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Pd, quattro modelli per un segretario

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Pd, quattro modelli per un segretario

Messaggioda Robyn il 20/02/2009, 16:08

D'Alema ha ragione.Quella che è mancata è la politica vera.Credo che Franceschini,che è molto diverso da Veltroni,ci farà risalire la china.Bisogna andare fra i lavoratori,capire il mondo dell'impresa,nel mondo della cooperazione presente soprattutto nell'italia centrale ,valorizzare il No Profit,andare fra il mondo dell'associozionismo ,capire i problemi delle aree depresse del paese.Il leader dev'essere molto popolare andare fra la gente comune.C'è bisogno di recupero di politica vera Ciao Robyn
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Re: Pd, quattro modelli per un segretario

Messaggioda pinopic1 il 20/02/2009, 16:32

Paolo65 ha scritto:Con un segretario che tu proponi, in stile ragioniere, dovremmo combattere Berlusconi e la DX?

Avere un leader non significa copiare Berlsuconi, ma avere una persone seguita dal suo elettorato. E questi dovrebbe seguire un ragioniere, figura per antonomasia poco carismatica?

Paolo


Segretario di un partito non vuol dire ragioniere. In politica segretario è colui che interpreta una politica, un progetto politico, e lo porta avanti. Che si mette al servizio di un progetto politico, anche semplicemente di un programma per una legislatura. Il progetto politico è però quello del partito, non il progetto personale del leader. Altrimenti il giorno dopo che abbiamo eletto il leader cominciamo a demolirlo. E non è solo un problema di lotte intestine; e anche queste, le lotte intestine, fanno più danni se si personalizza la politica nella figura del leader.
Questo naturalmente vale per l'elettorato di CS potenziale.
"Un governo così grande da darti tutto quello che vuoi è anche abbastanza grande da toglierti tutto quello che hai" (Chiunque l'abbia detto per primo)
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Re: Pd, quattro modelli per un segretario

Messaggioda pierodm il 21/02/2009, 2:07

Eccolo, il partito.

Lo volete nuovo. Ma lo volete fare con la farina vecchia, impastata con i vizi di sempre.
Mi ricordo gli ultimi eventi che ho vissuto dentro il PDS-DS.
Era in corso il "dibattito pre-congressuale". Giorni, settimane di riunioni e discussione. Le diverse mozioni venivano rivoltate e analizzate col lanternino, e quella del segretario era la più discussa e la più contestata.
Poi, un bel sabato pomeriggio, si va al voto.
Presenza plenaria: 85% dei voti alla mozione del segretario.
Avevano votato così anche quelli che si erano distinti tra i meno favorevoli.
La vecchia, consumata sindrome da voto.

Solo Pino riprende quota, appena molla gli ormeggi e s'inoltra un poco nei discorsi consueti.
Ma la crocetta su Franceschini non la capisco.
Non capisco, per la verità, nemmeno Letta e dioceneguardi Parisi.
Non li capisco, sia che la crocetta la mettano quelli che vogliono "il leader", sia quelli che vogliono "il partito".
E cercare un segretario in base al fatto che sia un non-Berlusconi mi sembra una specie di "vittoria definitiva" di Berlusconi: questo tizietto è riprovevole sotto ogni aspetto, non vale nemmeno la pena di dirlo, ma possibile che nell'infinita varietà dei tipi umani non si riesca ad immaginare nient'altro?
Possibile che nessuno si sia accorto - nel tratteggio dei quattro "modelli" - che tre su quattro sono la sbiadita riproposizione di tutto quento è fallito in questi anni, mentre il quarto (Bersani) non richiede tanto una presa di posizione sul nome, quanto una ridiscussione del ruolo del partito?
Io ovviamente - col coltello alla gola - voterei Bersani, ma la mia ridiscussione del partito viene solo in parte soddisfatta dal suo spostamento verso sinistra troppo timido: e poi nemmeno Bersani ha il profilo di un leader adatto al sistema che è stato voluto e che adesso domina la nostra politica. E' più adatto degli altri tre, ma per questo ci vuole poco.
Però - a parte me, che nel PD non ci sto - mi meraviglio che si sia data poca attenzione al fatto che quello di Bersani sia l'unico modello accompagnato da qualcosa di preciso e di concreto - o forse è proprio questo che non piace?

Ho la sensazione, infatti, che questi anni di vaghezza e di espedienti verbali - ancora mi vengono le pustole quando ripenso alla "ricchezza delle diversità" - abbiano creato l'assuefazione a tutto ciò che è indefinito, e a rifuggire da ciò che richiede o che mostra una precisa scelta di campo.
Anche lo stesso anelito verso l'UDC o verso comunque un PD "moderato" - unico fumoso indirizzo politico che trapela dalle scelte del modello e le motivazioni - non mi sembra altro che una vaghezza contenuta in un incarto decisionista: "indecisi con grinta" armati di riforme a salve.

