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i Democratici che cambiano

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

i Democratici che cambiano

Messaggioda borghinolivorno il 06/11/2008, 8:10

Tutti bravi ad entusiasmarsi ora che tutto è fatto e un “nero” arriva alla Presidenza degli Stati Uniti (compreso molti bellimbusti della Destra che frequentavano il vecchio inquilino della Casa Bianca disconoscendo ogni dubbio sul suo operato e sulla sua tenuta mentre lo riempivano di pacche sulle spalle).
In pochi si cimentano nel ricordo della dura lotta politica ingaggiata da Obama (partendo quasi dal nulla) nel Partito Democratico (contro la sua direzione e contro il clan dei Clinton) sostenuta con coraggio e decisione e con un grande seguito di militanti. In pochi ricordano la durezza di una battaglia politica negli Stati Uniti quando si pretende di toccare uno dei più grandi tabu’…..…l’egemonia degli yanchee portando alla ribalta i cittadini di serie b (i neri, gli spagnoli, i portatori di identità nazionali non ancora assimilate completamente e le culture non allineate) che intendono dire la loro nella Democrazia in cui vivono.
Tutti ora sappiamo che la democrazia americana, grazie ad Obama, è ad una svolta.
Purtroppo l’Italia è ben lontana da tutto questo. Cosi’ ci dobbiamo accontentare del Cavaliere talmente preso di se’ da non accorgersi nemmeno di quello che accade o puo’ accadere, e di una opposizione che non si riprende come necessario dalle dure sconfitte che ha collezionato, con un paese che non ritrova le energie per cambiare. Tutti a bagnomaria si direbbe, mentre il mondo cambia e si applaude a chi vuole dire la sua.


Paolo borghi livorno x spillo di www.libertaeguale.eu 5/11/2008
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Re: i Democratici che cambiano

Messaggioda Paolo65 il 06/11/2008, 9:57

Gli USA hanno un sistema che sforna leaders, noi no.

Noi al massino tiriamo fuori delle brave persone dotate di saggezza,ma essere leader è un'altra cosa.

Il paradosso è che l'unico vero leader è Berlusconi, un uomo che ha navigato per anni in acque torbide piene di squali veri,ma non è certo il leader all'altezza di una moderna democrazia.

Dall'altra parte abbiamo avuto Prodi,come detto una persona perbene e dotata di capacità,ma non un leader e oggi abbiamo Veltroni, idem come sopra, ma dotato purtroppo di una leadeship ed un carisma debole.

Paolo
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Re: i Democratici che cambiano

Messaggioda borghinolivorno il 07/11/2008, 0:09

Paolo65 ha scritto:Gli USA hanno un sistema che sforna leaders, noi no.

Noi al massino tiriamo fuori delle brave persone dotate di saggezza,ma essere leader è un'altra cosa.



ma se intanto si cominciasse a ragionare non della bella politica che non c'è, ma del programma di cambiamento di questa situazione (e di questo partito sempre più addormentato e pieno di "visioni")?

. a presto paolo borghi livorno
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Re: i Democratici che cambiano

Messaggioda pinopic1 il 07/11/2008, 11:56

Anche il programma di Obama è pieno di visioni. Lo dice anche Belpietro, quindi ci possiamo credere.
La politica infatti non è l'amministrazione del presente, ma una visione, un progetto per il futuro.
Obama ha approfittato del momento più basso del consenso alla cultura e alla visione della destra americana e ha fatto la sua proposta cercando di distinguersi il più possibile da quella.
Proviamo a fare altrettanto in Italia con il PD e smettiamola con le timidezze e la rincorsa dei moderati. Anche i moderati italiani, quando non possono pagare il mutuo, quando i soldi non gli bastano, quando perdono il lavoro, nel loro piccolo, s'incazzano; e sono capaci di incazzarsi di brutto. Non lasciamo che siano i camaleonti di destra a raccogliere l'incazzatura.
"Un governo così grande da darti tutto quello che vuoi è anche abbastanza grande da toglierti tutto quello che hai" (Chiunque l'abbia detto per primo)
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Re: i Democratici che cambiano

