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franz ha scritto:L'Obama italiano (è una domanda) non lo si trova perchè
a) non siamo capaci di formarlo, o di avere un terreno di coltura in cui crescano bene
b) non siamo capaci di selezionarlo
c) non siamo capaci di trovarlo?
Per me la prima è vera all'80% e per un 20% sono vere le altre due opzioni.
pierodm ha scritto:Terzo, perché in genere non cerco di penetrare le menti, ma mi limito a constatare o interpertare ciò che viene scritto, e a credere che tra ciò che viene scritto e ciò che viene pensato da chi scrive ci sia un legame - sono in fondo un ottimista, e uno che ha pregiudizi positivi sulle persone.
Quarto, perché Franz dovrebbe chiedersi, visto che mi conosce da anni: se Pierodm, che ha mostrato una perversa propensione a lunghi e tortuosi ragionamenti; se Pierodm, che ha mostrato una vocazione, sia pure squallida, al filosofeggiare, e a buttarla sulle "analisi" di gramsciana memoria; se insomma un simile personaggio improvvisamente si mette a buttarla sullo scherzo, perché lo fa?
pierodm ha scritto:... io credo che sia assolutamente inevitabile - e legittimo - che il dialogo si sposti sulle "idee riposte" o sui pregiudizi o le illazioni che sono impliciti in un tale scambio di battute: cosa per altro abituale nei rapporti umani, anche intellettuali, dato che le "idee in sé" sono un'astrazione che trova un raro riscontro nella realtà pratica - o meglio, le idee in sé comprendono inevitabilmente anche una parte della dimensione umana, personale, biografica, di chi le esprime.
Quando, per esempio, prendiamo in esame le parole di Veltroni, o di Fini - magari le stesse o quasi, su certi argomenti, com'è successo recentemente - diamo loro un determinato valore in quanto parole che provengono da un certo ruolo politico, e diamo un valore diverso tra l'uno e l'altro, in conseguenza della loro storia personale, e questo valore implica una "intenzione" diversa e prefigura un "progetto" diverso, visto che certe affermazioni hanno un significato diverso se dette nell'ambito del PD o nell'ambito di AN.
pierodm ha scritto:Il leader.
Torno a ripetere quello che avevo detto in precedenza.
Un leader è importante, così come è reale e importante il problema della sua scelta, la sua formazione, etc.
Ma il problema politico - che rende l'argomento diverso da quello aziendale o manageriale - è che un partito non è una fabbrica, che può agevolmente essere "inventata" dal nulla, o con l'assemblaggio delle sue varie componenti.
Un partito - nel suo insieme, compreso il metabolismo che riguarda la leadership - nasce da una società e da una storia, e sulla base di una necessità e di una rappresentanza.
Il rinnovamento della sinistra progressista, invece, ha trovato il nulla, contro il quale "lottare", perché la tradizione, la storia contro la quale avrebbe dovuto produrre idee e persone alternative, era la stessa storia e tradizione che ha "deciso" di rinnovarsi, annullando e rinnegando se stessa.
In queste condizioni il "rinnovamento" è consistito in un susseguirsi di ideuzze strampalate, o comunque vacue, che non hanno dovuto mettersi alla prova di una lotta e un'opposizione agguerrita: solo i fatti hanno costituito un banco di prova, ma i fatti senza una sfera intellettuale e ideologica che li interpreti sono come un elastico che può ulteriormente essere teso e ancora teso, e teso, e che dà una risposta inequivoca solo nel momento in cui si spezza e colpisce in faccia quelli che lo tendono.
Se facciamo un passo indietro, possiamo capire meglio in questo senso il periodo Craxi.
Craxi, da molti, viene ancora oggi considerato un fenomeno di rinnovamento della sinistra, o del riformismo di sinistra, proprio perché in quel perido aveva due grandi avversari: la cultura DC, e la grande tradizione e la forza del PCI, che aveva forse raggiunto l'apice con Berlinguer.
Forse è un caso, ma con la scomparsa di Berlinguer, e con la sclerosi che nel frattempo investiva la scuderia dei cavalli di razza DC, è terminato il periodo "creativo" di Craxi ed è cominciato il degrado verso la "banda craxiana" e il CAF, che è finito come sappiamo.
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