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L'Italia non è meritocratica

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: L'Italia non è meritocratica

Messaggioda flaviomob il 23/09/2010, 1:35

Caro Piero, è sempre utile riflettere su ciò che scrivi ed è un buon motivo per stare in questo forum. A Bidellissimo vorrei dare un benvenuto e ricordare a tutti che la ricchezza di posizioni, di visioni diverse va apprezzata, soprattutto se parte da considerazioni legate al concreto della propria esistenza, professionale ma non solo, che evidentemente nascono dalla profondità dei segni che l'esperienza lascia dentro ognuno di noi, non da un esercizio intellettuale o dal gusto della parola fine a se stessa. Se poi esse portano a conclusioni diverse e divergenti da quelle altrui, ciò non toglie loro un grammo di valore e di genuinità. E se non riusciamo a rispettarci tra noi, che siamo quattro gatti, è inutile che ci lamentiamo di quello che succede nel Pd, nel centrosinistra e in tutto il sistema politico nostrano... :shock:


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
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Re: L'Italia non è meritocratica

Messaggioda franz il 23/09/2010, 8:56

flaviomob ha scritto:http://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/948-francesco-macheda-i-falsi-miti-del-social-liberismo

I falsi miti del social-liberismo
Francesco Macheda*

Sinceramene un testo apprezzabile. Lo stato misero del nostro capitalismo (straccione e familiare) è sicuramente ben dipinto da quell'analisi. Sia pur fatta con una evediente visione prospettica da sinistra, il dipinto è di buona qualità ma è, ecco la mia personale critica, un compito fin troppo facile. Da sinistra criticare il capitalismo è normale. Qualsiasi capitalismo. A maggior ragione quello nostrano, cosi' arretrato ed incapace di crescere. Ma sempre da sinistra io gradirei anche leggere pari ciritiche ed analisi (sempre in tema di merito e meritocrazia) applicati a tutti gli altri aspetti della società. Per esempio il merito nella cosa pubblica, nelle università e nella scuola, nella politica. Come si è arrivati ad avere baronie universitarie (che sono anche loro un freno allo sviluppo economico ed allo sviluppo di un capitalismo meno straccione e familistico) ed all'attuale casta politica che blocca lo sviluppo del paese gestendo (male) piu' del 50% del PIL? E se il capitalismo italiano ha i sui demeriti, che dire del sindacalismo nostrano, in rapporto alle discussioni sul merito in azienda ed al loro stesso interno?
Tutte cose che magari tra noi discutiamo ogni tanto ma latitano a livello politico ed accademico, tanto che ritengo giusto e condivisibile il titolo che ha questa discussione. È vero: l'italia non è meritocratica. Ci sono alcune rare isole ma sostanzialmente il merito è assente in gran parte dell'economia privata, nel settore pubbllico (un lavoratore dipendente su 5) nella poliitca, nelle università. Forse unico appunto che faccio all'analisi di Macheda e di dimenticare il ruolo di uno stato che amministra (male) la cosa pubblica gestendo e ridistribuendo (peggio) il 50% del PIL nei confronti del settore privato e del capitalismo nostrano. Se la corruzione è l'unico modo per accellerare o ottenere scorciatorie burocratiche, appalti, favori, se il clientelismo impera, anche buona parte del capitalismo si adegua, soprattutto quello straccione. E quello coraggioso, nordico, stenta a decollare, soprattutto il presenza di una massiccia concorrenza sleale del sommerso.
Sommerso causato TUTTo dal settore pubblico (eccesso di prelievo fiscale e contributivo, eccesso di burocrazia, eccesso di legislazione). Quindi mi pare chiaro che ai motivi individuati nell'analisi ne vanno aggiunto altri che dipendono da scelte pubbliche ed a loro volte legate all'assenza di meritocrazia nello stato e nella politica e da pessime scelte politiche.
Vero che il capitalismo italiano è sottocapitalizzato ma è anche vero che piu' del 50% degli utili (per chi li fa) vanno in tasse. Come fa uno a capitalizzarsi in questo modo, se ogni anno una sanguisuga gli succhia la metà del sangue per alimentare una burocrazia clientelare spesso corrotta, per aiutare i furbetti del quartierino, sprecando risorse pubbliche in mille sussidi (come il percorino italiano fatto in romania) e senza avare in cambio almento un buon sistema sanitario, ottime scuole, strade sicure, ferrovie e poste funzionanti ed in ordine, la malavita in gabbia e non per strada?

