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Il tempo lungo del ricambio

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Il tempo lungo del ricambio

Messaggioda franz il 12/11/2008, 11:49

L'Italia refrattaria al cambiamento e irrimediabilmente conservatrice
Il problema è la mancanza di leadership, qualcosa che è fatto di molti elementi

Il tempo lungo del ricambio
di NADIA URBINATI

La vittoria di Barack Obama ha riaperto le ferite della sinistra italiana dimostrando una volta di più come sia misera la sua condizione: è più facile per un nero essere eletto alla Casa Bianca che per un partito riformista vincere le elezioni in Italia. Che cosa c'è che non va e perché l'Italia è così refrattaria al cambiamento in meglio e così irrimediabilmente conservatrice e facile al cambiamento in peggio? Che cosa ha portato Obama a vincere che può costituire un insegnamento per la sinistra italiana? Con tutta onestà penso che guardare in questo modo all'America di Obama, cercare nella vittoria di Obama una guida per la sinistra italiana, sottolinea una debolezza che è ancora più macroscopica di quella che la sconfitta dell'aprile scorso ha registrato.

Fare domande giuste può aiutare a dare risposte adeguate. Obama non può essere un modello per nessun paese che non sia l'America. Mai come in questo caso l'America si è confermata un'eccezione. Quanto tempo un francese dovrà aspettare per vedere un africano varcare la soglia dell'Eliseo o un italiano quella di Palazzo Chigi? Dunque, l'America non può essere imitata. Né vale accalappiarne gli slogan. Lo slogan "I can" dimostra il coraggio (tutto americano) di chi lo ha forgiato e voluto perché solo chi ha la consapevolezza della propria forza sa essere ragionevolmente responsabile da rischiare.

Proviamo a immaginare il senso del ridicolo che quello slogan poteva gettare su Obama se egli fosse stato sconfitto. La vittoria di Obama può essere di un qualche aiuto solo se ci consente di vedere meglio i nostri problemi (i problemi del Partito democratico e in senso generale dell'opposizione). Il problema italiano è la mancanza di leadership. Leadership é una parola complessa. E' un nome singolare-collettivo che è fatto di tante componenti: dalla formazione scolastica, alla struttura dei partiti, al sistema di selezione a tutti i livelli della società, all'ordine istituzionale e - ultimo, ma primo-al sistema etico e di valori. Tutto questo insieme compone la leadership di un paese democratico. Come si può intuire si tratta di una forma di vita e di società, non semplicemente di una qualche riforma o di ingegneria elettorale o accomodamenti a puzzle.

Il tempo di formazione e consolidamento delle classi politiche (delle quali la leadership è parte) è un tempo lungo. Anche se con le elezioni si possono cambiare i rappresentanti in tempi relativamente brevi, il pool da dove i possibili candidati emergono o si formano non é azzerato ad ogni elezione. La società politica (partiti e movimenti hanno bisogno di stabilità e continuità nel tempo). Questo mette in evidenza la tensione interna alle democrazie elettorali: ricambio periodico e in tempi brevi come norma del ciclo elettorale, ma riconferma dell'eletto per più di un mandato come regola di prudenza, anche perché per far sì che un politico renda conto agli elettori è almeno necessario che si ricandidi. In sostanza, il paradosso è che se si vuole che l'elezione svolga la sua funzione di incentivo-deterrenza sull'eletto non ci deve essere un ricambio continuo, con i rischi evidenti di formazione oligarchica (è su questo aspetto che i critici della democrazia hanno insistito sistematicamente per gettare discredito su questo sistema politico). Comunque sia, la classe politica democratica è a un tempo stabile ed esposta al mutamento.

Tuttavia, mutamenti troppo repentini e radicali sono un problema e dovrebbero essere un'eccezione. Ad insegnarcelo é proprio il caso italiano, perché i problemi che oggi ci attanagliano hanno avuto origine quando la classe dirigente nazionale (i suoi partiti moderati, soprattutto) è stata liquidata con il codice penale nello spazio di una manciata di mesi. Da allora, siamo alla ricerca di una classe politica, se non eccelsa almeno di valore meno mediocre di quella che abbiamo, e soprattutto meno corrotta. Per anni si é pensato che l'ingegneria elettorale potesse risolvere il problema e si é imboccata la strada assurda di cambiare sistema elettorale praticamente ad ogni legislatura, e a seconda dell'interesse della maggioranza di turno. Una stabile regolarità nel ricambio della leadership politica richiederebbe sistemi elettorali stabili. La stessa logica ha precipitato l'erosione del partito della sinistra. Il paradosso italiano potrebbe essere così sintetizzato: tutto cambia e tutto peggiora perché nulla muta. E infatti, non c'è parola più abusata di "riforma". L'esempio del sistema scolastico è quanto di più sconfortante: in pochi anni lo abbiamo cambiato e ricambiato e cambiato ancora in ogni ordine e grado eppure pochissimo è cambiato nel sistema di reclutamento o di pulizia morale nei metodi di assegnazione degli incarichi. Il risultato non è una scuola migliore e piú aperta al merito ma una scuola peggiore più esposta ai rischi di classismo; e questo ovviamente non aiuta a formare o consolidare una classe dirigente, politica e sociale che sia. La continua rincorsa a riformare (ogni governo disfacendo quello fatto dal precedente - anche non aveva fatto cose pessime) ha contribuito a destabilizzare più che a consolidare un sistema efficiente e giusto di selezione. Riformare l'involucro senza cambiare l'atteggiamento mentale ed etico degli attori è tra le ragioni quella che più ha contribuito a generare le disfunzioni delle quali ci lamentiamo.

