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Panebianco La nostalgia dei conservatori di sinistra

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Panebianco La nostalgia dei conservatori di sinistra

Messaggioda ranvit il 01/01/2011, 17:59

Panebianco ha totalmente ragione!!!

Insomma, attualmente sia la dirigenza che la parte piu' "rumorosa" dell'elettorato di centrosinistra, operano....pro-Berlusconi!

Tafazzismo e masochismo allo stato puro!

Vittorio


http://www.corriere.it/editoriali/10_di ... aabc.shtml

L'EDITORIALE

La nostalgia dei conservatori di sinistra

C'è qualcosa che accomuna l'opposizione della Fiom all'accordo Fiat-sindacati su Mirafiori e quella del Partito democratico alla riforma Gelmini dell'università, appena varata dalla maggioranza di governo. Sono le due più recenti manifestazioni di quella strenua difesa dello statu quo in qualunque ambito della vita sociale, politica, istituzionale, che è ormai da tempo la più evidente caratteristica della sinistra italiana, nella sua espressione sindacale come in quella politico-parlamentare. Si tratti di scuola, di rapporti di lavoro, di magistratura, di revisioni costituzionali o quant'altro, non c'è un settore importante della vita associata in cui il conservatorismo della sinistra non si manifesti con forza.

Forse ciò aiuta a spiegare una circostanza che sarebbe altrimenti incomprensibile: il fatto che l'opposizione di sinistra non si sia minimamente avvantaggiata in questi anni, stando ai sondaggi, delle gravi difficoltà di un governo che ha dovuto fronteggiare le conseguenze della crisi mondiale e che è stato inoltre investito da scandali e furibonde divisioni. Tanto è vero che tutti continuano a prevedere, in caso di elezioni, una vittoria (quanto meno alla Camera) del centrodestra.

La domanda che la sinistra italiana dovrebbe porsi è la seguente: perché nemmeno la forte disillusione di tanti italiani nei confronti di Berlusconi, il fatto che ormai più nessuno creda nella «rivoluzione liberale» sempre promessa e mai attuata spostano a sinistra l'asse politico del Paese?
Può essere che la risposta giusta sia la seguente: dovendo scegliere fra ciò che ritiene un male (Berlusconi) e ciò che ritiene un male ancora maggiore (la sinistra), il grosso degli italiani continua a optare per la minimizzazione del danno, per il male minore. Una delle ragioni, forse, è che, tolta una cospicua ma minoritaria area di conservatori a oltranza, la maggioranza relativa degli italiani pensa che stare fermi condannerebbe il Paese alla decadenza economica e sociale e che risposte magari insufficienti, o anche sbagliate, ai problemi collettivi, siano comunque preferibili alle non risposte.

Ci sono due modi per fare opposizione a un governo. Il primo consiste nel contrapporre ai progetti governativi di modifica più o meno profonda dell'esistente, proposte diverse, che ovviamente si giudicano migliori, di modifica altrettanto o anche più profonda. Il secondo consiste nel difendere l'esistente. Quest'ultima è stata la scelta della sinistra in quasi tutti i campi di interesse collettivo. Ne è derivata una paurosa mancanza di idee nuove sul che fare, una mancanza di idee che ha fatto subito appassire la rosa appena sbocciata del Partito democratico.

Non è facile ricostruire le cause del conservatorismo della sinistra. Forse, una delle più importanti, è l'evidente nostalgia per la cosiddetta Prima Repubblica, che poi altro non è se non nostalgia per i tempi in cui la sinistra era rappresentata da un grande partito il Pci, rispettato e temuto da tutti, capace, pur dalla opposizione, di influenzare potentemente la vita pubblica e i costumi collettivi. Non avendo mai fatto davvero i conti con la storia comunista, la sinistra italiana, o ciò che ne resta, non ha saputo nemmeno fare i conti con tutto ciò che non andava nella Prima Repubblica. Ha finito per idealizzarla. Solo così si spiega il fatto che la sua opposizione alla destra sia sempre stata improntata al seguente ritornello: sono arrivati i barbari, i quali stanno distruggendo tutto ciò che di buono avevamo. Ma davvero era così buono ciò che avevamo? No, non lo era. Quasi tutti i problemi che ci attanagliano oggi (ne cito tre: debito pubblico, cattiva qualità dell'istruzione, cattivo funzionamento della giustizia) sono il frutto di pessime scelte della troppo mitizzata classe politica della Prima Repubblica, almeno dagli anni Settanta in poi. Il punto è che quella mal riposta nostalgia ha finito per alimentare una ideologia conservatrice, che si traduce nella pura e semplice difesa dalle minacce portate dai barbari di ciò che la Prima Repubblica ci ha lasciato in eredità. C'è poi, certamente, a spiegazione del conservatorismo, una ragione più generale. Fronteggiare i nuovi problemi, dall'invecchiamento della popolazione alla immigrazione, alla accresciuta competizione internazionale, significa dare risposte creative che rimettano in discussione molte soluzioni del XX secolo che si ritenevano a torto definitivamente acquisite.

