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C’era una volta il partito solido

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

C’era una volta il partito solido

Messaggioda matthelm il 08/10/2011, 13:43

Uno dei tratti distintivi dell’attuale leadership del Partito democratico, il segretario e la squadra di quarantenni che egli ha chiamato al suo fianco, è senz’altro la valorizzazione del ruolo del partito come soggetto collettivo. Questo contro contro le tre supposte piaghe della crisi italiana: plebiscitarismo, populismo, personalismo. Il partito, attraverso i suoi meccanismi collettivi, sarebbe capace di scegliere e selezionare meglio i leader, di garantire continuità, di non lasciarci in balia delle stravaganze legate ai presunti uomini della provvidenza. I processi di legittimazione dell’autorità sono principalmente interni all’organizzazione, il coinvolgimento degli elettori necessita di confini che non mettano in discussione i ruolo essenziale dei funzionari.
Da qui la difesa di un’idea di Partito strutturato, solido, da contrapporre alla fragilità e all’inconsistenza velleitaria di chi pensa possibile stare nella società liquida con un’organizzazione flessibile, a rete, leggera, tutta orientata a spostare i processi di legittimazione, la sovranità, nella società, considerando i funzionari più i facilitatori che i protagonisti delle scelte. Ma sono le cose che si fanno, i comportamenti che derivano dalle affermazioni di principio, a rendere questi comprensibili, verificabili nella vita di tutti i giorni.
Per questo un paio di accadimenti recenti assumono un valore comunicativo che va oltre il loro stesso merito perché attribuiscono all’idea del rilancio della funzione del Partito un significato preciso.
I due avvenimenti significativi sono la vicenda che ha coinvolto i sei parlamentari radicali da un lato e, dall’altro, quella legata alla designazione del candidato alla presidenza dell’Anci.
Per di più, in tutti e due i casi, i tentativi di affermare quella visione forte del ruolo del Partito è fallita, mettendo in luce oltre alla debolezza della impostazione, una mancanza di sintonia con le forze in campo che in politica non è cosa da poco. Limiti seri per dirigenti politici e che, ironia della sorte, in un partito davvero solido non resterebbero senza conseguenze.
Nel primo caso, la ventilata espulsione dei parlamentari radicali eletti per un accordo tra partiti ha messo in evidenza una preoccupante tendenza a pensare che l’amalgama si possa fare diminuendone le componenti e non attraverso lo sviluppo di una cultura pluralista e pragmatista, cioè capace di concentrarsi sugli effetti pratici delle credenze e non sulle visioni del mondo. Una cultura che non pretende di fare sintesi tra visioni del mondo ma che cerca attraverso i riconoscimento reciproco la capacità di perseguire obiettivi comuni.
Nel secondo caso, quello di Brindisi, siamo a qualcosa di altrettanto preoccupante. All’assemblea annuale dell’Anci, per intenderci il sindacato degli eletti nei comuni italiani, dove sono presenti ovviamente tutti i colori della rappresentanza, la presidenza uscente, presieduta da Sergio Chiamparino, propone, in autonomia e indipendenza, come è prassi consolidata, una soluzione condivisa. Ci si orienta verso il sindaco di Reggio Emilia Delrio. Così, con questi chiari di luna, con tutte le tensioni aperte sul fronte dei tagli si prospetta una di quelle soluzioni unitarie che da tanta parte vengono indicate come le uniche efficaci.
A solo due settimane dall’assemblea, quando la decisione è stata ormai assunta, comincia un lavorio che, non chiarendo mai le proprie motivazioni, si concretizza nelle ultime giornate e nelle ultimissime ore con telefonate e pressioni personali. Entra in campo il Partito con una altra proposta, il sindaco di Bari Emiliano. In una riunione di componente (una cosa d’antan inaccettabile e rifiutata in tutte le organizzazioni di rappresentanza almeno da trent’anni) si mette in discussione la scelta. Il partito chiama, molti resistono, tensione, ore di attesa dell’assemblea generale per dare tempo al Pd di decidere, sarcasmi di quanti origliano, si fa la conta. Delrio passa su Emiliano 89 a 85. Il presidente Pd dell’Anci, per la prima volta nella storia, viene eletto ma con un vulnus inferto proprio dal suo stesso partito, i paladini del soggetto “collettivo”. E lasciamo da parte le dietrologie che fioriscono più delle erbacce e, come al solito, a pensar male si fa peccato ma quasi sempre si indovina.
Questi comportamenti sono gli effetti della concezione forte del Partito strutturato? Si pensa davvero che, nella nostra società, la ditta possa vivere in questo modo? Si può pensare di imporre, a persone elette dal popolo e facenti parte di una associazione autonoma e indipendente, una decisione presa non si sa dove (direzione nazionale, segreteria) e non si sa con quale legittimazione democratica? È realistico pensare che il fatto stesso di detenere il marchio della ditta conceda autorevolezza e autorità? O che il titolare del settore di lavoro Enti locali di un partito cerchi di rovesciare la decisione assunta dai maggiori “eletti” del suo stesso partito che sono membri di un’associazione di categoria autonoma e indipendente? Non è solo una questione di opportunità politica ma di correttezza istituzionale, di visione della democrazia e della dinamica tra istituzioni, corpi intermedi, società civile.
Di nuovo non si può cercare di apparire i difensori della costituzione più bella del mondo se si è così approssimativi nella messa in atto delle proprie regole di comportamento.
Non si può pensare di rafforzare il ruolo del partito con stili di direzione talmente inefficaci. Così dopo la figuraccia delle primarie di Napoli i sostenitori del partito solido ne hanno fatte almeno un altro paio. E ci vorrà molto più che una campagna di manifesti a ripristinare la fiducia tra eletti e leadership nazionale. Per gli amanti della ditta sarebbe il caso di spolverare un altro concetto di una volta: una bella battaglia delle idee sui fondamentali dell’essere democratici.
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Re: C’era una volta il partito solido

