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Merito e Bisogno

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Merito e Bisogno

Messaggioda franz il 24/09/2010, 22:59

Da qualche giorno, alla discussione su merito e meritocrazia si è aggiunto il tema del bisogno.

Se si deve dare un compenso o riconoscimento esclusivamente al merito non si tiene più alcun conto del “bisogno”, e questo è liberismo sfrenato, è stato detto, e da lì sono nate varie discussioni e promesse di approfondimento.

Qui vorrei fare un po' il punto, aprendo un nuovo thread.

Partiamo dal dato di fatto: la società moderna è organizzata in un certo modo.
Giusto o sbagliato che sia, il compenso o il riconoscimento all'interno del mondo del lavoro è basato sul merito, sulle capacità. Ognuno è pagato perché sa fare qualche cosa e lo sa fare bene. Io non so fare trapianti cardiaci. Quindi non li faccio. E' giusto che sia cosi'. Se sapessi farli, li farei. Li farei forse meglio di altri e forse peggio di altri (non siamo tutti uguali) e la mia retribuzione sarebbe normalmente legata alle mia capacità. È lecito, etico o auspicabile pagare allo stesso modo chi lavora meglio di altri?
Secondo me NO. Forse penso così perché so di fare le cose bene ed in 30 anni di lavoro mi hanno sempre pagato bene per le cose che facevo. In fondo è una questione di mercato. Il maledetto mercato. Non pago una meravigliosa pesca allo stesso modo di una ammaccata, ammuffita e piena di vermi. La qualità ha il suo prezzo. Vale anche per il lavoro che un uomo fa. Un buon falegname, che fa mobili stupendi e di buon gusto, vale molto di piu' (merita di piu') di uno che lavora in qualche modo e fa cose traballanti e sghembe. I mobili prodotti dai due non avranno lo stesso prezzo. Il nosto lavoro è importante e la sua qualità è importantissima. La società moderna funziona bene se tutti fanno lavori di qualità. Questo costruisce organizzazioni in cui la valutazione della qualità del prodotto, del lavoro e del merito del lavoratore sono al centro. Sono al centro perché ogni cosa va costantemente migliorata.

E il bisogno dove va a finire?
Oggi non si paga un lavoratore "perché ha bisogno". Si discuteva a suo tempo del familismo amorale, di quel "tengo famiglia" o anche del "tengo otto figli", quasi che la dimensione del bisogno potesse prevalere sul merito. <Non sai fare nulla ma se hai otto figli allora ti pago in base al tuo bisogno>. In realtà è lo Stato (e secondo me giustamente) che interviene con assegni familiari e deduzioni per figli a carico. In Italia lo fa molto poco e dovrebbe fare di piu'. Ma la logica del lavoro, quella economica ed industriale, da un compenso unicamente sulla base delle capacità, del merito. Il bisogno non è contemplato.

Eppure viviamo in una società che a ben vedere è basata sulla soddisfazione dei bisogni. La nostra società è di una complesità mostruosa, com milioni di aziende e miliardi di consumatori, di lavoratori. In fondo tutto ruota attorno alla soddisfazione di bisogni individuali. Bisogni soddisfatti tramite il lavoro (di qualità) di milioni di persone. Poi si puo' discutere sulla reale necessità di certi bisogni (alcuni effimeri e forse inventati ) ma se abbamo bisogno di cure, andiamo dal medico o in ospedale, se abbiamo bisogno di cibo e vestiario, andiamo in negozi e centri comemrciali, se abbiamo bisogno di educazione, frequentiamo scuole, se abbiamo bisogno di cultura compriamo un libro, ascoltiamo musica, andiamo a teatro o e vedere un bel film, se abbiamo bisogno di protezione chiamiamo la polizia, se abbiamo bisogno di svago e di relax andiamo in vacanza o guardiamo la TV, se abbiamo bisogno di informarci leggiamo un giornale. Non tutte le persone possono vedere sempre soddisfatti tutti i bisogni (io sono andato in vacanza dopo tre anni che saltavo il turno) ma quello che vorrei far capire è che i bisogni dell'essere umano sono soddisfatti da una società operosa, che lavora. E se lavora bene e meglio, gli esseri umani sul pianeta aumentano. Come dico spesso, 1.5 miliardi alla fine del 1800, 6.7 miliardi oggi. Perché? Perché lavorando sempre meglio aumenta la produttività e si soddisfano piu' bisogni (cibo, sanità per primi). Lavorando bene e meglio sempre piu' persone vivono e vinono meglio. Non sono tutte reose e fiori, chiaramente. Ma è innegabile che viviamo tutti meglio di 100 anni fa perché sono cresciuti i nostri meriti e soddisfiamo piu' bisogni per sempre piu' persone.