Non essendo in grado di trovare risposte creative, la sinistra si è ridotta a giocare solo sulla difensiva. C'è chi pensa che il conservatorismo della sinistra venga da lontano, sia una eredità di quella incapacità di fare i conti con la modernità che caratterizzava il vecchio Partito comunista: fu proprio in polemica col Pci, oltre che con la Dc, che i socialisti craxiani si appellarono allora a una idea di modernità che avrebbe dovuto far circolare in Italia aria nuova. Ma è vero che ci sono stati anche momenti (diverse importanti decisioni del primo governo Prodi ne sono un esempio) in cui la sinistra ha saputo, sia pure con fatica, uscire dal recinto della conservazione sociale. E, comunque, non ha mai potuto perseguire la vocazione conservatrice, sua o del suo elettorato, senza pagare il prezzo di aspri conflitti interni. Ciò forse spiega anche la sua nota schizofrenia: finché si tratta di gestire, assieme alla maggioranza, nel chiuso delle commissioni parlamentari, certi provvedimenti, la sinistra può anche esibire fervore riformista. È costretta però a metterlo da parte (il caso della riforma Gelmini è esemplare) non appena deve fare i conti con le sollecitazioni della parte più chiusa e conservatrice del suo elettorato. Forse il discorso di Walter Veltroni al Lingotto, con il quale si inaugurò la segreteria del neonato Partito democratico, è stato l'ultimo tentativo (poi fallito come a suo tempo fallì il tentativo craxiano) di disegnare i contorni di una sinistra non conservatrice. Dopo di che, il nulla.

In altri Paesi, sinistre messe alle corde sono state capaci di reagire e di rinnovarsi, di inventarsi idee nuove e proposte. La sinistra italiana ne sembra incapace. Continua a denunciare i barbari per evitare di parlare a se stessa e al Paese di progetti per il futuro.

Angelo Panebianco

29 dicembre 2010
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Panebianco La nostalgia dei conservatori di sinistra

Messaggioda Iafran il 01/01/2011, 18:45

ranvit ha scritto:Una delle ragioni, forse, è che, tolta una cospicua ma minoritaria area di conservatori a oltranza, la maggioranza relativa degli italiani pensa che stare fermi condannerebbe il Paese alla decadenza economica e sociale e che risposte magari insufficienti, o anche sbagliate, ai problemi collettivi, siano comunque preferibili alle non risposte.

Questa "maggioranza relativa degli italiani" e lo stesso opinionista dovrebbero sapere che per mantenere lo "status quo" nel nostro grado di civiltà c'è bisogno di un "consumo energetico", altrimenti senza un investimento di risorse umane ... si regredisce a forme sempre meno organizzate, a forme politiche ... meno civili.
Io non me la sento di regredire da uno stato complesso di organizzazione sociale (quale è quello italiano/europeo) e sono pronto a sostenerne i costi, questa "maggioranza relativa degli italiani" sceglie la strada più agevole e apparentemente più redditizia.
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Re: Panebianco La nostalgia dei conservatori di sinistra

