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La fine di un solista

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: La fine di un solista

Messaggioda pierodm il 19/11/2008, 15:31

Concordo totalmente con quello che scrive Franz, che per altro non è nemmeno una "opinione" ma una nuda e cruda constatazione, o se preferite un principio inoppugnabile.

Tuttavia ... voglio ricorrere ad una metafora calcistica.
C'è chi desidera il bel gioco, o almeno una squadra che rappresenti un "cuore".
C'è chi guarda solo ai risultati, ossia vincere ad ogni costo, anche facendo i minestroni e gl'inghippi.

Personalmente, appartengo al primo gruppo, sia nel calcio, sia in politica, anche se non credo affatto che a medio-lungo termine il bel gioco e la vittoria siano incompatibili.
Però riconosco ai fautori della "vittoria" qualche buona ragione (a parte gl'inghippi, specialmente nel calcio, che è uno sport o un gioco e come tale dovrebbe avere orrore della slealtà).

Se si fa parte del primo gruppo, non si basa il proprio giudizio sulla vittoria, e comunque si apprezza anche chi perde, se chi perde ha regalato buone idee e indicato buone strade da percorrere.
Se si fa parte del secondo, si deve con coerenza chiedere la testa di chi ha perso, perché lo ritiene responsabile oggettivo di tutto quello che succede.

Il sistema al quale siamo approdati dopo anni di metamorfosi è basato sul bipolarismo e sulla centralità della "governance", che equivale a quella della "vittoria".
Dunque è soprattutto per questo che non si può perdonare a Veltriìoni di aver perduto, e si deve considerarlo come responsabile oggettivo di tutto - lui, ma anche il gruppo dirigente che lo circonda.
Condannarlo, intendo dire, anche se se ne apprezzano alcune idee e certi suoi sentimenti, per come si riesce a percepirli.

Per riportarci al titolo, il PD - dopo aver voluto scientemente e puntigliosamente essere "l'unico" - ha assunto su di sé il dovere di rappresentare tutta la sinistra e di dimostrare una forza di opposizione adeguata alla propria ambizione.
Se non ci riesce, ha fallito: almeno nel primo round. Ma in politica i conti non si fanno alla fine, perché non c'è una fine certa e determinata, come in un incontro di boxe. I conti si fanno a mano a mano, e ogni round sono anni di vita di un intero paese e di milioni di cittadini.
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Re: La fine di un solista

Messaggioda Paolo65 il 19/11/2008, 17:40

Pierdom, il punto è che Veltroni è uno che aveva proposto al Lingotto il bel gioco con la speranza di vincere.

Purtroppo però,dopo la sconfitta e gli attacchi da tutte le parti,soprattutto interne al PD, ha cambiato gioco e si è messo sulla scia di Di Pietro.

Così facendo però, non solo ha perso le elezioni(che io davo per scontato e non ci vedevo nulla di male nel restare all'opposizione e perseguire il bel gioco,in attesa della rivincita),ma abbandonando il bel gioco non sta dando al PD la possibilità di avere un'identità.

Dopo le elezioni, di fronte a tutti quegli attacchi interni doveva dimettersi,andando a nuove primarie e ripresentarsi col programma del Lingotto, e poi vedere se la base era ancora con lui.

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Re: La fine di un solista

Messaggioda lucameni il 19/11/2008, 17:42

matthelm ha scritto:In verità, pur concordando con talune vostre osservazioni, oggi ho letto la risposta di Veltroni a Galli della Loggia e rimango della mia opinione: la linea politica di Veltroni è chiara e giusta.
Forse riamane una sua inadeguatezza a portarla avanti.
Di certo nel PD c'è confusione anche nei detrattori di Veltroni che si dividono sui sostenitori di Di Pietro,populista,
demagogo di destra, e nei "si però...".

Aspetto ora le mosse per le elezioni europee e vedremo se la linea Veltroni sarà conseguente.



