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Processo alla meritocrazia

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda flaviomob il 08/10/2010, 18:06

Torniamo a capo del discorso: che cos'è il merito. Per un'azienda privata, il concetto di merito non esiste. L'obiettivo dell'azienda (salvo eccezioni, ad esempio il terzo settore, il privato sociale no-profit) è realizzare un utile. Questo può portare, come dice giustamente Franz, a una selezione meritocratica, se l'azienda ritiene che le persone di talento ed impegno elevati possano determinare un utile maggiore, attraverso il proprio lavoro. E ovviamente, l'azienda lo ritiene. Ma l'obiettivo dell'azienda non è il merito, ma l'utile! Per cui parlare di sistema 'liberale' come sistema 'meritocratico' per eccellenza è un assioma errato. Ecco allora l'azienda farmaceutica che cerca di corrompere la pubblica amministrazione, ed essendo una multinazionale tenta di farlo in più paesi diversi! Il fine dell'azienda in se', non è degno di merito, anzi è divenuto dannoso per la società. Il funzionario aziendale corruttore ha impiegato il proprio talento e il proprio impegno per corrompere funzionari della PA: eppure è stato selezionato attraverso criteri prettamente 'meritocratici' e ha condiviso l'obiettivo - eversivo e dannoso per la salute pubblica dell'azienda.
Quindi la meritocrazia non ci salva dai 'mostri' e dalle distorsioni del sistema, semplicemente le rende più efficienti e talvolta le premia addirittura.
Diverso è il discorso della PA. Per quanti sforzi possa fare, nessuna PA può promettere premi in denaro 'meritocratici' paragonabili ai premi che un'azienda privata può dare ai suoi manager o funzionari può fidati. Il rischio corruzione è quindi sempre da tenere in conto. Chi lavora nella PA, più che con criteri di compenso monetario alla professionalità e al 'merito' individuale va selezionato tenendo conto la motivazione a lavorare per lo stato, quindi la capacità di anteporre l'interesse pubblico al proprio, la meticolosità e il senso del dovere che lo muove. Tutto ciò, come ci ha ricordato l'ottimo bidellissimo facendo un esempio personale, difficilmente può essere compensato 'meritocraticamente' col denaro, ma appunto riporta al senso del dovere e al senso dello stato - sebbene ciò non giustifichi le ingiustizie, in senso opposto, che uno stato può compiere.
Il senso dello stato deriva dal senso dell'etica di un popolo, ha perciò una radice prettamente culturale piuttosto che economica o 'premiale'. Secondo Weber anche il capitalismo nasce in funzione del senso etico protestante, come conseguenza di un modo di pensare (in questo caso indotto dalla religione dominante).
Non credo che Falcone e Borsellino lavorassero in un certo modo perché retribuiti diversamente rispetto ad altri colleghi, così come centinaia di magistrati che ancora si impegnano senza riserve tra minacce di morte e di vendette, nel contesto di un governo eversivo come l'attuale (mentre il cs balbetta senza fare un'opposizione decisa, quando SB fa certe dichiarazioni). Le aziende che corrompono vanno trattate come elementi di demerito all'interno di una dimensione globale che dobbiamo sforzarci di rendere maggiormente democratica. Un privato che corrompe è un elemento che porta alla crisi dell'economia e danneggia la società, quindi se parliamo di meccanismi premiali a favore del merito, parliamo anche di meccanismi più severi (e globali, quindi perseguibilità in tutto il globo) contro chi danneggia la nostra salute, il nostro ambiente, le nostre economie e favorisce il demerito (corrompendo). Anche i paradisi fiscali giocano un ruolo determinante in tutto questo (anche i conti in Svizzera aiutano le dittature, p.e.) e devono pagarne le conseguenze.


