i due PD

Messaggioda franz il 29/10/2012, 10:35

A parte il fatto che vista la qualità scadente dei risultati, passare al primo posto una volta tanto non sarebbe male, i dati postati fanno rilevare che tedeschi ed altri stanno a scuola da 30 a 40 ore settimanali (in parte davanti ai ragazzi, in parte a preparare le lezioni e correggere i test) ma nulla si dice di quanto facciano gli italiani quando suona la campanella. Bene, è esperianza comune che a parte due ore settimanali di pianificazione insieme agli altri colleghi ed una quarantina di ore all'anno per le riunioni di istituto (quindi una alla settimana) quando suona la campanella se ne vanno a casa insieme ai ragazzi. Poi chi è bravo (pochi ma buoni) lavora a casa. Gli altri no. E la qualità la si vede nei risultati PISA ed Invalsi.
Quindi aumentare il tempo di lavoro a scuola mi pare doveroso. Fossimo ai primi posti nella qualità dell'isegnamento capirei.

Ma se siamo messi come indubbiamente siamo, e cioè male, dobbiamo selezionare i docenti migliori e farli lavorare di piu' e lasciare a casa quelli piu' scarsi. Aumentare il tempo di lavoro dei migliori del 30% (pagandoli di piu') e lasciare a casa il 30% peggiore mi pare un obbiettivo possibile ed auspicabile per migliorare la qualità dell'insegnamento. Capisco che sia contro la logica fascio-corporativa (fatta propria anche da altri colori) ma cosi' la penso e così la dico. Prendiamo esempio dalla Svezia, come suggerisce mauri (e ci fa capire la differenza tra un sistema socialdemocraticvo ed uno fascio-corporativo).

PS: le ore postate due volte da Flavio sono un dato che va considerato con le classiche pinze, visto che l'Italia è un paese in cui la definizione di "tempo di isegnamento" è distorta dalle logiche sindacali. I dati 2012 si riferiscono al 2010 quando non era entrata in funzione la riforma che istituiva il mestro unico (si cominciava nelle prime) e quindi tanti docenti (2 o 3 a seconda del modulo) si alternavano in una classe con un certo numero di ore di compresenza. Nell'annesso http://www.oecd.org/edu/EAG2012_Annex3_ChapterD.pdf (che contiene le note particolari per ogni paese a pagina 78 e 79 è spigato che per l'Italia sono considerate 80 ore obbligatorie come ""attività funzionali all’insegnamento" ed altre 40, sempre obbligatorie e sempre funzionali all'insegnamento. Considerato un anno scolastico di 39 settimane, come indicato nella tabella d4, sono circa 3 ore alla settimanaq e non mi è chiaro cosa il ministero abbia comunicato a OECD come tempo di insegnamento. Per esempio nelle elementari è considerato tempo di insegnamento anche quello, come gli intervalli e la mensa, in cui l'insegnante ha responsabilità della classe.
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Ichino: 9 motivi seri per votare Renzi alle primarie

Messaggioda franz il 29/10/2012, 11:11

AI MOTIVI PIÙ SQUISITAMENTE POLITICI, EVIDENZIATI DALLA PRIMA FASE DELLA CAMPAGNA ELETTORALE, IN QUESTA SECONDA FASE SE NE AGGIUNGONO ALTRI PIÙ STRETTAMENTE DI MERITO

.
Nota per la Nwsl n. 221, 29 ottobre 2012 – In argomento v. anche il confronto sereno tra il programma di Renzi e quello di Bersani proposto dal sito della Federazione di Monza del Pd – Se nel corso della settimana mi perverranno obiezioni e argomenti contrari, lunedì prossimo questi saranno pubblicati, eventualmente con risposte e commenti.

Dei motivi più squisitamente politici per votare Renzi si è detto nella prima fase della campagna elettorale (*). Ora, gli ultimi sviluppi ne mettono in evidenza diversi altri.

1. Renzi è l’unico candidato ad aver messo nel proprio programma la trasparenza totale, secondo il modello dei Freedom of Information Acts britannici e statunitensi, come misura decisiva per combattere la corruzione e le inefficienze nelle amministrazioni pubbliche e di partito.

2. Renzi è l’unico – con i radicali – a proporre come forma esclusiva di finanziamento pubblico ai partiti la detassazione dei contributi dei soggetti privati, condizionata comunque alla trasparenza totale: ogni entrata e ogni uscita devono essere immediatamente visibili on line. E lui ha incominciato subito a farlo.

