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Pd - piu' a destra o piu' a sinistra?

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Pd - piu' a destra o piu' a sinistra?

Messaggioda ranvit il 11/01/2011, 14:06

Infatti caro flaviomob nel fare l'ipotesi di ricostruzione di una sinistra paragonabile al Pci ho scritto "ma è altamente improbabile"....

Ecco, chiediti ancora una volta perchè non c'è un'industria automobilistica dei lavoratori....forse riuscirai a trovare una risposta. In mancanza, se me lo chiederai, te la darò io.

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Pd - piu' a destra o piu' a sinistra?

Messaggioda flaviomob il 11/01/2011, 14:23

Beh caro Vittorio... mi domando anche perché mai non c'è un supermercato della coop a Monza o a Bergamo... non tutte le colpe sono ascrivibili alla sinistra, anche lo stato ha fatto la sua parte. In Germania, con le partecipazioni del lander ed in Francia, con la partecipazione dello stato in Renault, il settore pubblico ha fatto la sua parte e si è riuscita a conciliare qualità del prodotto, democrazia, qualità della vita e diritti dei lavoratori. Non è poco...


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Re: Pd - piu' a destra o piu' a sinistra?

Messaggioda pierodm il 12/01/2011, 0:44

Visto che si è accennato al PCI ...

Pci, quel «partitone rosso»
che ci aiutò a sentirci una nazione

di Bruno Gravagnuolo

Il Pci nella storia d’Italia. Qualcuno vorrebbe espellere il primo dalla seconda. E in primis la destra più dura che è andata al governo tre volte in questi venti anni. Poi la storiografia revisionista e neodefeliciana più intransigente, come nel caso del «terzista » Galli della Loggia che in materia di Pci non fa mostra di «terzietà»: una zavorra per l’Italia che bloccò la sua modernità. Punto.

E invece, proprio nell’anniversario del Congresso di Livorno (tra il 15 e il 21 gennaio 1921) arriva adesso una grande mostra a Roma, costellata di altre iniziative in corso d’anno, che intende rimettere a posto i fondamentali della memoria. Per registrare il peso e l’incidenza di una vicenda collettiva, esaurita ufficialmente il 4 febbraio 1991(con la nascita del Pds a Rimini) ma inseparabile dall’identità civile stessa del nostro stato-nazione, di cui sempre quest’anno si celebrano i 150 anni.


Vediamo alcuni dei concetti chiave che informano la mostra. Prima di tutto, visualmente per così dire, c’è l’intento di mettere in luce la capillarità di un radicamento dentro la società civile, a costruirla e orientarla. Facendo leva sul simbolico, sui media di allora, sul folklore, sulla cultura alta e bassa, e sulle istituzioni minute del quotidiano. Secondo l’indicazione gramsciana, volta a prefigurare già dentro la società civile la futura società autoregolata: non in chiave classista e chiusa, ma con un «blocco storico» di ceti progressivi attorno agli operai. Fu anche in virtù di ciò, oltre alle fondamentali innovazioni strategiche togliattiane, che il Pci «fece Italia», Costituzione democratica, cittadinanza. E pedagogia aperta all’internazionalizzazione della cultura (altro che zdanovismo in quell’Italia censoria e bacchettona!). E tuttavia la mostra non è autocelebrativa. Perché l’altro suo aspetto è la «dilemmaticità» del Pci partito «anfibio»: nazionale e transnazionale con riferimento all’Urss, fino e oltre il 1956. «Doppia lealtà», nella quale il Pci scavò, alla ricerca di una sua via, oltre la tenaglia dei blocchi contrapposti, e per schiudere un varco né leninista né socialdemocratico (con il torto di aver sottovalutato le possibilità dinamiche di quest’ultimo approdo). Come che sia, fu così che il Pci, scuola di massa per le classi subalterne, divenne l’erede del Risorgimento democratico. Come per altro verso la Dc. Ed è per questo che gli va reso onore, perchè senza quel Pci, oggi saremmo ancor meno una nazione.
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Re: Pd - piu' a destra o piu' a sinistra?

Messaggioda pierodm il 12/01/2011, 0:55

Essere delusi dal proprio partito, o da un partito in generale, è facile dirlo: dipende da cosa ci ha deluso di quel partito, e perché, ossia bisogna vedere quali sono le colpe che gli addebitiamo.
Chi partecipa a queste sedi di discussione da più tempo forse ricorda quali sono le colpe che io ho visto e sottolineato fin dalla metà degli anni '90 nel PDS, poi DS: l'indecisione su tutto, il prendere una posizione e poi mollarla, la sindrome della perenne legittimazione.
Per questo sono molto d'accordo con questo articolo di Flores D'Arcais.