Cari amici, ve la dico come me la sento: se l'ambizione è rifare un'altra DC, quello che ne verrà fuori sarà solo la caricatura di quella vecchia. La politica italiana ridotta ad una lotta titanica tra due caricature di De Gasperi: peccato che non c'è più Totò, e nemmeno Guareschi, Flaiano, Pasolini.
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Re: Pd, quattro modelli per un segretario

Messaggioda Loredana Poncini il 21/02/2009, 9:31

Mi spiegate perché Arturo Parisi vi è così antipatico ? ( sottolineo che la mia è una domanda vera, infatti ignoro il perché del "dioceneguardi" rivolto al sardo-bolognese !)
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Re: Pd, quattro modelli per un segretario

Messaggioda franz il 21/02/2009, 9:46

pinopic1 ha scritto:Segretario di un partito non vuol dire ragioniere. In politica segretario è colui che interpreta una politica, un progetto politico, e lo porta avanti. Che si mette al servizio di un progetto politico, anche semplicemente di un programma per una legislatura. Il progetto politico è però quello del partito, non il progetto personale del leader. Altrimenti il giorno dopo che abbiamo eletto il leader cominciamo a demolirlo. E non è solo un problema di lotte intestine; e anche queste, le lotte intestine, fanno più danni se si personalizza la politica nella figura del leader.
Questo naturalmente vale per l'elettorato di CS potenziale.

Non sono molto (del tutto) d'accordo ma in buona parte si.
Nel nostro caso, un partito nuovo che nasce dalla confluenza di diverse realtà preesistenti, un segretario ci mette molto del suo, sia perché il progetto politico va ancora definito (dall'abbozzo originario) sia perché si tratta di emalgamare esperienze diverse. Io credo che la base abbia a suo tempo scelto Veltroni alle primarie perché immaginavano questa sua capacità di saper impostare un progetto originale, nuovo, amalgamante (e non di mettersi al servizio di qualche cosa che ancora non c'era).
Cosa che sul piano ideale Veltroni ha saputo fare abbastanza bene, mentre a mio avviso è caduto sul piano organizzativo, comunicativo, d'immagine, con un Governo Ombra di nome e di fattto, con un via libera a certe nomenclature interne, con errori madornali sul piano della comunicazione, ma soprattutto incapace di prendere per le corna le emergenze interne (Campania, Bassolino, Del Turco) e di ascoltare le richieste della base e della periferia (il famoso discorso sul PD del nord). Altro errore grave è addossare le responsabilità delle nostre sconfitte elettorali all'avversario, come se gli elettori fossero solo degli stupidi che votano senza alcuna razionalità.

Ciao,
Franz
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APPELLO ALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE DEL PARTITO DEMOCRATICO

Messaggioda franz il 21/02/2009, 9:47

APPELLO ALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE DEL PARTITO DEMOCRATICO

1. Per fronteggiare la crisi aperta dalla sconfitta alle elezioni in Sardegna e dalle successive dimissioni del Segretario W. Veltroni, l’indizione immediata di un Congresso in cui confrontare piattaforme politiche e, su questa base, scegliere il nuovo segretario, sarebbe indubbiamente la strada maestra da seguire.
Tuttavia i tempi della politica, e prima ancora di quelli tecnici, sono tali, per l’imminenza delle elezioni di giugno, da rendere oggettivamente non praticabile un reale ed approfondito confronto, capace di coinvolgere davvero militanti, iscritti ed elettori del partito. Al contrario, la prossimità della scadenza elettorale rischierebbe di cristallizzare il partito sulle attuali posizioni, rendendo più difficile la ricerca di quelle nuove e più avanzate sintesi che rappresentano la reale sfida innovativa che abbiamo davanti per rilanciare il progetto del Partito Democratico, con il pericolo quindi di determinare una pericolosa ed ulteriore deriva della vita politica interna del Partito.

2. Il percorso che prevede l’elezione di D. Franceschini a segretario fino al Congresso, che si dovrà tenere immediatamente dopo le elezioni e che deve essere convocato dall’Assemblea di domani, dovrà consentire un reale confronto di idee e proposte su piattaforme politiche natura del partito e leadership. Questo percorso ci vede d’accordo ma deve essere accompagnato da immediati segnali di discontinuità, prima di tutto sul piano degli organismi dirigenti, attraverso da un lato l’azzeramento del Governo ombra e del Coordinamento politico e costruendo, dall’altro, un organismo di carattere straordinario e temporaneo, che faccia leva sui segretari regionali e su una rappresentanza significativa ed innovativa dei territori e delle sensibilità politiche e culturali che costituiscono il tessuto di base del nostro partito, garantendo il pieno coinvolgimento dell’Assemblea e di tutto il partito.