3. In materia di lavoro Renzi propone semplificazione e flexsecurity: le sole due ricette che possono rivitalizzare il nostro mercato e il nostro diritto del lavoro.

4. Il solo fatto che Renzi abbia posto in modo efficace la questione del ricambio nelle cariche parlamentari e di governo ha già prodotto dei risultati concreti su questo terreno nell’atteggiamento del vertice del Pd. Senza di lui non sarebbe accaduto.

5. Alle manifestazioni dei Comitati pro-Renzi, in tutte – ma proprio tutte – le parti d’Italia partecipano facce nuove e tantissimi giovani: linfa e risorse preziose per la politica italiana (e Dio sa quanto questa oggi ne abbia bisogno).

6. Con la sua sola candidatura, e con la campagna elettorale “vera” che ne è conseguita, il trentasettenne outsider ha fatto guadagnare in un mese al Pd 5 punti di consenso elettorale (valutazione comune a tutti i principali sondaggisti politici).

7. Tutto questo sta già producendo effetti sistemici positivi anche nel centrodestra, dove ci si è accorti della necessità di un profondo ricambio nel gruppo dirigente e di primarie vere, per dar voce alla società civile.

8. I trent’anni sono l’età della vita nella quale siamo più intelligenti e più creativi. È ora che ci dotiamo di una politica fatta un po’ meno di manovre e un po’ più di idee nuove capaci di generare entusiasmo, di aggregare e muovere il consenso dei cittadini. Proprio quello Renzi sta mostrando di saper fare.

9. Se questi motivi non bastassero, i vertici del Pd ora ce ne hanno dato uno in più, ponendo regole volte manifestamente a ridurre l’affluenza ai seggi. Una ampia partecipazione di massa alle primarie costituirebbe un successo per l’intero partito; non merita di essere premiato un gruppo dirigente che la frena con ostacoli burocratici per dare un po’ meno voce alla società civile e più peso agli apparati.

.
.
(*) I motivi “vecchi” di cui si è detto nelle settimane scorse:

1. In questo momento è Renzi il solo politico capace di farsi ascoltare dall’ “antipolitica” dilagante e di convogliarne le energie su obiettivi politici costruttivi.

2. Renzi sta tentando di porre la propria straordinaria capacità di comunicazione politica al servizio di un programma molto impegnativo, per nulla demagogico, in linea con la strategia europea dell’Italia delineata da Mario Monti. E mi sembra che ci stia riuscendo.

3. Invece l’altro candidato maggiore, Pierluigi Bersani, ci propone una scelta contraddittoria: dichiara la propria fedeltà alla strategia europea delineata da Mario Monti, ma pretende di perseguirla avendo come alleato principale e decisivo Nichi Vendola, il quale addita quella strategia come la rovina del nostro Paese.

4. Sulla vecchia linea del pas d’ennemis à gauche (niente nemici a sinistra), propria del Pci e sostanzialmente perseguita da Bersani, la sinistra italiana è sempre stata minoritaria, comunque incapace di dare al Paese un governo stabile. L’esperienza della scorsa legislatura non ci ha insegnato nulla?

5. Per il resto il programma di Bersani ripete senza un solo guizzo di di novità le stesse parole d’ordine generiche sulle quali la sinistra è stata inconcludente per quattro decenni. Ne abbiamo abbastanza di una sinistra sostanzialmente conservatrice e, sul piano strategico, invariabilmente perdente.

6. L’idea di partito per cui si batte Renzi è coerente con quella originaria dalla quale il Pd è nato. Il Pd simil-Pci che si sta delineando in questi giorni, invece, con quell’idea ha poco a che fare. Qualcuno è forse in grado di individuare una sola differenza tra il Pci del 1990 e il Pd come lo propongono oggi Bersani e Fassina? Se le differenze non ci sono, pensiamo davvero che sia quello il partito che può guidare il centrosinistra a vincere e a governare per l’intera legislatura?

http://www.pietroichino.it/?p=23722
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Re: Renzi Vs Bersani: i due PD

Messaggioda chango il 29/10/2012, 11:40

franz ha scritto:A parte il fatto che vista la qualità scadente dei risultati, passare al primo posto una volta tanto non sarebbe male, i dati postati fanno rilevare che tedeschi ed altri stanno a scuola da 30 a 40 ore settimanali (in parte davanti ai ragazzi, in parte a preparare le lezioni e correggere i test) ma nulla si dice di quanto facciano gli italiani quando suona la campanella. Bene, è esperianza comune che a parte due ore settimanali di pianificazione insieme agli altri colleghi ed una quarantina di ore all'anno per le riunioni di istituto (quindi una alla settimana) quando suona la campanella se ne vanno a casa insieme ai ragazzi. Poi chi è bravo (pochi ma buoni) lavora a casa. Gli altri no. E la qualità la si vede nei risultati PISA ed Invalsi.
Quindi aumentare il tempo di lavoro a scuola mi pare doveroso. Fossimo ai primi posti nella qualità dell'isegnamento capirei.

