In questi quindici anni il centro-sinistra ha praticamente sperimentato quasi tutte le posizioni, le maschere e i toni, ma raccogliendo ben poco: o sconfitte, o mezze vittorie con scarse facoltà di governo
Per tacere, poi, della sconfitta più grave: quella della credibilità e della pubblica opinione.
Qualcuno, qui, ha accennato alla Roma e alla crisi d'inizio camponato, ma possiamo citare anche la Juventus che ha conosciuto momenti di delusione: si sono scatenati tutti in diagnosi e ipotesi di colpa, dall'allenatore al terreno d'allenamento, dai medici alla campagna acquisti, dal colore delle pareti della palestra all'olio usato al buffet, richiedendo a gran voce un fuoco purificatore che incenerisse tutto e tutti.
Nel nostro caso si sta facendo lo stesso: Di Pietro fa così, Berlusconi ha vinto, quindi Di Pietro non deve fare più così.
La sinistra ha "demonizzato" Berlusconi, Berlusconi ha vinto, quindi la sinistra non deve più "demonizzare" Berlusconi.
(N.B.: l'uso delle virgolette sulla "demonizzazione" mi esime da lunghe puntualizzazioni).
Questo discorso è speculare a quello che fa lo stesso Berlusconi: ho vinto, quindi il conflitto d'interessi non esiste.
Questo genere di disperati ragionamenti nasce dalla convinzione che le sconfitte e le vittorie - quando sono così gravi e prolungate - traggono origine dai comportamenti, intesi nel senso di "vetrina", di esibizione di sé, e che l'azione politica, la "consistenza" politica di un partito sia dovuto soltanto o principalmente a ciò che è, anzi ciò che fa, il partito stesso.
Questo è vero solo in minima parte, perché in questo rapporto tra partiti ed elettorato si tiene sempre poco conto del secondo soggetto, cioè l'elettorato - e se ne tiene conto come se fosse un soggetto super partes, neutrale, in attesa di decidere quale contendente abbia meritato la corona d'alloro del vincitore.
In merito all'atteggiamento da tenere e del genere di opposizione da fare, io credo che sia necessario attenersi semplicemente a ciò che si ha di fronte, basandosi nel giudizio sulla coerenza con i propri fondamenti politici, con le proprie idee.
Se alcuni, molti o tutti i nostri giudizi sono minoritari o mal visti da una prevalente parte di elettorato, questo non è affatto un buon motivo per rinunciare a sostenerli: anche perché, rinunciandoci, si devono assumere altre posizioni, che non hanno un retroterra nella nostra coerenza, e risultano quindi posticci, incerti e poco credibili.
Tra i tanti "fatti" sui quali si pretende di basare la valutazione dei comportamenti del centro-sinistra di questi anni, questo tipo di incertezza e di fuga nell'insicerità viene poco ricordato: anzi, si cerca di aumentarne la dose.
Nel quarto d'ora di Blob di stasera mi è sembrato di vedere una scena che mi ha fatto pensare proprio alla sindrome di "moderatismo" che ossessiona molti, nel PD e dintorni: la scena di un giovane Gesù che scacciava i mercanti dal tempio, rovesciandone i tavolini e le pilette di monete, incazzatissimo.
Agli aficionados del "dialogo" vorrei ricordare che il Parlamento l'hanno inventato proprio per questo. Per dialogare. Non c'è bisogno di elaborare uno speciale clima di benevolenza e complicità, per discutere su DDL, riforme e leggi-quadro, e non c'è bisogno di benevole dichiarazioni di "disponibilità".
Certo, bisognerebbe che il Parlamento fosse rispettato e funzionasse esercitando il proprio ruolo, e non fosse usato solo come legittimazione rituale delle decisioni prese dalla maggioranza, o direttamente dal premier: poiché nei governi Berlusconi avviene proprio questo, evidentemente non si ha nessuna intenzione di "dialogare", e anzi si ha tutta l'intenzione di ignorare qualunque genere di dialogo.