Trovo molto stimolanti le questioni poste da Sonia, che diventano anche un'occasione per meditare sullo "stato dell'arte" della sinistra italiana o di quel che ne rimane. Mi ha colpito, in negativo, con un'intensità senza eguali, tanto da considerarla veramente una meschinità gravissima, la frase di Veltroni, alcuni anni or sono (2008 forse?), in cui dichiarò di non essere mai stato comunista. Mi ha riportato alla mente la negazione più o meno conscia, una certa vergogna, un fastidio che alcuni militanti del "centrosinistra" (mammano Ulivo, Unione, c-s col trattino o senza, etc etc) provenienti dalla storia del PCI (anche soltanto come semplici elettori) hanno sempre trasmesso, insieme col desiderio di chiudere col proprio passato, di non parlarne, di considerarlo "altro" e distante. Al contrario, le persone più serie che hanno attraversato la storia del PCI non l'hanno affatto rinnegata o disconosciuta, in seguito, ma sono giunte ad una rielaborazione sia personale (oserei dire psicologica) che politica spesso esplicitata qui (in lista, stavo scrivendo, riferendomi evidentemente all'esperienza di Gargonza :O)), sui potenti mezzi delle rete mondiale. Io ho votato per la prima volta nell'anno 1989, a 19 anni e provengo da una famiglia in cui il PCI era considerato il peggiore dei tabù: per questo, non avendo genitori, nonni o zii che condividessero questa esperienza, sono sempre stato molto curioso riguardo alla storia sia politica sia vista come somma di esperienze personali e di vita del principale partito della sinistra italiana dal dopoguerra al crollo del muro di Berlino. Ho vissuto l'Ulivo come una grande speranza di riscatto civile di un paese che vedevo come liberato dalla polarizzazione cristallizzata e bloccata della guerra fredda, con una sinistra che pensavo riuscisse a rendere positiva e propositiva la fine dell'esperienza del regime sovietico, ovvero l'alibi e il 'babau' che aveva impedito il ricambio politico in Italia per quarant'anni. In realtà i processi politici in corso andavano in tutt'altra direzione. La sinistra, invece di cogliere l'occasione di liberarsi dalle proprie, storiche, catene, è entrata in una logica di potere e di costruzione di "tattiche" estemporanee (il famoso dalemone) volte a conquistare la mitica "maggioranza" perdendo di vista gli obiettivi autentici che ne costituivano l'essenza. Contemporaneamente, la moda liberista (che è quella cosa che ci ha portato alla più grave crisi dal 1929, se non ve ne siete accorti...) ha contaminato i nostri eroi, che prima hanno smembrato il bambino e poi, a pezzi, lo hanno gettato insieme all'acqua sporca. Il risultato è che oggi, giustamente, l'ultima generazione (Civati, Renzi, Serracchiani) di politici, amministratori, eletti del PD non vede l'ora di sbarazzarsi di questi personaggi danteschi ed infernali che hanno divorato se stessi, membra a membra, insieme alle speranze di riscatto dell'Italia e ancora continuano a pontificare in fassinese o in dalemiano (ahi quante mazzate "primarie" nella tua terra di Puglia, povero Max). La sinistra appartiene ancora al PD? Diciamo che buona parte dei suoi dirigenti storici (salviamo la Bindi e diamo il beneficio del dubbio a Bersani, che però ogni tanto dovrebbe sforzarsi di parlare in italiano, per farsi capire!!!) ne hanno fatto carne da macello, con D'Alema e Veltroni che si sono alternati nel ruolo di novelli parricidi a far fuori per ben due volte il capro espiatorio Prodi, il Walter con l'aggravante dell'autoreferenzialità e della personalizzazione. Il quale Prodi, da parte sua, non esitava a promuovere battaglie progressiste come... la vendita di armi made in UE alla Cina... ma sopravvoliamo per carità di patria. Il PD perpetua delle dinamiche relazionali interne (talvolta francamente psicopatologiche) che furono di PDS e DS, testimoniate anche dai continui cambiamenti di "nome-etichetta" (ricordiamo anche Ulivo, Unione, Margherite, Asinelli e quant'altro): il problema della propria identità e la ricerca di credibilità vista come alternativa al mantenimento della stessa identità. Fonte di debolezza e mal di pancia infinito, ma soprattutto arma a disposizione di Berlusconi e dei berlusconiani mezzi di comunicazioni carichi come lanciafiamme. Non è mai successo che un leader ex PCI riuscisse ad essere candidato primo ministro e vincere le elezioni; ancora oggi il PD non riesce ad esprimere un leader (vedi Bersani) che risulti credibile come candidato di coalizione, da contrapporre a Berlusconi. Questo costituisce il più grande limite del PD (e per questo i "trentenni" scalpitano e sono giustamente incazzati) ed è stato lo stesso limite dei DS PDS. Inoltre la smania di apparire liberali e liberisti, dopo che il PCI aveva onorevolmente incarnato il ruolo di forza moralmente pulita della prima repubblica (tranne qualche migliorista...) e aveva superato alcuni propri limiti storici, ha portato ad una regressione spaventosa, alla perdita di contatto con la base dei lavoratori (da qui la deriva leghista, pilotata da sagaci organi d'informazione che hanno sfruttato il senso di insicurezza sociale - conseguenza diretta del liberismo e della globalizzazione senza diritti - rivoltandolo contro gli immigrati, il diverso, l'emarginato), all'ambiguità paralizzante. In questo, sventura delle sventure, la sinistra si è trovata accomunata alla destra post-MSI, che altrettanto intensamente ambiva ad una legittimazione e necessitava - quindi - di un mediatore. Ebbene, questo mediatore si è materializzato in Berlusconi, che così si è trovato per quasi vent'anni al centro del sistema Italia: tra i complessi e i mal di pancia della sinistra post PCI e il suo senso di perenne inadeguatezza (oltre ad una rissosità interna che era il peggior patrimonio del vecchio PSI pre craxiano) e il bisogno di uscire dall'isolamento del vecchio MSI, che poco o nulla aveva a che spartire con l'affarismo di Berlusconi ma lo vedeva come l'unica via d'uscita da un vicolo cieco di portata storica. La sinistra esiste, esiste ancora nel PD e tanto più in una base che lo vota spesso disprezzandolo, considerandolo talvolta l'unico baluardo "popolare" contro il berlusconismo e il liberismo che tanti disastri hanno provocato in questi due decenni. Il problema è che molti dirigenti del PD ricambiano questo disprezzo verso la propria base, rendendosi così invisi ad essa e determinando quel curioso meccanismo che porterà Vendola ad essere candidato per il centrosinistra (sicuramente stravincerà le primarie): da quindici anni il suo principale partito è incapace di esprimere un segretario, un leader, che possa avere qualche concreta speranza di vincere le elezioni: per due volte si è rivolto ad un ex democristiano (in questa crisi d'identità collettiva e psicodrammatica bisogna dare atto a tanti esponenti della fu sinistra DC di essere rimasti molto più coerenti con la propria storia rispetto ai nostri eroi...) ed ora si troverà addirittura un estremista bolscevico e omocattolico come il Nichi... ottimo lavoro, ragazzi!!!