Messaggioda cardif il 01/01/2011, 21:29

Una volta c'erano i due grandi blocchi: il PCI, abbastanza monolitico, e la DC, abbastanza correntizia. Poi c'era qualche rimasuglio più o meno consistente.
Una volta c'era la stabilità della Balena bianca, che, in quanto ad immobilismo, non temeva confronti.
Una volta si parlava di più dei partiti; oggi di più degli uomini. Oggi i leader, diventati preponderanti rispetto ai partiti, incidono di più nei rapporti politici. Ad esempio, la richiesta politica degli ex AN fatta agli ex FI di verifica dell'attuazione del loro programma elettorale (nonostante noi paghiamo un ministro, reduce balenottero, per fare questo, e non si sa perché), si è tramutata nello scontro tra due persone.
Queste recentissime posizioni non danno un'idea di stabilità del quadro politico:
- Bersani: tutte le forze di opposizione: alleanza costituente. Grande coalizione per andare oltre Berlusconi;
- Berlusconi: "Penso di arrivare ad avere almeno 325 parlamentari alla Camera": non maggioranza politica, basta quella numerica;
- Bossi versus Berlusconi: "Non ce la facciamo a reggere per un anno. È inutile fare chiacchiere, ci vogliono i numeri per le riforme»;
- Bossi versus Casini: L'abbiamo già provato una volta al governo. Basta ...;
- Casini versus Berlusconi: Abbiamo votato la sfiducia a Berlusconi, ora la partita è finita. Berlusconi ha la maggioranza e ha il dovere di governare...;
- Casini versus Bossi: L’Udc è sempre stata contro il federalismo. Sono loro che devono cambiare idea;
- Casini versus Di Pietro: l'Udc ha una ostilità profonda nei confronti del giustizialismo di Di Pietro;
- Casini versus Vendola: l'Udc ha una incompatibilità totale con l'estrema sinistra e una diversa opinione sul futuro del paese rispetto alla immaginifica rappresentazione che ne fa Vendola.
Sembra che siano le simpatie o antipatie personali a prevalere. E, ovviamente, è restata valida la motivazione di sempre: l'importante è stare al governo.
Eppure la tanto decantata stabilità, presupposto della governabilità, doveva essere garantita da questa legge elettorale; invece ha consentito solo la conservazione delle poltrone, a cominciare da quella del PdC, ottenuta con i voti degli eletti nell'opposizione. Della tanto decantata azione di governo non si vede traccia: basta guardare gli aumenti dei prezzi sulle colonnine dei distributori, dei mezzi di trasporto, degli asili nido, dei tiket sanitari.
Anche l'approvazione della riforma dell'università è esemplare: tenuto conto che la stessa sig.ra Gelmini, oggi ministra, aveva riconosciuto che c'erano cose da correggere, la sua approvazione è esemplare del come il governo operi, pur di poter dire che fa le riforme: le fa come sono sono. Se le fa; un esempio: invece di eliminare le province, come da programma, dà loro più potere.
In tutto questo, forse per distrarre o forse per visione miope, non si fa altro che dire che la colpa è del PD.
Davanti a questa situazione attuale, il buon Panebianco parte dall'accordo Fiat-sindacati su Mirafiori per disquisire sul fatto che la sinistra è conservatrice, ma senza dire niente nel merito che poteva giustificare o negare l'opportunità di una certa posizione sindacale (anche se non era obbligato, naturalmente).
Tutta quasta tirata contro la sinistra, ed in particolare contro il PD, mi ricorda Marcello Pera: anche lui ha motivato il suo voto a favore di Berlusconi, in Parlamento il 14 dicembre, senza dire una parola di apprezzamento sull'azione del governo: limitando il suo intervento alla sola critica al centrosinistra.
Mi verrebbe da dire: mala tempora currunt. Ma mi rendo conto che non c'entra, perché Panebianco parlava dei tempi che furono, non dell'oggi.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Panebianco La nostalgia dei conservatori di sinistra

Messaggioda flaviomob il 02/01/2011, 3:54

dovendo scegliere fra ciò che ritiene un male (Berlusconi) e ciò che ritiene un male ancora maggiore (la sinistra), il grosso degli italiani continua a optare per la minimizzazione del danno, per il male minore. Una delle ragioni, forse, è che, tolta una cospicua ma minoritaria area di conservatori a oltranza, la maggioranza relativa degli italiani pensa che stare fermi condannerebbe il Paese alla decadenza economica e sociale e che risposte magari insufficienti, o anche sbagliate, ai problemi collettivi, siano comunque preferibili alle non risposte.


Esiste un'altra possibilità: che il problema sia proprio la maggioranza relativa degli italiani e la sua coazione a ripetere acritica ed imperitura. L'unica soluzione sarebbe cercare di riunire la maggioranza assoluta degli italiani che vorrebbe che Berlusconi se ne andasse, ma per avere qualche minima possibilità di farlo bisognerebbe rottamare in blocco una generazione (almeno) di politici interessati solo al proprio orticello, alle clientele, al potere locale e centrale da gestire con criteri feudali o quasi. Inizio a pensare che non ci sia speranza per questo paese, forse l'unica soluzione è davvero andarsene e poi togliersi la polvere dalle scarpe, come fece sant'Ambrogio lasciando Monza. Ma non è polvere, è un'altra cosa che rimane attaccata...


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(Stephen Hawking)
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Re: Panebianco La nostalgia dei conservatori di sinistra

Messaggioda pierodm il 13/01/2011, 18:26

Probabilmente Panebianco è affetto dalla nostalgia del craxismo.

Questo articolo ci offre un'anticipazione di ciò che ci perseguiterà nei prossimi anni, dopo il tramonto di Berlusconi: la nostalgia della sua "rivoluzione liberale", dei suoi miracoli con la monnezza napoletana e con le casupole dell'Aquila, sabotati come al solito dalla sinistra cinica e bara, cieca e conservatrice che non ha saputo cogliere la Rivelazione della Modernità in quell'omino venuto da Arcore.

Bisognerebbe chiedere, ogni volta che qualcuno sfodera questa bella pensata della "modernità", di spiegare cosa intende: potrebbe darsi perfino che, prima o poi, salti fuori una risposta degna della retorica che accompagna certi discorsi.
Per il momento mi risulta che o non c'è in questi "modernisti" alcuna idea di cosa stiano parlando, o l'idea c'è e corrisponde in sostanza a quattro o cinque cose vecchie di uno o due secoli: una società classista, l'abolizione del sindacato, la legge del più forte, la libertà totale e l'egemonia culturale del capitale su ogni altro valore, e roba del genere.
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