Il bisogno è quindi soddisfatto non perché mi viene riconosciuto come parte dello stipendio meritato ma perché il mio lavoro mi permette poi di accedere, come contropartita monetaria, ai beni e servizi che altir simili producono, immettendoli nel mercato. Se lavoro bene avro' un reddito maggiore e potro' soddisfare piu' bisogni, per me e la famiglia.

Lo stato (dove lavora bene) gestisce il reddito minimo (e quindi i bisogni minimi) delle persone e garantisce, cosa assai piu' importante, le pari oppurtunità formative (sempre dove funziona bene). Che non vuol, dire pari condizioni di partenza (visto che una parte delle nostre attitudini è innata). Io francamente non posso gareggiare i 100 mt piani con Usain Bolt ma se ho pari opportunità allora entrambi possiamo fare gli stessi allenamenti, lo stesso percorso formativo. Poi è chiaro che uno dei due, per capacità ed impegno vincerà. Lui per la corsa ed io (forse) per la capacità di convincere i computer a far equello che voglio io e non quello che voglio loro. Ognuno dà il suo contributo alla società e facendolo soddisfa bisogni propri ed altrui. E anche lo stato, per funzionare bene (ed il nostro non funziona bene) deve mettere al centro la qualità delle prestazioni. Anche lo stato soddisfa bisogni ma se lo fa male (perché crazie diverse dal merito prendono piede) rovina tutta la società.

Ora io mi chedo se questo sia "liberismo sfrenato" oppure la descrizione normale della realtà come la vedono le persone normali.

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Re: Merito e Bisogno

Messaggioda pianogrande il 25/09/2010, 1:13

Diciamo che il bisogno è il motore che mi fa lavorare.
La pari opportunità è, come minimo, il fatto di averlo un lavoro.
Meglio ancora se la preparazione al lavoro mi è stata data con le stesse possibilità se non con gli stessi risultati di altri.
In fondo, si tratta solo di stabilire a che livello deve cominciare la competizione.
Competizione da zero ad infinito o un minimo garantito?
Chi ed in quali forme debba dare questo minimo sarà la collettività a gestirlo ma l'importante è che sia rispettato il principio.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Merito e Bisogno

Messaggioda pierodm il 25/09/2010, 2:08

E' troppo tardi a quest'ora, per affrontare il tema come merita.
Mi limito ad un pensiero.
Il problema del bisogno è un fatto assistenziale e caritativo, quando riguarda una, dieci, cento persone.
Quando riguarda centinaia di migliaia di persone, o milioni, è un problema di sistema, e liquidarlo con una contabilità meritocratica non ha senso - e non torna nemmeno a vantaggio del concetto di "merito".
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Re: Merito e Bisogno

Messaggioda franz il 25/09/2010, 8:36

pianogrande ha scritto:Diciamo che il bisogno è il motore che mi fa lavorare.
La pari opportunità è, come minimo, il fatto di averlo un lavoro.
Meglio ancora se la preparazione al lavoro mi è stata data con le stesse possibilità se non con gli stessi risultati di altri.
In fondo, si tratta solo di stabilire a che livello deve cominciare la competizione.
Competizione da zero ad infinito o un minimo garantito?
Chi ed in quali forme debba dare questo minimo sarà la collettività a gestirlo ma l'importante è che sia rispettato il principio.