Franz

PS: "il nocciolo della proposta social-liberale – la ‘terza via’ tra keynesismo e ultra-liberismo – secondo cui la crescita economica passerebbe attraverso l’eliminazione delle rigidità dell’offerta di lavoro, inserita tuttavia all’interno di una cornice regolatoria che non pregiudichi la coesione sociale" mi pare essere concretamente rappresentabile dal nuovo modello svedese. Come è messa la meritocrazia in Svezia?
Ultima modifica di franz il 23/09/2010, 9:22, modificato 1 volta in totale.
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Meritocrazia, di Roger Abravanel

Messaggioda franz il 23/09/2010, 9:13

Segnalo libro e forum di discussione.

http://www.slideshare.net/raffaele.maur ... esentation

http://www.meritocrazia.com/index.php?o ... &Itemid=67

Cos'è la meritocrazia

Che cos’è la meritocrazia? Licenziare i “fannulloni” nel settore pubblico? Eliminare le raccomandazioni? Nulla di tutto ciò. Licenziare i “fannulloni” è sacrosanto, ma cosa fare dei milioni che non sono fannulloni e che bisogna valorizzare? Negli USA, patria della meritocrazia, le “recommendations” portano a riempire un posto di lavoro su due. Si tratta però di “raccomandazioni” molto diverse dalle nostre. Chi segnala qualcuno particolarmente bravo e adatto per un posto di lavoro lo fa con grande cautela, perché mette in gioco la propria stessa reputazione e risponderà moralmente della performance della persona segnalata; da noi, invece, si raccomandano con leggerezza persone che non si conoscono (dal punto di vista delle capacità professionali) per posti di lavoro che non si conoscono.

“Meritocrazia” è un sistema di valori che valorizza l’eccellenza indipendentemente dalla provenienza, dove “provenienza” indica un’etnia, un partito politico, l’essere uomo o donna; ma in Italia “provenienza” significa soprattutto la famiglia di origine.

In Italia il sistema di valori è molto meno meritocratico di quello di altre società, come quella nord-americana e scandinava, molto più capaci di assicurarsi che la classe dirigente (il top 1 per cento o 10 per cento, a seconda delle definizioni) sia la migliore possibile.

In Meritocrazia spiego come in Italia l’assenza di questo sistema di valori abbia prodotto una classe dirigente debolissima: la mancanza di meritocrazia è molto più pervasiva di quanto non si creda, ed è diventata la causa principale del declino della nostra economia. Una classe dirigente inadeguata di policy makers, leader e dirigenti della pubblica amministrazione e purtroppo anche di azionisti che non si sono meritati la proprietà della propria impresa.

Sir Michael Young, il laburista inglese che nel 1954 creò il termine “meritocrazia”, ha inventato l’“equazione del merito”: I+E=M, dove “I” è l’intelligenza (cognitiva ed emotiva, non solo l’IQ) ed “E” significa “effort”, ovvero gli sforzi dei migliori. La “I” porta a selezionare i migliori molto presto, azzerando i privilegi della nascita e valorizzandoli attraverso il sistema educativo: è l’essenza delle “pari opportunità”. La “E” è sinonimo del libero mercato e della concorrenza che, sino a prova contraria, sono il metodo più efficace per creare gli incentivi economici per i migliori.

I due valori della meritocrazia, pari opportunità grazie al sistema educativo e libero mercato, sono spaventosamente carenti nella società e nell’economia italiane.

Le pari opportunità per i giovani si fermano a Roma: i giovani del Sud hanno scuole pessime, come dimostrano i loro test PISA (a livello di Uruguay e Thailandia, anche se nessuno lo sa, dato che i voti assegnati agli studenti dagli insegnanti sono buoni, al livello di quelli del Nord). Le pari opportunità per le migliori donne italiane non esistono, dato che il “soffitto di vetro” per le migliori italiane è il peggiore del mondo sviluppato: le donne italiane sono quelle che lavorano di meno e fanno meno figli.