Ma se siamo messi come indubbiamente siamo, e cioè male, dobbiamo selezionare i docenti migliori e farli lavorare di piu' e lasciare a casa quelli piu' scarsi. Aumentare il tempo di lavoro dei migliori del 30% (pagandoli di piu') e lasciare a casa il 30% peggiore mi pare un obbiettivo possibile ed auspicabile per migliorare la qualità dell'insegnamento. Capisco che sia contro la logica fascio-corporativa (fatta propria anche da altri colori) ma cosi' la penso e così la dico. Prendiamo esempio dalla Svezia, come suggerisce mauri (e ci fa capire la differenza tra un sistema socialdemocraticvo ed uno fascio-corporativo).


Aumentare il lavoro a scuola vuol dire trasferire all'interno della scuola il lavoro che i professori fanno a casa?
se sì, allora servono strutture e spazi adeguati per consentire al professore di svolgere il lavoro che fa a casa all'interno della scuola.

a un docente migliore, che lavora complessivamente tra le 35-40, ore vorresti aumentare l'orario di lavoro del 30%?
cioè settimane lavorative tra le 45 e 50 ore?
ma poi se uno è un docente migliore (nelle 35-40 ore "tradizionali") perchè non gli dovresti aumentare comunque lo stipendio?
un aumento di stipendio a seguito di un aumento di ore di lavoro non è un premio a migliori, ma semplicemtne pagare il dovuto.
inoltre la qualità dell'insegnamento non migliora solo all'aumentare del numero di ore. anzi, come in generale delle attività "labour intensive", la produttività decresce al crescere delle ore lavorate.
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Re: Renzi Vs Bersani: i due PD

Messaggioda franz il 29/10/2012, 12:37

chango ha scritto:Aumentare il lavoro a scuola vuol dire trasferire all'interno della scuola il lavoro che i professori fanno a casa?
se sì, allora servono strutture e spazi adeguati per consentire al professore di svolgere il lavoro che fa a casa all'interno della scuola.

Gli spazi ci sono. Quante ore fanno gli studenti in classe? Quando non si sono gli studenti, la classe è vuota!
Chi lavora bene avrà un aumento solo del lavoro in classe. per definizione chi lavora bene ha bisogno di meno tempo per le attività non davanti agli studenti. Sa usare l'informatica, si sa organizzare, è quindi piu' produttivo. Se aumento il lavoro di 1/3 per tutti docenti ho un extratime che non posso riversare sugli studenti (c'è un limite alla loro capacità di attenzione e tempo) e quindi devo usare per diminuire il numenro degli insegnanti, scartando i peggiori (e ci sono sempre, per definizione). Da qui l'aumento della qualità, se il metodo di selezione (discussione in realtà non semplicee ma da basare sulla meritocrazia) è adeguato.
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Un confronto tra i due programmi: Bersani e Renzi

Messaggioda franz il 29/10/2012, 14:20

“TROVO PIÙ CONVINCENTE IL PROGRAMMA DI RENZI; MA BERSANI IN REALTÀ È PIÙ AVANTI DEL PROPRIO PROGRAMMA - COMUNQUE I DUE DOCUMENTI NON SONO AFFATTO INCOMPATIBILI TRA LORO; E A ENTRAMBI IL PD DEVE ATTINGERE PER CRESCERE NEL PROSSIMO FUTURO”

Articolo di Giacomo Correale Santacroce, pubblicato on line sul sito del Pd di Monza, Il Giornale On Line, ottobre 2012

Ho letto i programmi di Bersani e di Renzi, così come compaiono sui rispettivi siti (e ho letto anche l’ultima versione della Carta d’Intenti, che mi sembra una versione ampliata del programma di Bersani).
Come è stato detto, i due documenti hanno natura diversa: il primo ha un carattere generale, da riempire di contenuti. Il secondo è al contrario una enunciazione di proposte specifiche, con indicazioni di costi da sostenere e di fonti da cui attingere, con molti esempi di buone pratiche straniere e nostrane da seguire. Il primo in molti punti appare, più che generale, generico. Il secondo sembra un po’ ottimistico dal punto di vista finanziario.