Fondamentalmente sono d'accordo. Il reddito minimo esiste sotto varie forme e vari nomi (qualche cosa si è sperimentato anche in alcune regioni italiane) ma è a disposizione di chi il lavoro lo cerca e non lo trova o non puo' averlo (per problemi medici, per esempio). Esiste nei paesi sviluppati, perché solo loro possono permetterselo. Va considerato che solo una parte della popolazione lavora. Sotto e sopra una certa fascia di età non si lavora (si studia o se è in pensione) ma anche considerando l'età lavorativa, in italia lavora solo la metà circa, e pochissime donne. I bisogni sono pero' di tutti e quindi esistono sistemi distributivi che fanno in modo che il reddito di qualcuno possa soddisfare i bisogni di altri. Il principale sistema sociale ridistributivo è la famiglia, poi segue la previdenza (pensioni). All'interno della famiglia e del sistema previdenziale, non si fanno considerazioni di merito. Le distribuzioni sono eque o secondo il bisogno. Ma nel mondo del lavoro no. A parte il minimo contrattuale, su cui prima o poi un approfondimento si impone, che vale solo per i dipendenti sotto contratto collettivo (l'indipendente non ha alcun minimo) ogni retribuzione che supera il minimo è attribuita su meriti individuali o anche di gruppo (per esempio se una certa squadra ha concluso positivamente il progetto). Non sul bisogno.

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Re: Merito e Bisogno

Messaggioda franz il 25/09/2010, 15:31

pierodm ha scritto:E' troppo tardi a quest'ora, per affrontare il tema come merita.
Mi limito ad un pensiero.
Il problema del bisogno è un fatto assistenziale e caritativo, quando riguarda una, dieci, cento persone.
Quando riguarda centinaia di migliaia di persone, o milioni, è un problema di sistema, e liquidarlo con una contabilità meritocratica non ha senso - e non torna nemmeno a vantaggio del concetto di "merito".

A me non pare di averlo liquidato con una contabilità meritocratica ma se ti senti meglio a credere cosi', è forse un tuo bisogno. Spero che rileggendo meglio, durante il giorno, tu possa cambiare idea.
Si, il problema del bisogno è di sistema ed infatti come dicevo tutta la nostra società lavorativa è orientata alla soddisfazione di bisogni, secondo la logica della divisione del lavoro.
Parlo ovviamente dei bisogni materiali e di quelli che possono essere soddisfatti solo da altri in un'ottica di mercato, non di queli privati che possiamo soddisfare da soli o in famiglia.

Se poi il lavoro da fare per soddisfare questi bisogni segue la necessità di costante ottimizzazione economica e di incremento di qualità, e se questo viene sostanzialmente fatto fondendo innovazione e merito, non è colpa mia e non mi pare un puro esercizio di contabilità meritocratica.

Ci sono anche i bisogni di socializzare, di riconoscimento, di essere parte di un gruppo, di autoaffermazione, di crescita, ce ne sono tanti ma noi siamo tutti diversi e non tutti riescono a soddisfarli allo stesso modo. La soluzione sta in una pluralità di offerta e di libertà di scelta negli individui e nelle loro interazioni. Senza alcuna contabilità nazionale. La contabilità la faccio pero' a livello di singoli individui (ognuno la fa, per arrivare a fine mese e far crescere la sua famiglia) e nelle aziende (per essere efficenti e per far crescere l'attività).

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Re: Merito e Bisogno

Messaggioda pierodm il 26/09/2010, 0:20

A me non pare di averlo liquidato con una contabilità meritocratica ma se ti senti meglio a credere cosi', è forse un tuo bisogno.