E va sottolineata la controreplica di Galli della Loggia: miserella e non certo all'altezza di quell'intellettuale che dice di essere.
Purtroppo la linea editoriale di un quotidiano si misura per lo più dagli editoriali e si capisce bene che non c'è più il Mieli del 2006.
Il Corriere assomiglia sempre più alla Stampa 20001-2005; lo vediamo bene dallo spazio lasciato a questi "terzisti" che non azzardano mai una critica al Cav. ma sempre al PD e al suo "riformismo incompiuto".
Non facciamoci prendere per il naso. Per non dire altro.
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Re: La fine di un solista

Messaggioda matthelm il 19/11/2008, 17:57

Siccome però Veltroni non è da una vita segretario PD, non si può quindi fargli colpa di errori o deficienze altrui ma lasciargli un tempo congruo per lavorare.
Questa fretta eccessiva per la resa dei conti mi sa molto di pregiudizio.
Non vorrei che questo accanimento sia motivato solo dal fatto che si è per una linea politica che non si condivide.
L’alternativa a Veltroni è solo ritornare ad alleanze con forze già sperimentate estremamente negative e perdenti per il riformismo italiano.
I conti in politica non si fanno man mano altrimenti vincerebbe Berlusconi.
Scommettere su un disegno più concreto necessita di più tempo. Ciò non vuol dire che Veltroni non abbia commesso degli errori ma la linea politica perseguita è , secondo me, giusta e degna di essere sostenuta.
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Non siamo nostalgici (di W.Veltroni)

Messaggioda borghinolivorno il 19/11/2008, 23:01

Walter Veltroni - Lettera a "Il Corriere della Sera"

Caro direttore, la coscienza storica è essenziale al dibattito pubblico e alla politica. A patto però che non sia utilizzata per leggere il presente, e il futuro con le categorie del passato. Mi è parso incorrere in questo vizio l'editoriale di una persona che stimo come Ernesto Galli della Loggia, pubblicato sul Corriere di ieri.

Galli rimprovera al Pd e al suo segretario di aver abbandonato l'ambizione, la vocazione «maggioritaria» e di essere ritornato, dopo la sconfitta elettorale, alla nostalgia dell'unità delle sinistre: ricalcando in questo modo la cultura che fu del Pci e la linea del «niente nemici a sinistra», da sempre pietra tombale di ogni riformismo.
Gli argomenti empirici che Galli riesce a produrre a sostegno della sua tesi «continuista» sono in realtà alquanto discutibili. Egli stesso se ne rende conto, quando scrive, in calce all'elenco dei capi d'accusa, che «di per sé, naturalmente, nessuna di queste scelte è una scelta esplicita per l'unità delle sinistre ».
Solo una ideologia della insuperabilità dei limiti storici, culturali prima ancora che politici, della sinistra italiana, può trasformare questi incerti argomenti nel giudizio netto e definitivo pronunciato da Galli.

In effetti, la storia di questo primo anno di vita del Pd è assai diversa e racconta del sorgere e del progressivo affermarsi e radicarsi, per la prima volta nella storia d'Italia, di un moderno riformismo di popolo, dalle dimensioni di massa, largamente prevalenti nel campo del centrosinistra. Ciò è avvenuto e continua a verificarsi, non in astratto, ma dentro e attraverso la lotta politica, con le sue inevitabili contraddizioni e tortuosità, certamente, ma anche con le sue innegabili rotture e inequivocabili discontinuità.

Con la sua nascita e la sua affermazione elettorale, che lo ha portato di un balzo, pur nella sconfitta, alle dimensioni dei grandi partiti riformisti e democratici dell'Occidente, il Pd ha risolto la lunga «contesa a sinistra»: grazie alla convergenza di tutti i riformisti in una casa comune, il centrosinistra è stato liberato non solo dalla egemonia del comunismo, finita con il 1989, ma anche dal complesso unionista del «niente nemici a sinistra», che per troppo tempo aveva impedito al riformismo di dispiegare compiutamente la sua cultura di governo e il suo progetto di cambiamento della società italiana.
E ciò è avvenuto non con operazioni a tavolino, ma dando battaglia, al cospetto degli elettori, proprio sui due fronti di cui parla Galli: quello dell'avversario di centrodestra, l'asse Pdl-Lega, e quello del competitore a sinistra, radunato da Bertinotti sotto le insegne dell'Arcobaleno.