La concorrenza non è un concetto amato dalla nostra società ed economia, come dimostrato da diverse ricerche. Non ha mai interessato i nostri policy makers, che preferiscono proteggere imprese e lavoratori a scapito di consumatori e cittadini: i politici si interessano al problema dell’Alitalia per proteggere gli interessi dei piloti e dei lavoratori degli aeroporti, non l’interesse di milioni di passeggeri. Ma il libero mercato non ha mai interessato davvero anche molti imprenditori italiani che, invece di far crescere la propria azienda valorizzando il talento non famigliare, preferiscono tenere il controllo della governance e della leadership in famiglia: “piccolo è bello”, perché permette all’impresa di servire gli interessi della famiglia e non viceversa, come avviene nelle grandi aziende famigliari globali.

Si dice che la società italiana abbia una “cultura non meritocratica”, soprattutto a causa del “catto-marxismo”, ma questo è solo parzialmente vero. Intanto la meritocrazia è un concetto recente dato che è “nato” nel secolo scorso. A parte M. Young, che ideò il termine nel 1954, la data ufficiale di nascita della meritocrazia è il 1933, quando J. Conant, presidente di Harvard, concepì l’ETS (Education Testing Service), grazie al quale prese piede il SAT (Scholastic Aptitude Test), che divenne l’“arma segreta della meritocrazia” perché permise di “portare ogni giovane talento da ogni parte del Paese a laurearsi a Harvard, che si tratti di un figlio di ricchi o che non abbia un penny, che abiti a Boston a San Francisco”, nelle parole dello stesso Conant.

L’Italia è solo in ritardo di un centinaio di anni: il “catto-marxismo” c’entra dunque poco, dato che le “levatrici” della meritocrazia sono stati in Inghilterra il partito laburista (a cui apparteneva M. Young) e in America la Chiesa Protestante.

Il ritardo è causato dalla forza abnorme della famiglia italiana, che genera quel “familismo amorale” italiano studiato dai sociologi di tutto il mondo e giustificato dalla debolezza dello Stato che non è riuscito a creare fiducia nei cittadini. Gli italiani non hanno fiducia nella giustizia, nella scuola, nella sanità pubblica, e si rifugiano nella “famiglia” in senso allargato. Così si spiega lo strapotere di associazioni come Confindustria e Confcommercio, che sono dei veri benchmark mondiali. L’azienda di famiglia si passa oggi di padre in figlio (maschio) esattamente come 150 anni fa in tutto il mondo si passava la proprietà della terra: ma negli altri paesi ci si è resi conto che sono avvenute la rivoluzione industriale e quella post-industriale.

Da noi si pensa che meritocrazia sia sinonimo di ineguaglianza: è dunque essenziale vincere la “paura della meritocrazia”. Nel saggio dimostro come proprio l’assenza di meritocrazia abbia portato al paradosso che l’Italia è diventata la società più ineguale del mondo occidentale. L’ineguaglianza “statica” (il rapporto tra il reddito del top 10 per cento e bottom 10 per cento) in Italia è altissima, quasi a livello degli USA e Regno Unito; tuttavia questi paesi, avendo una maggiore mobilità sociale, grazie alle pari opportunità, sono meno ineguali. La nostra mobilità sociale (poco misurata, perché non ha interessato molti) è invece molto bassa: siamo dunque il paese più ineguale, perché chi è povero è relativamente molto più povero ed è destinato a restare tale.