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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda franz il 09/10/2010, 7:49

flaviomob ha scritto:Torniamo a capo del discorso: che cos'è il merito. Per un'azienda privata, il concetto di merito non esiste. L'obiettivo dell'azienda (salvo eccezioni, ad esempio il terzo settore, il privato sociale no-profit) è realizzare un utile. Questo può portare, come dice giustamente Franz, a una selezione meritocratica, se l'azienda ritiene che le persone di talento ed impegno elevati possano determinare un utile maggiore, attraverso il proprio lavoro. E ovviamente, l'azienda lo ritiene. Ma l'obiettivo dell'azienda non è il merito, ma l'utile! Per cui parlare di sistema 'liberale' come sistema 'meritocratico' per eccellenza è un assioma errato. Ecco allora l'azienda farmaceutica che cerca di corrompere la pubblica amministrazione, ed essendo una multinazionale tenta di farlo in più paesi diversi!

Molto dipende dal contesto in cui quell'azienda privata è inserita.
Se l'azienda (piccola o grande che sia) accede direttamente al mercato, vendendo autovetture, mobili, computer, lampadari, a me pare chiaro che l'obiettivo di fare un utile sia possa applicare solo producendo buoni prodotti (e sempre migliori) in modo economico e con il minor spreco possibile di energie e di materiale. Per fare questo occorre competenza, know-how, ed occorre premiare il merito, non certo il demerito. Questo vale naturalmente se il mercato a cui mi riferisco sopra è veramente un mercato, quindi ci sono concorrenti, non ci sono monopoli imposti dalla legge o cartelli vari.

Se invece l'azienda per raggiungere il cliente finale è costretta ad uno o due passaggi intermedi obbligati è vero che il merito puo' diventare secondario rispetto all'obbiettivo del risultato economico. È proprio il caso dell'industria farmaceutica, che per vendere un medicinale al "cliente finale" deve prima passare per lo Stato (per l'autorizzazione), poi per i medici (raggruppati in un ordine corporativo). Va da sé che qui di tutto possiamo parlare tranne che di mercato, ovvero si instaura un altro mercato, molto meno virtuoso, che è quello della corruzione, dovuto al fatto che ci sono persone, con il potere di decidere quale prodotto sia vendibile e quale realmente andrà veduto, che si frappongono tra il produttore ed il consumatore (in questo caso con motivi del tutto giustificati ma che producono abusi).

Osservando il quadro generale tuttavia notiamo che le aziende del primo tipo sono la stragrande maggioranza; direi piu' del 90% sia in termini numerici, di fatturato, di personale impiegato. L'esempio dell'industria farmaceutica quindi non dimostra nulla contro il merito ma caso mai dimostra, ancora una volta, che quando c'è di mezzo lo Stato, con la sua organizzazione, con il suo potere e strapotere, quando ci sono di mezzo ordini professionali corporativi, si finisce per premiare cose diverse dal merito. Diverse e peggiori. Anzi, proprio questo esempio ci dice che la logca del puro merito sarebbe piu' auspicabile.

Veniamo invece a quanto avviene all'interno dello Stato stesso. Secondo me premiare chi lavora bene e invece anche punire e licenziare chi lavora male, migliora anche la qualità complessiva della PA. E ne ha molto bisogno. Questo indipendentemente dal fatto che le persone poi lavorino meglio perché premiate. Se comunque induco qualcuno a lavorare meglio perché il suo merito viene riconosciuto (mentre potrebbe adagiarsi a metà strada se vede che il fannullone prende lo stesso stipendio) ottengo un vantaggio per tutti.

Sono perfettamente d'accordo sul tuo suggerimento su premi e punizioni. Ovvamente in campo internazionale deve esistere un ordine riconosciuto che possa comminare sanzioni, senza gli abusi che potrebbero nascere solo per punire qualcuno per altri motivi (per esempio per punire un successo commerciale, come nel caso della personale lista nera di Tremonti).