All'indomani delle elezioni, il Pd ha affrontato a viso aperto, anche attraverso un tormentato dibattito interno, la tentazione del richiamo della foresta: tornare all'unionismo frontista, o impostare la propria opposizione nel segno dell'antiberlusconismo giustizialista. La tentazione è stata vinta: abbiamo detto no a piazza Navona e no al referendum sul lodo Alfano. Abbiamo scelto di sfidare la maggioranza e il governo su un altro terreno, quello delle grandi questioni economiche e sociali: dai salari al fisco, dal welfare alla scuola e all' Università.

Su questi temi abbiamo chiamato alla mobilitazione il nostro popolo e abbiamo dato vita, al Circo Massimo, alla più grande manifestazione riformista della storia d'Italia: una manifestazione convocata contro la politica economica e sociale del governo, palesemente inadeguata ad affrontare con determinazione i grandi problemi dell'Italia, e in nome di una piattaforma alternativa, al tempo stesso radicale, nei suoi principi e valori, e moderata nel gradualismo dei suoi obiettivi, come è proprio di ogni vero riformismo.

Attorno a questa piattaforma, che punta a sgravi fiscali per salari, stipendi e pensioni, finanziati con tagli selettivi alla spesa pubblica, a un nuovo sistema di ammortizzatori sociali, fondato su un chiaro superamento dell'attuale dualismo tra garantiti e precari, a misure di sostegno al credito per le piccole imprese, al rilancio della scuola, dell'Università e della ricerca, attraverso riforme che premino il merito e la qualità, il Pd lavora alla costruzione di una larga coalizione sociale, ad una nuova alleanza tra lavoro e impresa, grande e piccola, tra lavoratori dipendenti e autonomi, tra lavoro e sapere: una coalizione orientata al futuro e alle giovani generazioni.

E' lungo questa via che il Pd sta costruendo, dandosi il tempo che è necessario sotto il cielo di ogni paese democratico, quella che Galli chiama «una linea politica d'opposizione capace di tenere insieme, e di rendere egualmente visibili, il profilo riformista del suo partito da un lato, e dall'altro la chiarezza del quotidiano contrasto rispetto al governo ». Un contrasto, quello col centrodestra, che non è solo programmatico, ma anche culturale e ideale.

Il Pd scommette sulle risorse morali, prima ancora che materiali, della società aperta, di un mercato regolato, della democrazia liberale e quindi della divisione dei poteri e del potere. Dall'altra parte, si scommette invece sulla concentrazione del potere, sulla cultura della delega, sul primato della forza sulle regole. Non è un caso se, come ha notato a più riprese il Corriere, il Pd guarda da tempo alla esperienza dei democratici americani e alla straordinaria novità rappresentata da Barack Obama. Così come non è un caso se con il governo Berlusconi si è stabilita una inedita «special relationship» con la Russia di Putin. Davvero la storia non è un eterno ritorno dell'identico.
(corriere 19/11/2008)
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Re: La fine di un solista

Messaggioda Paolo65 il 20/11/2008, 9:35

Scusate, ma qual'è la linea politica del Veltroni di oggi che andrebbe sostenuta?

Io non vedo più alcuna linea politica ma solo un andare in scia con Di Pietro.

Nel discorso del Lingotto c'era la linea politica,ma ne vedete traccia?

Ad esempio, sulle riforme da fare come può il PD iniziare un confronto quando è alleato con l'IDV che ogni giorno da del corruttore politico a Berlusconi, blocca la commissione di vigilanza su Orlando pur di non dissentire con l'IDV?

Un leader non fallisce solo se ha un pessimo programma,ma anche se lo ha buono(e Veltroni lo ha buono)ma non riesce a metterlo in pratica.

Oggi pare riscoppiata la guerra tra veltroniani e dalemiani: bene, un leader che si rispetti apre il conflitto in modo aperto e regola i conti con l'avversario, e se serve chiede nuove primarie qualora non fosse sicuro che la base sia con lui.

Invece, scrive al Corriere, va da Napolitano a piagnucolare ecc.

