da pierodm il 21/11/2008, 19:03
Matthelm.
Forse non mi sono spiegato bene: adesso ci riprovo, ma tu collabora, andando a rileggere con più attenzione quello che avevo scritto. In queste ultime ventiquattr'ore non è venuta a visitarmi nessuna fata turchina, quindi le mie capacità espressive sono rimaste le stesse di ieri - anzi, ietri ero molto più tranquillo, mentre adeso sono leggermente più nervoso, e sicuramente meno accomodante.
Uno.
Non ho detto che la cosiddetta sinistra radicale dà le risposte giuste.
Ho detto che la sinistra radicale organizzata - cioè i partiti - l'ho già ricusata a tempo debito, proprio perché non dava le risposte giuste, non solo alle domande della società, ma alla domanda di rinnovamento della sinistra stessa.
Questo per me è un discorso chiuso, talmente ovvio che non capisco come si possa insisterci sopra con tanto accanimento, facendone perfino il centro del proprio pensiero politico.
Tuttavia, l'inadeguatezza dei partiti e dei partitini non ha niente a che vedere col fatto che ci sia nella società una serie di problemi che rimangono senza rappresentanza politica, nel momento in cui una "nuova sinistra" decide di ocupare uno spazio molto spostato verso il cosiddetto "centro" moderato.
Diciamo meglio, nella società, nella cultura politica stessa rimane inalterato il bisogno non solo di "rappresentanza", ma di un punto di vista interpretativo che guardi le cose da una prospettiva diversa da quella del pensiero che comincia (attualmente) dal PD e finisce la sua gamma concettuale nella destra di Storace, passando attraverso l'UDC, AN, FI, la Lega.
Due.
I moderati non hanno saputo intercettare un accidente.
I moderati fanno lo stesso discorso, rappresentano le stesse cose da secoli: insieme alla destra, sono il fenomeno politico e ideologico più antico e persistente che si conosca sulla faccia della terra.
Non sto dicendo che s'inventano cose false, o che usurpano uno spazio non dovuto: sto dicendo che in politica recitano un ruolo che è come una maschera della commedia dell'arte, ossia una linea di pensiero perenne e sopravvivente, tanto quanto è eternamente sopravvivente quell'humus popolare che si riconosce nel cosiddetto moderatismo.
Giusto e inevitabile che entrambi esistano (più inevitabile che giusto), ma per carità di patria evitiamo di parlare di "capacità d'intercettare", come se si trattasse di uno svolazzo di realismo, di modernità o di acùme politico.
Tre.
Da piccolo avevo qualche amichetto, nei miei giochi di strada nella periferia romana, che in qualsiasi evenienza non sapeva far altro che urlare "stronzo" o pure "che cazzo!", non importava che fosse un calcio durante una partita di pallone o una figurina persa alla conta o la scoperta d'un buco nella tasca.
Mi sembra che questa paranoia dell'infantilismo, manifestata da te e da altri, sia essa stessa una forma d'infantilismo, di chi non sa trovare altro argomento e altri termini per descrivere (direi meglio: disprezzare) persone e cose che - sia pure nel legittimo disaccordo - meriterebbero d'essere viste con maggior rispetto intellettuale, e forse anche umano.
Quattro.
Chiarito, per la centocinquantesima volta, quello di cui s'illudono i partiti della "SR", risulterebbe più interessante dedicarsi finalmente a capire di che cosa s'illude il PD.
Cinque.
Il socialismo come "parola" sarà pure superata e non più alla moda, ma dietro alle parole ci sono pensieri, fatti e significati: rimane da dimostrare che questi siano superati, anzi "archeologici" - tanto più se consideriamo da quali meravigliose "parole" siano stati sostituiti nei sogni del profondo nord, e come vedi evito di agitare il coltello nella piaga delle ampolle del dio Po e altre modernità delo stesso tipo.
Infine due parole per Macaluso, citato da Paolo.
"Se non c'è una reale condivisione di valori e di ideali politici, qualsiasi unione resta solo di tipo elettorale e produce alla lunga effetti negativi."
Bella scoperta. Nella vecchia Ml di gargonza l'abbiamo detto, ridetto e ripetuto un migliaio di volte, in tutte le maniere possibili, al tempo in cui impazzava la "ricchezza delle diversità" - naturalmente, lo dicevamo come cosa ovvia, non come una quintessenza di saggezza politica.