(12 novembre 2008)
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Re: Il tempo lungo del ricambio

Messaggioda borghinolivorno il 12/11/2008, 13:06

Ecco, finalmente.
Dopo il grande omaggiare alla bella politica di Obama (dopo la vittoria e scordandosi di concorenti e avversari di Obama!), si apre una bella discussione sulla qualità della politica e dei leaders in italia, e in particare di tutto quello che incide sull'area del PD per quanto riguarda questi temi-sfide (oggi, su repubblica anche Boeri e anche Livini)

Chi pensa che per la bella e buona politica basti un accordo tra i "buoni" e i "benintenzionati" sarà bene che si rilegga quello che oggi è stato pubblicato e inizi a pensare come mandare avanti qualcosa e qualcuno inviando a casa o tenendo a casa altri..il 2013 è lontano ma in termini di probabili nuove sconfitte è terribilmente vicino, come è assurdamente lontano un Congreso in grado di depurare e chiarire quale sia la linea del PD.
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Re: Il tempo lungo del ricambio

Messaggioda pinopic1 il 12/11/2008, 14:54

"è più facile per un nero essere eletto alla Casa Bianca che per un partito riformista vincere le elezioni in Italia."

Non è vero. In Italia tutti quelli che vincono dicono di essere riformisti e anche tutti quelli che perdono. Forse provare a dire "noi non siamo riformisti" potrebbe funzionare. Molti elettori attratti dalla novità potrebbero pensare "questi sì che sono diversi, potrebbero portare il change tanto atteso" e magari ci votano.
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Re: Il tempo lungo del ricambio

Messaggioda Paolo65 il 12/11/2008, 18:03

Sono più che convinto che i leader attuali del PD abbiano dato tutto quello che potevano, nel bene e nel male.

Anche Veltroni, e questi mesi lo stanno evidenziando, ha mostrato mestiere, si è creato un suo apparato di potere interno sulla base di alleanze, ma in termini di pensiero e di proposte politiche ha ormai poco da dire.

Era partito bene ed aveva dato una "mission" al PD ed ai suoi elettori,ma sta fallendo clamorosamente quale leader, quale guida ascoltata dal suo popolo.

Se c'è una cosa che possono ancora fare questi mestieranti della politica del PD, è mettere su le basi e programmare un percorso che faccia emergere facce nuove: le leve del futuro.

Se falliranno anche in questo la vedo brutta.

Faccio notare che nemmeno la DX sta preparando organicamente il suo futuro(se Fini dovesse essere il prossimo PDC, anche lì sarebbe il passato che avanza),ma nelle sua fila si vedono volti nuovi ed anche molto agguerriti.

E' probabile che con la fine politica di Berlusconi anche la DX andrà in 1000 pezzi,ma se ciò non accadrà già da ora mi pare che sia in vantaggio pure sui futuri leader.

Paolo
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Re: Il tempo lungo del ricambio

Messaggioda franz il 12/11/2008, 19:39

pinopic1 ha scritto:" Forse provare a dire "noi non siamo riformisti" potrebbe funzionare. Molti elettori attratti dalla novità potrebbero pensare "questi sì che sono diversi, potrebbero portare il change tanto atteso" e magari ci votano.

Ecco, stiamo avvicinandoci al concetto di paradosso nella comunicazione, che sto introducendo altrove.
Anche se non è questo il genere di paradosso che penso.
Qui si tratta di una autoaffermazione ("non sono riformista") e presuppone che chi ascolta abbia fiducia.
In un mondo di scettico come il nostro, forse sarebbe ignorata ("non mi fregano").
I paradossi per essere efficaci devono essere di altro tipo, non solo "assertivi" ma devono spezzare un comportamento.
Quello che va spezzato a mio avviso è l'eterno ciclo "illusione / disillusione".

Ciao,
Franz
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Re: Il tempo lungo del ricambio

Messaggioda pierodm il 14/11/2008, 14:30

Spezzare l'eterno ciclo illusione/disillusione?
Molto bello, solo che - temo - si finisca nel suicidio: quello vero, della canna del gas, intendo.