PD, dalla Fiat non si scappa
di Paolo Flores D'Arcais

Il Partito Democratico riunisce la sua direzione mercoledì 12, e i “rottamatori” di Civati e Renzi il giorno prima riuniscono la loro. L’assemblea che hanno indetto ha per titolo, infatti, “La giusta direzione”, una trovata carina, giocando sulle parole, con la quale vogliono alludere alla necessità di una diversa linea politica, ma insieme – e soprattutto – legittimarsi come la “vera” direzione del partito degli elettori, a delegittimazione di quella ufficiale di Bersani and Co., obsoleta, autoreferenziale e perciò in caduta libera di consensi.

Vedremo se fanno sul serio. Una “giusta direzione”, per essere tale, ha bisogno di un prerequisito irrinunciabile: farla finita con lo slalomismo e il ponziopilatismo che ormai da troppi anni (a dire il vero fin dalla sua nascita) caratterizza le (non) scelte del Pd. La sequenza delle date, del resto, non perdona: l’11 i “rottamatori”, il 12 la direzione ufficiale del Pd, ma il 13 e il 14 il referendum di Mirafiori, che dovrà pronunciarsi sul diktat di Marchionne, con un voto degli operai che si svolge nei tempi, alle condizioni, con il clima mediatico e psicologico pretesi e imposti da Marchionne stesso.

Perciò: direzione ufficiale del Pd, e “giusta direzione” dei rottamatori, devono in primo luogo decidere se intendono parlare ai cittadini o se vogliono perdurare nel diabolicum del parlarsi addosso. Il tema della prossima settimana, in Italia, è il referendum di Mirafiori, chi svicola, chi non prende posizione, può illudersi di fare politica, di essere una presenza pubblica, di contare qualcosa, in realtà si è già condannato all’insignificanza.

Cosa diranno perciò rottamatori e “ufficiali” sul diktat marchionnesco che toglie il diritto di sciopero e abroga la rappresentanza degli operai e delle organizzazioni sindacali che al diktat sono contrarie? Cosa diranno della rivolta sindacale e morale che contro questo obbrobrio anticostituzionale è stata promossa dalla Fiom di Landini, e ha ottenuto l’immediato e appassionato avvallo dell’ultimo grande (e moderato!) leader sindacale della Cgil, Sergio Cofferati (che della Fiom fu sempre critico)? Cosa diranno della svolta che alla Cgil sta imprimendo Susanna Camusso (di svolta ormai si tratta, visto che la “firma tecnica” a cui vuole costringere la Fiom è incompatibile con lo statuto della Cgil, come ha ricordato proprio Cofferati, che quello statuto lo conosce indubitabilmente)?

Sulla vicenda Marchionne-Fiom non ci si può esimere dall’evangelico “il tuo dire sia sì sì, no no, perché il di più viene dal demonio” (Matteo, 5,37), visto che è Marchionne ad aver posto la questione in termini ultimativi (oltre che ricattatori): aut aut, prendere o lasciare, mangiare questa minestra o saltare dalla finestra. Senza margini per trattative, e neppure per discussioni verbali. È perciò patetico sentire le lamentose giaculatorie dei distinguo con cui i D’Alema e i Bersani cercano di tenere insieme il diavolo e l’acqua santa, la “modernità” e le supposte “valenze positive” del diktat di Marchionne con il dovere di riconoscere la rappresentanza anche degli operai Fiom (e magari di tutti gli operai, non vi pare?).

La cancellazione della Fiom non è infatti un “optional” nel pacchetto di Marchionne, ma ne rappresenta il cuore (nero), la ragione sociale, la quintessenza alchemica. L’irrinunciabile, insomma. È stato autorevolmente ricordato, infatti, che il costo del lavoro degli operai di Mirafiori incide sul prodotto finale per circa il 7%, e che dunque non è l’ulteriore giro di vite sulla fatica alla catena imposto ai lavoratori che renderà più competitiva – fosse anche di un’anticchia – l’autovettura che arriverà nelle concessionarie. Al limite, Marchionne domani potrebbe ripristinare quei dieci minuti di “respiro” che ha voluto togliere a chi alla catena si spreme (l’agenzia sanitaria europea considera che per tutelare le condizioni elementari di salute dovrebbe essere obbligatoria una pausa di dieci minuti ogni ora!), quello su cui non può transigere è la soppressione di ogni potenziale di conflittualità operaia organizzata, cioè un sindacato degno di questo nome.