3. Al tempo stesso, in vista soprattutto delle prossime elezioni, è indispensabile che vengano affrontati con la determinazione necessaria i nodi finora irrisolti non solo nella nostra iniziativa e nella politica del Paese, per definire una sintesi chiara (dalle questioni della bioetica alle politiche del lavoro per fronteggiare la crisi alla collocazione europea del PD per far solo alcuni esempi) in modo tale da costruire una proposta politica e programmatica, che contemporaneamente parli al Paese e ci consenta di affrontare con forza le elezioni amministrative ed europee,avviando così una credibile alternativa all’attuale governo della destra.

Sergio Chiamparino
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La nuova generazione Pd alza la voce

Messaggioda franz il 21/02/2009, 9:58

Renzi, vincitore delle primarie a Firenze, è soltanto la punta di un iceberg
La nuova generazione Pd alza la voce
"Ora basta, non facciamo più la fila"

di GOFFREDO DE MARCHIS

ROMA - "Una nuova generazione è già in campo. Ha ruoli, funzioni, incarichi importanti, si prende le sue responsabilità ogni giorno. Sono sicuro che nei prossimi mesi farà il salto di qualità". Il segretario regionale lombardo Maurizio Martina ha solo 30 anni e guida il Pd in una regione di frontiera, dove il centrodestra governa quasi ovunque. Ha ragione. In questo Partito democratico sconquassato, il ricambio non è una chimera, sta lì a portata di mano, basta volerlo vedere e aiutarlo a crescere. "Purtroppo i nostri leader di rinnovamento parlano molto ma lo praticano poco", denuncia Valentino Valentini, 37 anni, sindaco di Montefalco (Umbria) da 10, presidente delle Città del vino, un gruppo di 506 comuni che copre dalla Val d'Aosta alla Sicilia e sostiene un business milionario e di qualità in tutto il mondo.

Insomma, Matteo Renzi, il trionfatore delle primarie di Firenze, la faccia nuova della politica democratica, è solo la punta di un iceberg. Ma allora perché già domani, in una situazione di crisi che è anche di opportunità, rivivremo la stagione degli accordi blindati e unanimistici dei big, con la probabile elezione di Franceschini? Perché non è già pronto un nome a sorpresa tra questi amministratori, dirigenti di breve corso, facce e storie nuove per la scalata al vertice del partito?

Dice Renzi, che si è ritagliato anche grazie alla fortunata coincidenza temporale vittoria alle primarie-dimissioni di Veltroni, il ruolo di portabandiera della generazione della svolta, la generazione U secondo la definizione di Mario Adinolfi: "Sa cosa mi ha detto un assessore l'altro giorno? "Ciccio, rispetta la fila". Come se la politica fosse un supermercato dove si prende il numeretto. Eh no, noi non rispettiamo la fila, qui non c'è nessuna coda da rispettare. E lo dico anche alle tante bravissime nuove leve del Pd: cari miei, finora è stato molto più comodo anche per noi aspettare che qualcuno ci coopti, che arrivi il nostro turno. Beh, tirate fuori gli attributi, non attendete più la chiamata". Parla di sé, ovviamente, il 34enne presidente della provincia fiorentina. Lui ha fatto così, ha giocato di contropiede, ha vinto la sua partita. "Di cui mi occupo notte e giorno, io gioco a Firenze e non metto bocca nelle questioni del partito nazionale. Però dico che il momento è adesso, non bisogna lasciarselo sfuggire".