Avevi detto:
E il bisogno dove va a finire?
Oggi non si paga un lavoratore "perché ha bisogno". Si discuteva a suo tempo del familismo amorale, di quel "tengo famiglia" o anche del "tengo otto figli", quasi che la dimensione del bisogno potesse prevalere sul merito
...Ma la logica del lavoro, quella economica ed industriale, da un compenso unicamente sulla base delle capacità, del merito. Il bisogno non è contemplato.


Ma non era questo il punto quando parlavo di un problema di sistema - per inciso, sui concetti sopra citati potrei anche essere d'accordo, con molta cautela.
Il fatto è che - anche in questo caso, come per altri - nella tua disamina prendi in considerazione solo ed esclusivamente il bisogno in rapporto all'organizzazione aziendale e alla sua logica, o al massimo in relazione all contabilità strettamente economica.
E' questo, sempre eternamente questo che riduce le tue tesi ad un capitoletto da manuale di ragioneria: poco conta che siano tesi giuste, sbagliate o discutibili, dato che sono soprattutto orribilmente parziali.
I bisogni, più ancora forse del merito, sono innanzi tutto un tema esistenziale: naturalmente ciò non impedisce a te o a chiunque di noi di trattare questo o altri temi sotto l'angolazione che preferisce, a patto però che sia avvertibile la coscienza che il tema stesso non si esaurisce in quella singola ed esclusiva angolazione.
Forse non te ne accorgi, ma da qualunque assunto si parta, tu finisci subito, svelto svelto, a fare sempre lo stesso discorso: lo stato e la politica cattivi, e il mercato. Non riesci a vedere nient'altro, e non ammetti nemmeno che ci possa essere altro degno di essere pensato o considerato importante.
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Re: Merito e Bisogno

Messaggioda franz il 26/09/2010, 10:17

pierodm ha scritto:A me non pare di averlo liquidato con una contabilità meritocratica ma se ti senti meglio a credere cosi', è forse un tuo bisogno.

Avevi detto:
E il bisogno dove va a finire?
Oggi non si paga un lavoratore "perché ha bisogno". Si discuteva a suo tempo del familismo amorale, di quel "tengo famiglia" o anche del "tengo otto figli", quasi che la dimensione del bisogno potesse prevalere sul merito
...Ma la logica del lavoro, quella economica ed industriale, da un compenso unicamente sulla base delle capacità, del merito. Il bisogno non è contemplato.


Ma non era questo il punto quando parlavo di un problema di sistema - per inciso, sui concetti sopra citati potrei anche essere d'accordo, con molta cautela.
Il fatto è che - anche in questo caso, come per altri - nella tua disamina prendi in considerazione solo ed esclusivamente il bisogno in rapporto all'organizzazione aziendale e alla sua logica, o al massimo in relazione all contabilità strettamente economica.
E' questo, sempre eternamente questo che riduce le tue tesi ad un capitoletto da manuale di ragioneria

veramente avevo detto tante altre cose, che estendevano il concetto ma evidentemente preferisci fissarti sulle 4 righe che ti consentono la solita rispostina che ti permette di appiccicarmi l'etichetta che preferisci ed andare poi a letto sereno e soddisfatto.
Non è un problema, discutero' con altri ... non ti preoccupare.
E se non ce ne sono significa che sono sostanzialmente d'accordo e ritengono superfluo approfondire cose condivisibili, senza dover mettere i puntini sulle "i".