Messaggioda borghinolivorno il 07/11/2008, 20:09

pinopic1 ha scritto:Anche il programma di Obama è pieno di visioni. Lo dice anche Belpietro, quindi ci possiamo credere.
La politica infatti non è l'amministrazione del presente, ma una visione, un progetto per il futuro.
Obama ha approfittato del momento più basso del consenso alla cultura e alla visione della destra americana e ha fatto la sua proposta cercando di distinguersi il più possibile da quella.
Proviamo a fare altrettanto in Italia con il PD e smettiamola con le timidezze e la rincorsa dei moderati. Anche i moderati italiani, quando non possono pagare il mutuo, quando i soldi non gli bastano, quando perdono il lavoro, nel loro piccolo, s'incazzano; e sono capaci di incazzarsi di brutto. Non lasciamo che siano i camaleonti di destra a raccogliere l'incazzatura.


Il fatto è che Obama raccoglie preoccupazioni ma anche progetti di cambiamento, e molto probabilmente, anche se nessuno negli USA puo' pensare di fare cose che mettano in discussione un rigido concetto di liberta' personale e diritti individuali ben diverse da quelli a cui siamo abituati nella collettivistica europa, metterà in campo innovazioni e discontinuità. Per ora almeno ha la credibilità di poterci provare a fare tutto quello che promette ....

Mi domando se i Democratici in Italia ce la fanno ad essere credibili fino a questo punto....direi di no, perchè nonostante ottime intuizioni, poi non riescono a dare gambe alle stesse ....anche se si dotano di un leader forte e chiaro.
Controprova: parlare di una grande riforma del PD , ascoltare la diversità delle opinioni che girano nello stesso PD, contare le persone che senza se e senza ma sono disposte a relizzarla senza comprometterne, all'italiana, lo spirito e la sostanza......

Mi domando cosa ci azzecchi questo con la rincorsa a favore o contro i moderati....per quanto ho capito gente in grado di fare riforme si trova tra i moderati e i radicali, ma anche gente che non vuole le riforme affolla le aree dei moderati o dei radicali

Mi domando inoltre se per governare basta il consenso degli incazzati.....(che per quanto so io oggi votano prevalentemente a destra, tanto per proteggersi, consolarsi, ed evitare di continuare a incazzarsi)..negli USA la linea che vince è quella contro il liberismo che è arrivato a distruggere un sistema economico in nome della liberta' di tutti e da tutto in economia, e in nome dell'idea che la creazione di valore non è detto che debba fare i conti con costi e prezzi.

A presto - paolo borghi livorno
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Re: i Democratici che cambiano

Messaggioda pinopic1 il 07/11/2008, 22:50

Ti sei fatto delle domande su quanto io ho scritto e alla fine ti sei data la risposta.
"negli USA la linea che vince è quella contro il liberismo che è arrivato a distruggere un sistema economico in nome della liberta' di tutti e da tutto in economia, ...."
Io consapevole del clima del forum non ho avuto il coraggio di scrivere "la linea che vince è quella contro il liberismo" e allora ho dovuto ricorrere a dei giri di parole.
Rincorrere i moderati coincide con l'aver fede nel libero mercato che tutto regola e si autoregola, e con altre cosette. Personalmente non userei mai il termine "moderati" (l'ho scritto tantissime volte) ma altri lo usano anche con il significato detto sopra e allora mi adeguo.
Per governare non basta il consenso degli incazzati; ma questi ingrossano i sondaggi e pare, non a me ma ad altri, che non soltanto per governare servano buoni sondaggi ma anche per fare l'opposizione.
Gli incazzati votano per la destra? Io infatti ne conosco tanti che votano per la lega perché questo partito è riuscito a creare la convinzione che le difficoltà che fanno incazzare non sono di natura sociale o economica ma di natura geografica o etnica. Ieri c'era sciur parun da li belli braghi bianchi (sto ascoltando Gigliola Cinquetti), oggi si concentrano su Roma ladrona, i terun e i clandestini.
Tra gli elettori incazzati di FI prevale la convinzione che i loro problemi siano totalmente di natura fiscale.