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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda chango il 09/10/2010, 9:52

franz ha scritto:Molto dipende dal contesto in cui quell'azienda privata è inserita.
Se l'azienda (piccola o grande che sia) accede direttamente al mercato, vendendo autovetture, mobili, computer, lampadari, a me pare chiaro che l'obiettivo di fare un utile sia possa applicare solo producendo buoni prodotti (e sempre migliori) in modo economico e con il minor spreco possibile di energie e di materiale. Per fare questo occorre competenza, know-how, ed occorre premiare il merito, non certo il demerito. Questo vale naturalmente se il mercato a cui mi riferisco sopra è veramente un mercato, quindi ci sono concorrenti, non ci sono monopoli imposti dalla legge o cartelli vari.



mi spieghi nei casi di delocalizzazzione qual è il merito di costare poco, se quel costare poco vuol dire vivere in uno stato che non prevede sistemi di welfare o non riconsce certi diritti al lavoratore?
oppure se quel cosatre poco è il risultato di un intervento statale che si fa carico dei costi, tramite incentivi?

qual è il demerito di chi perde il lavoro?
eppure possono essere persone che nel loro lavoro hanno messo il massimo delle loro capacità e del loro impegno.
eppure non basta.

per tornare al merito = impegno x abilità x altro; il peso di altro può essere talememte decisivo da rendere inutlie qualsiasi discorso di tipo meritocratico.
anche (soprattutto?) all'interno di un'azienda.
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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda franz il 09/10/2010, 13:12

chango ha scritto:mi spieghi nei casi di delocalizzazzione qual è il merito di costare poco, se quel costare poco vuol dire vivere in uno stato che non prevede sistemi di welfare o non riconsce certi diritti al lavoratore?
oppure se quel cosatre poco è il risultato di un intervento statale che si fa carico dei costi, tramite incentivi?

qual è il demerito di chi perde il lavoro?
eppure possono essere persone che nel loro lavoro hanno messo il massimo delle loro capacità e del loro impegno.
eppure non basta.

Non credo di aver affrontato il problema della delocalizzazione sul piano del merito (o demerito) individuale.
Qui caso mai in questo caso si parla di merito o demerito a livello di politiche economiche nazionali.
A livello individuale non vedo demerti o meriti. Li vedo pero' a livello di sistema.
Alcuni sono migliori di altri. Cosa ovvia, visto che non sono tutti uguali.
Se uno perde il lavoro per motivi di crisi strutturali non è un suo demerito.
Quando si è passati dal cavallo all'autovettura, non era un demerito del maniscalchi o dei mastri sellai.
Tuttavia alcuni costruttori di carrozze a cavalli si sono ristrutturati per costruire la carrozzerie delle auto.
Sono cosi' nati i "carrozzieri". Non so se è noto ma all'inizio le macchina venivano vendute con solo motore, telaio e tutta la parte meccanica per sterzare e cambiare le marce + l'impianto elettrico. Il resto veniva fatto in altre officine, che sul telaio montavano la carrozzerie.
chango ha scritto:per tornare al merito = impegno x abilità x altro; il peso di altro può essere talememte decisivo da rendere inutlie qualsiasi discorso di tipo meritocratico.
anche (soprattutto?) all'interno di un'azienda.

Il grosso delle aziende italiane (mi pare il 90%) è costituito da imprese con meno di 10 dipendenti. Li "altro" è molto poco.
Quando un artigiano fa una sedia, un telaio in ferro, un vaso, un'insegna di un negozio, un vestito, mi spieghi quale "altro" vedi oltre a impegno x abilità?

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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda chango il 09/10/2010, 13:56

franz ha scritto:

Non credo di aver affrontato il problema della delocalizzazione sul piano del merito (o demerito) individuale.
Qui caso mai in questo caso si parla di merito o demerito a livello di politiche economiche nazionali.
A livello individuale non vedo demerti o meriti. Li vedo pero' a livello di sistema.
Alcuni sono migliori di altri. Cosa ovvia, visto che non sono tutti uguali.
Se uno perde il lavoro per motivi di crisi strutturali non è un suo demerito.
Quando si è passati dal cavallo all'autovettura, non era un demerito del maniscalchi o dei mastri sellai.
Tuttavia alcuni costruttori di carrozze a cavalli si sono ristrutturati per costruire la carrozzerie delle auto.
Sono cosi' nati i "carrozzieri". Non so se è noto ma all'inizio le macchina venivano vendute con solo motore, telaio e tutta la parte meccanica per sterzare e cambiare le marce + l'impianto elettrico. Il resto veniva fatto in altre officine, che sul telaio montavano la carrozzerie.