Franz
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Re: Merito e Bisogno

Messaggioda pierodm il 29/09/2010, 22:11

Non ti devi incazzare, o inacidire, Franz: i ragionieri meritano ogni rispetto.
Solo che dovrebbero evitare di fare filosofia, ché gli viene male.
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Re: Merito e Bisogno

Messaggioda flaviomob il 29/09/2010, 23:39

In Europa, oggi, le società che premiano realmente il merito sono proprio quelle che si occupano in maniera efficiente dei bisogni dei cittadini e se ne fanno carico. Mi riferisco in primo luogo al "modello renano", ma non solo. Anche gli USA sono una società in parte meritocratica, ma tendono a generare una gerarchia sociale da una parte elitaria, dall'altra discriminante, escludente e con scarsa mobilità sociale: chi nasce in una famiglia molto povera ha meno opportunità degli altri (istruzione peggiore, lavori peggiori), scarsa o assente copertura sanitaria (persino dopo la buona, ma incompleta - non per sua colpa - riforma di Obama), scarsa assistenza per disabili o malati psichiatrici poveri o nullatenenti.
Nel "modello renano" la società mette in campo interventi di qualità per affrontare i bisogni dei cittadini, quindi la qualità diventa accessibile a tutti. In una società che si pone questo obiettivo preciso, produrre qualità diventa "normale" e ciò favorisce chi si impegna in questo senso. Il merito, quindi, viene premiato ma non produce una gerarchia e una stratificazione sociale esasperate ed estreme come quelle statunitensi. In questo senso, per me, si muovono le critiche di chi non è d'accordo a considerare il concetto di 'meritocrazia' un assoluto positivo.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Merito e Bisogno

Messaggioda franz il 30/09/2010, 8:10

flaviomob ha scritto:In Europa, oggi, le società che premiano realmente il merito sono proprio quelle che si occupano in maniera efficiente dei bisogni dei cittadini e se ne fanno carico.

Sicuramente, ma è la società a farlo, la polis, non l'economia industriale, non una componente del salario.
Da li' si era partiti, parlando di retribuzioni legate al merito: "Se si deve dare un compenso o riconoscimento esclusivamente al merito non si tiene più alcun conto del “bisogno”"
Io sono d'accordo sul fatto che quando l'economia è forte, prospera, si sviluppa, è possibile per la società occuparsi dei bisogni di coloro che rimangono indietro per prevenire il fatto che qualcuno, domani, possa rimanere indietro. Per due motivi: il primo è che in una società stagnante che non si sviluppa i poveri tendono ad essere tanti (diciamo il 30~40%) mentre in una prospera ed in sviluppo come quelle occidentali la % sotto la soglia di povertà oscilla dall'8% (nei migliore dei casi) al 15%, nel peggiore. Parlo di valori medi, ... è chiaro che nei periodi di crisi questi valori aumentano. La seconda è che ci sono le risorse economiche per farlo con efficacia. Sulla mobilità ogni paese ha e sue caratteristiche ma credo che piu' che guardare il caso americano dovremmo soffermamrci sul nostro, molto piu' statico (per il familismo e per altre ragioni che ora non è il caso di approfondire). Tra l'altro dovrebbe essere noto che il problema non è tanto sapere quanti sono i poveri ma quali sono. In USA si sanno (clandestini a parte) ed i programmi di sostegno (che in Itaila non ci sono) riescono a fare in modo che in un anno con l'altro la metà dei casi esca dalla povertà. Essendo poi una soglia statistica, un alta metà entra a riempire quel vuoto. In Italia abbiamo in 10.8% di povertà relativa ed un 4.7% di povertà assoluta.
Fanno 2 milioni e 800mila situazioni di povertà assouta e quasi 6 milioni e mezzo di povertà relativa.
Tu dici che "le società che premiano realmente il merito sono proprio quelle che si occupano in maniera efficiente dei bisogni dei cittadini" e sono d'accordo. La nostra NON premia il merito e NON si occupa dei bisogni di quei 3 e 6.5 milioni di cittadini. Quindi concludendo: meno clientele, meno corruzione, meno nepotismi, raccomandazioni, furbetti, più merito. Anche nella amministrazione della cosa pubblica, che piu' di altri dovrebbe occuparsi di quei casi.

Franz
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