Per l'osservazione che quelli che non vogliono fare le riforme si trovano in tutti i campi, così come quelli che vorrebbero farle, posso dire che la confusione nasce dal fatto che si usa il termine "riforma" per qualsiasi cambiamento: sia in meglio che in peggio. Naturalmente so che il concetto di meglio o peggio è relativo e soggettivo. Per ognuno di noi le riforme da fare sono quelle che migliorano la qualità della vita secondo il punto di vista di ciascuno di noi però.
Allora non basta dire "riforme": bisogna specificare quali riforme. Quali riforme vogliono fare gli uni, quali gli altri, e quali non vogliono fare gli uni o non vogliono fare gli altri.

PS: in origine il termine "riformista" era usato quasi esclusivamente nel campo socialista: per distinguere quelli che volevano cambiare la società con graduali miglioramenti (i riformisti) partecipando anche a governi "borghesi", da quelli che volevano cambiarla radicalmente in una sola volta quando sarebbe venuto il momento (massimalisti).
Io sul significato del termine sono rimasto un pò a quello.
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Re: i Democratici che cambiano

Messaggioda borghinolivorno il 08/11/2008, 8:45

il dibattito si fa interessante


pinopic1 ha scritto:Ti sei fatto delle domande su quanto io ho scritto e alla fine ti sei data la risposta.
"negli USA la linea che vince è quella contro il liberismo che è arrivato a distruggere un sistema economico in nome della liberta' di tutti e da tutto in economia, ...."
Io consapevole del clima del forum non ho avuto il coraggio di scrivere "la linea che vince è quella contro il liberismo" e allora ho dovuto ricorrere a dei giri di parole. .


questa è bella....trattasi di mimetizzazione contro il fuoco dei cosidetti "radicali"?....mi permetto di richiamare all'orgoglio riformista!......a chi suono le sue trombe, occorre reagire facendo suonare le nostre campane


pinopic1 ha scritto: Rincorrere i moderati coincide con l'aver fede nel libero mercato che tutto regola e si autoregola, e con altre cosette. Personalmente non userei mai il termine "moderati" (l'ho scritto tantissime volte) ma altri lo usano anche con il significato detto sopra e allora mi adeguo..


mi permetto di rilevare che i moderati, in genere, stanno con chi zappa il loro orto...e che il liberismo con il moderatismo non ci azzecca quasi mai (anzi, i liberisti sono radicali a loro modo.....se uno osserva un liberista pentito in attesa di riprendere in mano la sua bandiera cone Tremonti, di moderatismo ne trova poco, di radicalismo molto, di necessità di parlare con i moderati talmente tanta che fa abiura dei suoi crèdi del Berlusconi 2)

pinopic1 ha scritto: Per governare non basta il consenso degli incazzati; ma questi ingrossano i sondaggi e pare, non a me ma ad altri, che non soltanto per governare servano buoni sondaggi ma anche per fare l'opposizione.
Gli incazzati votano per la destra? Io infatti ne conosco tanti che votano per la lega perché questo partito è riuscito a creare la convinzione che le difficoltà che fanno incazzare non sono di natura sociale o economica ma di natura geografica o etnica. Ieri c'era sciur parun da li belli braghi bianchi (sto ascoltando Gigliola Cinquetti), oggi si concentrano su Roma ladrona, i terun e i clandestini..
Tra gli elettori incazzati di FI prevale la convinzione che i loro problemi siano totalmente di natura fiscale..


OK, occorrerebbe ora fare uno sforzo per capire cosa predomina tra i nostri elettori (incazzati o no)

pinopic1 ha scritto: Per l'osservazione che quelli che non vogliono fare le riforme si trovano in tutti i campi, così come quelli che vorrebbero farle, posso dire che la confusione nasce dal fatto che si usa il termine "riforma" per qualsiasi cambiamento: sia in meglio che in peggio. Naturalmente so che il concetto di meglio o peggio è relativo e soggettivo. Per ognuno di noi le riforme da fare sono quelle che migliorano la qualità della vita secondo il punto di vista di ciascuno di noi però.
Allora non basta dire "riforme": bisogna specificare quali riforme. Quali riforme vogliono fare gli uni, quali gli altri, e quali non vogliono fare gli uni o non vogliono fare gli altri..