In Meritocrazia sono comunque ottimista, perché i tempi sono maturi per un cambiamento e perché ho scoperto e descritto in un capitolo i “semi del merito”, isole italiane di eccellenza che dimostrano che la meritocrazia è possibile anche da noi. La Normale di Pisa, l’Istituto Italiano di tecnologia (che per una volta ha reso positiva la “bilancia dei cervelli”), il Premio Nazionale Innovazione (Business Plan Competition nazionale tra i migliori giovani scienziati italiani), il First Generation Network (la rete di imprenditori di prima generazione che non hanno ereditato la proprietà della propria azienda), aziende come Luxottica e Unicredit. Il “seme del merito” più sorprendente è sicuramente il Tribunale di Torino il cui Presidente, il dottor Mario Barbuto, ha ridotto in pochi anni i tempi della giustizia civile: a Torino oggi più del 90 per cento dei processi dura meno di tre anni.

Meritocrazia non si ferma quindi alle denunce, ma fa anche quattro proposte concrete per rilanciare il merito nella nostra società ed economia, orientate a rafforzare i due valori di base: pari opportunità e concorrenza/libero mercato.



Quattro proposte concrete per promuovere la meritocrazia in Italia

1. Lanciare una delivery unit (“unità di consegna”) simile a quella utilizzata da Tony Blair per “consegnare” ai cittadini miglioramenti concreti e misurabili nella qualità del settore pubblico, grazie a un approccio innovativo per creare una giovane ed eccellente classe dirigente nella Pubblica Amministrazione.

2. Creare un sistema di testing nazionale standard per misurare la qualità della nostra scuola e il merito di insegnanti, che sono l’unica vera leva per aumentare il merito degli studenti. Gli obbiettivi sono

a) selezionare qualche università di eccellenza;

b)aumentare il numero dei laureati triennali che trovano lavoro adeguato;

c) migliorare drasticamente la qualità della scuola primaria e secondaria, in particolare al Sud.

3. Introdurre una Authority per i servizi locali (commercio, turismo, trasporti), che sono una parte essenziale dell’economia e che oggi sono vittime di policies anti-concorrenza e produttività perché ladevolution rende le amministrazioni locali sempre più preda delle lobby locali.

4. Introdurre una normativa o codici di comportamento per i Consigli di Amministrazione delle società quotate simile a quella Norvegese, che impone che il 40 per cento dei membri di un CdA siano donne. Il “soffitto di vetro” nei CdA italiani per le donne è il peggiore in assoluto, e ridurlo è interesse delle imprese, non delle donne, perché abbondanti ricerche dimostrano che imprese con leadership anche femminile crescono e guadagnano di più.
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Re: L'Italia non è meritocratica

Messaggioda pianogrande il 23/09/2010, 10:39

http://milano.repubblica.it/cronaca/201 ... 1#commenta

La proposta dei padani dovrebbe entrarci qualcosa con la meritocrazia.
Il test per l'ingresso in università a numero chiuso legato al prerequisito della residenza.
Sono abbastanza d'accordo che non si debba tenere conto del voto di maturità che non è sempre affidabile allo stesso modo.
Si faccia allora il test, semplicemente il test, e vinca il migliore.
Di questo passo, si potrebbe andare oltre la residenza dei cinque anni.
Perché non fare differenza tra chi si chiama Esposito o Daniello o (orrrore!) Mouziane o El Hadj e chi si chiama Airaghi o Bernasconi o Colombo?
Fotti il sistema. Studia.
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Re: L'Italia non è meritocratica

Messaggioda franz il 23/09/2010, 10:45

pianogrande ha scritto:La proposta dei padani dovrebbe entrarci qualcosa con la meritocrazia.

In effetti non c'entra, se prendiamo per buona la definizione riportata nel libro sopara citato:

“Meritocrazia” è un sistema di valori che valorizza l’eccellenza indipendentemente dalla provenienza, dove “provenienza” indica un’etnia, un partito politico, l’essere uomo o donna;

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Re: L'Italia non è meritocratica

Messaggioda ranvit il 23/09/2010, 11:06

Qualche considerazione a ruota libera.

Questo forum è prevalentemente politico. Area Ulivo, che come si ricorderà comprendeva le idee ed i valori dal centro alla sinistra riformista. La sinistra radicale ne era fuori....