Ma proprio perché questa è la reale posta in gioco, la lotta dei metalmeccanici di Landini dovrebbe essere la lotta di tutti i democratici italiani. Se la soppressione di fatto di un sindacato-sindacato passa a Mirafiori, sarà l’inizio dell’esondazione per seppellire i diritti in tutti i luoghi di lavoro.

Ma nella società non ci sono compartimenti stagni: se un diritto costituzionale viene spazzato via in un comparto dell’esistenza fondamentale come il lavoro, il rischio del contagio è certezza. Del resto l’epidemia anticostituzionale si è scatenata da tempo, contro i giornalisti-giornalisti, i magistrati-magistrati, e insomma i cittadini-cittadini, con le leggi berlusconiane solo provvisoriamente fermate dalle lotte della società civile (quello che ne resta).

La politica di “un colpo al cerchio e uno alla botte”, che sembra essere ormai l’unica stella polare dei dirigenti Pd, in realtà non è affatto equidistante (neppure l’equidistanza, del resto, quando si tratta di valori fondamentali, sarebbe una virtù). Implica il “sì” al diktat Marchionne, un “sì” che i Bonanni e altri “sindacalisti da compagnia” vogliono all’80%. “Hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace”, questo è il progetto, insomma.

Se ai terminator mediatici di regime non sapranno opporre neppure la chiarezza di un “no” a Marchionne, i Civati e altri Renzi si saranno rottamati da soli.
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Re: Pd - piu' a destra o piu' a sinistra?

Messaggioda cardif il 12/01/2011, 1:57

Paolo Flores D'Arcais scrive: "... il costo del lavoro ... incide sul prodotto finale per circa il 7% ... Al limite, Marchionne domani potrebbe ripristinare quei dieci minuti di “respiro” che ha voluto togliere a chi alla catena si spreme ... (l’agenzia sanitaria europea considera che per tutelare le condizioni elementari di salute dovrebbe essere obbligatoria una pausa di dieci minuti ogni ora!)..."
Stasera, a Ballarò, Cota chiedeva che importanza poteva avere la riduzione da quattro a tre del numero di pause di dieci minuti prevista nel contratto: "pochi minuti di pausa retribuita" su otto ore di lavoro.
Si dovrebbe pure chiedere che importanza ha sul costo di produzione lasciare che per dieci minuti in più gli operai si riposino. E quale scopo ha Marchionne ad impuntarsi su cose simili; sono valutazioni economiche o scuse?
Di questo parlo: se ci fosse una legge che imponesse un minimo di pause, secondo le indicazioni dell'agenzia sanitaria, Marchionne e qualunque altro datore di lavoro non potrebbe fare a meno di rispettarla.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Pd - piu' a destra o piu' a sinistra?

Messaggioda flaviomob il 12/01/2011, 2:00

Ma questo partito... è democratico o no???

dal Fatto:

Il PD siciliano vieta il referendum sull’alleanza con l’Mpa di Raffaele Lombardo
Il circolo del Pd di Caltagirone è stato commissariato dopo che Gaetano Cardiel, il locale coordinatore, ha deciso di consultare tesserati e simpatizzanti. La domanda: "Può il Partito democratico continuare a sostenere il governo regionale?" Non è piaciuta ai vertici del partito democratico siciliano l’idea di consultare gli iscritti sull’alleanza in Regione con l’Mpa di Raffaele Lombardo. Il circolo del Pd di Caltagirone, la cittadina in provincia di Catania, dove dal 1992 il centrosinistra vince sempre, è stato commissariato dopo che Gaetano Cardiel, il locale coordinatore, ha deciso di indire un referendum tra tesserati e simpatizzanti. A poche ore dalla consultazione, con una raccomandata, il Pd siciliano ha vietato il referendum. Ma Cardiel è andato avanti lo stesso e ieri ha fatto aprire i seggi. Il risultato, arrivato nella notte, parla chiaro: su 2124 votanti, contro la presenza dei democratici al governo, si sono espressi 2069 elettori (97,41%). I sì sono stati 54 (2,6%). Una scheda bianca. Un dato che sottolinea la rottura tra base e vertice del partito.