se il merito non è individuale non ha nessun senso parlare di meritorcrazia.

se si parla di imprese o paesi si parla di competitività, di efficienza non certo di merito.

la capacità di stare su un mercato di un'impresa è data dalla sua capacità di produrre utili, indipendentemente se li realizza è perchè fa un prodotto migliore di un'altra.


franz ha scritto:Il grosso delle aziende italiane (mi pare il 90%) è costituito da imprese con meno di 10 dipendenti. Li "altro" è molto poco.
Quando un artigiano fa una sedia, un telaio in ferro, un vaso, un'insegna di un negozio, un vestito, mi spieghi quale "altro" vedi oltre a impegno x abilità?

Franz


puoi chiederlo al lavoratore che eventualemtne perde il lavoro perchè l'impresa preferisce assumere un addetto che costa meno, ma fa le stesse cose (quindi senza nessun aumento della produttività).
quale demerito ha quel lavoratore?
chango
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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda franz il 09/10/2010, 14:31

chango ha scritto:se il merito non è individuale non ha nessun senso parlare di meritorcrazia.

se si parla di imprese o paesi si parla di competitività, di efficienza non certo di merito.

Vero, ma sei tu che ha fatto questi esempi a capocchia.
Delocalizzazione. Dove sta il merito individuale? Da nessuna parte.
Io non lo so , se tu che hai introdotto il merito parlando di delocalizzazione.
Cade un asteroide, succede un terremoto. Dove sta il merito individuale? Fa nessuna parte.
Ed allora non esiste il merito? Grottesco!

Comunque il merito non è solo individuale. No so dove hai preso questa idea strampalata.
Ne abbiamo già parlato a lungo. Il merito è spesso di gruppo. Di squadra. Anzi, molto spesso. Vedi la F1.
All'interno del gruppo, del team, della squadra, puo' esserci anche un merito individuale.
chango ha scritto:la capacità di stare su un mercato di un'impresa è data dalla sua capacità di produrre utili, indipendentemente se li realizza è perchè fa un prodotto migliore di un'altra.

Puo' non essere migliore (uno solo lo è) ma allora deve essere economico. Anche qui la produzione di prodotti economici richiede un certo "merito" sia per le economie sulle materie prime (pensa a quanto pesava un PC o un televisore 25 anni fa) sia per l'individazione di strumenti nuovi sia nuove tecniche di lavorazione.
chango ha scritto:puoi chiederlo al lavoratore che eventualemtne perde il lavoro perchè l'impresa preferisce assumere un addetto che costa meno, ma fa le stesse cose (quindi senza nessun aumento della produttività).
quale demerito ha quel lavoratore?

Se due addetti fanno la stessa cosa ma uno costa piu' dell'altro, è chiaro che quello che costa di piu' è nel posto sbagliato. Un po' come utilizzare un analista senior al posto di un programmatore junior. Entrambi sanno scrivere programmi ma il primo costa moooolto di piu'. La soluzione sta nel far fare ad ognuno il lavoro giusto. E se la cosa non funziona in un'azienda si prova con un'altra. Oppure ci si mette in proprio. Milioni lo hanno fatto. Per volontà o necessità. Poi a stare dall'altra parte della barricata (o quella che in Italia per motivi ideologici viene da alcuni ritenuta tale) si imparano molte cose.