Messaggioda matthelm il 08/10/2011, 15:01

Ho trovato questa riflessione e me approprio condividendola in toto:

Sì, il problema è di linea politica. Ovvero di linee programmatiche e di alleanze.
Il PD fa i compitini, ma non sceglie e non trasmette il punto verso cui si tende. Con il compitino si riesce a fare sintesi di corto respiro. Se invece si dice chiaramente dove si vuole arrivare si rompe qualcosa, ma si trasmette anche qualche obiettivo su cui mobilitare energie. Questa incapacità di scelta è dovuta al fatto che si vuole salvaguardare (poi non si riesce o si riesce male) l'unità del partito o almeno della sua maggioranza e del centrosinistra inteso come PD + IDV + SEL. Ne viene fuori un'immagine del partito sbiadita che non aiuta neanche al confronto con questi due alleati. E ciò mentre gli alleati invece non hanno nessun problema a imporre i loro temi. Se si vuole vincere e governare è invece opportuno che il PD marchi con forza il suo profilo riformista (vero), innovatore e liberale. Ciò aiuterebbe ad andare ad un confronto con questi alleati, ma anche con l'UDC con magiore chiarezza e con maggiore autorevolezza. Una riforma elettorale, che non sia coercitiva nelle alleanze, potrebbe aiutare.
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Re: C’era una volta il partito solido

Messaggioda franz il 08/10/2011, 16:43

matthelm ha scritto:Una riforma elettorale, che non sia coercitiva nelle alleanze, potrebbe aiutare.[/b]

Sto preparando una proposta (di massima) in tal senso ed appena è pronta la condividero' anche qui.
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Re: C’era una volta il partito solido

Messaggioda Robyn il 09/10/2011, 8:26

La riforma elettorale non coercitiva sarebbe il doppio turno ma il problema è che la partitocrazia non permette di fare questa legge.Questo per noi non significa non avere rapporti con Sel e Idv ma evitare possibili imposizioni.Sono contento che il Pdl abbia sperimentato cosa significa l'alleanza con la Lega ciao robyn
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Re: C’era una volta il partito solido

Messaggioda franz il 09/10/2011, 10:06

Robyn ha scritto:La riforma elettorale non coercitiva sarebbe il doppio turno ma il problema è che la partitocrazia non permette di fare questa legge.Questo per noi non significa non avere rapporti con Sel e Idv ma evitare possibili imposizioni.Sono contento che il Pdl abbia sperimentato cosa significa l'alleanza con la Lega ciao robyn

Se la riforma elettorale viene fatta durante il governo d'emergenza, la partitocrazia si metterà un attimo da parte.
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Re: C’era una volta il partito solido

Messaggioda Robyn il 09/10/2011, 10:19

In questo caso nel caso del ballottaggio Casini si allea con il Pdl ma deve chiedere di emarginare la Lega.Gli elettori del Terzo Polo che non sono d'accordo con questa alleanza sanno che qui c'è la rosa nel simbolo e la collocazione chiara nel Pse.La democrazia dell'alternanza con il ballottaggio sarebbe salva perche il paese elettoralmente è spaccato come una mela 1/2 centrosinistra 1/2 centrodestra,ma per fare questo bisogna mandare via SB lasciare la Lega e fare adesso un'alleanza in parlamento Pdl,Terzo Polo con un nuovo governo che ci porti a fine legislatura ciao robyn
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Re: C’era una volta il partito solido

Messaggioda Robyn il 10/10/2011, 10:34

Ma che cosa è successo?l'alleanza dei moderati non è pronta
Fin quando non sarà pronta Casini stà qui con noi
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