da pierodm il 01/10/2010, 0:33
Tuttavia non è così pacifico che tanto rigore e tanti controlli vengano impiegati quando una multinazionale è in grado di condizionare il... controllore con laute prebende, tantopiù in paesi strutturalmente soggetti a fenomeni di corruzione diffusa
Ovvia e corretta cautela, validissima non solo nel nostro paese, ma in tutto il mondo.
Ma questo ci porta a quello che è il vero oggetto del contendere - vero, anche se non reso esplicito in modo adeguato.
Soffermarsi sul tira e molla di quale sia lo scienziato più veritiero, se quello OGM-OK o quello NO-OGM, è inutile per arrivare ad una conclusione incontestabile, come dicevo nel mio post precedente.
Così come è piuttosto capzioso, e ugualmente poco utile, soffermarsi solo sull'aspetto della sicurezza alimentare, relativamente la più facile da accertare e da certificare rispetto al più generale problema dell'equilibrio biologico-ambientale.
Il punto cruciale del contenzioso è lo stesso che esiste e persiste dai tempi in cui è cominciato ad emergere il problema ecologico: la fiducia che è possibile riporre nel sistema scientifico-industriale.
Da una parte chi vi ripone una fiducia assoluta, dall'altra chi non ha nessuna intenzione di fidarsi senza mille cautele e mille controprove.
Nel momento, soprattutto, in cui le tecnologie hanno assunto un ritmo di sviluppo tumultuoso, la contrapposizione si è fatta più che mai acuta: l'incalzare delle novità, e del business relativo, ha reso più complicato stare dietro in modo adeguato alla sicurezza, e allo stesso tempo ha fatto diventare talvolta angoscioso il senso di impotenza che la società avverte di fronte alla detenzione delle conoscenze e delle procedure che tengono in piedi produzione, consumi e sviluppo.
L'esempio del pericolo gravissimo presentato dalle piattaforme petrolifere è di viva attualità, e ben poco serve nell'ambito del nostro discorso l'obiezione "furba" che in genere viene opposta su questo tema: il petrolio serve, e l'opinione pubblica (o il "mercato") non hanno alcuna intenzione di privarsi dei vantaggi della motorizzazione o della plastica.
Che il "mercato" se ne freghi dei rischi è cosa evidente - del resto, chi ne dubiterebbe mai? - ma ciò toglie crudamente di mezzo l'argomento della "responsabilità scientifica", che sembra del tutto inesistente o inefficace di fronte alla logica puramente mercantile - o al menefreghismo, o all'ignoranza, o all'impotenza della pubblica opinione.
Per non parlare delle centrali atomiche per l'energia elettrica.
Tutto ciò dovrebbe portare a ridiscutere il ruolo e i poteri della politica, in quanto unico strumento con il quale esercitare un controllo democratico di conoscenze e procedure che hanno un impatto diretto e potenzialmente gravissimo sul territorio e sulla società.
Ma succede che proprio in concomitanza con il boom tecnologico la socialità e il potere stesso della politica sono fortemente indeboliti, e che si fa sempre più strada una visione "privatistica" di controlli e di soggetti istituzionali.
Questo sembra essere un indirizzo che rafforza la propensione verso la fiducia assoluta nei meccanismi e nella logica di "sistema", fino alla resa di qualunque cautela critica.
Ma tutto si può dire di questa fiducia, meno che sia pertinente con una società liberale", la quale non si basa sull'assunto di soggetti sociali ispirati da una coscienza etica, ma al contrario si basa sull'esistenza di interessi e di coscienze contrapposte, e su una sistematica limitazione dei poteri - qualunque potere.
In questa contesa, invece, emergono posizioni "liberali" che - furbissime verso le malefatte vere o presunte della politica e di ogni altra istituzione umana - si mostrano candidamente ingenue e fideistiche verso i poteri dei soggetti economici, specialmente dei più grossi e meno trasparenti. Davvero un curioso "disincanto".