Una delle ultime volte che mi è capitato di leggere - forse anche per la mia età giovanissima - un articolo politico che mi ha affascinato, fu in uno dei primissimi numeri del Manifesto, a firma di Ingrao, nel quale si faceva in sostanza un diagramma del cosmo politologico: prima la cultura, dalla quale discende la politica, dalla quale a sua volta discende l'amministrazione.
A ripensarci dopo, sembra un'ovvietà, ma era la chiarezza e la nettezza con la quale i concetti erano espressi a costituire un indirizzo illuminante. E tanto ovvi, poi, non sarebbero, visto che oggi Ingrao sarebbe preso a pernacchie, nel dire quelle cose - o peggio ancora, sarebbe relegato con condiscendenza tra quelli che fanno "filosofia".
Ranvit, ormai, mi sembra un caso disperato: dove sia il nostalgismo, in quell'articolo di Scalfari, solo dio lo sa. O forse la senilità è quella di Ranvit, che è come quei vecchietti ostinati che non sentono ragioni?
Buttarla sull'età mi ricorda, però, quello che è stato fatto con Montanelli, da parte del suo ex editore, quando il giornalista non ha voluto assecondarlo nella sua discesa in campo.
Comunque, inviterei Ranvit a non partecipare a quelle discussioni dove si parla d'altro, se il suo unico contributo è quello - irresistibilmente - di chiedere "sì, va be', ma come?": non per la tranquillità altrui, ma per la sua, dato che l'atrocità della domanda lo esulcera in modo così penoso.
Tra l'altro, il nostro vetusto amico non si è accorto che, in qualche modo, io avevo dato una risposta alla sua domanda, nel post appena precedente: una risposta forse non sufficientemente "fattiva", ma comunque una risposta per quelle che sono le mie possibilità.
Nell'invio, vedo che si è aggiunta la chiosa di Franz.
Da buon intellettuale, Scalfari pone le domande giuste - e già non è poco, e il fatto che siano banali è una disdetta non per Scalfari, ma per quelli che non sono capaci di fare lo stesso nonostante la banalità.
Inoltre, tra le cose che Scalfari mette in chiusura tra le necessità, non è elencata - probabilmente perché troppo ovvia perfino in quel contesto - la cosa più elementare: bisogna evitare di dare le risposte sbagliate, o più crudamente, bisogna evitare di fare cazzate solo perché sono "cazzate che sanno di novità".
La cosa divertente è che cose molto simili le dicevo e le scrivevo quando avevo vent'anni, riferendomi ai tanti cazzari del movimentismo gruppettaro di allora.