E' vero, tutti oramai si richiamano ad un riformismo che si vende come corrispondente alla modernizzazione necessaria, molto meno come strumento di riequilibrio sociale (anche se lo si fa sia nel caso della destra che della sinistra)...l'ossessione del centro moderato porta a questo, ma anche a altro.
Quindi il problema è specificare quali riforme, di cosa, per chi e come (qui casca l'asino in un paese che le riforme ne' le vuole ne' le sa fare, ne' trova chi abbia intenzione di farle sul serio)


pinopic1 ha scritto: PS: in origine il termine "riformista" era usato quasi esclusivamente nel campo socialista: per distinguere quelli che volevano cambiare la società con graduali miglioramenti (i riformisti) partecipando anche a governi "borghesi", da quelli che volevano cambiarla radicalmente in una sola volta quando sarebbe venuto il momento (massimalisti).
Io sul significato del termine sono rimasto un pò a quello.


...se è quello riformista anche io, ma purtroppo il paradigma del socialismo non riesco più a capire cosa possa rappresentare e dire oggi (dopo la sua sconfitta storica per il segmento "marxista", e l'impossibilità tutta italiana di declinarlo nel senso socialdemocratico, ma anche in ragione della sua malversazione ideologica per cui tutti sono socialisti, ma non si riesce mai a capire a quale fine, tolto il velo dell'anticapitalismo).

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Re: i Democratici che cambiano

Messaggioda franz il 08/11/2008, 10:04

pinopic1 ha scritto:Per l'osservazione che quelli che non vogliono fare le riforme si trovano in tutti i campi, così come quelli che vorrebbero farle, posso dire che la confusione nasce dal fatto che si usa il termine "riforma" per qualsiasi cambiamento: sia in meglio che in peggio. Naturalmente so che il concetto di meglio o peggio è relativo e soggettivo. Per ognuno di noi le riforme da fare sono quelle che migliorano la qualità della vita secondo il punto di vista di ciascuno di noi però.
Allora non basta dire "riforme": bisogna specificare quali riforme. Quali riforme vogliono fare gli uni, quali gli altri, e quali non vogliono fare gli uni o non vogliono fare gli altri.

Mi è piaciuta la risposta di borghinolivorno per cui non sto a ripetere i concetti su cui concordo.
Aggiungo solo alcuni spunti (i miei due centesimi) sul cosiddetto riformismo.

Vero che "riforma" non vuol dire nulla.
Data una situazione attuale (che non ci piace) una riforma cerca di cambiare la realtà. Di solito con una legge.
Oppure operando investimenti pubblici in settori della società o territori.
Per la complessità del mondo moderno credo che solo a posteriori sapremo come è andata (meglio o peggio) ma sicuramente la realtà sarà stata modificata (a ben vedere una realtà si modifica nel tempo anche senza riforme, perché la realtà cambia da sola - indipendentemente dalla direzione che cerchiamo di darle - ed anche qui solo a posteriori valutiamo la qualità del cambiamento).

Vero che ci sono persone che credono di sapere che una riforma è in "meglio" o "peggio" prima che avvenga ma questo sarebbe ottimo se avvenisse solo su basi scientifiche. Non lo è perché oggi non abbiamo (ancora) nessuna scienza che possa aiutarci in tal senso ma solo ancora tanta idelogia (mascherata e residua).

Dire di essere riformisti, hai ragione pinopic1, non significa nulla, se non affermare di non essere rivoluzionari.
Ma la differenza se vogliamo è solo una questione di potere. Con la rivoluzione si prende il potere.
Poi sia il rivoluzionario sia il riformista, dovranno calarsi sul problema della società da cambiare.
Data una situazione da cambiare, quale riforma fare, tra le mille possibili?

E si arriva al dunque.
Consideriamo che mentre l'ideologo crede di conoscere e prevedere il futuro (e quindi puo' prospettare un piano preciso, anche quinquennale) il pragmatico e lo scienziato sanno che il futuro non è prevedibile e sanno anche che ogni azione comporta effetti collaterali imprevisti, per cui le ciambelle non vengono mai col buco. Riforme fatte con uno scopo (in buona fede) hanno spesso effetti imprevisti che sono fortemente negativi. Inoltre la realtà finale spesso è diversa da quella che la riforma si prospettava per cui non è mai chiaro come la riforma abbia influito nella direzione immaginata.
Questo è tanto piu' vero tanto le riforme vengono fatte e messe in opera da un gruppo ristretto che ha saputo ottenere vasto consenso. Il consenso in democrazia infatti non è garanzia che la riforma sia giusta. Solo che ha consenso.