Quando voglio leggere qualcosa che ha a che fare con la cultura, vado da un altra parte. Nella peggiore delle ipotesi, se non ho un riferimento, vado su un motore di ricerca. Le ambizioni culturali di chi non ne ha titolo, soprattutto se accompagnati dalla spocchia di chi crede di essere un intellettuale (tra l'altro privo di quel pizzico di umiltà, che ogni persona davvero colta dovrebbe avere a corredo per essere credibile ed ascoltato, da trattenerlo dall'accusare di "chiacchiere da bar sport" gli interlocutori che non si lasciano affascinare dalle sue parole o peggio dall'accusare la maggioranza degli italiani di essere "popolo bue") mi lasciano indifferente e, anzi, stuzzicano la mia verve polemica.

L'arrivo di un nuovo utente è sempre ben accolto....ma dipende da come si pone. Se entra con un argomento "forte" non si puo' pretendere di trovare un'accoglienza morbida.

Interessante anche quanto dice "inrete". Al solito pero', coma ha già rilevato franz, l'analisi è di parte (quanto sono "anomali" gli imprenditori italiani). Aggiungo che ora mi aspetterei di leggere l'analisi su quanto sono "anomali" i sindacati italiani, gli avvocati italiani, i commercialisti, i professori universitari, i giornalisti, la sinistra, la destra etc etc


Vittorio
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Re: L'Italia non è meritocratica

Messaggioda pierodm il 23/09/2010, 12:27

Intanto, grazie a Pianogrande, che ha molto opportunamente segnalato la notizia sulla "scuola padana", che riporta l'argomento della meritocrazia nella concretezza non solo politica della nostra società, ma anche sociale e culturale: la Lega, infatti, è in quei territori ampiamente votata dalla "gente", e non è che questa gente sia all'oscuro di ciò che la Lega è, di quello che propone, di quello che fa.

Sinceramene un testo apprezzabile. Lo stato misero del nostro capitalismo (straccione e familiare) è sicuramente ben dipinto da quell'analisi. Sia pur fatta con una evediente visione prospettica da sinistra

Ma quale altra visione c'è da aspettarsi, per rappresentare il capitalismo straccione italiano? Di destra? Di quel "centro" cosiddetto moderato?

Ma sempre da sinistra io gradirei anche leggere pari ciritiche ed analisi (sempre in tema di merito e meritocrazia) applicati a tutti gli altri aspetti della società. Per esempio il merito nella cosa pubblica, nelle università e nella scuola, nella politica. Come si è arrivati ad avere baronie universitarie (che sono anche loro un freno allo sviluppo economico ed allo sviluppo di un capitalismo meno straccione e familistico) ed all'attuale casta politica che blocca lo sviluppo del paese gestendo (male) piu' del 50% del PIL? E se il capitalismo italiano ha i sui demeriti, che dire del sindacalismo nostrano, in rapporto alle discussioni sul merito in azienda ed al loro stesso interno?

E mi pareva...
L'apprezzamento per "il testo" è durato esattamente una riga e un quarto. Per tornare subito all'argomento preferito.
Io le cose che desidera leggere Franz le leggo da sempre, da sinistra: o meglio ancora, come per il capitalismo straccione, se si leggono ciò avviene solo "da sinistra", e dall'area dei radicali, che apaprtengono alla medesima area.
Fatta eccezione per ciò che riguarda il sindacato, naturalmente, se ci riferiamo all'ambito strettamente partitico.
Discorso diverso, invece, se intendiamo come "sinistra" anche persone, intellettuali, giornali, correnti di pensiero esternne o lontane dai partiti: riflessioni critiche sulla nostra "società bloccata" e sulle sue magagne, e sulla serie di cause e concause che la generano, io le ho viste provenire quasi esclusivamente nella comunicazione "di sinistra".
Anche ammesso che io mi sia perso qualcosa, rimane il fatto che "da sinistra" c'è stato tutt'altro che il silenzio.
Ma la cosa che mi sembra davvero noiosa, e diciamo pure capziosamente fuori posto, è questo sistematico richiamarsi a "qualcos'altro", quando il discorso prende una strada che non piace (anche se frettolosamente dichiarata "apprezzabile" ...).


Sommerso causato TUTTo dal settore pubblico (eccesso di prelievo fiscale e contributivo, eccesso di burocrazia, eccesso di legislazione).