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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda chango il 09/10/2010, 15:21

franz ha scritto:Vero, ma sei tu che ha fatto questi esempi a capocchia.
Delocalizzazione. Dove sta il merito individuale? Da nessuna parte.
Io non lo so , se tu che hai introdotto il merito parlando di delocalizzazione.
Cade un asteroide, succede un terremoto. Dove sta il merito individuale? Fa nessuna parte.
Ed allora non esiste il merito? Grottesco!


mi pare che tu condivida l'espressione merito= abilità x impegno x altro.
la delocalizzazione fa parte della voce altro e dimostra come abilità e impegno possano non bastare per essere "premiati".
per essere meritevoli di mantenere il proprio lavoro.

ovviamente il merito esiste, ma non per tutti.
e non solo per i fannulloni.

per un'azienda il discorso che vale è quello della convenienza, non del merito.
se non le conviene essere meritocratica non lo sarà.

franz ha scritto:Comunque il merito non è solo individuale. No so dove hai preso questa idea strampalata.
Ne abbiamo già parlato a lungo. Il merito è spesso di gruppo. Di squadra. Anzi, molto spesso. Vedi la F1.
All'interno del gruppo, del team, della squadra, puo' esserci anche un merito individuale.


se ragioni di meritocrazia il merito non può essere che individuale.
se ragioni in termini di gruppo rischi di premiare chi non se lo merita, ma ha solo il vantaggio di essere nel gruppo "meritevole" o "vincente" e di non premiare chi se lo merita ma che ha la sfortuna di essere nel gruppo "non meritevole".


franz ha scritto:Puo' non essere migliore (uno solo lo è) ma allora deve essere economico. Anche qui la produzione di prodotti economici richiede un certo "merito" sia per le economie sulle materie prime (pensa a quanto pesava un PC o un televisore 25 anni fa) sia per l'individazione di strumenti nuovi sia nuove tecniche di lavorazione.


ma il "merito" ( sarebbe più corretto parlare di competitività, effcienza, successo) dell'impresa può avvenire in modo non meritocratico, ma attraverso delocalizzazioni o lo spostamento verso tipologie contrattuali meno onerose con conseguente perdita del lavoro da parte del lavoratore, indipenetemente dal suo impegno e dalla sua abilità.

franz ha scritto:Se due addetti fanno la stessa cosa ma uno costa piu' dell'altro, è chiaro che quello che costa di piu' è nel posto sbagliato. Un po' come utilizzare un analista senior al posto di un programmatore junior. Entrambi sanno scrivere programmi ma il primo costa moooolto di piu'. La soluzione sta nel far fare ad ognuno il lavoro giusto. E se la cosa non funziona in un'azienda si prova con un'altra. Oppure ci si mette in proprio. Milioni lo hanno fatto. Per volontà o necessità. Poi a stare dall'altra parte della barricata (o quella che in Italia per motivi ideologici viene da alcuni ritenuta tale) si imparano molte cose.
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e se invece che due programmatori fossero due segretarie con identitche competenze, ma una assunta a tempo indetermianto e una assumibile con un contratto flessibile che costa meno?
due segretarie che non hanno una reale possibilità di spendere le proprie capacità in un'attività in proprio.
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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda franz il 09/10/2010, 17:03

chango ha scritto:mi pare che tu condivida l'espressione merito= abilità x impegno x altro.
la delocalizzazione fa parte della voce altro e dimostra come abilità e impegno possano non bastare per essere "premiati".
per essere meritevoli di mantenere il proprio lavoro.

ovviamente il merito esiste, ma non per tutti.
e non solo per i fannulloni.

per un'azienda il discorso che vale è quello della convenienza, non del merito.
se non le conviene essere meritocratica non lo sarà.

Non del tutto. Mi fermo a merito= abilità x impegno. Quell'altro cosi' impalpabile diventa un cavallo di troia buono per ogni cosa. Vogliamo metterci i segno zodiacali? Per me non c'entrano un tubo, ma chi vuole ce li mette. Vuoi mettereci la delocalizzazione? Per me non c'entrano un tubo, ma chi vuole ce la mette.
Accetto un'altra variabile solo quando so cosa contiene.

