Un po' per tutti, riassumendo.
Ritengo che non sia possibile alcuna modelizzazione a medio lungo periodo (mi riferisco a quanto detto da annalu con "una "modellizzazione" del possibile sviluppo futuro dell'economia, che mi consenta di prevedere quali prodotti e servizi, e quali imprese ed industrie risulteranno necessari e vincenti nel lungo periodo.")
Non lo ritengo possibile perché l'innovazione tecnologica è cosi' rapida oggi da spazzare via ogni piano ed ogni previsione. Oggi mi butto sul solare, fra 6 mesi potrebbe uscire dal laboratori la nuova "killer application" che pone a valore zero ogni mio investimento facendomi fare un gigantesco flop. E dopo due anni sarebbe già sul mercato. Forse è possibile una pianificazione nel breve periodo delle strutture scolastiche secondiarie e terziarie, per preparare le figure professionali piu' adatte ad un certo tipo di sviluppo: manifattura, alta tecnologia, servizi, turismo. Ma il modello generale rimane semre quello. Caso mai si tratta di aiutarlo in alcuni suoi aspetti particolari.
Vogliamo fa rinascere la manifattura e spingere di piu' sull'innovazione? Meno avvocati e piu' tecnici, piu' ingegneri.
Quando parliamo di modello (o di schema, ... vero, il discorso non cambia) a sinistra e con il mondo cattolico si parla di modello di sviluppo in generale e si tratta di una cosa sola: il modello basato sul profitto (di solito criticato) e sul capitale. Gratta gratta arrivamo sempre al mercato (scambio di beni e servizi prodotti da entità basate sulla divisione del lavoro: io faccio scarpe, antonio fa canne da pesca) e sull'investimento (che comporta un profitto). Vero che poi in ogni tipo ed ogni luogo conosce alcune piccole ma significative varianti "dialettali" ma nulla di veramente "nuovo" o realmente diverso, rispetto alla critica idelogica al modello di base. Qualcuno ridistribuisce meglio, altri peggio ma esistono elementi comuni che possiamo rintracciare fin dall'invenzione dell'agricoltura (inizio dello sviluppo, prima era statico). Per questo modello il PIL va benissimo e puo' essere eventualmente affiancato da indicatori sulla qualità della vita (che non sono in controtendenza al PIL).
Di solito "nuovo" implica, in questa chimera della ricerca di un modello totalmente nuovo e totalmente diverso (ma il supermercato non esiste) un cambio totale di schema (per esempio un modello di sviluppo che non crei disparità) non un costante e lento miglioramento di quello che abbiamo (quindi la ridistribuzione per appianare parte delle disparità create).
In effetti di nuovo c'è poco e possiamo limitarci a fare manutenzione ordinaria, stando attenti a non fare disastri.
Vero, caro trilogy, che nulla funziona "benissimo" ed infatti abbiamo crisi ricorrenti (e qualcuno dice che sono necessarie e utili) ma i disastri maggiori riesce a farli la politica, con la presunzione di salvare il mondo ma in realtà con l'ambizione di aumentare proprio peso. Tra l'altro, immagino che tu sappia quale è la nazione con la maggiore liberalizzazione dei servizi finanziari e saprai che non è stata toccata dalla crisi finanziaria, salvo qualche titolo tossico arrivato incautamente fin là.
Toccata si dalla crisi generale della domanda, seguita subito dopo ma il governo non si è dovuto indebitare fino al collo per salvare banche ed aziende. Solo un piccolo prestito, fatto comprando azioni e poi rivendendole quando erano risalite, guadagnandoci pure. Unico caso forse di governo che è uscito dalla crisi con le cifre nere, non rosse. Con meno debito pubblico. A allora mi chiedo se è proprio vero che in USA, dove tutto ha avuto origine, i servizi finanziari sono veramente liberalizati come si dice. Il settore dei mutui in USA è piu' regolamentato e protetto e questo lo si è scaricato sui servizi finanziari solo perché erano meno regolamentati. Qui il problema (modellistico) caso mai è di non avere assimmetrie (nella stessa nazione un settore iper regolamentato ed uno adiacente e collegato piu' liberalizzato). Ci vuole equilibrio altrimenti le magagne di un settore vengono scaricate nell'altro. E come sai il problema dei subprime è nato per discutibili scelte pubbliche, fatte decenni fa un po' da tutte le amministrazioni americane. L'origine del disastro è la scelta pubblica, non il sistema finanziario. Questo è stata la valgola di sfogo che ha alleggerito la pressione nella pentola americana, distribuendo i veleni ovunque nel mondo. Oggi pero' i titoli piu' tossici, quelli che preoccupano, non sono piu' quelli che contengono i subprime ma sono quelli che costituiscono il debito pubblico di certi stati (PIIGS).
Debito che è calcolato in relazione al PIL.
Franz