Per lo più, non ho rilevato contrasti tali da renderli incompatibili. Al contrario, proposte analoghe si trovano nell’uno e nell’altro. Condivido la ovvia osservazione di Luciana Litizzetto, circa l’accusa da parte di Fassina a Renzi di aver copiato la Carta d’Intenti per quanto riguarda la realizzazione degli asili nido: “Ma non appartengono allo stesso partito?”.
Ci sono comunque alcune differenze di qualche peso, che hanno richiamato la mia attenzione e che meritano, a mio parere, una riflessione, alla ricerca di una conciliazione che vedo molto ragionevolmente possibile, anche se forse con tempi non brevi.

Il programma di Bersani è molto centrato sull’uguaglianza, che è anche il titolo di uno dei dieci punti programmatici. Il programma di Renzi punta invece molto sulla meritocrazia (senza trascurare ovviamente l’uguaglianza, soprattutto dei punti di partenza).

Sono inconciliabili questi due orientamenti? Direi proprio di no.
Non ho alcun dubbio che anche Bersani, se diventasse Presidente del Consiglio, punterebbe su una convergenza uguaglianza-meritocrazia. Mi chiedo però quanto sensibile sia una certa componente del PD alla meritocrazia. Credo che Bersani farebbe bene a prendere posizione sull’argomento.

Un’altra differenza riguarda la domanda: “A chi si rivolge il candidato”?
Nel discorso di Bersani ricorre continuamente il leit-motiv “democratici e progressisti”, come proponenti ma, implicitamente, anche come destinatari del messaggio.
Il programma di Renzi non indica, mi sembra, nessun destinatario, e quindi, implicitamente, si rivolge a tutti i cittadini.
L’espressione “democratici e progressisti” sembra a me una trovata per superare la precedente, più esplicita, “amici e compagni”. Ma il significato è lo stesso.

Da sempre, come sanno i miei amici democratici (o riformisti) del Circolo 6, ho criticato questa espressione, che trovo arcaica ed escludente. Così come ho spesso ripetuto quello che Renzi ha detto recentemente: che con questa chiusura, di antico sapore classista, il PD è destinato a restare plafonato intorno al 25% dell’elettorato.
Fuori dai denti: finché il PD verrà vissuto, invece che come frutto della stagione dell’Ulivo, come l’ultima trasfigurazione del PCI, il tetto è assicurato, in basso.
Credo che in qualsiasi paese democratico chi si candida a governare il paese debba rivolgersi a tutti i cittadini di buona volontà. Nella convinzione che, come ha detto Massimo Gramellini citando la fidanzata di un giovane ucciso per errore dalla camorra, “noi siamo di più”.

Un’ultima differenze riguarda il capitolo del lavoro, su cui vorrei soffermarmi.
Anche qui, al di là della retorica del lavoro come fondamento della dignità umana, mi sembra che il programma di Bersani non tenga conto della realtà in cui viviamo, nel bene e nel male: della “società liquida” di cui parla Baumann. Mi sembra che più che sul lavoro ci si attardi nella difesa statica del posto di lavoro. Si considerano i settori e le imprese come entità statiche, e non come flussi, quali sono.
Non si fa tesoro dell’esperienza, che ha visto passare in cinquant’anni l’occupazione in agricoltura dal 40% al 5%, e quella nell’industria manifatturiera e ormai anche nei servizi (si pensi alle banche) in rapido declino, grazie al progresso tecnologico e all’informatizzazione. Una azienda che voglia stare al passo con la produttività e la competizione, cioè sopravvivere, deve necessariamente “fare di più con meno”.

Può conservare e magari aumentare l’occupazione solo se opera in un mercato in crescita o se è capace di strappare quote di mercato ai concorrenti (come la VW). Altrimenti deve licenziare.
Allora lo Stato deve evitare che la mobilità si trasformi in precarietà, puntando su un salario di cittadinanza (o di sicurezza) e su servizi, soprattutto di formazione, che aiutino i lavoratori a entrare in imprese in crescita, che spesso non trovano le persone di cui hanno bisogno. Le battaglie di retroguardia (la difesa dei posti di lavoro) sono sempre necessarie, ma in condizioni di emergenza.