Non basterebbe una pagina intera per elencare dirigenti misconosciuti e amministratori di realtà locali grandi e piccole che sembrano farsi valere quotidianamente lavorando pancia a terra per il Pd. Qui se ne dimenticherà qualcuno, ma i nomi sono tanti. Allora che aspettano? "Che il Pd assuma una struttura più stabile, più definita. Che sia costruito in maniera completa. Altrimenti rischiamo di bruciarla questa generazione invece di promuoverla". Giovani sì, ma fessi no sembra la filosofia ispiratrice di Piero Lacorazza, 31 anni, segretario del Pd in Basilicata che ha il merito di rappresentare il ricambio nel Sud, dove il Pd soffre maggiormente. Chi sbaglia paga e i cocci sono suoi, adesso tocca al vecchio gruppo dirigente rattoppare il partito. Ma non sarà anche mancanza di coraggio? Certo, il Paese funziona così, il ricambio è lento, una moviola, in tutti i rami della società.
Giuseppe Civati, consigliere regionale del Pd, 34 anni, racconta che l'altro ieri lo hanno preso in giro, nella riunione della direzione lombarda, perché il suo nome compare nel sondaggio dell'Espresso sui leader del futuro. Non sarai troppo ragazzino, gli hanno chiesto. Come se fosse una boutade, "daje a ride", commenta in romanesco Civati. Per Salvatore Caronna, segretario emiliano del Pd, 44 anni, siamo alle solite, al dibattito superficiale: "Il cambiamento è qualcosa di più complesso e più faticoso del tutti a casa. Chi ha voglia e idee si faccia avanti, ma il problema non è solo generazionale". Sarà anche vero, ma Valentini guarda con un certo timore al prossimo congresso del Pd in autunno: "Se si presentano Franceschini, Bersani, Finocchiaro e basta sarà un congresso povero, non utile al partito". Del resto basterebbe leggere la lista del gruppo dirigente del Pds, anno domini 1991. Una fotografia terribile delle difficoltà del centrosinistra a uscire dal guado: spuntano tantissimi nomi che troviamo ancora oggi baldanzosamente nei talk show, nelle interviste sui giornali, oppure giovanilisticamente in rete su Facebook, ma comunque sempre là. Come se 17 anni fossero passati invano.

In parte anche dal centro, da Roma, Ds, Margherita e Pd hanno saputo cambiare qualcosa. Giovani deputati come Andrea Orlando, Andrea Martella, Alessandro Maran hanno conquistato spazio nel partito grazie alle loro qualità. Donne come Sara Giannini e Maria Pia Bruscolotti hanno scalato i vertici regionali del Pd nelle Marche e in Umbria. Amministratori locali capaci di vincere battaglie difficili come Nicola Zingaretti, presidente della provincia di Roma, potrebbero essere tra gli outsider del congresso di ottobre, come Martina, il preferito di Veltroni. Tra i cosiddetti notabili Pierluigi Bersani, che pura punta alla segreteria, sembra fra i più attenti a quello che si muove nei territori. Ha sostenuto inizialmente la crescita di alcuni giovani oggi già in pista e che potrebbe ritrovarsi tra i piedi in autunno da avversari. Gira l'Italia e segna su un taccuino i nomi di qualche giovane che lo incuriosisce, l'ex ministro dell'Industria.

Recentemente, ha esagerato, neanche fosse un famelico procuratore di baby-calciatori: giura di aver scoperto addirittura un 16enne a Offida nelle Marche. Si chiama Massimo D'Angelo, guida un circolo di giovani. "Di un'intelligenza mostruosa. Mi ha colpito quando ha detto: "Voi vecchi forse non avete bisogno di simboli, ne avete consumati tanti che non ci fate più caso. Ma a noi serve qualcosa più di un nome nel logo. Serve un riferimento, una bandiera"". Comodo scegliersi un avversario minorenne... Ma, come in una favola, è divertente immaginare il volto sconosciuto di questo ragazzino accanto alla voce "un nome nuovo" che nel sondaggio di Repubblica. it sbaraglia tutti gli aspiranti leader.

(21 febbraio 2009)
www.repubblica.it
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Re: Pd, quattro modelli per un segretario

Messaggioda lucameni il 21/02/2009, 11:22

Parisi chi?
Quello che faceva il cantore dell'Unione e del bipolarismo senza frontiere?
Vabbè.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Pd, quattro modelli per un segretario

Messaggioda matthelm il 21/02/2009, 12:22

Loredana Poncini ha scritto:Mi spiegate perché Arturo Parisi vi è così antipatico ? ( sottolineo che la mia è una domanda vera, infatti ignoro il perché del "dioceneguardi" rivolto al sardo-bolognese !)


Non c'entra la simpatia (anche se ne ha poca). Parisi, che magari è un’ottima persona, ha per certi aspetti lo schema mentale di Prodi, senza averne le qualità. Ma a tutti e due bisognerebbe ricordare che in politica essere onesti e magari preparati è importante ma non sufficiente perché si possono fare dei grandi disastri.

E poi Parisi non è lontanamente come Prodi.
"L'uomo politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni".
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Re: Pd, quattro modelli per un segretario

Messaggioda Stefano'62 il 21/02/2009, 12:54

franz ha scritto:Altro errore grave è addossare le responsabilità delle nostre sconfitte elettorali all'avversario, come se gli elettori fossero solo degli stupidi che votano senza alcuna razionalità.

E' vero è un errore.
Però di stupidi (istupiditi dalla Tv,o di nascita) che votano senza razionalità ce ne sono parecchi perchè il degrado della società è un dato di fatto con cui fare i conti e a cui provare a porre rimedio.
Un politico non lo può dire in campagna elettorale,sarebbe un suicidio (berlusconi invece lo dice di noi,e vince) ma il fatto resta.
Ciao,

Stefano
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