Vero che il contesto influenza, soprattutto se il contesto (es: stato) non è meritocratico.
In un contesto come quello italiano, essere meritocratici oggi sfida quasi la stupidità.
Molto meglio corrompere. O fare i fancazzisti.
Poi se vi piace, allora avanti con la "non meritocrazia". Contenti voi!
chango ha scritto:se ragioni di meritocrazia il merito non può essere che individuale.
se ragioni in termini di gruppo rischi di premiare chi non se lo merita, ma ha solo il vantaggio di essere nel gruppo "meritevole" o "vincente" e di non premiare chi se lo merita ma che ha la sfortuna di essere nel gruppo "non meritevole".

Probabilmente non sei mai stato confrontato con organizzazioni che premiano sia il merito di gruppo che quello individuale.
Quindi non sai come funziona ed esprimi obiezioni che non hanno ragione di esistere.
E francamente non so se sia qui il caso di spiegare cose che necessitano ore, per poi sentirmi dire che faccio la lezioncina.

chango ha scritto:ma il "merito" ( sarebbe più corretto parlare di competitività, effcienza, successo) dell'impresa può avvenire in modo non meritocratico, ma attraverso delocalizzazioni o lo spostamento verso tipologie contrattuali meno onerose con conseguente perdita del lavoro da parte del lavoratore, indipenetemente dal suo impegno e dalla sua abilità.

Appunto. Lo hai detto. "sarebbe più corretto parlare di competitività, effcienza, successo". Infatti sono cose diverse. Una volta delocalizzata è chiaro che l'azienda, se vuole, valuterà il merito dei cinesi o dei polacchi.
chango ha scritto:e se invece che due programmatori fossero due segretarie con identitche competenze, ma una assunta a tempo indetermianto e una assumibile con un contratto flessibile che costa meno?

Non c'è motivo di pagare meno una segretaria a tempo determinato, a meno che lo Stato tramite leggi e regolamenti fiscali del cacchio non induca le aziende a questo genere di risparmio.
Dipendenti, indipendenti, a tempo indeterminato o indeterminato dovrebbero (per me devono) pagare le stesse imposte (a parità di reddito) e gli stessi contributi. Ogni eccezione, imposta ovviamente dallo Stato (colui che fa le leggi) comporta le distorsioni che racconti. Ma il merito non c'entra. Caso mai c'entra il demerito dello Stato. Della politica. In questo caso volutamente minuscola.

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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda chango il 09/10/2010, 19:14

franz ha scritto:Non del tutto. Mi fermo a merito= abilità x impegno. Quell'altro cosi' impalpabile diventa un cavallo di troia buono per ogni cosa. Vogliamo metterci i segno zodiacali? Per me non c'entrano un tubo, ma chi vuole ce li mette. Vuoi mettereci la delocalizzazione? Per me non c'entrano un tubo, ma chi vuole ce la mette.
Accetto un'altra variabile solo quando so cosa contiene.


ti fermi a ciò che è ti è comodo, ma il risultato che una persona ottiene,e su cui si vuole valutare il merito, non è dato solo dal proprio impegno e dalla propria abilità ma anche da variabili esogene che non dipendono da lui.

la delocalizzazione è il caso estremo di una persona che pur impegnandosi al massimo delle proprie capacità e pur essendo produttiva (ossia realizza il risultato richiesto dall'azienda) perde il lavoro e lo stipendio (il risutlato a cui aspira il lavoratore) a causa di fattori esterni al suo controllo (persone disposte a fare il suo lavoro ad 1/3 di quanto riceva lui).


franz ha scritto:Vero che il contesto influenza, soprattutto se il contesto (es: stato) non è meritocratico.
In un contesto come quello italiano, essere meritocratici oggi sfida quasi la stupidità.
Molto meglio corrompere. O fare i fancazzisti.
Poi se vi piace, allora avanti con la "non meritocrazia". Contenti voi!


se il contesto influenza, allora l'abilità e la capacità servono fino ad un certo punto.
se il contesto influenza e produce distorsioni è inutile parlare di meritocrazia se non si è in grado di attenuare tali distorasioni o, detto in altri termini, se non si è in grado di minimizzare l'incidenza della voce altro.