A infiammare la polemica, comunque, è il veto sul referendum imposto dalla dirigenza. “Saremmo stati colpevoli – ha detto Cardiel prima dei risultati – di non aver subito l’intimazione giunta a poche ore dal voto per imporre lo stop a una consultazione perfettamente legittima (che fa seguito a tante altre svoltesi in diversi altri Comuni della Sicilia) di iscritti ed elettori del Pd su una questione politica cruciale e assai controversa, sulla quale è forte l’impressione che vi sia una notevole distanza tra la linea dettata dal vertice regionale e le valutazioni della base del PD e, più in generale, dei Siciliani: il rapporto tra i Democratici siciliani e il Governo presieduto dall’illuminato e trasparente Presidente Lombardo”. A dividere il Pd siciliano non è solo una questione di alleanze. Il problema è di opportunità: a creare imbarazzo tra gli iscritti è un’ indagine per concorso esterno in associazione mafiosa che coinvolge il governatore.

Il commissariamento “è un atto di riverenza nei confronti di Lombardo”, spiega il sindaco diCaltagirone Francesco Pignataro, che aggiunge: “le carte bollate e i comunicati stampa non ci fermeranno”.


Il deputato regionale Nino Di Guardo, democratico “pro Lombardo”, sostiene invece che la convocazione del referendum è un atto di insubordinazione. E la sua collega Concetta Raia, anche lei a favore del governatore, aggiunge che il principio “democratico” del dar voce agli elettori “è stato invocato impropriamente e strumentalmente da qualcuno, volendo rimettere agli elettori, delicatissime decisioni che afferiscono alle strategie politiche del partito, senza tenere conto di disattendere quello stesso principio democratico, in rispetto del quale si è già votato uno statuto che prevede la elezione democratica di organi rappresentanti”.

La risposta del senatore Enzo Bianco, sostenitore della linea “alternativa” a Lombardo, non si è fatta attendere: “Considero incomprensibile la decisione del segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, di commissariare il Pd di Caltagirone. Ascoltare l’opinione degli elettori del partito è un obbligo politico e morale da parte dei suoi vertici, soprattutto quando si prendono decisioni che ne segnano una svolta nell’orientamento politico”. Stessa posizione per Rita Borsellino, europarlamentare democratica, sorella del giudice Paolo, ammazzato dalla mafia: “Il Partito democratico non abbia paura di consultare la base, tanto più su una questione così importante come quella dell’appoggio al governo Lombardo. Alle ultime primarie regionali – aggiunge – gli elettori e gli iscritti del Pd avevano votato in maggioranza per una proposta politica che bocciava qualsiasi alleanza con l’Mpa e l’Udc. Per questo, è importante chiedere al popolo delle primarie se condivide ancora tale proposta”. Infine Ignazio Marino: “Consultare i cittadini -ha detto il senatore del Pd – è una delle regole più antiche della democrazia. Stupisce che in Sicilia si faccia tanta difficoltà ad applicarla: l’appoggio al governo di Raffaele Lombardo da parte del nostro partito è stato criticato da molti, io stesso ho ribadito per mesi – e continuo a sostenere – che si sia trattato di una scelta sbagliata”.

Antonio Di Pietro, giunto a Messina per una due giorni dell’Italia dei Valori, ha proposto un “referendum di coalizione” sul sostegno a Raffaele Lombardo. “Due anni fa giravamo nei comizi insieme al Pd -ha detto Di Pietro- sostenendo un’alternativa al sistema Lombardo, diverso da quello Cuffaro solo perché meno folkloristico. Proprio perché crediamo in un’alleanza col Pd, riteniamo sia un danno essere entrati a far parte di questo sistema. Finché il Pd rimarrà nel governo Lombardo, qualsiasi alleanza sarà impossibile. È una situazione inaccettabile, come la si può spiegare agli elettori?”.

di Antonio Condorelli


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Re: Pd - piu' a destra o piu' a sinistra?

Messaggioda pierodm il 12/01/2011, 13:50

Ma questo partito... è democratico o no???

Direi, meglio: Questo partito è o non è?

Questo partito non esiste: esistono tanti PD quanti sono i suoi elettori, ognuno con una storia e un'idea diversa in testa.
Ma il partito PD come entità unitaria non esiste, e non può esistere, almeno fino a quando il tempo e la Commare Secca non avranno provveduto a realizzare quella minima coesione che serve a superare la gloriosa "ricchezza delle diversità".

Fino a quel momento conta poco se il PD funziona per acclamazione pretoriana o per consultazione popolare: la confusione e la mollezza sono tali che l'eventuale "democraticità" si rivela immancabilmente come un grande bordello di tutti quasi-contro tutti. Quasi contro, perché questo PD non riesce ad essere fino in fondo nemmeno caotico: è caotico, ma anche ordinato, diciamo così, pacatamente...
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Re: Pd - piu' a destra o piu' a sinistra?

Messaggioda matthelm il 12/01/2011, 13:56

Sono d'accordo.
"L'uomo politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni".
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