A meno che la cesura non significhi trasformare l'illusione in realtà: "tu vedi le cose come sono, io sogno cose che non sono mai state, e mi chiedo: perché no? ", diceva Bernardo.
Ma bisogna stare attenti: non vorrei che arrivasse il buon Vittorio, ad appiccicare anche su Franz la pecetta di "infantile & velleitario" ... comunque, qui da noi mohicani, ci stringiamo un po' e un posticino lo troviamo anche per lo straniero che viene dal paese degli orologi a cucù.
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Re: Il tempo lungo del ricambio

Messaggioda borghinolivorno il 15/11/2008, 9:07

franz ha scritto:
pinopic1 ha scritto:"
Quello che va spezzato a mio avviso è l'eterno ciclo "illusione / disillusione".

Ciao,
Franz


Se la politica si confonde con le emozioni (che pur non gli sono estranee) il rischio di è perdere l'attenzione per i rapporti di potere (materia primaria della politica come sappiamo) e per le relazioni di consenso (che sostengono i rapporti di potere negli equilibri previsti nelle competizioni democratiche).
Preferirei quindi dire che va spezzata la maledizione (attuale del PD) per cui si puo' contare/non contare (scusate la prosaicità).
E' proprio questa emegenza che rende necessario il ricambio (visti gli sconfitti attuali e le ragioni che continuano a immettere in campo)...ma questa e' battaglia politica di qualcuno (chi vuole rivincere...ma chi?) contro qualcun'altro (questo è chiaro...gli sconfitti), non discussione filosofica sulla essenza (quinta o quarta) della politica.
Speriamo che quando arriverà il Congresso (dopo le Europee..ma quando, per cosa e con chi?) non sia troppo tardi.

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Re: Il tempo lungo del ricambio

Messaggioda pinopic1 il 15/11/2008, 12:34

Nelle competizioni democratiche non tutti i partecipanti hanno la stessa conoscenza dei rapporti di potere e le relazioni di consenso sostengono o promuovono relazioni di potere spesso inconsapevolmente. Gli elettori cercano la propria "felicità" (tra virgolette) e danno il consenso a chi è in grado di evocare, di far intravvedere, la loro "felicità". Quando ci riesce, la politica ha suscitato emozioni.
Continuo a rivedere il discorso di Obama dopo la vittoria e le persone tra il pubblico felici e commosse fino alle lacrime.
Se Obama avesse spiegato che la copertura del suo programma è stata certificata dal Financial Times non ci sarebbero state queste reazioni. Ciò non toglie che possa essere garantita la copertura, ma al suo popolo questa notizia non provocherebbe nessuna emozione particolare, atteso che anche l'avversario avrebbe la copertura certificata.
Alla fine il dilemma dell'elettore di fronte a due programmi scientificamente certificati sarebbe: "chi sta sbagliando?" E non gli resterebbe che rivolgersi ad una società di rating possibilmente non in conflitto d'interessi per sciogliere il dilemma e dare un voto pragmatico.
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Re: Il tempo lungo del ricambio

Messaggioda ranvit il 15/11/2008, 12:39

Paolo, è già tardi! Ma prima o poi gli italiani si stancheranno di questo centrodestra e torneranno a votare per il Cs.
Poveri italiani (anche se tutto sommato meritano questa classe politica)!

Caro pierodm, come avrai notato quando parlate di "massimi sistemi" io mi astengo. Oltre a non averne le capacità, una noia mortale mi assale! Del resto ognuno ha le sue fisse.
Ma se mi chiami in causa rispondo : non sono io che appiccico la pecetta di "velleitari ed infantili", sono loro che sono velleitari ed infantili.

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Il tempo lungo del ricambio

Messaggioda franz il 15/11/2008, 12:57

pierodm ha scritto:A meno che la cesura non significhi trasformare l'illusione in realtà: "tu vedi le cose come sono, io sogno cose che non sono mai state, e mi chiedo: perché no? ", diceva Bernardo.

Lo diceva anche Kennedy, citando lo stesso Bernardo.
Poi lui ha fatto (perché no?) la Baia dei Porci ed il Vietnam. :(
Anche i conquistadores sognavano immensi tesori, poi si è visto cosa hanno fatto per depredare i proprietari. :?
Diciamo che dipende dai sogni che uno ha e dal potere a disposizione.
Mi pare che i sogni di chi ha potere non siano poi cosi' esaltanti, quando diventano realtà.
Chissà cosa sognavano Hitler e Stalin. Forse è inutile saperlo: basta vedere i loro fatti reali.

Forse anche per questo un poeta come Bob Dylan è passato da un giovanile ed ispirato "I'll let you be in my dreams if I can be in yours," ad un piu' maturo ed amaro "I'll say this, I don't give a damn about your dreams".
Anche lui preso dal ciclo "illusione / disillusione "?

Bye,
Franz
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