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Re: Non siamo nostalgici (di W.Veltroni)

Messaggioda gabry il 20/11/2008, 12:19

borghinolivorno ha scritto:Walter Veltroni - Lettera a "Il Corriere della Sera"

Caro direttore, ...
Il Pd scommette sulle risorse morali, prima ancora che materiali, della società aperta, di un mercato regolato, della democrazia liberale e quindi della divisione dei poteri e del potere. Dall'altra parte, si scommette invece sulla concentrazione del potere, sulla cultura della delega, sul primato della forza sulle regole. Non è un caso se, come ha notato a più riprese il Corriere, il Pd guarda da tempo alla esperienza dei democratici americani e alla straordinaria novità rappresentata da Barack Obama. Così come non è un caso se con il governo Berlusconi si è stabilita una inedita «special relationship» con la Russia di Putin. Davvero la storia non è un eterno ritorno dell'identico.
(corriere 19/11/2008)


Risorse Morali?
Quali e come sono state selezionate?

Si guarda ad Obama . Ma lo si guarda solamente?
Perche' non si attuano gli stessi metodi di selezione ?

Mi sarebbe piaciuto leggere "Il PD guarda da tempo alla esperienza dei democratici americani e vorrebbe incominciare ad imparare qualcosa da quell'esperienza. Ma gna' famo!-We can't! " .
Sarebbe stato molto piu' realistico.


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Re: La fine di un solista

Messaggioda matthelm il 20/11/2008, 12:49

Paolo, la linea politica di Veltroni è di costruire una forza riformista di centrosinistra finalmente libera dalle “miserie” della sinistra massimalista e parolaia. Una forza alleata al centro moderato, visto che li si vincono le elezioni e si può governare senza fughe e infantilismi politici.

Per fare questo ci vuole il tempo necessario e un po’ …di opposizione.

Certamente si dovrebbero evitare alcune cadute come allearsi con Di Pietro o i radicali o tiritere come la recente diatriba Orlando-Zavoli e altro e magari essere più tosti.

Se poi si volesse sostituire Veltroni lo si dovrebbe fare con un altro candidato più efficace ma che non abbandoni, appunto, la linea politica prima indicata.

Altrimenti, liberi tutti (parlo per me, naturalmente).
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Re: La fine di un solista

Messaggioda lucameni il 20/11/2008, 14:24

"e un po’ …di opposizione"..

L'hai scritta giusta: un po' d'opposizione.
Ma il PD vuole essere un'opposizione responsabile oppure il solo parlare di intransigenza su certi temi è vietato dal galateo del riformista all'italiana?
Questo me lo dovete spiegare, perchè fino ad ora ho sentito parlare di dialogo e di pericoli di massimalismo etc etc.
Come se i problemi attuali più pressanti fossero Di Pietro o presunte nuove alleanze future con la sinistra.
Non la riforma della giustizia, le balle su Alitalia etc etc ma gli alleati che urlano troppo e disturbano quel manovratore che i riformisti non dovrebbero affato disturbare.
Come se B. e compagnia venisse in secondo piano.
Appunto spiegatemi il vostro concetto di riformismo (all'italiana).
Io non l'ho capito.
E se ho capito come lo interpretate voi non mi piace per nulla.
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Re: La fine di un solista

Messaggioda matthelm il 20/11/2008, 14:52

Luca, ho scritto che si deve fare per un certo periodo l’opposizione per meglio definire squadra e identità, e ciò si può fare in vari modi.
Certamente Veltroni qualche volta sbaglia ma sicuramente l’opposizione Di Pietro è di quanto più negativo si possa fare: non otterrà nessuno nuovo voto ma in compenso ne farà perdere.

Io non voglio lavorare per il re di Prussia! Cioè per altri scopi o fini diversi da quanto prefigurava il programma del PD.

Qui taluno, non te, prefigura di ritornare con la sinistra radicale sotto altre spoglie e la lotta senza quartiere di Di Pietro solo questo vuole raggiungere: tutti uniti contro B.! e saremmo punto e a capo.

Dico degli spropositi?
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