se poi si prendesse atto che non tutti i lavoratori sono super-specializzati, ma molto spesso hanno competenze limitate e non diversametne spendibili sul mercato del lavoro, forse si capirebbe che quel fattore altro per molti è decisivo e i discorsi di tipo meritocratico non hanno molto senso.
anche perchè molto spesso fanno lavori che non permettono di differenziarsi dalla media.


franz ha scritto:Probabilmente non sei mai stato confrontato con organizzazioni che premiano sia il merito di gruppo che quello individuale.
Quindi non sai come funziona ed esprimi obiezioni che non hanno ragione di esistere.
E francamente non so se sia qui il caso di spiegare cose che necessitano ore, per poi sentirmi dire che faccio la lezioncina.


per tua sfortuna ci sono stato, è ho ricavato i miei dubbi sul concetto di merito e meritocrazia e la sua applicabilità ad ogni situazione e a ogni contesto.
quindi se ritieni di fare una delle tue lezioncine non ti trattenere.
tanto, una più una meno.


franz ha scritto:Appunto. Lo hai detto. "sarebbe più corretto parlare di competitività, effcienza, successo". Infatti sono cose diverse. Una volta delocalizzata è chiaro che l'azienda, se vuole, valuterà il merito dei cinesi o dei polacchi.


rimane il fatto che nel delocalizzare fanno una scelta che prescinde da qualsiasi valutazione meritocratica del proprio personale. licenziano anche persone che i risultati li ha portati, perchè è più conveniente andare in Cina o in Polonia.

la meritocrazia nello stabilimento polacco o cinese, prevede la non meritocrazia (licenziamento indiscriminato) in uno stabilimento italiano o inglese.


franz ha scritto:Non c'è motivo di pagare meno una segretaria a tempo determinato, a meno che lo Stato tramite leggi e regolamenti fiscali del cacchio non induca le aziende a questo genere di risparmio.
Dipendenti, indipendenti, a tempo indeterminato o indeterminato dovrebbero (per me devono) pagare le stesse imposte (a parità di reddito) e gli stessi contributi. Ogni eccezione, imposta ovviamente dallo Stato (colui che fa le leggi) comporta le distorsioni che racconti. Ma il merito non c'entra. Caso mai c'entra il demerito dello Stato. Della politica. In questo caso volutamente minuscola.

Franz



a parte che una segretaria a tempo determinato può cosatre meno non solo perchè la normativa statale lo permette, ma anche perchè il suo potere di contrattazione è minore.

certo che il merito non c'entra, ma la realtà è anche questa. non solo in Italia.
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Re: Processo alla meritocrazia

Messaggioda franz il 09/10/2010, 21:18

chango ha scritto:ti fermi a ciò che è ti è comodo, ma il risultato che una persona ottiene,e su cui si vuole valutare il merito, non è dato solo dal proprio impegno e dalla propria abilità ma anche da variabili esogene che non dipendono da lui.

Questo è vero. Infatti dipende anche dal merito degli altri, del gruppo, dei dirigenti. Il merito, appunto.
Variabili esterne possono essere considerate ma valgono per tutti.
Chi valuta ha tutto l'interesse a considerarle. A fare la tara.

Se poi un'azienda è costretta a delocalizzare, malgrado l'impegno dei suoi dipendenti, questo va pobabilmente a demerito di chi non ha fatto il suo dovere a livello politico e non ha predisposto le giuste condizioni quadro.
Oppure a maggior merito di chi ha fatto bene e meglio il suo lavoro in un altro paese.

Uno paga la segretaria per quello che sa fare. Se lo sa fare bene, la paga meglio, se non lo sa fare bene, difficile chiedere aumenti. L'unico potere di contrattazione è il merito. Se non merito, non ho potere. Se merito ne ho.
Se non mi riconoscono il merito cambio lavoro. Con me ha funzionato per 32 anni. In Italia come all'estero.

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