Come dicevo, una volta sbrigata l'incombenza di dichiarare "apprezzabile" un'analisi, si è immediatamente tornati ai concetti, alle immagini e ai discorsi consueti, sempre gli stessi, ripetuti ossessivamente, senza che la discussione o l'apporto di nuovi contributi ne facciano mutare una sola virgola.
Comunque.
La responsabilità del sommerso non è solo pubblica e statale, ma anche attribuibile ad una cultura imprenditoriale privata distorta, e ad un deficit generalizzato di correttezza, di senso della legalità.
Quello che spesso si dimentica, o si minimizza, è che lo stato, il "pubblico", non discende dalla luna, ma è il frutto di un connubio quasi sempre perverso tra cultura diffusa, opportunismi elettorali e interessi di bottega: è il buon cittadino che fa il buon governo, tanto quanto (secondo me un po' meno, in democrazia) un buon governo fa il buon cittadino.
E tra i cittadini-popolo-sovrano non ci sono solo i sindacalisti o gli operai, e tanto meno la gente di sinistra (che storicamente non ha mai superato un quarto o al massimo un terzo dell'elettorato) ma c'è anche la massa delle partite IVA, i bottegai, gl'imprenditori, e insomma tutti quelli che non appartengono esattamente al "popolo sindacalizzato".
Ma già, dimenticavo che, come disse quell'ascoltatore berlusconiano che telefonava a Radio Radio, "dopo che Prodi ha fatto fallire l'Alitalia, e dopo che siamo stati governati per cinquant'anni dalla sinistra e dalla CGIL...".
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Re: L'Italia non è meritocratica

Messaggioda ranvit il 23/09/2010, 12:47

Ok, l'Italia non è meritocratica per colpa degli imprenditori, della destra, delle partite Iva, del vicino di casa perchè vota a destra... :oops:
Tutti gli altri : sindacalisti, politici di sinistra, baroni universitari, intellettuali, artisti, insegnanti, impiegati statali, del vicino di casa perchè vota a sinistra, etc, sono gli unici incolpevoli.... :oops:
Che si fa?
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: L'Italia non è meritocratica

Messaggioda pianogrande il 23/09/2010, 14:39

Si dibatte caso per caso.
Si interviene caso per caso.
Pare che la sinistra, in Lombardia, si stia opponendo alle "pirlate" padane sui test di ammissione.
La destra no.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: L'Italia non è meritocratica

Messaggioda franz il 23/09/2010, 14:46

ranvit ha scritto:Ok, l'Italia non è meritocratica per colpa degli imprenditori, della destra, delle partite Iva, del vicino di casa perchè vota a destra... :oops:
Tutti gli altri : sindacalisti, politici di sinistra, baroni universitari, intellettuali, artisti, insegnanti, impiegati statali, del vicino di casa perchè vota a sinistra, etc, sono gli unici incolpevoli.... :oops:
Che si fa?

Appunto. Ma basta muovere un rilievo del genere per far scattare i neuroni pavloviani della risposta automatica. Che comprende un conteggio stechiometrico delle righe scritte per dire che si è d'accordo su una cosa (3 o 4) rispetto alle 26 scritte per sottolineare su cosa non si è d'accordo. Ovvio, visto che la "critica del vero democratico" prevede che se io sono d'accordo al 90% devo scrivere 90 righe di congratulazioni e complimenti, compresi i quintali di lodi sperticate e leccate di culo, e poi magari scrivere 10 righe per segnalare (in sordina) quel mio 10% di disaccordo (confidando nella bontà del minculpop).

Io invece se sono d'accordo lo dico ma passo avanti. Quello che importante discutere, di solito, è quello su cui non si è d'accordo. Che discussione vogliamo fare? Sulle cose su cui siamo d'accordo? Ma che palle. "Hai ragione, ...no, hai piu' ragione tu, no, hai piu ragione tu. no tu!>

Quindi rilancio la discussione sul libro di Roger Abravanel, che mi pare sia glissata da chi si infervora contro la meritocrazia.
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