Il dilemma allora non è tra riforme e rivoluzione ma sul metodo che decidiamo per arrivare alla trasformazione della società. Il metodo democratico (mi ispiro alla società aperta di Popper) contempla che tutti con la loro visuale prospettica diversa debbano concorrere alla composizione del puzzle, perché nessuno singolarmente, come individui o come partito, ha la verità in tasca. In questo senso nessuno dovrebbe oggi dovrebbe definirsi "riformista" ma caso mai "democratico".
Il problema quindi non è quello di pochi che abbiano tanto consenso ma di un diverso metodo dialettico per arrivare alla individuazione di riforme possibili. Il metodo popperiano (società aperta) è fortemente inclusivo (sono esclusi solo gli intolleranti, gli intransigenti) e non prevede maggioranza ed opposizione. Nessuno, salvo le eccezioni dette, deve essere lasciato fuori. Il problema di un simile metodo è che molto lento nella costruzione non tanto del consenso ma sulla costruzione della soluzione stessa (della riforma). Il metodo maggioritario è piu' rapido e decisionista ma poi puo' fare rapidamente piu' disastri.

Ciao,
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Re: i Democratici che cambiano

Messaggioda franz il 08/11/2008, 11:39

pinopic1 ha scritto:La politica infatti non è l'amministrazione del presente, ma una visione, un progetto per il futuro.

Se mi permetti una nota scettica (ogni tanto tocca anche a me) la politica di fatto è l'amministrazione del presente, solo che per essere eletto devi dare l'impressione di avere una visione, un progetto per il futuro.
E' l'amministrazione del presente (che se riuscissimo a farla bene, sarebbe tantissimo) perchè il futuro non è prevedibile.
Tu puoi avere tutte le visioni che vuoi ma puoi fare solo il profeta, non lo scienziato.
Se il futuro non è prevedibile è ovvio che le tue visioni/profezie ti fanno solo da guida ma in realtà il futuro non lo modifichi o lo modifiche non come vorresti (effetti collaterali imprevisti compresi).
Inoltre con la storia che uno ha la forte visione del futuro, finisce con tralasciare l'amministrazione del presente, e la realtà peggiora.
Ora io non sono contrario ad un progetto del futuro in sè. Se questo fosse frutto di una analisi rigorosa e scientifica, potremmo provarci.
Ma sono contrario se è frutto delle visioni di UN uomo.
Anzi questo è estremamente perocoloso, anche se ha vasto consenso. Soprattutto se ha vasto consenso.
Il secolo scorso dovrebbe avercelo insegnato.

Ciao,
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Re: i Democratici che cambiano

Messaggioda pinopic1 il 08/11/2008, 12:58

Lo scienziato proprio non calza con il tuo discorso. Se lo scienziato gestisse il già conosciuto e non avesse il coraggio di credere in ciò che non si vede e che non sembra possibile possa esistere saremmo ancora all'età della pietra.
Non solo, gran parte delle applicazioni scientifiche si basano su modelli teorici, inizialmente visioni successivamente corroborate dal calcolo matematico, e funzionano. L'atomo è un modello prodotto dalle visioni di scienziati visionari.
Hai ragione a dire che uno deve dare l'impressione di avere una visione per ottenere il consenso. Ma non è che gli elettori si facciano ingannare o che il leader li voglia ingannare. Gli elettori percepiscono benissimo che si tratta non di progetti definiti ma di valori, che devono guidare il leader politico nel realizzare ciò che realisticamente si potrà realizzare.
E' più facile essere ingannati da chi ti promette di ridurti le tasse magari facendoti vedere il prospetto delle nuove aliquote e con il certificato di copertura rilasciato dai giornalisti del Sole 24 Ore che da chi ti dice di credere nella forza dell'istruzione per rendere protagonisti nella società i poveri, gli emarginati, gli immigrati.
La differenza è tra chi dice di avere un animo compassionevole verso i poveri e chi dice che i poveri devono essere i protagonisti della sua azione politica.
La gente percepisce la differenza tra questi due approcci se uno la sa mettere in evidenza. Obama si è sforzato di evidenziarla e c'è riuscito.
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