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www.prossimaitalia.itOggi è il giorno in cui possiamo celebrare un grande risultato: il Pd farà le primarie per scegliere i prossimi parlamentari. I leader del Pd hanno parlato, augh. Ormai la valanga ha fatto massa, e nessuno la potrà più fermare. E partì con un sassolino, perché due anni fa, quando primi e assolutamente soli iniziammo a parlarne, descrivendo questa battaglia campale come un tema centrale per la nostra tenuta democratica, gradimento e interesse generale erano vicini allo zero assoluto, quando non apertamente ostili.
Era un tema politicista, e comunque il Pd non le avrebbe fatte mai: che se avessimo avuto un centesimo per tutte le volte che ce lo siamo sentiti ripetere, oggi non avremmo più bisogno di una pagina per le donazioni sul nostro sito (che è un po’ un invito implicito a sostenere il lavoro fatto, al vostro buon cuore).
E invece ci siamo, urrà per il Pd. Urrà per un partito che, al netto di qualche ritardo, davvero si mette nella posizione migliore per affrontare le prossime elezioni, e per vincerle. Per recuperare un po’ di cittadini delusi, per dare almeno una prima risposta al rifiuto della politica, tra altre che comunque dovranno seguire.
Un leader scelto dal popolo, e i suoi parlamentari lo stesso: e un bel pezzo, un pezzo enorme di campagna elettorale è già fatto. Che è anche un bel risparmio, mentre dall’altra parte non sono riusciti a trovare nulla di meglio del già noto ai casellari, il miliardario vecchio, ossessionato e ossessivo.
E quindi, è tempo di rilassarsi? No, non ancora, calma e gesso ancora per un momento. Primo, banalmente, perché adesso bisogna candidarsi. Tutti, dappertutto, come dicemmo l’anno scorso coniando un felice slogan. Qualcuno lo sta già facendo, la strada è quella e bisogna rompere gli indugi.
Poi perché bisogna capire quali sono i termini della contesa. Il dado è tratto, nei prossimi giorni, e in particolare alla Direzione Nazionale di lunedì, finirà di rotolare e sapremo che numero è uscito. La data, per prima cosa: il 29 accorcia di molto tutto il processo, perché in due settimane si dovrebbero approvare le regole, raccogliere le firme o quel che servirà per presentare le candidature, fare un minimo di campagna, e poi votare tra una fetta di panettone e una di cotechino. Il Governo sembra orientato a farci votare le politiche il 17 febbraio, e la buona notizia è che le firme da raccogliere potrebbero essere la metà. Nella nostra petizione, che in due giorni ha quasi raggiunto le 5mila firme, suggerivamo la data del 12 o del 13. Se proprio è troppo tardi, in mezzo c’è ancora il weekend del 5, e comunque continuare a firmare e far firmare può tornare utile a sollevare la questione.
Altro punto da chiarire, chi potrà votare: l’idea di una consultazione tra soli iscritti pare destituita di fondamento. E questo è un bene. C’è un’albo degli elettori appena creato nelle primarie per la scelta del premier, si può magari pensare a una nuova apertura delle registrazioni, pure on line. Senza voler riaprire il vaso di Pandora della discussione delle regole, per carità.Infine, la divisione dei collegi. L’Italia è fatta di realtà diversissime tra loro, ma tenere i collegi del Porcellum così come sono, in qualche territorio, vorrebbe dire far scegliere ai nostri elettori tra decine e decine di candidati, spalmati tra province lontane tra loro e anche piuttosto diverse. Come primarie sarebbero un po’ snaturate, si tratterebbe piuttosto di un proporzionalone fatto in casa. Meglio collegi piccoli, più o meno corrispondenti alle federazioni del Pd, o anche più piccoli dove le federazioni coprono metropoli sopra il milione di abitanti. Perché le primarie sono la possibilità di scegliere tra proposte e numero di candidati diversi, in una misura calcolabile e sostanzialmente dalla logica maggioritaria. Altrimenti diventano un’altra cosa.
Tutte questioni che i lettori di Prossima conoscono già, che hanno sentito ripetere fino allo sfinimento, per quelle cento volte in cui abbiamo postato il nostro regolamento, la nostra proposta sulla cui base, pare, si discute in queste ore. Che è una bella soddisfazione, anche se ufficialmente noi non dovremmo saperne nulla.
E infatti non lo sappiamo, lo sapremo nei prossimi giorni, lunedì – si spera – di sicuro. Fino ad allora, andiamo avanti a lavorare. Giusto una piccola pausa per goderci la soddisfazione di aver spostato una montagna, avendo cura non ci cascasse addosso, e avendo per fare leva poco più di uno stuzzicadenti.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.