Mi sembra che da questo punto di vista il programma di Renzi, basato sulla flexsecurity e sulle proposte di Ichino, sia più efficace e lungimirante.
Sul tema del lavoro, penso che tutti e due i programmi dovrebbero riprendere la riflessione sul vecchio slogan “Lavorare meno, lavorare tutti”, anche sulla base degli studi del Wuppertal Institut.
A livello nazionale (seguendo l’esempio della Germania, i cui orari di lavoro sono inferiori a quelli dell’Italia), europeo e anche globale, di diritti dell’uomo (gli operai cinesi che lavorano dodici ore al giorno per produrre gli i-Pad della Apple sono espressione di un male globale).

Per concludere. E’ chiaro che trovo più convincente il programma di Renzi. Ma io sono nello stesso tempo convinto che Bersani sia più avanti del suo programma, e che il suo intento sia quello di innovare, ma con più prudenza di Renzi.
Mi auguro che il PD del futuro, chiunque vinca, trovi in Bersani e in Renzi due colonne robuste. Di un tempio alto quaranta metri.

http://www.pietroichino.it/?p=23694
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Re: Renzi Vs Bersani: i due PD

Messaggioda flaviomob il 29/10/2012, 16:07

2. Renzi è l’unico – con i radicali – a proporre come forma esclusiva di finanziamento pubblico ai partiti la detassazione dei contributi dei soggetti privati, condizionata comunque alla trasparenza totale: ogni entrata e ogni uscita devono essere immediatamente visibili on line. E lui ha incominciato subito a farlo.


Ma non ha motivato le spese di rappresentanza altissime della provincia, quando lui ne era alla guida, e ha sostenuto il falso sul famoso caso dell'aragosta a stelle e strisce... :P Ma gliela perdoniamo... piu' grave sarebbe certo una condanna in appello della corte dei conti (nel caso, dovrebbe autorottamarsi).

Tornando alla scuola, io trovo giusto chiedere ai professori di lavorare di piu' e guadagnare meglio, ma lo chiederei solo ai prof migliori, con criteri meritocratici. I test invalsi sono penalizzanti per le scuole dei quartieri disagiati e degradati, mentre se i test cominciassimo a farli ai professori forse avremmo un criterio meritocratico ed oggettivo e potremmo davvero iniziare a premiare i migliori. Inoltre i prof, che hanno un contratto di 36 ore come tutti i dipendenti pubblici, dovrebbero lavorare anche a giugno e luglio aiutando chi ha debiti a recuperare senza doversi svenare con ripetizioni private in nero.


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Re: Renzi Vs Bersani: i due PD

Messaggioda franz il 29/10/2012, 18:19

flaviomob ha scritto:Ma non ha motivato le spese di rappresentanza altissime della provincia, quando lui ne era alla guida, e ha sostenuto il falso sul famoso caso dell'aragosta a stelle e strisce... :P Ma gliela perdoniamo... piu' grave sarebbe certo una condanna in appello della corte dei conti (nel caso, dovrebbe autorottamarsi).

Vero sulla altre spese di rappresentanza alla provincia (ma è sbagliando che si impara) ma insisti sul presunto falso delle aragoste. Ti è già statto spiegato e rispiegato: il fatto che sia stata usata la sua carta di credito, perché quella istituzionale era bloccata, non significa per forza che lui fosse presente. Poi nel caso, dimenticarsi di un'aragosta non è grave (significa che non era nulla di eccezionale e forse visto il prezzo, molto basso, si puo' capire).
flaviomob ha scritto:Tornando alla scuola, io trovo giusto chiedere ai professori di lavorare di piu' e guadagnare meglio, ma lo chiederei solo ai prof migliori, con criteri meritocratici.

E qui sono perfettamente d'accordo. E visto che la coperta è corta, se i migliori lavorano di piu', altri (i peggiori) possono anche smettere di farlo. Quindi doppio guadagno per la qualità dell'insegnamento. I migliori sono ancora piu motivati, i peggiori smettono di far danni.
Sui testi ai professori sfondi porte aperte. Ricordo che anni fa fecero un esperimento rifacendo ad un gruppo di professori i test del PISA fatti agli studenti. Ottennero le stesse % di risposte giuste e sbagliate ottenute sugli studenti. Il che spiega molte cose. Se il professore certe cose non le sa bene, non puo' certo insegnarle bene. Quindi esiste una relazione tra qualità dei docenti e qualità dei risultati dell'insegnamento. Qualcuno lo dubitava?
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